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I libretti che Pascoli scrisse in forma di abbozzi e che sognò potessero calcare il palcoscenico di un teatro furono davvero un “melodramma senza musica”. In primo luogo, perché non giunsero mai ad essere vestiti di note e ad arrivare in scena; ma anche perché il tentativo di scrivere per il teatro si tinse per Pascoli di toni davvero melodrammatici, nel senso musicale di sconfitta ed annullamento, tanto da fare di quella pagina della sua vita una piccola tragedia lirica, in cui c’erano tante parole e, purtroppo, nessuna musica. Gli abbozzi dei drammi sono abbastanza numerosi; parte di essi è stata pubblicata postuma da Maria Pascoli.1 Il lavoro di pubblicazione è stato poi completato da Antonio De Lorenzi.2 Ho deciso di analizzare solo quattro di questi abbozzi, che io reputo particolarmente significativi per poter cogliere lo sviluppo del pensiero drammatico e della poetica di Pascoli. I drammi che analizzo sono Nell’Anno Mille (con il rifacimento Il ritorno del giullare), Gretchen’s Tochter (con il rifacimento La figlia di Ghita), Elena Azenor la Morta e Aasvero o Caino nel trivio o l’Ebreo Errante. La prima ragione della scelta risiede nel fatto che questi abbozzi presentano una lunghezza più consistente dell’appunto di uno scheletro di dramma registrato su un foglietto e, quindi, si può seguire attraverso di essi il percorso della vicenda, delle dinamiche dei personaggi e dei significati dell’opera. Inoltre, questi drammi mostrano cosa Pascoli intendesse comporre per sollevare le vesti del libretto d’opera e sono funzionali all’esemplificazione delle sue concezioni teoriche sulla musica e il melodramma, idee che egli aveva espresso nelle lettere ad amici e compositori. In questi quattro drammi è possibile cogliere bene le motivazioni della scelta dei soggetti, il loro significato entro la concezione melodrammatica del poeta, il sistema simbolico che soggiace alla creazione delle vicende e dei personaggi e i legami con la poetica pascoliana. Compiere un’analisi di questo tipo significa per me, innanzitutto, risalire alle concezioni melodrammatiche di Pascoli e capire esattamente cosa egli intendesse per dramma musicale e per rinnovamento dello stesso. Pascoli parla di musica e dei suoi tentativi di scrivere per il teatro lirico nelle lettere ai compositori e, sporadicamente, ad alcuni amici (Emma Corcos, Luigi Rasi, Alfredo Caselli). La ricostruzione del pensiero e dell’estetica musicale di Pascoli ha dovuto quindi legarsi a ricerche d’archivio e di materiali inediti o editi solo in parte e, nella maggioranza dei casi, in pubblicazioni locali o piuttosto datate (i primi anni del Novecento). Quindi, anche in presenza della pubblicazione di parte del materiale necessario, quest’ultimo non è certo facilmente e velocemente consultabile e molto spesso è semi sconosciuto. Le lettere di Pascoli a molti compositori sono edite solo parzialmente; spesso, dopo quei primi anni del Novecento, in cui chi le pubblicò poté vederle presso i diretti possessori, se ne sono perse le tracce. Ho cercato di ricostruire il percorso delle lettere di Pascoli a Giacomo Puccini, Riccardo Zandonai, Giovanni Zagari, Alfredo Cuscinà e Guglielmo Felice Damiani. Si tratta sempre di contatti che Pascoli tenne per motivi musicali, legati alla realizzazione dei suoi drammi. O per le perdite prodotte dalla storia (è il 1 Giovanni Pascoli, Nell’Anno Mille. Sue notizie e schemi da altri drammi, a c. di Maria Pascoli, Bologna, Zanichelli, 1924. 