782 resultados para Automatismo espiritual


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Con il presente lavoro, che ha ad oggetto l’istituto dello scioglimento anticipato delle Camere nell’ordinamento costituzionale italiano, il candidato si propone tre obiettivi. Il primo è quello della ricostruzione dogmatica dell’istituto che sconta inevitabilmente un grosso debito nei confronti della vasta letteratura giuridica che si è sviluppata nel corso dei decenni. Il secondo obiettivo è quello, ben più originale, dell’indagine sulla prassi che ha contraddistinto il ricorso allo scioglimento nella peculiare realtà italiana. In questo modo si viene colmando uno spazio di ricerca diretto a leggere gli avvenimenti e a ricondurli in un quadro costituzionale sistematico, anche al fine di ricavare utili riflessioni circa la conformità della prassi stessa al dato normativo, nonché sulle modalità di funzionamento concreto dell'istituto. Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è utilizzare le considerazioni così sviluppate per ricercare soluzioni interpretative adeguate all’evoluzione subita dall’assetto politico-istituzionale italiano negli ultimi due decenni. Quanto al metodo, la scelta del candidato è stata quella di ricorrere ad uno strumentario che pone in necessaria sequenza logica: a) i presupposti storici/comparatistici e il dibattito in Assemblea costituente, utili per l’acquisizione del patrimonio del parlamentarismo europeo del tempo e per la comprensione del substrato su cui si costruisce l’edificio costituzionale; b) il testo costituzionale, avvalendosi anche delle importanti considerazioni svolte dalla dottrina più autorevole; c) la prassi costituzionale, consistente nella fase di implementazione concreta del disposto normativo. La finalità che il candidato si pone è dimostrare la possibilità di configurare lo scioglimento secondo un modello di tipo “primoministeriale”. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, dalla pur sintetica descrizione dei precedenti storici (sia rispetto alle realtà europee, inglese e francese in primis, che al periodo prerepubblicano) si trae conferma che l’operatività dell’istituto è intrinsecamente influenzata dalla forma di governo. Una prima indicazione che emerge con forza è come la strutturazione del sistema partitico e il grado di legame tra Assemblea rappresentativa e Gabinetto condizionino la ratio del potere di scioglimento, la sua titolarità ed il suo effettivo rendimento. Infatti, in presenza di regimi bipartitici e di impianti istituzionali che accentuano il raccordo fiduciario, il Capo dello Stato tende all’emarginazione, e lo scioglimento acquisisce carattere di automaticità tutte le volte in cui si verificano crisi ministeriali (eventualità però piuttosto rara); più consueto è invece lo scioglimento primoministeriale libero, come arma politica vera e propria attraverso cui il Governo in carica tende a sfruttare il momento migliore per ricercare il giudizio del popolo. Al contrario, dove il sistema politico è più dinamico, e il pluralismo sociale radicalizzato, il Capo dello Stato interferisce fortemente nella vita istituzionale e, in particolare, nella formazione dell’indirizzo politico: in quest’ottica lo scioglimento viene da questi inglobato, ed il suo ricorso subordinato ad esigenze di recupero della funzionalità perduta; soprattutto, quando si verificano crisi ministeriali (invero frequenti) il ricorso alle urne non è conseguenza automatica, ma semmai gli viene preferita la via della formazione di un Gabinetto poggiante su una maggioranza alternativa. L’indagine svolta dal candidato sui lavori preparatori mostra come il Costituente abbia voluto perseguire l'obiettivo di allargare le maglie della disciplina costituzionale il più possibile, in modo da poter successivamente ammettere più soluzioni interpretative. Questa conclusione è il frutto del modo in cui si sono svolte le discussioni. Le maggiori opzioni prospettate si collocavano lungo una linea che aveva ad un estremo una tassativa preordinazione delle condizioni legittimanti, ed all’altro estremo l’esclusiva e pressoché arbitraria facoltà decisionale dello scioglimento nelle mani del Capo dello Stato; in mezzo, la via mediana (e maggiormente gradita) del potere sì presidenziale, benché circondato da tutta una serie di limiti e garanzie, nel quadro della costruzione di una figura moderatrice dei conflitti tra Esecutivo e Legislativo. Ma non bisogna tralasciare che, seppure rare, diverse voci propendevano per la delineazione di un potere governativo di scioglimento la quale impedisse che la subordinazione del Governo al Parlamento si potesse trasformare in degenerazione assemblearista. Quindi, il candidato intende sottolineare come l’adamantina prescrizione dell’art. 88 non postuli, nell’ambito dell’interpretazione teleologica che è stata data, alcuno specifico indirizzo interpretativo dominante: il che, in altri termini, è l’ammissione di una pluralità di concezioni teoricamente valide. L'analisi