350 resultados para Collegamento attritivo prefabbricati industriali


Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Nell’ambito di questa ricerca sono stati sviluppati modelli in grado di prevedere le dimensioni dei grani dopo il processo di estrusione di alcune leghe serie 6XXX, in particolare AA6060, AA6063 e AA6082. Alcuni modelli matematici proposti in letteratura sono stati presi in considerazione e implementati su Qform, codice FEM in grado di simulare processi di deformazione plastica. Sono state condotte diverse campagne sperimentali, tra cui una di visioplasticità necessaria per ottenere dati sperimentali che permettessero la validazione del Codice (modellazione dell’attrito, dello scambio termico, del flow stress del materiale). Altre prove di microestrusione ed estrusione inversa hanno fornito dati sperimentali che sono stati messi in correlazione con i risultati numerici di una serie di simulazioni. Infine è stata effettuata una campagna sperimentale di estrusione industriale a tutti gli effetti, ottenendo un profilo dalla geometria piuttosto complessa in lega AA6063, i dati ricavati hanno permesso : • la validazione di un modello unico di ricristallizzazione dinamica, • la valutazione di modelli per la predizione del comportamento durante recristallizzazione statica

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi riguarda lo studio di resine polimeriche derivanti da oli vegetali, impiegabili come leganti nei prodotti vernicianti per l’edilizia ed altri settori. I prodotti vernicianti plant-based sono stati confrontati con altri prodotti attualmente commercializzati, provenienti da fonti fossili. Considerata la produzione ingente dei prodotti vernicianti su base mondiale (8,31 kg/persona) sarebbe determinante impiegare delle fonti rinnovabili per garantirne una produzione sostenibile, diminuendo l’inquinamento, ritardando l’esaurimento del petrolio e riducendo le emissioni di CO2 e di conseguenza l’effetto serra ed il cambiamento climatico. Sono state trattate, quindi, alcune vie di sintesi “green” di leganti poliuretanici ed epossidici per prodotti vernicianti ad elevate prestazioni. Gli oli vegetali sono stati scelti come materie prime in quanto relativamente economici e disponibili in grandi quantità, risultando adatti per produzioni su scala industriale. Sono inoltre riportati i metodi di formulazione di uno smalto opaco bio-based per esterni (ad es. infissi e staccionate) e una vernice opaca per parquet (interni). Le formulazioni sperimentali sono state poi caratterizzate e confrontate con altri prodotti fossil-based presenti in commercio. I prodotti vernicianti sono stati sottoposti a test di brillantezza (gloss), adesione, presa di sporco, durezza, resistenza all’abrasione e resistenza chimica.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

La città di Ivrea è conosciuta principalmente come il luogo di nascita del pensiero olivettiano e come punto di partenza della sua produzione, che per anni ha dominato il mercato nell’ambito tecnologico. Tutte le ideologie introdotte prima da Camillo Olivetti e, successivamente, riprese dal figlio Adriano, trovano la loro origine e sperimentazione nella crescita della città. Infatti, il suo sviluppo urbanistico ha visto la sua massima espansione nel XX secolo, diventando un punto d’incontro degli architetti razionalisti di quegli anni, che lasciarono qui alcune tra le più importanti costruzioni del modernismo e del razionalismo italiano. Eppure, non ci fu solo Olivetti: il merito dell’evoluzione della città dipese anche da altre realtà industriali e aziendali più piccole, che difficilmente vengono ricordate, viste e che, spesso sono state anche rase al suolo per dare spazio ad altre costruzioni contemporanee. Infatti, Ivrea prima di essere “città industriale del XX secolo” era conosciuta come “città del tessile”, proprio grazie alla presenza di due importanti industrie del settore: la Soie de Chatillon e la Manifattura Rossari & Varzi. L’idea progettuale nasce, quindi, dall’intento di voler riportare alla luce lo stabilimento della Manifattura Rossari & Varzi, che non solo oggi è dimenticato, ma che nasconde al suo interno una parte della storia medievale della città, il Bastion Verde. L’intervento mira a cogliere le potenzialità del luogo, non solo concentrandosi su questa realtà industriale in maniera puntuale, ma inserendola all’interno di un sistema di collegamento tra il centro storico e la sponda a sud della Dora Baltea, in modo da colmare alcune lacune attualmente presenti che non lo rendono funzionale alla città.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Nel mondo dell’industria, la produzione senza sprechi costituisce fonte di vantaggio competitivo. Per questo, molte aziende cercano di efficientare i propri processi attraverso gli strumenti della Lean Manufacturing. L’obiettivo di questa tesi è proprio quello di trovare una soluzione per la minimizzazione degli sprechi all’interno del contesto aziendale in cui sono stato inserito come tirocinante. In primis, si cercherà di descrivere in modo dettagliato l’azienda pressa la quale si è svolta l’attività di tirocinio. Successivamente verrà illustrato lo stato AS-IS dell’azienda insieme alle problematiche che sta fronteggiando in questo momento. Dopo la descrizione del problema all’interno del contesto aziendale, si analizzeranno i dati presi direttamente sul campo di lavoro. A seguire, dopo l’approvazione da parte del top management della soluzione migliorativa trovata, avverrà la descrizione dello stato TO-BE. In conclusione, verranno messi a confronto i dati dello stato AS-IS con quelli del TO-BE per costruire il dato aggregato dell’attività svolta in azienda. Questo riassume brevemente il lavoro di tesi svolto in azienda, che ha permesso di ridurre di qualche punto percentuale i fermi macchina e di efficientare il sistema produttivo.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Il flusso di progettazione è un processo variabile, costituito da scelte, comporta una analisi preliminare del case study e delle apparecchiature da installare, e successivamente la proposta di soluzioni che possano soddisfare i requisiti del processo. I documenti standard di installazione possono semplificare il lavoro di progettazione e sono alla base di questo. La definizione di standard si inserisce all’interno di un panorama variabile e propone una soluzione unica e consolidata che si pone come base solida per la progettazione futura. L’obiettivo della tesi è quello di creare e formalizzare due standard per il sito produttivo BASF Italia di Pontecchio Marconi per l’installazione di Essiccatori di tipo Termomix e di filtri Nutsche, apparecchiature ampiamente utilizzate nel settore della chimica fine. Questi equipment sono ricorrenti in impianto e, a seconda del contesto in cui operano, hanno differenze più o meno rilevanti. Seguendo gli step progettuali sono stati redatti un P&ID standard, completo di blocchi di sicurezza, e un report finale per ogni apparecchiatura studiata includendo le soluzioni e le decisioni proposte. Ovviamente, non essendo possibile unificare ogni aspetto di un’installazione perché i vari processi hanno requisiti differenti, si sono affiancate allo standard alcune considerazioni al di fuori di esso. Inoltre, dove possibile, sono state proposte anche alcune soluzioni innovative che possono migliorare e risolvere alcuni problemi attualmente presenti.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