2 Giovanni Pascoli, Testi teatrali inediti, a c. di Antonio De Lorenzi, Ravenna, Longo, 1979. caso delle lettere di Pascoli a Zandonai, che andarono disperse durante la seconda guerra mondiale, come ha ricordato la prof.ssa Tarquinia Zandonai, figlia del compositore) o per l’impossibilità di stabilire contatti quando i possessori dei materiali sono privati e, spesso, collezionisti, questa parte delle mie ricerche è stata vana. Mi è stato possibile, però, ritrovare gli interi carteggi di Pascoli e i due Bossi, Marco Enrico e Renzo. Le lettere di Pascoli ai Bossi, di cui do notizie dettagliate nelle pagine relative ai rapporti con i compositori e all’analisi dell’Anno Mille, hanno permesso di cogliere aspetti ulteriori circa il legame forte e meditato che univa il poeta alla musica e al melodramma. Da queste riflessioni è scaturita la prima parte della tesi, Giovanni Pascoli, i musicisti e la musica. I rapporti tra Pascoli e i musicisti sono già noti grazie soprattutto agli studi di De Lorenzi. Ho sentito il bisogno di ripercorrerli e di darne un aggiornamento alla luce proprio dei nuovi materiali emersi, che, quando non sono gli inediti delle lettere di Pascoli ai Bossi, possono essere testi a stampa di scarsa diffusione e quindi poco conosciuti. Il quadro, vista la vastità numerica e la dispersione delle lettere di Pascoli, può subire naturalmente ancora molti aggiornamenti e modifiche. Quello che ho qui voluto fare è stato dare una trattazione storico-biografica, il più possibile completa ed aggiornata, che vedesse i rapporti tra Pascoli e i musicisti nella loro organica articolazione, come premessa per valutare le posizioni del poeta in campo musicale. Le lettere su cui ho lavorato rientrano tutte nel rapporto culturale e professionale di Pascoli con i musicisti e non toccano aspetti privati e puramente biografici della vita del poeta: sono legate al progetto dei drammi teatrali e, per questo, degne di interesse. A volte, nel passato, alcune di queste pagine sono state lette, soprattutto da giornalisti e non da critici letterari, come un breve aneddoto cronachistico da inserire esclusivamente nel quadro dell’insuccesso del Pascoli teatrale o come un piccolo ragguaglio cronologico, utile alla datazione dei drammi. Ricostruire i rapporti con i musicisti equivale nel presente lavoro a capire quanto tenace e meditato fu l’avvicinarsi di Pascoli al mondo del teatro d’opera, quali furono i mezzi da lui perseguiti e le proposte avanzate; sempre ho voluto e cercato di parlare in termini di materiale documentario e archivistico. Da qui il passo ad analizzare le concezioni musicali di Pascoli è stato breve, dato che queste ultime emergono proprio dalle lettere ai musicisti. L’analisi dei rapporti con i compositori e la trattazione del pensiero di Pascoli in materia di musica e melodramma hanno in comune anche il fatto di avvalersi di ricerche collaterali allo studio della letteratura italiana; ricerche che sconfinano, per forza di cose, nella filosofia, estetica e storia della musica. Non sono una musicologa e non è stata mia intenzione affrontare problematiche per le quali non sono provvista di conoscenze approfonditamente adeguate. Comprendere il panorama musicale di quegli anni e i fermenti che si agitavano nel teatro lirico, con esiti vari e contrapposti, era però imprescindibile per procedere in questo cammino. Non sono pertanto entrata negli anfratti della storia della musica e della musicologia, ma ho compiuto un volo in deltaplano sopra quella terra meravigliosa e sconfinata che è l’opera lirica tra Ottocento e Novecento. Molti consigli, per non smarrirmi in questo volo, mi sono venuti da valenti musicologi ed esperti conoscitori della