del dettato costituzionale non ha potuto prescindere dalla consolidata tripartizione delle teorie interpretative. Dall'analisi della letteratura emerge la preferenza per la prospettiva dualistica, anche in virtù del richiamo che la Costituzione svolge nei confronti delle competenze sia del Presidente della Repubblica (art. 88) che del Governo (art. 89), il che lo convince dell’inopportunità di imporre una visione esclusivista, come invece sovente hanno fatto i sostenitori della tesi presidenziale. Sull’altro versante ciò gli permette di riconferire una certa dignità alla tesi governativa, che a partire dal primo decennio repubblicano era stata accantonata in sede di dibattito dottrinario: in questo modo, entrambe le teoriche fondate su una titolarità esclusiva assumono una pari dignità, benchè parimenti nessuna delle due risulti persuasiva. Invece, accedere alla tesi della partecipazione complessa significa intrinsecamente riconoscere una grande flessibilità nell’esercizio del potere in questione, permettendo così una sua più adeguata idoneità a mutare le proprie sembianze in fase applicativa e a calarsi di volta in volta nelle situazioni contingenti. Questa costruzione si inserisce nella scelta costituente di rafforzare le garanzie, ed il reciproco controllo che si instaura tra Presidente e Governo rappresenta la principale forma di tutela contro potenziali abusi di potere. Ad ognuno dei due organi spettano però compiti differenti, poiché le finalità perseguite sono differenti: come l’Esecutivo agisce normalmente secondo canoni politici, in quanto principale responsabile dell’indirizzo politico, al Capo dello Stato si addice soprattutto il compito di sorvegliare il regolare svolgimento dei meccanismi istituzionali, in posizione di imparzialità. Lo schema costituzionale, secondo il candidato, sembra perciò puntare sulla leale collaborazione tra i poteri in questione, senza però predefinire uno ruolo fisso ed immutabile, ma esaltando le potenzialità di una configurazione così eclettica. Assumendo questa concezione, si ha buon gioco a conferire piena cittadinanza costituzionale all’ipotesi di scioglimento disposto su proposta del Presidente del Consiglio, che si può ricavare in via interpretativa dalla valorizzazione dell’art. 89 Cost. anche secondo il suo significato letterale. Al discorso della titolarità del potere di scioglimento, il candidato lega quello circa i presupposti legittimanti, altro nodo irrisolto. La problematica relativa alla loro definizione troverebbe un decisivo ridimensionamento nel momento in cui si ammette la compartecipazione di Governo e Presidente della Repubblica: il diverso titolo con il quale essi cooperano consentirebbe di prevenire valutazioni pretestuose circa la presenza delle condizioni legittimanti, poichè è nel reciproco controllo che entrambi gli organi individuano i confini entro cui svolgere le rispettive funzioni. Si giustificano così sia ragioni legate ad esigenze di funzionalità del sistema (le più ricorrenti in un sistema politico pluripartitico), sia quelle scaturenti dalla divaricazione tra orientamento dei rappresentati e orientamento dei rappresentanti: purchè, sottolinea il candidato, ciò non conduca il Presidente della Repubblica ad assumere un ruolo improprio di interferenza con le prerogative proprie della sfera di indirizzo politico. Il carattere aperto della disciplina costituzionale spinge inevitabilmente il candidato ad approfondire l'analisi della prassi, la cui conoscenza costituisce un fondamentale modo sia per comprendere il significato delle disposizioni positive che per apprezzare l’utilità reale ed il rendimento sistemico dell’istituto. Infatti, è proprio dall'indagine sulla pratica che affiorano in maniera prepotente le molteplici virtualità dello strumento dissolutorio, con modalità operative che, a seconda delle singole fasi individuate, trovano una strutturazione casistica variabile. In pratica: nel 1953 e nel 1958 è l'interesse del partito di maggioranza relativa ad influenzare il Governo circa la scelta di anticipare la scadenza del Senato; nel 1963 e nel 1968 invece si fa strada l'idea del consenso diffuso allo scioglimento, seppure nel primo caso l'anticipo valga ancora una volta per il solo Senato, e nel secondo ci si trovi di fronte all'unica ipotesi di fine naturale della legislatura; nel 1972, nel 1976, nel 1979, nel 1983 e nel 1987 (con una significativa variante) si manifesta con tutta la sua forza la pratica consociativa, figlia della degenerazione partitocratica che ha svuotato le istituzioni giuridiche (a partire dal Governo) e cristallizzato nei partiti politici il centro di gravità della vita pubblica; nel 1992, a chiusura della prima epoca repubblicana, caratterizzata dal dominio della proporzionale (con tutte le sue implicazioni), si presentano elementi atipici, i quali vanno a combinarsi con le consolidate tendenze, aprendo così la via all'incertezza sulle tendenze future. È con l'avvento della logica maggioritaria, prepotentemente affacciatasi per