L'objectif de la présente étude est de cerner les facteurs de succès et d'échec des réouvertures et modernisations de lignes ferroviaires transfrontalières dans les zones limitrophes. L'enquête prend pour base deux lignes franco-belges (Mons-Valenciennes et Namur- Charleville-Mézières) et deux lignes franco-suisses (Delémont-Belfort et Neuchâtel- Besançon). Le problème public réside dans l'absence de moyens de transports publics exploitant le potentiel existant dans le bassin de vie concerné (sous-exploitation du marché des transports). Les obstacles à franchir dans le domaine des transports ferroviaires peuvent être de nature juridique. Ainsi, des prescriptions légales telles que certains standards d'interopérabilité, l'absence d'une définition de l'expression «train régional» au niveau européen, la sécurité (passages à niveau) ou des mesures en faveur des personnes à mobilité réduite, peuvent entraver, voire empêcher des réouvertures ou modernisations de lignes régionales, car ces standards ne sont pas adaptés à la réalité des lignes dont le potentiel est faible en termes de voyageurs et de fret. À un autre niveau, il est rare que les aspects techniques constituent des obstacles. C'est cependant le cas lorsque deux réseaux ferroviaires nourrissent des philosophies antagonistes (réseau cadencé et non cadencé). Pour la réouverture des lignes, on constate l'absence de définitions claires, au niveau politique, de la desserte de base et des seuils de fréquentation minimale. Il y a parfois un contraste marqué entre une infrastructure dégradée et un matériel roulant très moderne, signe d'absence de sensibilisation à l'entretien des infrastructures ferroviaires. Pourtant, ces infrastructures jouent un rôle important à l'échelon géopolitique. Correctement aménagées (offre, temps de parcours, correspondances), elles permettent le désenclavement de toute une région. La réouverture d'un chaînon manquant peut changer la position géopolitique d'une région, comme dans le cas de Mons-Valenciennes; mais en même temps, l'argument de l'impact géopolitique peut entraver une réouverture, même lorsqu'il n'est pas fondé, comme le montre le cas de Dinant-Givet qui semble concurrencer une autre ligne existante. L'impact des lignes à grande vitesse sur les régions limitrophes est souvent surestimé. En revanche, la praticabilité du concept des quatre capitaux (capital manufacturé, social, naturel et humain) est sous-estimée dans le domaine des transports publics. Les grilles d'analyse des quatre capitaux nous ont en effet permis de prouver l'applicabilité du concept aux lignes ferroviaires transfrontalières, en dépit du manque de me- surabilité de certains indicateurs. L'évaluation des lignes retenues à l'aide de notre grille d'analyse montre que les lignes régionales françaises accusent un lourd retard en termes de performance. Ce fait est confirmé dans les quatre capitaux. En appliquant notre méthode de planification à des lignes ferroviaires (transfrontalières), on observe que les lignes actuelles n'exploitent pas suffisamment leur potentiel. L'approche proposée se base sur le triangle «offre - infrastructure - matériel roulant» et s'articule autour des usagers. Avant toute planification, il faut développer une vision pour la région et la ligne concernée, dans laquelle la voie ferrée servira d'axe structurant. La vision se manifeste par un horaire qui traduit l'offre sou-haitée à long terme avec des temps de parcours idéaux, et des noeuds de correspondance avec d'autres moyens de transport. Alors, les lignes régionales peuvent contribuer à un changement de paradigme qui favorise un mode de vie axé davantage sur les services des transports publics que sur le transport individuel, également dans les régions limitrophes. - Het doel van deze Studie is het onderzocken von de redenen van het succès en van het falen van de heropening of modernisering van al of niet grensoverschrijdende spoorlijnen. Het on- derzoek is gebaseerd op twee Frans-Belgische lijnen (Bergen-Yalenciennes en Namen- Charleville-Mezières) en twee Frans-Zwitserse lijnen (Delémont-Belfort en Neuchâtel- Besançon). Het probleem is de afwezigheid van openbare transportmogelijkheden in de uitbating van de betrokken woongebieden (onderbenutting van de transportmarkt). De te overschrijden hindernissen op het gebied van spoorwegvervoer kunnen van juridische oorsprong zijn. Dat wil zeggen dat wettelijke vereisten zoals bepaalde standaarden voor inte- roperabiliteit, het ontbreken van een definitie van «regionale trein» op Europees niveau, de beveiliging (spoorwegovergangen) of maatregelen voor mensen met verminderde mobiliteit de heropening of modernisering van de regionale lijnen kunnen verhinderen, aangezien deze normen niet zijn aangepast aan de realiteit op aan de lijnen waarvan het potenti eel laag is, zowel voor reizigers als voor goederen. Op een ander niveau is het zeldzaam dat de technische as-pecten voor obstakels zorgen. Het is nochtans het geval wanneer twee spoorwegnetten zorgen voor tegenstrijdige ideeën (regelmatig of onregelmatig bezet net). Om de lijnen te he- ropenen, is er een gebrek aan duidelijke afspraken op politiek niveau, voor een minimale be- diening en een minimale opkomst. Soms is er een groot contrast tussen een verouderde infras- tructuur en een zeer modem rollend materieel, een teken van gebrek aan gezond verstand bij het onderhoud van de spoorweginfrastructuur. Deze infrastructuur speelt echter een belan- grijke roi in het geopolitieke niveau. Goed beheerd (aanbod, reistijd, verbindingen) zorgen ze voor een heropening van een hele regio. De heropening van een ontbrekende schakel kan de geopolitieke positie van een regio veranderen, zoals in het geval van Bergen-Valenciennes, maar terzelfder tijd kan het argument van de geopolitieke impact een heropening verhinderen, zelfs als het ongegrond is, zoals in het geval van Dinant-Givet dat blijkt te concurreren met een andere bestaande lijn. De impact van hogesnelheidslijnen op grensoverschrijdende regio's wordt vaak overschat. Daartegenover wordt de haalbaarheid van het concept van de vier kapi- taalvlakken (opbouwend, sociaal, natuurlijk en menselijk kapitaal) onderschat op het gebied van openbaar vervoer. De analyse van de vier kapitaalvlakken heeft ons toegelaten de toepas- baar-heid van het concept van de grensoverschrijdende spoorlijnen aan te tonen, ondanks het ge-brek aan meetbaarheid van bepaalde indicatoren. Evaluatie van de lijnen, geselecteerd met behulp van ons analysekader, heeft aangetoond dat Franse regionale lijnen achterblijven op het gebied van prestaties. Dit wordt bevestigd op de vier kapitaalvlakken. Door het toepassen van onze planningsmethode op spoorlijnen (in grenszones), zien we dat de huidige lijnen hun potentieel onvoldoende benutten. De voorgestelde aanpak is gebaseerd op de driehoek «aan- bieding - infrastructuur - rollend materieel» en rieht zieh op de gebruikers. Vooraleer een planning opgesteld kan worden, moeten we een visie ontwikkelen voor de betrokken lijn en de regio waarin de spoorweg zal dienen als structurele as. De visie baseert zieh op een diens- tregeling die uitgaat van een aanbod op lange termijn met ideale rijtijden en knooppunten met an-dere transportmiddelen. Zodoende kunnen regionale lijnen bijdragen aan een paradigma- vers-chuiving die een levensstijl promoot die meer gericht is op het openbaar vervoer dan op het individueel vervoer, ook in naburige regio's. - Das Ziel der Studie ist die Identifizierung von Erfolgs- und Misserfolgsfaktoren bei Wiedereröffnungen und Modernisierungen von (grenzüberschreitenden) Regionalverkehrslinien in Randregionen. Die Untersuchung stützt sich auf zwei belgisch-französische (Mons- Valenciennes und Namur-Charleville-Mézières) sowie zwei schweizerisch-französische Linien (Delémont-Belfort und Neuchâtel-Besançon). Das öffentliche Problem besteht im Fehlen eines öffentlichen Verkehrsmittels, welches das vorhandene Potential im Einzugsbereich der betrachteten Linien vollständig ausnützt (unvollständige Ausnützung des vorhandenen Transportmarktes). Die zu überwindenden Hindernisse auf dem Gebiet des Eisenbahnwesens können juristischer Natur sein. Es handelt sich dabei um gewisse juristische Vorschriften w. z. B. Interoperabili- tätsstandards, die Abwesenheit einer klaren Definition des Begriffes «Regionalverkehr» auf europäischer Ebene, Sicherheitsstandards (Bahnübergänge) oder Massnahmen zu Gunsten von Behinderten, die Wiedereröffnungen behindern können, weil diese Standards keine Rücksicht auf die Gegebenheiten von Regionallinien mit einem geringen Nachfragepotential nehmen. Technische Vorgaben stellen nur selten ein Hindernis bei Wiedereröffnungen dar. Dies kann dann der Fall sein, wenn zwei Eisenbahnnetze mit unterschiedlichen Betriebsphilosophien aufeinander treffen (Netz mit Taktverkehr und unvertaktete Netze). Bei Wiedereröffnung von Eisenbahnlinie ist festzustellen, dass auf politischer Ebene keine Definitionen in Bezug auf Basisangebot und der minimalen Nachfrage bestehen. Bisweilen ist ein starker Kontrast zwischen einem schlechten Infrastrukturzustand und einem darauf verkehrenden modernem Rollmaterial festzustellen. Gerade diese Infrastruktur spielt auf geopolitischer Ebene eine wichtige Rolle. Wird diese korrekt betrieben (attraktives Angebot, Fahrzeit, Umsteigeverbindungen), erlaubt sie einer ganzen Region eine Lösung aus der Isolation. Die Wiedereröffnung eines fehlenden Teilstücks kann die geopolitische Situation einer Region positiv verändern, wie das Beispiel der Linie Mons-Valenciennes zeigt. Gleichzeitig kann das Argument der geopolitischen Position eine Wiedereröffnung behindern, auch wenn die vorgebrachten Argumente nicht stichhaltig sind, wie das Beispiel der Linie Dinant-Givet beweist, die angeblich einen bestehenden Eisenbahgüterverkehrskorridor konkurrenzieren soll. Der Einfluss von Hochgeschwindigkeitsstrecken auf Randregionen wird oft überschätzt. Im Gegensatz dazu wird die Anwendbarkeit des Konzeptes der vier Kapitalien (konstruiertes, soziales, natürliches und Human-Kapital) bei