materia, che ho citato nei ringraziamenti e che sempre ricordo con viva gratitudine. Utile per gli studi e fondamentale per questo mio lavoro è stato riunire tutte le dichiarazioni, da me conosciute finora, fornite da Pascoli sulla musica e il melodramma. Ne emerge quella che è la filosofia pascoliana della musica e la base teorica della scrittura dei suoi drammi. Da questo si comprende bene perché Pascoli desiderasse tanto scrivere per il teatro musicale: egli riteneva che questo fosse il genere perfetto, in cui musica e parola si compenetravano. Così, egli era convinto che la sua arte potesse parlare ed arrivare a un pubblico più vasto. Inoltre e soprattutto, egli intese dare, in questo modo, una precisa risposta a un dibattito europeo sul rinnovamento del melodramma, da lui molto sentito. La scrittura teatrale di Pascoli non è tanto un modo per trovare nuove forme espressive, quanto soprattutto un tentativo di dare il suo contributo personale a un nuovo teatro musicale, di cui, a suo dire, l’umanità aveva bisogno. Era quasi un’urgenza impellente. Le risposte che egli trovò sono in linea con svariate concezioni di quegli anni, sviluppate in particolare dalla Scapigliatura. Il fatto poi che il poeta non riuscisse a trovare un compositore disposto a rischiare fino in fondo, seguendolo nelle sue creazioni di drammi tutti interiori, con scarso peso dato all’azione, non significa che egli fosse una voce isolata o bizzarra nel contesto culturale a lui contemporaneo. Si potranno, anche in futuro, affrontare studi sugli elementi di vicinanza tra Pascoli e alcuni compositori o possibili influenze tra sue poesie e libretti d’opera, ma penso non si potrà mai prescindere da cosa egli effettivamente avesse ascoltato e avesse visto rappresentato. Il che, documenti alla mano, non è molto. Solo ciò a cui possiamo effettivamente risalire come dato certo e provato è valido per dire che Pascoli subì il fascino di questa o di quell’opera. Per questo motivo, si trova qui (al termine del secondo capitolo), per la prima volta, un elenco di quali opere siamo certi Pascoli avesse ascoltato o visto: lo studio è stato possibile grazie ai rulli di cartone perforato per il pianoforte Racca di Pascoli, alle testimonianze della sorella Maria circa le opere liriche che il poeta aveva ascoltato a teatro e alle lettere del poeta. Tutto questo è stato utile per l’interpretazione del pensiero musicale di Pascoli e dei suoi drammi. I quattro abbozzi che ho scelto di analizzare mostrano nel concreto come Pascoli pensasse di attuare la sua idea di dramma e sono quindi interpretati attraverso le sue dichiarazioni di carattere musicale. Mi sono inoltre avvalsa degli autografi dei drammi, conservati a Castelvecchio. In questi abbozzi hanno un ruolo rilevante i modelli che Pascoli stesso aveva citato nelle sue lettere ai compositori: Wagner, Dante, Debussy. Soprattutto, Nell’Anno Mille, il dramma medievale sull’ultima notte del Mille, vede la significativa presenza del dantismo pascoliano, come emerge dai lavori di esegesi della Commedia. Da questo non è immune nemmeno Aasvero o Caino nel trivio o l’Ebreo Errante, che è il compimento della figura di Asvero, già apparsa nella poesia di Pascoli e portatrice di un messaggio di rinascita sociale. I due drammi presentano anche una specifica simbologia, connessa alla figura e al ruolo del poeta. Predominano, invece, in Gretchen’s Tochter e in Elena Azenor la Morta le tematiche legate all’archetipo femminile, elemento ambiguo, materno e infero, ma sempre incaricato di tenere vivo il legame con l’aldilà e con quanto non è direttamente visibile e tangibile. Per