il tramite dei referendum elettorali, a sconvolgere il quadro delle relazioni fra gli organi costituzionali, anche per quanto concerne ratio e caratteristiche del potere di scioglimento delle Camere. Soprattutto, nella fase di stretta transizione che ha attraversato il quadriennio 1992-1996, il candidato mette in luce come i continui smottamenti del sistema politico abbiano condotto ad una fase di destabilizzazione anche per quanto riguarda la prassi, incrinando le vecchie regolarità e dando vita a potenzialità fino allora sconosciute, addirittura al limite della conformità a Costituzione. La Presidenza Scalfaro avvia un processo di netta appropriazione del potere di scioglimento, esercitandolo in maniera esclusiva, grazie anche alla controfirma offerta da un Governo compiacente (“tecnicco”, perciò debitore della piena fiducia quirinalizia). La piena paternità presidenziale, nel 1994, è accompagnata da un altro elemento di brusca rottura con il passato, ossia quello della ragione legittimante: infatti, per la prima volta viene addotta palesemente la motivazione del deficit di rappresentatività. Altro momento ad aver costituito da spartiacque nell’evoluzione della forma di governo è stato il mancato scioglimento a seguito della crisi del I Governo Berlusconi, in cui forti erano state le pressioni perché si adeguasse il parlamentarismo secondo i canoni del bipolarismo e del concetto di mandato di governo conferito direttamente dagli elettori ad una maggioranza (che si voleva predefinita, nonostante essa in verità non lo fosse affatto). Dopo questa parentesi, secondo il candidato la configurazione dello strumento dissolutorio si allinea su ben altri binari. Dal punto di vista della titolarità, sono i partiti politici a riprendere vigorosamente un certo protagonismo decisionale, ma con una netta differenza rispetto al passato consociativo: ora, il quadro politico pare saldamente attestato su una dinamica bipolare, per cui anche in relazione all’opzione da adottare a seguito di crisi ministeriale sono le forze della maggioranza che decidono se proseguire la legislatura (qualora trovino l’accordo tra di loro) o se sciogliere (allorchè invece si raggiunga una sorta di maggioranza per lo scioglimento). Dal punto di vista dei presupposti, sembra consolidarsi l’idea che lo scioglimento rappresenti solo l’extrema ratio, chiamando gli elettori ad esprimersi solo nel momento in cui si certifica l’assoluta impossibilità di ripristinare la funzionalità perduta. Conclusioni. Il rafforzamento della prospettiva bipolare dovrebbe postulare una riconfigurazione del potere di scioglimento tesa a valorizzare la potestà decisionale del Governo. Ciò discenderebbe dal principio secondo cui il rafforzamento del circuito che unisce corpo elettorale, maggioranza parlamentare e Governo, grazie al collante di un programma politico condiviso, una coalizione che si presenta alle elezioni ed un candidato alla Presidenza del Consiglio che incarna la perfetta sintesi di tutte queste istanze, comporta che alla sua rottura non si può che tornare al giudizio elettorale: e quindi sciogliere le Camere, evitando la composizione di maggioranze che non rappresentano la diretta volontà popolare. Il candidato però non ritiene auspicabile l’adozione di un automatismo analogo alla regola dell'aut simul stabunt aut simul cadent proprio dell’esperienza regionale post 1999, perché soluzione eccessivamente rigida, che ingesserebbe in maniera inappropriata una forma parlamentare che comunque richiede margini di flessiblità. La proposta è invece di rileggere il testo costituzionale, rebus sic stantibus, nel senso di far prevalere un potere libero di proposta da parte del Governo, cui il Capo dello Stato non potrebbe non consentire, salvo svolgere un generale controllo di costituzionalità volto ad accertare l’insussistenza di alcuna forma di abuso. Su queste conclusioni il lavoro esprime solo prime idee, che meritano di essere approfondite. Come è da approfondire un tema che rappresenta forse l’elemento di maggiore originalità: trattasi della qualificazione e descrizione di un mandato a governare, ossia della compatibilità costituzionale (si pensi, in primis, al rapporto con il divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 Cost.) di un compito di governo che, tramite le elezioni, gli elettori affidano ad una determinata maggioranza, e che va ad arricchire il significato del voto rispetto a quello classico della mera rappresentanza delle istanze dei cittadini (e propria del parlamentarismo ottocentesco): riflessi di tali considerazioni si avrebbero inevitabilmente anche rispetto alla concezione del potere di scioglimento, che in siffatta maniera verrebbe percepito come strumento per il ripristino del “circuito di consonanza politica” che in qualche modo si sarebbe venuto a rompere. Ad ogni buon conto, già emergono dei riflessi in questo senso, per cui la strada intrapresa dal candidato pare quella giusta affinchè l’opera risulti completa, ben argomentata ed innovativa.