der Anwendbarkeit im öffentlichen Verkehr unters-chätzt. Der verwendete Analyseraster der vier Kapitalien erlaubt die Anwendbarkeit dieses Ansatzes auf grenzüberschreitende Eisenbahnlinien, trotz des Fehlens von Daten für zahlreiche Indikatoren, zu untermauern. Die Evaluation der betrachteten Linien hat gezeigt, dass die französischen Schienenregionalverkehrslinien einen bedeutenden Rückstand in Bezug auf die Leistungsfähigkeit vorweisen. Dies wird durch die Anwendung des Analyseraster der vier Kapitalien bestätigt. Der Einsatz, der in dieser Arbeit entwickelten Planungsmethode auf die vier grenzüberschreitenden Regionalverkehrslinien hat gezeigt, dass die heutige Betriebsweise von Regionalverkehrslinien das vorhandene Potential nicht ausschöpft. Der vorgeschlagene Ansatz basiert auf dem Dreieck «Angebot - Infrastruktur - Rollmaterial» in dem die Benützerlnnen im Zentrum stehen. Jedoch steht die Entwicklung einer Vision für die betroffene Region und Linie vor dem Beginn jeder Planung im Zentrum, bei der die Eisenbahnlinie als strukturierende Achse benützt wird. Diese manifestiert sich in einer Fahrplanstruktur, die das langfristig gewünschte Angebot mit idealen Fahrzeiten und Umsteigeknoten mit anderen Verkehrsmitteln beinhaltet. In dieser Weise können die Regionalverkehrslinien einen Beitrag zu einem Paradigmawechsel beitragen, der auch in Randregionen einen Lebensstil fördert, der vermehrt auf den öffentlichen Verkehr als auf den motorisierten Individualverkehr setzt. - L'obiettivo di questo studio è quello di identificare i fattori di successo e di fallimento relativi alla riapertura e modernizzazione di linee ferroviarie transfrontaliere e non in aree limitrofe. L'indagine si basa su due linee franco-belghe (Mons-Valenciennes e Namur-Charleville- Mézières) e due linee franco-svizzere (Delémont-Belfort e Neuchâtel-Besançon). Il problema pubblico è la mancanza di mezzi di trasporto pubblico che sfruttino il potenziale esistente nel bacino d'utenza interessato (sottoutilizzazione del mercato dei trasporti). Gli ostacoli da superare nel settore del trasporto ferroviario possono essere di natura giuridica - vale a dire, requisiti legali come alcuni standard d'interoperabilità, l'assenza di una definizione del termine «treno regionale» a livello europeo, la sicurezza (passaggi a livello) o misure a favore di persone a mobilità ridotta, che possono ostacolare o impedire la riapertura o modernizzazione di linee regionali poiché queste norme non vengono adattate alla realtà delle linee il cui potenziale è basso in termini di viaggiatori e merci. A un altro livello è raro che aspetti tecnici costituiscano degli ostacoli. Tuttavia è il caso quando due reti ferroviarie perseguono filosofie antagoniste (rete cadenzata e non cadenzata). Per riaprire le linee si rileva una mancanza di definizioni chiare, a livello politico, del collegamento di base e delle soglie minime di frequentazione. A volte vi è un netto contrasto tra un'infrastruttura degradata e un modernissimo materiale rotabile, segno della mancanza di sensibilizzazione per la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie. Eppure queste strutture svolgono un ruolo importante a livello geopolitico. Correttamente gestite (offerta, tempi di percorrenza, coincidenze), permettono l'apertura verso l'esterno di un'intera regione. La riapertura di un tassello mancante può cambiare la posizione geopolitica di una regione, come nel caso di Mons-Valenciennes. Allo stesso tempo, tuttavia, l'argomento dell'impatto geopolitico, anche se infondato, può ostacolare una riapertura - come nel caso di Dinant-Givet che sembra fare concorrenza a un'altra linea esistente. L'impatto delle linee ad alta velocità sulle regioni limitrofe è spesso sovrastimato. In compenso, l'attuabilità del concetto dei quattro capitali (capitale fabbricato, sociale, naturale e umano) è sottovalutata nel settore dei trasporti pubblici. Le griglie d'analisi dei quattro capitali ci hanno effettivamente permesso di dimostrare l'applicabilità del concetto alle linee ferroviarie transfrontaliere, nonostante la mancanza di misurabilità di alcuni indicatori. La valutazione delle linee selezionate in supporto alla nostra griglia d'analisi mostra che le linee regionali francesi accusano un pesante ritardo in termini di prestazioni. Questo dato di fatto è confermato nei quattro capitali. Applicando il nostro metodo di pianificazione alle linee ferroviarie (transfrontaliere), si osserva che le attuali linee non sfruttano a sufficienza il loro potenziale. L'approccio proposto è basato sul triangolo «offerta / infrastrutture / materiale rotabile» e si articola attorno agli utenti. Prima di qualsiasi pianificazione, è necessario sviluppare una visione per la regione e la linea coinvolta, in cui la ferrovia servirà come asse strutturale. La visione si manifesta attraverso un orario che rifletta l'offerta desiderata a lungo termine, con tempi di percorrenza ideali e nodi di coincidenza con altri mezzi di trasporto. In questo modo, le linee regionali possono contribuire a un cambiamento di paradigma che favorisca uno stile di vita più focalizzato sui servizi di trasporto pubblico che sul trasporto individuale - anche nelle regioni limitrofe.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Port cities have represented one of the first forms of urbanization in which maritime culture has had an important role in the construction of the city. This culture has often been the foundation of an evolving tendency confronted with other lines of development, against which it has alternately integrated itself creatively, or has had to compete. The study of the multiplicity of these evolving processes, with their corresponding conflicts, can be useful to develop a critical vision of the grand transformations of industrial ports in urban areas and to initiate a critical reflection which would help to interpret current tendencies. The Barcelona case seems to be exemplary because the new projects for the transformation of the old port, focused on providing a service for luxury boats, have reopened a discussion on urban transformation works carried out in the past and have mostly revealed that the relationship between the port and the city is in constant evolution.For this reason there is a discussion about the extent to which large scale port transformations can have repercussions on maritime culture in a locality and what the role of maritime culture is with respect to fundamental economic strategies linked mostly to the construction of the post-Fordist city

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

The object theme of the present study is a population of caboclos that absorbed as manual workers in the saw-mills which were mounted in the highland region of Santa Catarina since 1950. The abundance of araucaria (native kind of pine) the opening of markets, and the corroboration of other industrial exploration conditions encouraged a great crowd of small en.- trepreneurs, coming basically from the state of Rio Grande do Sul, to migrate and settle down, building up a lot of saw-mills near rich forests and fields. The saw-mills started aprosperous production of timber sawn in planks. The process of industriali zation was so intensive, the destruction of pine woods soviolent that, in less than three decades, the forests ran out of tree reserves. The caboclos, absorbed as manual workers in production of timber, lived traditionally in an system of subsistense, either from the cultivation of pine the economic their land (planter caboclo) or as labourers in cattle-growing farms (farm hand caboclos). Nevertheless, the 'advantages' that were offered them by the new-comer entrepreneurs (a salary paid in money, a new house in a village, and other favours) helped the great majority of caboclos to abandon their traditional work and enlist as "workmen" in saw-mills. The new job, besides being a novelty, was an opportunity for a change in status. Subsequently, the running out of forests of araucaria and the resultant progressive shut-down of saw-mills caused the crowd of workmen to be out of imployment and to form to form a migratory flood toward the most important town of the region, Lages. The town of Lages, however, having made of the timber i ts main economic support wi thout the implantation of an alternative industry, was unable to offer the migrantssufficient 'work places'. In this way, the 'marginal crowd' began to settle down in the suburbs of the city. This study, in the context of the object theme, analyses two main questions related to the reality 'WOlLQ' and to the economic exploitation forms: ~) the relations of production in the economic regime of subsistence and in the capitalist regime of industrial production with