Gretchen’s Tochter la visione pascoliana del femminile si innesta sulle fonti del dramma: il Faust di Marlowe, il Faust di Goethe e il Mefistofele di Boito. I quattro abbozzi qui analizzati sono la prova di come Pascoli volesse personificare nel teatro musicale i concetti cardine e i temi dominanti della sua poesia, che sarebbero così giunti al grande pubblico e avrebbero avuto il merito di traghettare l’opera italiana verso le novità già percorse da Wagner. Nel 1906 Pascoli aveva chiaramente compreso che i suoi drammi non sarebbero mai arrivati sulle scene. Molti studi e molti spunti poetici realizzati per gli abbozzi gli restavano inutilizzati tra le mani. Ecco, allora, che buona parte di essi veniva fatta confluire nel poema medievale, in cui si cantano la storia e la cultura italiane attraverso la celebrazione di Bologna, città in cui egli era appena rientrato come professore universitario, dopo avervi già trascorso gli anni della giovinezza da studente. Le Canzoni di Re Enzio possono quindi essere lette come il punto di approdo dell’elaborazione teatrale, come il “melodramma senza musica” che dà il titolo a questo lavoro sul pensiero e l’opera del Pascoli teatrale. Già Cesare Garboli aveva collegato il manierismo con cui sono scritte le Canzoni al teatro musicale europeo e soprattutto a Puccini. Alcuni precisi parallelismi testuali e metrici e l’uso di fonti comuni provano che il legame tra l’abbozzo dell’Anno Mille e le Canzoni di Re Enzio è realmente attivo. Le due opere sono avvicinate anche dalla presenza del sostrato dantesco, tenendo presente che Dante era per Pascoli uno dei modelli a cui guardare proprio per creare il nuovo e perfetto dramma musicale. Importantissimo, infine, è il piccolo schema di un dramma su Ruth, che egli tracciò in una lettera della fine del 1906, a Marco Enrico Bossi. La vicinanza di questo dramma e di alcuni degli episodi principali della Canzone del Paradiso è tanto forte ed evidente da rendere questo abbozzo quasi un cartone preparatorio della Canzone stessa. Il Medioevo bolognese, con il suo re prigioniero, la schiava affrancata e ancella del Sole e il giullare che sulla piazza intona la Chanson de Roland, costituisce il ritorno del dramma nella poesia e l’avvento della poesia nel dramma o, meglio, in quel continuo melodramma senza musica che fu il lungo cammino del Pascoli librettista.

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Die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe deutscher Klassiker wurde seit 1904 bis in die Zwanziger Jahre hinein im Insel Verlag in Leipzig publiziert. Die Buchreihe hat nicht nur für den Verlag und die Druckerei Poeschel in der sie gedruckt wurde eine ganze Reihe von Neuerungen nach sich gezogen, auch für den deutschen Buchmarkt hat die Klassikerausgabe einen Meilenstein bedeutet. Sie hat einige Eigenschaften des Taschenbuches vorweggenommen. Sie orientierte sich an der Qualität bibliophiler Buchpublikationen, aber war dennoch preislich erschwinglich. Zeitgenössische Klassikerausgaben erschienen zumeist mit einem Kommentar. Nicht so die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe. Der Text wurde zwar von führenden Wissenschaftlern editiert, aber sie war dennoch unkommentiert. Der Text war in einer Jenson-Antiqua gesetzt obwohl die Debatte um individuell gestaltete Künstlerschriften und die Diskussion um die als deutsche Schrift begriffene Fraktur unter den wichtigsten Protagonisten des deutschen Buchgewerbes ihren Höhepunkt noch nicht erreicht hatte. Ziel für die Klassikerausgabe war darüber hinaus, das zur Jahrhundertwende leicht angestaubte