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Los miembros de la Compañía de Jesús convocados para llevar adelante la Conquista espiritual de los Guaraníes, formaron con los 30 pueblos misioneros una verdadera empresa que actuó en Río de la Plata y que reúne, junto a los rasgos espirituales y heroicos, las características propias de una organización en la que el interés del beneficio económico está presente. Pero esto no siempre fue así, ya que al principio se observa una actividad misional exclusivamente, luego hay una etapa en que los conflictos con los factores externos hacen peligrar el proyecto y finalmente se produce la estabilización y la consolidación de actividades comerciales. Determinar las etapas de dicho cambio, esla intención de este trabajo.

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La conquista que de América hicieron los países de Europa, representa, en primer término la expresión de la soberbia de creer que el mayor desarrollo tecnológico justificaba el dominio, la expollación económica o la sublimación de la voluntad de los vencidos a través de la conquista espiritual. Son muchos los documentos que dan testimonio de la utilización de representaciones dramáticas en la evangelización. Es este Teatro de carácter didáctico el que ha motivado nuestro interés. Los jesuitas lo utilizaron en las "Misiones de Indios guaranies" y también entre los Tupíes y con la misma finalidad lo usó el Padre Anchieta, en el Brasil.En ambos casos el evangelizador operó con una realidad similar: los fundamentos míticos de la cultura tupí-guaraní.