the consequent 'positions' of the workman in the productive processj ~~) the deriving educative effects of the productive process, either in the economic regime of subsistence, or in the capitalist industrial regime. The two questions are theoretically debated andconfro~ ted with the proposed reality, giving origin to conclusions that, in a general formulation, can be summarized as follows: a) the caboclos of the highland region of Santa Catari na, when under an economic regime of subsistence, held in fee the productive processj there was a social division of the work and aclimate of freedom which made possible the development of knowledge from their life and work experience, the production of most of their tools, and the making of necessary manufactures adapted to their own surrounding ditionsi -- - --- other con- ------ b) however, these same caboclos, when absorbed by the capitalist industrial process of production - tipified by the work in saw-mills - lost the control of the productive processj this was caused by the technologic division of the work, since each man began to perform a dull and repeti tive action, directed by the speed of the 'major-saw' j man resigned form his skill and inventive power and surrendered to an executive authority which turned him into a 'collective worker'j the new productive process, besides rnaking each rnan a copy of a pattern, put the caboclos in a situation in which the daily work experiencedidn't add anything in terrns of autogenesis of knowledgei and even the environrnental educative rneans were reduced to new forrns of adaptation to the productive process, relegating rnan's inventive power to inertia.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

In questi ultimi anni il tema della sicurezza sismica degli edifici storici in muratura ha assunto particolare rilievo in quanto a partire soprattutto dall’ordinanza 3274 del 2003, emanata in seguito al sisma che colpì il Molise nel 2002, la normativa ha imposto un monitoraggio ed una classificazione degli edifici storici sotto tutela per quanto riguarda la vulnerabilità sismica (nel 2008, quest’anno, scade il termine per attuare quest’opera di classificazione). Si è posto per questo in modo più urgente il problema dello studio del comportamento degli edifici storici (non solo quelli che costituiscono monumento, ma anche e soprattutto quelli minori) e della loro sicurezza. Le Linee Guida di applicazione dell’Ordinanza 3274 nascono con l’intento di fornire strumenti e metodologie semplici ed efficaci per affrontare questo studio nei tempi previsti. Il problema si pone in modo particolare per le chiese, presenti in grande quantità sul territorio italiano e di cui costituiscono gran parte del patrimonio culturale; questi edifici, composti di solito da grandi elementi murari, non presentano comportamento scatolare, mancando orizzontamenti, elementi di collegamento efficace e muri di spina interni e sono particolarmente vulnerabili ad azioni sismiche; presentano inoltre un comportamento strutturale a sollecitazioni orizzontali che non può essere colto con un approccio globale basato, ad esempio, su un’analisi modale lineare: non ci sono modi di vibrare che coinvolgano una sufficiente parte di massa della struttura; si hanno valori dei coefficienti di partecipazione dei varii modi di vibrare minori del 10% (in generale molto più bassi). Per questo motivo l’esperienza e l’osservazione di casi reali suggeriscono un approccio di studio degli edifici storici sacri in muratura attraverso l’analisi della sicurezza sismica dei cosiddetti “macroelementi” in cui si può suddividere un edificio murario, i quali sono elementi che presentano un comportamento strutturale autonomo. Questo lavoro si inserisce in uno studio più ampio iniziato con una tesi di laurea dal titolo “Analisi Limite di Strutture in Muratura. Teoria e Applicazione all'Arco Trionfale” (M. Temprati), che ha studiato il comportamento dell’arco trionfale della chiesa collegiata di Santa Maria del Borgo a San Nicandro Garganico (FG). Suddividere un edificio in muratura in più elementi è il metodo proposto nelle Linee Guida, di cui si parla nel primo capitolo del presente lavoro: la vulnerabilità delle strutture può essere studiata tramite il moltiplicatore di collasso quale parametro in grado di esprimere il livello di sicurezza sismica. Nel secondo capitolo si illustra il calcolo degli indici di vulnerabilità e delle accelerazioni di danno per la chiesa di Santa Maria del Borgo, attraverso la compilazione delle schede dette “di II livello”, secondo quanto indicato nelle Linee Guida. Nel terzo capitolo viene riportato il calcolo del moltiplicatore di collasso a ribaltamento della facciata della chiesa. Su questo elemento si è incentrata l’attenzione nel presente lavoro. A causa della complessità dello schema strutturale della facciata connessa ad altri elementi dell’edificio, si è fatto uso del codice di calcolo agli elementi finiti ABAQUS. Della modellazione del materiale e del settaggio dei parametri del software si è discusso nel quarto capitolo. Nel quinto capitolo si illustra l’analisi condotta tramite ABAQUS sullo stesso schema della facciata utilizzato per il calcolo manuale nel capitolo tre: l’utilizzo combinato dell’analisi cinematica e del metodo agli elementi finiti permette per esempi semplici di convalidare i risultati ottenibili con un’analisi non-lineare agli elementi finiti e di estenderne la validità a schemi più completi e più complessi. Nel sesto capitolo infatti si riportano i risultati delle analisi condotte con ABAQUS su schemi strutturali in cui si considerano anche gli elementi connessi alla facciata. Si riesce in questo modo ad individuare con chiarezza il meccanismo di collasso di più facile attivazione per la facciata e a trarre importanti informazioni sul comportamento strutturale delle varie parti, anche in vista di un intervento di ristrutturazione e miglioramento sismico.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La ricerca ha perseguito l’obiettivo di individuare e definire il potere di un ente territoriale di sostituire, tramite i suoi organi o atti, quelli ordinari degli enti territoriali minori, per assumere ed esercitare compiutamente, in situazioni straordinarie, le funzioni proprie di questi. Dogmaticamente potremmo distinguere due generali categorie di sostituzione: quella amministrativa e quella legislativa, a seconda dell’attività giuridica nella quale il sostituto interviene. Nonostante tale distinzione riguardi in generale il rapporto tra organi o enti della stessa o di differenti amministrazioni, con eguale o diverso grado di autonomia; la ricerca ha mirato ad analizzare le due summenzionate categorie con stretto riferimento agli enti territoriali. I presupposti, l’oggetto e le modalità di esercizio avrebbero consentito ovviamente di sottocatalogare le due generali categorie di sostituzione, ma un’indagine volta a individuare e classificare ogni fattispecie di attività sostitutiva, più che un’attività complessa, è sembrata risultare di scarsa utilità. Più proficuo è parso il tentativo di ricostruire la storia e l’evoluzione del menzionato istituto, al fine di definire e comprendere i meccanismi che consentono l’attività sostitutiva. Nel corso della ricostruzione non si è potuto trascurare che, all’interno dell’ordinamento italiano, l’istituto della sostituzione è nato nel diritto amministrativo tra le fattispecie che regolavano l’esercizio della funzione amministrativa indiretta. La dottrina del tempo collocava la potestà sostitutiva nella generale categoria dei controlli. La sostituzione, infatti, non avrebbe avuto quel valore creativo e propulsivo, nel mondo dell’effettualità giuridica, quell’energia dinamica ed innovatrice delle potestà attive. La sostituzione rappresentava non solo la conseguenza, ma anche la continuazione del controllo. Le fattispecie, che la menzionata dottrina analizzava, rientravano principalmente all’interno di due categorie di sostituzione: quella disposta a favore dello Stato contro gli inadempimenti degli enti autarchici – principalmente il comune – nonché la sostituzione operata all’interno dell’organizzazione amministrativa dal superiore gerarchico nei confronti del subordinato. Già in epoca unitaria era possibile rinvenire poteri sostitutivi tra enti, la prima vera fattispecie di potestà sostitutiva, era presente nella disciplina disposta da diverse fattispecie dell'allegato A della legge 20 marzo 1856 n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno. Tentativo del candidato è stato quello, quindi, di ricostruire l'evoluzione delle fattispecie sostitutive nella stratificazione normativa che seguì con il T.U. della legge Comunale e Provinciale R.D. 4 febbraio 1915 e le successive variazioni