Image der Stadt Weimar aufzupolieren. Über das Patronat des Großherzogs hinaus hätte man die Gewinne aus dem Verkauf der Bücher der Permanenten Ausstellung für die Anschaffung von modernen Kunstobjekten zur Verfügung stellen wollen, die unter der Leitung von Harry Graf Kessler stand. Sieht man den Inhalt der Werke der in der Klassikerreihe erschienen Dichter Goethe, Schiller und Körner in einem ästhetischen Kontext mit dem der Philosophen Schopenhauer und Kant, wird im Spiegel der Formalästhetik der Klassikerausgabe Graf Kesslers Bildungs- und Kulturbegriff erkennbar, der sich in den Jahren nach der Jahrhundertwende zu seinem Lebenskunstideal verdichtete. Der zerrütteten Existenz der Zeitgenossen, wie Friedrich Nietzsche sie beschrieben hatte, sollte der Inhalt der Ausgabe in seiner modernen Form eine moderne Wertehaltung entgegensetzen. Die Lektüre der Klassiker sollte den deutschen Philister „entkrampfen“ und ihm ein Stück der verloren geglaubten Lebensfreude wieder zurück bringen, in dem dieser auch die Facetten des Lebensleids als normal hinnehmen und akzeptieren lernte. Die Klassikerausgabe repräsentierte aus diesem Grund auch den kulturellen und politischen Reformwillen und die gesellschaftlichen Vorstellungen die der Graf für ein modernes Deutschland als überfällig erachtete. Die Buchreihe war aus diesem Grund auch ein politisches Statement gegen die Beharrungskräfte im deutschen Kaiserreich. Die Klassikerreihe wurde in der buchhistorischen Forschung zwar als bedeutender Meilenstein charakterisiert und als „wichtiges“ oder gar „revolutionäres“ Werk der Zeit hervorgehoben, die Ergebnisse der Forschung kann man überspitzt aber in der Aussage zusammenfassen, dass es sich bei der Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe um einen „zufälligen Glückstreffer“ deutscher Buchgestaltung zu handeln scheint. Zumindest lassen die Aussagen, die bisher in dieser Hinsicht gemacht wurden, keine eindeutige Einordnung zu, außer vielleicht der, dass die Klassiker von der englischen Lebensreform inspiriert wurden und Henry van de Velde und William Morris einen Einfluss auf ihre äußere Form hatten. Gerade die Gedankenansätze dieser Beiden nutzte Graf Kessler aber für eigene Überlegungen, die ihn schließlich auch zu eigenen Vorstellungen von idealer Buchgestaltung brachten. Da für Kessler auch Gebrauchsgegenstände Kunst sein konnten, wird das Konzept der Klassikerausgabe bis zur Umsetzung in ihrer `bahnbrechenden´ Form in das ideengeschichtliche und ästhetische Denken des Grafen eingeordnet. Die Klassiker werden zwar in buchhistorischen Einzeluntersuchungen bezüglich ihrer Komponenten, dem Dünndruckpapier, ihrem Einband oder der Schrifttype exponiert. In buchwissenschaftlichen Überblicksdarstellungen wird ihr Einfluss hingegen weniger beachtet, denn verschiedene Kritiker bezogen sie seit ihrem ersten Erscheinen nicht als deutsches Kulturgut mit ein, denn sie lehnten sowohl die englischen Mitarbeiter Emery Walker, Edward Johnston, Eric Gill und Douglas Cockerell wie auch ihre Gestaltung als „welsche“ Buchausgabe ab. Richtig ist, die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe hatte dieselbe Funktion wie die von Graf Kessler in Weimar konzipierten Kunstausstellungen und die dortige Kunstschule unter der Leitung seines Freundes Henry van de Velde. Auch das für Weimar geplante Theater, das unter der Leitung von Hugo von Hofmannsthal hätte stehen sollen und die Großherzog Wilhelm Ernst Schule, hätten dieselben Ideen der Moderne mit anderen Mitteln transportieren sollen, wie die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe deutscher Klassiker.