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El presente trabajo se propone una nueva mirada sobre el extenso corpus modernista hispanoamericano, narrativo y lírico, para descubrir en él las modulaciones del espacio poético y describir, evitando una formulación dogmática, el trazo de un periplo que comienza en el espacio americano, se sumerge en espacios interiores y artificiales, se evade en lo exótico y lo antiguo para regresar nuevamente a América con una técnica transformada. Se subraya la semejanza de tal periplo con la traslación física y espiritual de los poetas modernistas más significativos.

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Bernabé Demaría (1824-1910), escritor, político y pintor argentino, es autor de una única novela, Revelaciones de un manuscrito (1869). En sus páginas, el espacio geográfico -Europa en la primera parte; la Argentina, en la segunda- funciona como elemento estructurador, pues la novela está concebida como un Bildungsroman, donde el motivo del viaje articula tanto el desplazamiento horizontal (espacial) como el vertical (espiritual y social) del protagonista, Florencio Indarte. Junto a los tópicos del más definido romanticismo, se descubren rasgos realistas: una cuidadosa localización espacial de la acción, la acumulación de detalles tendientes a reforzar el efecto de realidad, el discurso didáctico, de registro aparentemente objetivo, portador de una copiosa enciclopedia científica. La olvidada novela de Bernabé Demaría debe ser tenida en cuenta muy especialmente en toda indagación de los orígenes del realismo en la novela argentina.

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Fil: Vázquez, Juan Adolfo. Universidad Nacional de Cuyo

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La conocida tesis de Tomás de Aquino de que el ver «es el más elevado de todos [los sentidos]» (De anima, c13) está detrás de la metáfora de la vista como expresión del conocer y de la afirmación de que este sentido es el más inmaterial (y más próximo a lo espiritual) de todos los sentidos externos. Esta noción de ‘ver’ (y de ‘sentir’) presentaba dos elementos constitutivos de todo sentido: lo que tenía como inmutación o impresión (contacto con la realidad) y su carácter formal (aprehensor de la forma sensible). Lograr una posición unitaria que integre tanto el elemento impresivo (dador de realidad) como aprehensivo o cognoscitivo ha sido también el intento de posturas filosóficas contemporáneas (como la de Zubiri) respondiendo a posiciones insuficientes que o bien han primado el elemento de inmediatez, o han señalado el sentir como mero dador de contenido a la inteligencia. Así, este autor revisa las formas de interpretar el sentido, señalando la primariedad del sentido del tacto y la fundamentalidad de éste para la comprensión del verdadero estatuto del sentir humano, poniendo de nuevo en actualidad la reflexión del Aquinate sobre el sentir, indicando a su vez la diferencia de planteamientos de ambos autores.

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Haimón de Auxerre escribió numerosos comentarios bíblicos en la segunda mitad del siglo IX. Es un representante de la elite intelectual monástica carolingia y, por lo tanto, sus textos pueden ser utilizados para estudiar la peculiar visión acerca del mundo y la sociedad, creada por el fragmento monástico de la aristocracia del periodo carolingio. La comprensión del pensamiento monástico del siglo IX es fundamental para la comprensión de las grandes reformas del siglo X (como la cluniacense) y por extensión del papado reformista del siglo XI. El centro del presente trabajo es estudiar la forma en la que Haimón construye, partiendo de un texto bíblico profético -el Libro de Oseas- la idea de sometimiento del poder real a la guía espiritual de la elite monástica.