tra cui il R.D.L. 30 dicembre 1923. Gli istituti sostitutivi vennero meno (di fatto) con il consolidarsi del regime fascista. Il fascismo, che in un primo momento aveva agitato la bandiera delle autonomie locali, non tardò, come noto, una volta giunto al potere, a seguire la sua vera vocazione, dichiarandosi ostile a ogni proposito di decentramento e rafforzando, con la moltiplicazione dei controlli e la soppressione del principio elettivo, la già stretta dipendenza delle comunità locali dallo Stato. Vennero meno i consigli liberamente eletti e al loro posto furono insediati nel 1926 i Podestà e i Consultori per le Amministrazioni comunali; nel 1928 i Presidi e i Rettorati per le Amministrazioni Provinciali, tutti organi nominati direttamente o indirettamente dall’Amministrazione centrale. In uno scenario di questo tipo i termini autarchia e autonomia risultano palesemente dissonanti e gli istituti di coordinamento tra Stato ed enti locali furono ad esso adeguati; in tale ordinamento, infatti, la sostituzione (pur essendo ancora presenti istituti disciplinanti fattispecie surrogatorie) si presentò come un semplice rapporto interno tra organi diversi, di uno stesso unico potere e non come esso è in realtà, anello di collegamento tra soggetti differenti con fini comuni (Stato - Enti autarchici); per semplificare, potremmo chiederci, in un sistema totalitario come quello fascista, in cui tutti gli interessi sono affidati all’amministrazione centrale, chi dovrebbe essere il sostituito. Il potere sostitutivo (in senso proprio) ebbe una riviviscenza nella normativa post-bellica, come reazione alla triste parentesi aperta dal fascismo, che mise a nudo i mali e gli abusi dell’accentramento statale. La suddetta normativa iniziò una riforma in favore delle autonomie locali; infatti, come noto, tutti i partiti politici assunsero posizione in favore di una maggiore autonomia degli enti territoriali minori e ripresero le proposte dei primi anni dell’Unità di Italia avanzate dal Minghetti, il quale sentiva l’esigenza dell’istituzione di un ente intermedio tra Stato e Province, a cui affidare interessi territorialmente limitati: la Regione appunto. Emerge piuttosto chiaramente dalla ricerca che la storia politica e l’evoluzione del diritto pubblico documentano come ad una sempre minore autonomia locale nelle politiche accentratrici dello Stato unitario prima, e totalitario poi, corrisponda una proporzionale diminuzione di istituti di raccordo come i poteri sostitutivi; al contrario ad una sempre maggiore ed evoluta autonomia dello Stato regionalista della Costituzione del 1948 prima, e della riforma del titolo V oggi, una contestuale evoluzione e diffusione di potestà sostitutive. Pare insomma che le relazioni stato-regioni, regioni-enti locali che la sostituzione presuppone, sembrano rappresentare (ieri come oggi) uno dei modi migliori per comprendere il sistema delle autonomie nell’evoluzione della stato regionale e soprattutto dopo la riforma apportata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Dalla preliminare indagine storica un altro dato, che pare emergere, sembra essere la constatazione che l'istituto nato e giustificato da esigenze di coerenza e efficienza dell'azione amministrativa sia stato trasferito nell'ambio delle relazioni tra stato e autonomie territoriali. Tale considerazione sembra essere confermata dal proseguo dell’indagine, ed in particolare dai punti di contatto tra presupposti e procedure di sostituzione nell’analisi dell’istituto. Nonostante, infatti, il Costituente non disciplinò poteri sostitutivi dello Stato o delle regioni, al momento di trasferire le competenze amministrative alle regioni la Corte costituzionale rilevò il problema della mancanza di istituti posti a garantire gli interessi pubblici, volti ad ovviare alle eventuali inerzie del nuovo ente territoriale. La presente ricerca ha voluto infatti ricostruire l’ingresso dei poteri sostitutivi nel ordinamento costituzionale, riportando le sentenze del Giudice delle leggi, che a partire dalla sentenza n. 142 del 1972 e dalla connessa pronuncia n. 39 del 1971 sui poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, pur non senza incertezze e difficoltà, ha finito per stabilire un vero e proprio “statuto” della sostituzione con la sentenza n. 177 del 1988, individuando requisiti sostanziali e procedurali, stimolando prima e correggendo successivamente gli interventi del legislatore. Le prime fattispecie sostitutive furono disciplinate con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare con l’art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la quale disciplina, per il rispetto dell’autonomia regionale, venne legittimata dalla stessa Corte nella sentenza n. 182 del 1976. Sempre con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari intervenne l’art. 6 c. 3°, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. La stessa norma va segnalata per introdurre (all’art. 4 c. 3°) una disciplina generale di sostituzione in caso di inadempimento regionale nelle materie delegate dallo Stato. Per il particolare interesse si deve segnalare il D.M. 21 settembre 1984, sostanzialmente recepito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), poi convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 c.d. legge Galasso. Tali disposizioni riaccesero il contenzioso sul potere sostitutivo innanzi la Corte Costituzionale, risolto nelle sentt. n. 151 e 153 del 1986. Tali esempi sembrano dimostrare quello che potremmo definire un dialogo tra legislatore e giudice della costituzionalità nella definizione dei poteri sostitutivi; il quale culminò nella già ricordata sent. n. 177 del 1988, nella quale la Corte rilevò che una legge per prevedere un potere sostitutivo costituzionalmente legittimo deve: essere esercitato da parte di un organo di governo; nei confronti di attività prive di discrezionalità nell’an e presentare idonee garanzie procedimentali in conformità al principio di leale collaborazione. Il modello definito dalla Corte costituzionale sembra poi essere stato recepito definitivamente dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, la quale per prima ha connesso la potestà sostitutiva con il principio di sussidiarietà. Detta legge sembra rappresentare un punto di svolta nell’indagine condotta perché consente di interpretare al meglio la funzione – che già antecedentemente emergeva dallo studio dei rapporti tra enti territoriali – dei poteri sostitutivi quale attuazione del principio di sussidiarietà. La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha disciplinato all’interno della Costituzione ben due fattispecie di poteri sostitutivi all’art. 117 comma 5 e all’art. 120 comma 2. La “lacuna” del 1948 necessitava di essere sanata – in tal senso erano andati anche i precedenti tentativi di riforma costituzionale, basti ricordare l’art. 58 del progetto di revisione costituzionale presentato dalla commissione D’Alema il 4 novembre 1997 – i disposti introdotti dal riformatore costituzionale, però, non possono certo essere apprezzati per la loro chiarezza e completezza. Le due richiamate disposizioni costituzionali, infatti, hanno prodotto numerose letture. Il dibattito ha riguardato principalmente la natura delle due fattispecie sostitutive. In particolare, si è discusso sulla natura legislativa o amministrativa delle potestà surrogatorie e sulla possibilità da parte del legislatore di introdurre o meno la disciplina di ulteriori fattispecie sostitutive rispetto a quelle previste dalla Costituzione. Con particolare riferimento all’art. 120 c. 2 Cost. sembra semplice capire che le difficoltà definitorie siano state dovute all’indeterminatezza della fattispecie, la quale attribuisce al Governo il potere sostitutivo nei confronti degli organi (tutti) delle regioni, province, comuni e città metropolitane. In particolare, la dottrina, che ha attribuito all’art. 120 capoverso la disciplina di un potere sostitutivo sulle potestà legislative delle Regioni, è partita dalla premessa secondo la quale detta norma ha una funzione fondamentale di limite e controllo statale sulle Regioni. La legge 18 ottobre 2001 n. 3 ha, infatti, variato sensibilmente il sistema dei controlli sulle leggi regionali, con la modificazione degli artt. 117 e 127 della Costituzione; pertanto, il sistema dei controlli dopo la riforma del 2001, troverebbe nel potere sostitutivo ex art. 120 la norma di chiusura. Sul tema è insistito un ampio dibattito, al di là di quello che il riformatore costituzionale avrebbe dovuto prevedere, un’obiezione (più delle altre) pare spingere verso l’accoglimento della tesi che propende per la natura amministrativa della fattispecie in oggetto, ovvero la constatazione che il Governo è il soggetto competente, ex art. 120 capoverso