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On the basis of illustrations of Shakespeare's Hamlet, the new digital 'Oppel-Hammerschmidt Shakespeare Illustration Archive' at the Mainz University Library - together with a lavishly-constructed and multiply-linked Web interface version - was presented to the public on 17 November 2008. This e-book, edited by Andreas Anderhub and Hildegard Hammerschmidt-Hummel, contains the speeches and presentations given on the occasion of the opening ceremony of the electronic archive. The collection of the new archive, published here for the first time, holds about 3,500 images and is part of the only Shakespeare illustration archive in the world. The Shakespeare Illustration Archive was founded in 1946 by the internationally acclaimed Shakespeare and Goethe scholar, Prof. Horst Oppel. This part of the archive was donated to the Mainz University Library on condition that its holdings be digitalised and made available to the public. The collection has been named 'The Oppel-Hammerschmidt Shakespeare Illustration Archive' in accordance with the terms of the Agreement of Donation of 9, 15, and 16 September 2005, and honouring the 16 March 1988 Delegation of Authority and Declaration of Intent by Frau Ingeborg Oppel, Prof. Oppel's widow and legal assignee. Vice-President Prof. Jürgen Oldenstein opened the proceedings by noting that 2008 had been a good year for international Shakespeare scholarship. For, in London, the site of the 'Theatre' in Shoreditch, where Shakespeare's company performed, had been unearthed, and in Mainz the Shakespeare Archive had gone online with thousands of illustrations. The Dean of the Faculty of Philosophy and Philology, Prof. Mechthild Dreyer, who mentioned that she herself had long been successfully employing interdisciplinary research methods, took particular pleasure in the transdisciplinary approach to research resolutely pursued by Prof. Hammerschmidt-Hummel. Prof. Clemens Zintzen (Cologne), former President of the Mainz Academy of Literature and Sciences, recalled highlights from the more than sixty-year-long history of the Shakespeare Illustration Archive. Prof. Kurt Otten (Heidelberg and Cambridge) drew an impressive portrait of Horst Oppel's personality as an academic and praised his influential books on Goethe and Shakespeare. He pointed out that Oppel's Shakespeare Illustration Archive, the basis for many a dissertation, had enjoyed great popularity around the world. Prof. Otten also delineated the academic career of Prof. Hammerschmidt-Hummel and her new findings regarding Shakespeare's time, life and work. Prof. Rüdiger Ahrens OBE (Würzburg) drew attention to Prof. Hammerschmidt-Hummel's research results, directly or indirectly arising out of her work on the Shakespeare Illustration Archive. This research had centred on proving the authenticity of four visual representations of Shakespeare (the Chandos and Flower portraits, the Davenant bust and the Darmstadt Shakespeare death mask); solving the mystery around Shakespeare's 'Dark Lady'; and establishing the dramatist's Catholic religion. Prof. Hammerschmidt-Hummel reported on her 'Shakespeare Illustration' project, describing the nature, dimensions and significance of the Archive's pictorial material, which relates to all of Shakespeare's plays and stretches over five centuries. She explained that the digital 'Oppel-Hammerschmidt Illustration Archive' was an addition to the three-volume edition she had compiled, authored and edited for publication in 2003. Unlike the print version, however, the digital collection had only been partly editorially prepared. It represented source material and a basis for further work. Hammerschmidt-Hummel expressed her thanks to the Head of the Central University Library, Dr Andreas Anderhub, for his untiring commitment. After the initial donation had been made, he had entered enthusiastically into setting up the necessary contacts, getting all the work underway, and clearing the legal hurdles. Hammerschmidt-Hummel was especially grateful to University of Mainz librarian Heike Geisel, who had worked for nearly five years to carry out the large-scale digitalization of a total of 8,800 items. Frau Geisel was also extremely resourceful in devising ways of making the collection yield even more, e.g. by classifying and cross-linking the data, assembling clusters of individual topics that lend themselves to research, and (in collaboration with the art historian Dr Klaus Weber) making the archive's index of artists compatible with the data-bank of artists held by the University of Mainz Institute of Art History. In addition, she compiled an extremely helpful 'users' guide' to the new digital collection. Frau Geisel had enjoyed invaluable support from Dr Annette Holzapfel-Pschorn, the leading academic in the Central IT Department at the University, who set up an intelligent, most impressive Web interface using the latest application technologies. Frau Geisel and Dr Holzapfel-Pschorn were highly praised for their convincing demonstration, using illustrations to Hamlet, of how to access this well-devised and exceptionally user-friendly Web version. For legal reasons, Prof. Hammerschmidt-Hummel pointed out, the collection could not be released for open access on the internet. The media - as Dr Anderhub stressed in his foreword - had shown great interest in the new digital collection of thousands of Shakespearean illustrations (cf. Benjamin Cor's TV feature in "Tagesthemen", 17 November 2008, presented by Tom Buhrow). The ‘Oppel-Hammerschmidt Shakespeare Illustration Archive’ should also meet with particular interest not only among academic specialists, but also among the performers of the arts and persons active in the cultural realm in general, as well as theatre and film directors, literary managers, teachers, and countless Shakespeare enthusiasts.