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El Comentario a las Sentencias, una obra de juventud del Aquinate, permite reconocer la presencia de Aristóteles en su pensamiento ya desde el comienzo de su producción filosófica. Uno de los temas donde claramente se nota su influencia es en la teoría del conocimiento, pues el joven dominico parece aceptar los aspectos centrales de la visión del Estagirita, aunque evidentemente las fórmulas y desarrollos no tienen aquí la precisión que se observa en escritos posteriores y en las que ciertamente uno encuentra un Santo Tomás más maduro. En el presente artículo quisiera desarrollar algunos elementos que surgen al analizar la importancia que se da en esta obra a lo sensible. En efecto, la frecuencia con la que el Aquinate recurre a Dionisio para completar e incluso corregir algunas afirmaciones de Aristóteles en este tema no puede menos que llamar la atención. A la necesidad de lo sensible se suma por ejemplo el hecho de concebir a la creación como símbolo de Dios o a lo material como un elemento mediador, dos temas de clara inspiración dionisiana. Como intento mostrar, aun reconociendo la presencia de Aristóteles, la posición de Santo Tomás en el tema de lo sensible y sobre todo en el papel que deben ocupar los sentidos no pueden ser comprendidos cabalmente sin reconocer en qué medida su pensamiento es tributario del Areopagita.

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El tema de nuestra tesis trata sobre las metodologías de evaluación universitaria en la Facultad de Ciencias Políticas y Sociales de la Universidad Nacional de Cuyo relacionadas con el género y origen social de los/as alumnos/as. En el contexto del Sistema Educativo del Nivel Superior. La educación puede ser entendida como un derecho que todos los sujetos tienen como parte de los derechos sociales y humanos básicos. Ya que la misma, en un sentido amplio constituye un hecho primordial para el desarrollo personal, en cuanto promueve y permite que el ser humano alcance la riqueza cognitiva, efectiva, social y espiritual propia de su naturaleza. Desde esta perspectiva la educación cumple un papel decisivo en la formación integral del ser humano como persona y ser social. Con respecto a la evaluación, dentro del Sistema Educativo, podríamos afirmar que es habitual que tanto los estudios de educación como cualquier persona común piensen que el examen es un elemento inherente a toda acción educativa. Es natural pensar que después de una clase los estudiantes deben ser examinados para valorar si adquirieron el conocimiento expuesto. Pero esta afirmación no es tan así, existen evidencias de que entes de la Edad Media no existía un sistema de exámenes ligado a la práctica educativa. Además, la asignación de notas (calificaciones) al trabajo escolar es una herencia del siglo XIX a la pedagogía. Herencia que produjo una infinidad de problemas. Los cuales, hoy padecemos.

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La acedia ocupó un importante lugar dentro de la teología espiritual de los Padres del Desierto y el concepto por ellos acuñado pasó al mundo latino a través de Casiano aunque con un significado ya levemente diverso. San Gregorio Magno la desplaza de su listado de los siete pecados capitales y, es por eso, que en los siglos siguientes la acedia será considerada una especie de pereza concerniente a las actividades piadosas propias de la vida religiosa. La escolástica del siglo XIII, sin embargo, produce una renovación del estudio de la acedia, la que encontrará un lugar más o menos importante dentro de los tratados que escribirán pensadores como Guillermo de Auxerre, Alejandro de Hales, Alberto Magno o Tomás de Aquino. En este trabajo deseo puntualizar los aspectos más destacados de la doctrina sobre la acedia que elabora Alberto Magno a lo largo de varias de sus obras, buscando señalar los aspectos más destacados y que evidencia una clara evolución de su pensamiento al respecto.

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Quizás ningún otro pueblo de nuestra cultura occidental, como el griego, fue tan hondo y caló tan profundamente en la amplia y variada gama de temáticas y problemáticas específicamente humanas. Todo el legado de su cultura, en sentido fuerte, da cuenta y testimonio de tal actitud que, como fruto y obra propiamente espiritual, pervive en el tiempo y trasciende espacios. El mito griego no escapa a este modo poiético-práctico de explicar y comprender el hombre, la naturaleza, la divinidad, la realidad toda, en la que el espíritu griego ve unidad armónica. Entendemos que el mito griego y su fuerte componente divino, aún cuando recibido de culturas o pueblos más antiguos y aún cuando su procedencia sea todavía hoy, en muchos casos, motivo de conjeturas, es recreado y poiéticamente realizado desde y por un espíritu peculiar que ya, desde el mito, va en búsqueda de su propia definición, de su verdad. Tales relatos cobran la forma de interpretaciones, verdaderos modos de concepción de la realidad, se convierten en explicaciones.