Cost., alla sostituzione; quindi, se si intendesse la sostituzione come avente natura legislativa, si dovrebbe ritenere che il Costituente abbia consentito all’Esecutivo, tosto che al Parlamento, l’adozione di leggi statali in sostituzione di quelle regionali. Suddetta conseguenza sembrerebbe comportare una palese violazione dell’assetto costituzionale vigente. Le difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. si sono riversate sulla normativa di attuazione della riforma costituzionale, legge 5 giugno 2003, n. 131. In particolare nell’art. 8, il quale ha mantenuto un dettato estremamente vago e non ha preso una chiara e netta opzione a favore di una della due interpretazione riportate circa la natura della fattispecie attuata, richiamando genericamente che il potere sostitutivo si adotta “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120” Cost. Di particolare interesse pare essere, invece, il procedimento disciplinato dal menzionato art. 8, il quale ha riportato una procedura volta ad attuare quelle che sono state le indicazioni della Corte in materia. Analogamente agli anni settanta ed ottanta, le riportate difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. e, più in generale il tema dei poteri sostitutivi dopo la riforma del 2001, sono state risolte e definite dal giudice della costituzionalità. In particolare, la Corte sembra aver palesemente accolto (sent. n. 43 del 2004) la tesi sulla natura amministrativa del potere sostitutivo previsto dall’art. 120 c. 2 Cost. Il giudice delle leggi ha tra l’altro fugato i dubbi di chi, all’indomani della riforma costituzionale del 2001, aveva letto nel potere sostitutivo, attribuito dalla riformata Costituzione al Governo, l’illegittimità di tutte quelle previsioni legislative regionali, che disponevano ipotesi di surrogazione (da parte della regione) nei confronti degli enti locali. La Corte costituzionale, infatti, nella già citata sentenza ha definito “straordinario” il potere di surrogazione attribuito dall’art. 120 Cost. allo Stato, considerando “ordinare” tutte quelle fattispecie sostitutive previste dalla legge (statale e regionale). Particolarmente innovativa è la parte dell'indagine in cui la ricerca ha verificato in concreto la prassi di esercizio della sostituzione statale, da cui sono sembrate emergere numerose tendenze. In primo luogo significativo sembra essere il numero esiguo di sostituzioni amministrative statali nei confronti delle amministrazioni regionali; tale dato sembra dimostrare ed essere causa della scarsa “forza” degli esecutivi che avrebbero dovuto esercitare la sostituzione. Tale conclusione sembra trovare conferma nell'ulteriore dato che sembra emergere ovvero i casi in cui sono stati esercitati i poteri sostitutivi sono avvenuti tutti in materie omogenee (per lo più in materia di tutela ambientale) che rappresentano settori in cui vi sono rilevanti interessi pubblici di particolare risonanza nell'opinione pubblica. Con riferimento alla procedura va enfatizzato il rispetto da parte dell'amministrazione sostituente delle procedure e dei limiti fissati tanto dal legislatore quanto nella giurisprudenza costituzionale al fine di rispettare l'autonomia dell'ente sostituito. Dalla ricerca emerge che non è stato mai esercitato un potere sostitutivo direttamente ex art. 120 Cost., nonostante sia nella quattordicesima (Governo Berlusconi) che nella quindicesima legislatura (Governo Prodi) con decreto sia stata espressamente conferita al Ministro per gli affari regionali la competenza a promuovere l’“esercizio coordinato e coerente dei poteri e rimedi previsti in caso di inerzia o di inadempienza, anche ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo del Governo di cui all'art. 120 della Costituzione”. Tale conclusione, però, non lascia perplessi, bensì, piuttosto, sembra rappresentare la conferma della “straordinarietà” della fattispecie sostitutiva costituzionalizzata. Infatti, in via “ordinaria” lo Stato prevede sostituzioni per mezzo di specifiche disposizioni di legge o addirittura per mezzo di decreti legge, come di recente il D.L. 09 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania. Misure per la raccolta differenziata), che ha assegnato al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri “le funzioni di Commissario delegato per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania per il periodo necessario al superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007”. Spesso l’aspetto interessante che sembra emergere da tali sostituzioni, disposte per mezzo della decretazione d’urgenza, è rappresentato dalla mancata previsione di diffide o procedure di dialogo, perché giustificate da casi di estrema urgenza, che spesso spingono la regione stessa a richiedere l’intervento di surrogazione. Del resto è stata la stessa Corte costituzionale a legittimare, nei casi di particolare urgenza e necessità, sostituzioni prive di dialogo e strumenti di diffida nella sent. n. 304 del 1987. Particolare attenzione è stata data allo studio dei poteri sostitutivi regionali. Non solo perché meno approfonditi in letteratura, ma per l’ulteriore ragione che tali fattispecie, disciplinate da leggi regionali, descrivono i modelli più diversi e spingono ad analisi di carattere generale in ordine alla struttura ed alla funzione dei poteri sostitutivi. Esse sembrano rappresentare (in molti casi) modelli da seguire dallo stesso legislatore statale, si vedano ad esempio leggi come quella della regione Toscana 31 ottobre 2001, n. 53, artt. 2, 3, 4, 5, 7; legge regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 6, art. 30, le quali recepiscono i principi sviluppati dalla giurisprudenza costituzionale e scandiscono un puntuale procedimento ispirato alla collaborazione ed alla tutela delle attribuzioni degli enti locali. La ricerca di casi di esercizio di poter sostitutivi è stata effettuata anche con riferimento ai poteri sostitutivi regionali. I casi rilevati sono stati numerosi in particolare nella regione Sicilia, ma si segnalano anche casi nelle regioni Basilicata ed Emilia-Romagna. Il dato principale, che sembra emergere, pare essere che alle eterogenee discipline di sostituzione corrispondano eterogenee prassi di esercizio della sostituzione. Infatti, alle puntuali fattispecie di disciplina dei poteri sostitutivi dell’Emilia-Romagna corrispondono prassi volte ad effettuare la sostituzione con un delibera della giunta (organo di governo) motivata, nel rispetto di un ampio termine di diffida, nonché nella ricerca di intese volte ad evitare la sostituzione. Alla generale previsione della regione Sicilia, pare corrispondere un prassi sostitutiva caratterizzata da un provvedimento del dirigente generale all’assessorato per gli enti locali (organo di governo?), per nulla motivato, salvo il richiamo generico alle norme di legge, nonché brevi termini di diffida, che sembrano trovare la loro giustificazione in note o solleciti informati che avvisano l’ente locale della possibile sostituzione. In generale il fatto che in molti casi i poteri sostitutivi siano stimolati per mezzo dell’iniziativa dei privati, sembra dimostrare l’attitudine di tal istituto alla tutela degli interessi dei singoli. I differenti livelli nei quali operano i poteri sostitutivi, il ruolo che la Corte ha assegnato a tali strumenti nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, nonché i dati emersi dall’indagine dei casi concreti, spingono ad individuare nel potere sostitutivo uno dei principali strumenti di attuazione del principio di sussidiarietà, principio quest’ultimo che sembra rappresentare – assieme ai corollari di proporzionalità, adeguatezza e leale collaborazione – la chiave di lettura della potestà sostitutiva di funzioni amministrative. In tal senso, come detto, pare emergere dall’analisi di casi concreti come il principio di sussidiarietà per mezzo dei poteri sostitutivi concretizzi quel fine, a cui l’art. 118 cost. sembra mirare, di tutela degli interessi pubblici, consentendo all’ente sovraordinato di intervenire laddove l’ente più vicino ai cittadini non riesca. Il principio di sussidiarietà sembra essere la chiave di lettura anche dell’altra categoria della sostituzione legislativa statale. L’impossibilità di trascurare o eliminare l’interesse nazionale, all’interno di un ordinamento regionale fondato sull’art. 5 Cost., sembra aver spino la Corte costituzionale ad individuare una sorta di “potere sostitutivo legislativo”, attraverso il (seppur criticabile) meccanismo introdotto per mezzo della sent. 303 del 2003 e della cosiddetta “chiamata i sussidiarietà”. Del resto adattare i principi enucleati nella giurisprudenza costituzionale a partire dalla sent. n. 117 del 1988 alla chiamata in sussidiarietà e i limiti che dal principio