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«Così una circoncisione del Guercino mi ha fatto una profonda impressione, perché già conosco ed amo questo maestro. Gli ho perdonato il soggetto antipatico e ho goduto dell’esecuzione», commentò Goethe nel suo Viaggio in Italia, quando passò per Bologna tra il 18 ed il 20 ottobre 1786. Lo scrittore tedesco fu una delle ultime personalità che poté ammirare l’opera che campeggiava sull' altare maggiore della chiesa di Gesù e Maria, autentico tempio del barocco bolognese, oggi scomparso. L’abbattimento del complesso intervenne infatti all’inizio del XIX secolo con la conseguente dispersione dell’intero corpo iconografico e del materiale mobiliare, a testimonianza della qualità e del pregio, non solo delle opere un tempo contenute all’interno, ma anche della struttura architettonica. L’interesse alla chiesa di Gesù e Maria è stato determinato dal forte impatto che l’edificio ed il suo apparato ebbe sui contemporanei, come dimostrano efficacemente i testi di letterati e cronisti bolognesi coevi, quali Carlo Cesare Malvasia e Antonio Masini. Per quanto riguarda invece la celebre pala d’altare del Guercino, oltre a Goethe, anche Stendhal ne valutò l’importanza riportandola come una tra le più belle di Bologna. La finalità di questa tesi di laurea, dunque, è quella di far luce sulla vita di questa opera, a partire dalle testimonianze dirette, ricavate dalla comparazione dei documenti dispersi in diversi fondi archivistici di Bologna, indagando soprattutto sulla possibile “paternità” del progetto.

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Im Rahmen der vorliegenden Arbeit wurde ein schnelles, piezobasiertes Frequenztuningsystem für aktuelle sowie zukünftige supraleitende (sl) CH-Kavitäten entwickelt. Die Grundlage des hierbei verwendeten Tuningkonzepts unterscheidet sich von bisherigen, konventionellen Tuningmethoden supraleitender Kavitäten grundlegend. Zum Ausgleichen von unerwünschten Frequenzverstimmungen während des Beschleunigerbetriebes werden sogenannte bewegliche Balgtuner in das Innere der Resonatorgeometrie geschweißt. Aufgrund ihrer variablen Länge können diese die Kapazität der Kavität und somit die Resonanzfrequenz gezielt beeinflussen. Die Antriebsmechanik, die für die Auslenkung bzw. Stauchung der Balgtuner sorgt, besteht aus einer langsamen, schrittmotorbetriebenen und einer schnellen, piezobasierten Tuningeinheit, welche auf der Außenseite des Heliummantels der jeweiligen CH-Kavität installiert wird. Zur Überprüfung dieses neuartigen Tuningkonzepts wurde in der Werkstatt des Instituts für Angewandte Physik (IAP) der Goethe Universität Frankfurt ein Prototyp der gesamten Tuningeinheit aus Edelstahl gefertigt. Die Funktionsweise der langsamen sowie schnellen Tuningeinheit konnten hierbei in ersten Messungen bei Raumtemperatur erfolgreich getestet werden. Somit stellt die in dieser Arbeit entwickelte Tuningeinheit eine vielversprechende Möglichkeit des dynamischen Frequenztunings supraleitender CH-Strukturen dar. rnDes Weiteren wurden im Rahmen der Arbeit mit Hilfe der Simulationsprogramme ANSYS Workbench sowie CST MicroWave Studio gekoppelte strukturmechanische und elektromagnetische Simulationen der sl 217 MHz CH sowie der sl 325 MHz CH-Kavität durchgeführt. Hierbei konnte zum einen der Frequenzbereich und somit der notwendige mechanische Hub der jeweiligen Tuningeinheit durch Bestimmung der Frequenzverstimmungen signifikant reduziert werden. Zum anderen war es möglich, die mechanische Stabilität der beiden Kavitäten zu untersuchen und somit plastische Deformationen von vornherein auszuschließen. Zur Überprüfung der Genauigkeit sämtlicher getätigter Simulationsrechnungen wurde das strukturmechanische