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En mi búsqueda acerca del tema de sexualidad, más allá de la visión del Estado nacional, los discursos desde la medicina, los medios de comunicación y el contexto religioso, encontré un espacio no hegemónico de educación, un espacio que se inserta en una "espiritual red"; el ejemplo de la espiritual que abordaré, es la neoindianidad, donde el sincretismo y lo híbrido surge a partir de la fusión de corrientes filosóficas y espirituales. Se pretende relatar parte de la experiencia y (re)significado de la sexualidad de hombres y mujeres a partir de las concepciones y discursos de las "abuelas" que dirigieron la práctica-ritual en Guadalajara, México. Ya quela escuela no es el único espacio para formar identidad sexual y concepciones de formas vivibles de la sexualidad, ¿cómo se construye el cuerpo en contextos de múltiples tradiciones religiosas, manifestaciones y diversos saberes? Por otro lado se proyecta hablar de la perspectiva emocional, espiritual y religiosa reconfigurada, desde donde se aborda el tema de lo sagrado femenino y masculino en la búsqueda de visión, que implica a las mujeres y hombres la toma de conciencia particular acerca de sus cuerpos y sexualidad

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En la actualidad, el culto al cuerpo es un fenómeno que inunda el terreno social con una gran influencia en muchas áreas. A diferencia de como se ha dado en otras épocas, este culto al cuerpo que se da en nuestros días, va de la mano con la cultura de consumo, y está fuertemente atravesado por los discursos médico y estético hegemónicos, que despiertan en los sujetos la necesidad de ser/parecer joven y delgado. Si bien difieren en sus objetivos, ya que en el ascetismo griego se sometía al cuerpo a rituales de moderación dietética y erótica para demostrar virtudes cívicas y lograr determinadas conquistas en el ámbito público; y en el ascetismo medieval se practicaban privaciones y mortificaciones en pos del desarrollo intelectual, sentimental, moral y espiritual; podríamos considerar una nueva forma de ascetismo a ciertas prácticas a las que se someten los sujetos hoy en día, aunque el cuidado de sí pasa a enfocar el cuerpo físico como un fin en sí mismo: purgas, ayunos, dietas; masajes y aplicación de todo tipo de sustancias y aparatos estéticos novedosos; práctica excesiva de actividad física en todas sus formas. Se puede observar así un paralelismo entre el concepto de violencia simbólica según Bourdieu y estos neo ascetismos, que resulta fundamental como punto de partida para reflexionar sobre las prácticas gímnicas, la mercantilización de las mismas y del cuerpo en la actualidad, y sobre el posicionamiento que tomemos como profesores de Educación Física

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El martinfierrismo fue una de las formas más acabadas de la renovación artístico-literaria de los años 20 en el Río de la Plata. La cuestión de la nacionalidad y las preocupaciones en torno a la lengua fueron centrales respecto de la creación de un ambiente estético moderno que implicaba la búsqueda de medios formales de expresión propios del presente y de interconexiones entre la literatura y otras artes. El pintor Xul Solar encarna la más alta expresión utópica de las reflexiones lingüísticas de Martín Fierro sostenida, a su vez, en la transposición de las fronteras entre pintura y escritura. En su perspectiva utópica de una América unida Xul Solar inventó un idioma para ser hablado en América del Sur: el neocriollo. Entendemos que además de esta "nueva oralidad", desde los años 20, proyectó una "nueva visualidad", integrando la práctica de escritura y pintura. Por ello, esta ponencia ahonda en los modos en que Solar interviene en el vanguardismo, centrada en sus proyectos utópicos, desde sus indagaciones sobre "métodos combinatorios" de producción, que recuperan el pasado precolombino para constituir un futuro en el que Brasil y la América hispana se constituyen como unidad de pertenencia espiritual