di leale collaborazione derivano, sembra rappresentare un dei modi (a costituzione invariata) per limitare quello che potrebbe rappresentare un meccanismo di rilettura dell’art. 117 Cost. ed ingerenza dello stato nelle competenze della regioni. Nonostante le sensibili differenze non si può negare che lo strumento ideato dalla Corte abbia assunto le vesti della konkurrierende gesetzgebung e, quindi, di fatto, di un meccanismo che senza limiti e procedure potrebbe rappresentare uno strumento di interferenza e sostituzione della stato nelle competenze regionali. Tali limiti e procedure potrebbero essere rinvenuti come detto nelle procedure di sostituzione scandite nelle pronunce del giudice delle leggi. I risultati che si spera emergeranno dalla descritta riflessione intorno ai poteri sostitutivi e il conseguente risultato circa lo stato del regionalismo italiano, non sembrano, però, rappresentare un punto di arrivo, bensì solo di partenza. I poteri sostitutivi potrebbero infatti essere oggetto di futuri interventi di riforma costituzionale, così come lo sono stati in occasione del tentativo di riforma del 2005. Il legislatore costituzionale nel testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta (recante “Modifiche alla Parte II della Costituzione” e pubblicato in gazzetta ufficiale n. 269 del 18-11-2005) pareva aver fatto un scelta chiara sostituendo il disposto “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni” con “Lo Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni nell'esercizio delle funzioni loro attribuite dagli articoli 117 e 118”. Insomma si sarebbe introdotto quello strumento che in altri Paesi prende il nome di Supremacy clause o Konkurrierende Gesetzgebung, ma quali sarebbero state le procedure e limiti che lo Stato avrebbe dovuto rispettare? Il dettato che rigidamente fissa le competenze di stato e regioni, assieme alla reintroduzione espressa dell’interesse nazionale, non avrebbe ridotto eccessivamente l’autonomia regionale? Tali interrogativi mirano a riflettere non tanto intorno a quelli che potrebbero essere gli sviluppi dell’istituto dei poteri sostitutivi. Piuttosto essi sembrano rappresenterebbe l’ulteriore punto di vista per tentare di comprendere quale percorso avrebbe potuto (o potrebbe domani) prendere il regionalismo italiano.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Lo scopo di questo studio è descrivere nel dettaglio la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) relativa ai Piani Energetici Provinciali (PEP) al fine di delinearne un metodo efficace di valutazione, a partire dallo studio del caso della Provincia di Ravenna. In seguito alla mancanza di Linee Guida sulla VAS, si è ritenuta utile un´analisi comparativa tra metodologie e strumenti, e gli obiettivi specifici e generali che andrebbero rispettati in ogni VAS di un PEP. Lo studio si basa su confronti paralleli tra quattro casi di VAS di Piani Energetici Provinciali al fine di elaborare un modello di valutazione delle VAS, semplice e diretto, basato su contenuti teorici e metodologici provenienti da una selezione di studi e documenti nazionali e internazionali, di cui si è tenuto conto e da cui si sono estrapolate le migliori "Buone Pratiche" per la VAS. L´analisi seguente è stata effettuata attraverso matrici qualitative in cui, per ciascuna connessione tra metodologia e "obiettivo VAS" si è espresso un giudizio che cerca di tenere conto, quando possibile, dei criteri e dei principi generali di sostenibilità dettati dalle maggiori autorità e associazioni internazionali e nazionali di valutazione ambientale. Il confronto tra i quattro casi, ha evidenziato dei punti di debolezza nell´applicazione della Direttiva VAS. Questo studio inoltre, ha tra i suoi obiettivi, quello ambizioso di delineare un metodo efficace di valutazione strategica dei piani energetici provinciali, a partire dallo studio del caso della Provincia di Ravenna. Per questi obiettivi, si è deciso di impostare un programma di lavoro basato sui sistemi informativi geografici, che ha permesso di individuare le aree con potenziale di sviluppo energetico della risorsa solare. Nello specifico è stato possibile calcolare quanta “superficie utile”, presente nelle aree industriali e commerciali della Provincia, potrebbe essere sfruttata installandovi pannelli fotovoltaici. Si è riusciti con questa metodologia a fornire una stima più dettagliata delle reali potenzialità della risorsa solare in Provincia di Ravenna, individuando nel dettaglio territoriale le rispettive quote percentuali che potrebbero essere installate, per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del piano. Il percorso iniziato con questa tesi consente di riflettere sulla necessità di approfondire il tema del rapporto tra valutazione ambientale qualitativa di uno strumento di pianificazione come la VAS, e la stima quantitativa sia della sostenibilità che del danno ambientale legato agli impatti negativi che questo strumento dovrebbe rilevare. Gli sviluppi futuri cui la tesi pone le basi sono l'implementazione di strumenti quantitativi di analisi delle potenzialità energetiche e di valutazione degli scenari. Questi strumenti sono necessari a definire i modelli ambientali per il supporto alle decisioni in campo energetico.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La ricognizione delle opere composte da Filippo Tommaso Marinetti tra il 1909 e il 1912 è sostenuta da una tesi paradossale: il futurismo di Marinetti non sarebbe un'espressione della modernità, bensì una reazione anti-moderna, che dietro a una superficiale ed entusiastica adesione ad alcune parole d'ordine della seconda rivoluzione industriale nasconderebbe un pessimismo di fondo nei confronti dell'uomo e della storia. In questo senso il futurismo diventa un emblema del ritardo culturale e del gattopardismo italiano, e anticipa l’analoga operazione svolta in politica da Mussolini: dietro un’adesione formale ad alcune istanze della modernità, la preservazione dello Status Quo. Marinetti è descritto come un corpo estraneo rispetto alla cultura scientifica del Novecento: un futurista senza futuro (rarissime in Marinetti sono le proiezioni fantascientifiche). Questo aspetto è particolarmente evidente nelle opere prodotte del triennio 1908-1911, che non solo sono molto diverse dalle opere futuriste successive, ma per alcuni aspetti rappresentano una vera e propria antitesi di ciò che diventerà il futurismo letterario a partire dal 1912, con la pubblicazione del Manifesto tecnico della letteratura futurista e l'invenzione delle parole in libertà. Nelle opere precedenti, a un sostanziale disinteresse per il progressismo tecnologico corrispondeva un'attenzione ossessiva per la corporeità e un ricorso continuo all'allegoria, con effetti particolarmente grotteschi (soprattutto nel romanzo Mafarka le futuriste) nei quali si rilevano tracce di una concezione del mondo di sapore ancora medioevo-rinascimentale. Questa componente regressiva del futurismo marinettiano viene platealmente abbandonata a partire dal 1912, con Zang Tumb Tumb, salvo riaffiorare ciclicamente, come una corrente sotterranea, in altre fasi della sua carriera: nel 1922, ad esempio, con la pubblicazione de Gli indomabili (un’altra opera allegorica, ricca di reminiscenze letterarie). Quella del 1912 è una vera e propria frattura, che nel primo capitolo è indagata sia da un punto di vista storico (attraverso la documentazione epistolare e giornalistica vengono portate alla luce le tensioni che portarono gran parte dei poeti futuristi ad abbandonare il movimento proprio in quell'anno) che da un punto di vista linguistico: sono sottolineate le differenze sostanziali tra la produzione parolibera e quella precedente, e si arrischia anche una spiegazione psicologica della brusca svolta impressa da Marinetti al suo movimento. Nel secondo capitolo viene proposta un'analisi formale e contenutistica della ‘funzione grottesca’ nelle opere di Marinetti. Nel terzo capitolo un'analisi comparata delle incarnazioni della macchine ritratte nelle opere di Marinetti ci svela che quasi sempre in questo autore la macchina è associata al pensiero della morte e a una pulsione masochistica (dominante, quest'ultima, ne Gli indomabili); il che porta ad arrischiare l'ipotesi che l'esperienza futurista, e in particolare il futurismo parolibero posteriore al 1912, sia la rielaborazione di un trauma. Esso può essere interpretato metaforicamente come lo choc del giovane Marinetti, balzato in pochi anni dalle sabbie d'Alessandria d'Egitto alle brume industriali di Milano, ma anche come una reale esperienza traumatica (l'incidente automobilistico del 1908, “mitologizzato” nel primo manifesto, ma che in realtà fu vissuto dall'autore come esperienza realmente perturbante).