Verhalten in Abhängigkeit äußerer Einflüsse und die daraus resultierenden Frequenzverstimmungen der CH-Kavitäten sowohl bei Raumtemperatur als auch bei kryogenen Temperaturen von 4.2 K gemessen. Hierbei zeigten sich zum Teil hervorragende Übereinstimmungen zwischen den simulierten und gemessenen Werten mit Diskrepanzen von unter 10%. Mit Hilfe dieser Ergebnisse konnte gezeigt werden, dass die gekoppelte Simulation ein essentielles Werkzeug während der Entwicklungsphase einer supraleitenden Beschleunigungsstruktur darstellt, so dass die für den Betrieb erforderliche mechanische Stabilität einer supraleitenden Kavität erreicht werden kann. rn

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Alexander von Humboldt (1769–1859) was a world traveler, bestselling writer, and versatile researcher, a European salon sensation, and global celebrity. Yet the enormous literary echo he generated has remained largely unexplored. Humboldt inspired generations of authors, from Goethe and Byron to Enzensberger and García Márquez, to reflect on cultural difference, colonial ideology, and the relation between aesthetics and science. This collection of one-hundred texts features tales of adventure, travel reports, novellas, memoirs, letters, poetry, drama, screenplays, and even comics—many for the first time in English. The selection covers the foundational myths and magical realism of Latin America, the intellectual independence of Emerson, Thoreau, Poe, and Whitman in the United States, discourses in Imperial, Weimar, Nazi, East, and West Germany, as well as recent films and fiction. This documented source book addresses scholars in cultural and postcolonial studies as well as readers in history and comparative literature.

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Philipp Christoph Kayser ist vor allem als Freund Goethes bekannt. Er war bis ca. 1785 sein Hauskomponist. Seine Reiseberichte an Goethe sind für die Wahrnehmung der italiensichen Musik durch einen deutschen Komponisten von zentraler Bedeutung.

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To nie przypadek, że wyrażenie „wieczna kobiecość" ukute przez Goethego zbiega się w czasie z pierwszymi zachodnimi próbami emancypacji kobiet. W chwili, kiedy model kobiety istniejącej tylko w zależności od mężczyzny zaczyna być kwestionowany, kategoria wiecznej kobiecości pozwala ponownie potwierdzić ten model, wypełniając go pozytywnymi wartościami. Naturą kobiety jest być uległą i oddaną, a te cechy sprawiają, że kobieta jest depozytariuszem wszelkiej potencjalnej zbawczej łaski. Tak w Fauście Goethego, przypada Małgorzacie, dziewczynie naiwniej, niewinnej, niewykształconej i bez własnej woli, wykupić Fausta siłą swojej miłości. Wszystko dzieje się tak, jakby pozytywna kodyfikacja właściwości kobiet dzięki kategorii wiecznej kobiecości służyła tylko lepszemu ukryciu rzeczywistości ich ucisku; feministki jednak nie dają się zwieść: ideały popierane przez kategorię wiecznej kobiecości są a priori niezgodne z emancypacją kobiet. Karolina Světlá, jedna z najważniejszych postaci w walce o zrównanie praw między mężczyznami i kobietami w Czechach w XIX wieku, wykorzystywała przecież intensywnie w swojej literackiej twórczości ten model kobiety, która poświęca się dla kochanego mężczyzny i tym samym udaje się jej go "podciągnąć do góry" ("hinan zu ziehen", Goethe) oraz dać mu dostęp do "nieskończoności", "nieśmiertelności" i "wieczności". Czy jej teoretyczne pisma i jej działalność na rzecz emancypacji kobiet zaprzeczałyby jej tekstom literackim, na pierwszy rzut oka tak konwencjonalnym? W tym wykładzie podejmuję próbę odpowiedzi na to pytanie uważną lekturą jednego z jej najbardziej faustowskich opowiadań, mianowice "Czarna dziewanna".