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La ricerca oggetto di questa tesi, come si evince dal titolo stesso, è volta alla riduzione dei consumi per vetture a forte carattere sportivo ed elevate prestazioni specifiche. In particolare, tutte le attività descritte fanno riferimento ad un ben definito modello di vettura, ovvero la Maserati Quattroporte. Lo scenario all’interno del quale questo lavoro si inquadra, è quello di una forte spinta alla riduzione dei cosiddetti gas serra, ossia dell’anidride carbonica, in linea con quelle che sono le disposizioni dettate dal protocollo di Kyoto. La necessità di ridurre l’immissione in atmosfera di CO2 sta condizionando tutti i settori della società: dal riscaldamento degli edifici privati a quello degli stabilimenti industriali, dalla generazione di energia ai processi produttivi in senso lato. Nell’ambito di questo panorama, chiaramente, sono chiamati ad uno sforzo considerevole i costruttori di automobili, alle quali è imputata una percentuale considerevole dell’anidride carbonica prodotta ogni giorno e riversata nell’atmosfera. Al delicato problema inquinamento ne va aggiunto uno forse ancor più contingente e diretto, legato a ragioni di carattere economico. I combustibili fossili, come tutti sanno, sono una fonte di energia non rinnovabile, la cui disponibilità è legata a giacimenti situati in opportune zone del pianeta e non inesauribili. Per di più, la situazione socio politica che il medio oriente sta affrontando, unita alla crescente domanda da parte di quei paesi in cui il processo di industrializzazione è partito da poco a ritmi vertiginosi, hanno letteralmente fatto lievitare il prezzo del petrolio. A causa di ciò, avere una vettura efficiente in senso lato e, quindi, a ridotti consumi, è a tutti gli effetti un contenuto di prodotto apprezzato dal punto di vista del marketing, anche per i segmenti vettura più alti. Nell’ambito di questa ricerca il problema dei consumi è stato affrontato come una conseguenza del comportamento globale della vettura in termini di efficienza, valutando il miglior compromesso fra le diverse aree funzionali costituenti il veicolo. Una parte consistente del lavoro è stata dedicata alla messa a punto di un modello di calcolo, attraverso il quale eseguire una serie di analisi di sensibilità sull’influenza dei diversi parametri vettura sul consumo complessivo di carburante. Sulla base di tali indicazioni, è stata proposta una modifica dei rapporti del cambio elettro-attuato con lo scopo di ottimizzare il compromesso tra consumi e prestazioni, senza inficiare considerevolmente queste ultime. La soluzione proposta è stata effettivamente realizzata e provata su vettura, dando la possibilità di verificare i risultati ed operare un’approfondita attività di correlazione del modello di calcolo per i consumi. Il beneficio ottenuto in termini di autonomia è stato decisamente significativo con riferimento sia ai cicli di omologazione europei, che a quelli statunitensi. Sono state inoltre analizzate le ripercussioni dal punto di vista delle prestazioni ed anche in questo caso i numerosi dati rilevati hanno permesso di migliorare il livello di correlazione del modello di simulazione per le prestazioni. La vettura con la nuova rapportatura proposta è stata poi confrontata con un prototipo di Maserati Quattroporte avente cambio automatico e convertitore di coppia. Questa ulteriore attività ha permesso di valutare il differente comportamento tra le due soluzioni, sia in termini di consumo istantaneo, che di consumo complessivo rilevato durante le principali missioni su banco a rulli previste dalle normative. L’ultima sezione del lavoro è stata dedicata alla valutazione dell’efficienza energetica del sistema vettura, intesa come resistenza all’avanzamento incontrata durante il moto ad una determinata velocità. Sono state indagate sperimentalmente le curve di “coast down” della Quattroporte e di alcune concorrenti e sono stati proposti degli interventi volti alla riduzione del coefficiente di penetrazione aerodinamica, pur con il vincolo di non alterare lo stile vettura.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Il continuo verificarsi di gravi incidenti nei grandi impianti industriali ha spinto gli Stati membri dell’Unione Europea a dotarsi di una politica comune in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali. Anche a seguito della pressione esercitata dall’opinione pubblica sono state implementate, nel corso degli ultimi quarant’anni, misure legislative sempre più efficaci per la prevenzione e la mitigazione dei rischi legati ad attività industriali particolarmente pericolose. A partire dagli ultimi anni dello scorso secolo, l’Unione Europea ha emanato una serie di direttive che obbligano gli Stati membri ad essere garanti della sicurezza per l’uomo e per l’ambiente nelle zone circostanti a stabilimenti a rischio di incidente rilevante. In quest’ottica è stata pubblicata nel 1982 la Direttiva Seveso I [82/501/EEC], che è stata ampliata nel 1996 dalla Direttiva Seveso II [96/82/CE] ed infine emendata nel dicembre 2003 dalla Direttiva Seveso III [2003/105/CE]. Le Direttive Seveso prevedono la realizzazione negli Stati membri di una valutazione dei rischi per gli stabilimenti industriali che sono suscettibili a incendi, esplosioni o rilasci di gas tossici (quali, ad esempio, le industrie chimiche, le raffinerie, i depositi di sostanze pericolose). La Direttiva Seveso II è stata trasposta in legge belga attraverso “l’Accord de Coopération” del 21 giugno 1999. Una legge federale nel giugno del 2001 [M.B. 16/06/2001] mette in vigore “l’Accord de Coopération”, che è stato in seguito emendato e pubblicato il 26 aprile del 2007 [M.B. 26/04/2007]. A livello della Regione Vallona (in Belgio), la tematica del rischio di incidente rilevante è stata inclusa nelle disposizioni decretali del Codice Vallone della Pianificazione Territoriale, dell’Urbanismo e del Patrimonio [CWATUP]. In questo quadro la Regione Vallona ha elaborato in collaborazione con la FPMs (Faculté Polytechnique de Mons) una dettagliata metodologia di analisi del rischio per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. In Italia la Direttiva Seveso II è stata recepita dal Decreto Legislativo n°334 emanato nell’agosto del 1999 [D. Lgs. 334/99], che ha introdotto per la prima volta nel quadro normativo italiano i concetti fondamentali di “controllo dell’urbanizzazione” e “requisiti minimi di sicurezza per la pianificazione territoriale”. Il Decreto Legislativo 334/99 è attualmente in vigore, modificato ed integrato dal Decreto Legislativo n°238 del 21 settembre 2005 [D. Lgs. 238/05], recepimento italiano della Direttiva Seveso III. Tra i decreti attuativi del Decreto Legislativo 334/99 occorre citare il Decreto Ministeriale n°151 del 2001 [D. M. 151/01] relativo alla pianificazione territoriale nell’intorno degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. L’obiettivo di questo lavoro di tesi, che è stato sviluppato presso la Faculté Polytechnique di Mons, è quello di analizzare la metodologia di quantificazione del rischio adottata nella Regione Vallona, con riferimento alla pianificazione territoriale intorno agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, e di confrontarla con quella applicata in Italia. La metodologia applicata in Vallonia è di tipo “probabilistico” ovvero basata sul rischio quale funzione delle frequenze di accadimento e delle conseguenze degli scenari incidentali. Il metodo utilizzato in Italia è “ibrido”, ovvero considera sia le frequenze che le conseguenze degli scenari incidentali, ma non la loro ricomposizione all’interno di un indice di rischio. In seguito al confronto teorico delle due metodologie, se ne è effettuato anche una comparazione pratica tramite la loro applicazione ad un deposito di GPL. Il confronto ha messo in luce come manchino, nella legislazione italiana relativa agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, indicazioni di dettaglio per la quantificazione del rischio, a differenza di quanto accade nella legislazione belga. Ciò lascia all’analista di rischio italiano una notevole arbitrarietà nell’effettuare ipotesi ed assunzioni che rendono poi difficile la comparazione del rischio di stabilimenti differenti. L’auspicio è che tale lacuna possa essere rapidamente superata.