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This study shows the incorporation of ibuprofen, an anti-inflammatory drug, in Langmuir monolayers as cell membrane models. Significant effects were observed for dipalmitoyl phosphatidyl choline (DPPC) monolayers with relevant changes in the elasticity of the monolayer. Dipalmitoyl phosphatidyl glycerol (DPPG) monolayers were affected by small concentrations of ibuprofen, from 1 to 5 mol%. For both types of monolayer, ibuprofen could penetrate into the hydrophobic part of the monolayer, which was confirmed with polarization-modulated infrared reflection–absorption spectroscopy (PM-IRRAS). Brewster angle microscopy (BAM) images showed that ibuprofen prevents the formation of large domains of DPPC. The pharmacological action should occur primarily with penetration of ibuprofen via electrically neutral phospholipid headgroups of the membrane.

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PREMESSA: La progressione della recidiva d’epatite C è accelerata nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato e ciò ha portato alla necessità di sviluppare nuove e validate metodiche non invasive per la quantificazione e la misura della fibrosi epatica. SCOPI: Stabilire l’efficacia dell’elastometria epatica (Fibroscan®) e dei parametri sierici di fibrosi, attualmente disponibili nella pratica clinica, per predire il grado di fibrosi nei pazienti sottoposti a trapianto epatico. METODI: La correlazione fra fibrosi epatica, determinata mediante biopsia epatica ed esame istologico, e Fibroscan® o indici clinico-sierologici di fibrosi (Benlloch, Apri, Forns, Fibrotest and Doppler resistance index), è stata studiata in pazienti che avevano ricevuto un trapianto ortotopico di fegato con evidenza di recidiva d’epatite da HCV. Un totale di 36 pazienti, con la seguente classificazione istologica: fibrosi secondom METAVIR F1=24, F2=8, F3=3, F4=1, sono stati arruolati nella popolazione oggetto di studio. Un totale di 29 individui volontari sani sono serviti come controllo. Le differenze fra gli stadi di fibrosi sono state calcolate mediante analisi statistica non parametrica. Il miglior cut-off per la differenziazione di fibrosi significativa (F2-F4) è stato identificato mediante l’analisi delle curve ROC. RISULTATI: La rigidità epatica ha presentato valori di 4.4 KPa (2.7-6.9) nei controlli (mediane e ranges), con valori in tutti i soggeti <7.0 KPa; 7.75 KPa (4.2-28.0) negli F1; 16.95 KPa (10.2-31.6) negli F2; 21.10 KPa nell’unico paziente F4 cirrotico. Le differenze sono state statisticamente significative per i soggetti controllo versus F1 e F2 (p<0.0001) e per F1 versus F2 (p<0.0001). Un cut-off elastografico di 11.2 KPagarantisce 88% di Sensibilità, 90% di Specificità, 79% di PPV e 95% di NPV nel differenziare i soggetti F1 dagli F2-F4. Le AUROC, relativamente alla capacità di discriminare fra i differenti gradi di fibrosi, evidenziavano un netto vantaggio per il Fibroscan® rispetto ad ognuno degli indici non invasivi di fibrosi. CONCLUSIONI: L’elastometria epatica presenta una buona accuratezza diagnostica nell’identificare pazienti con fibrosi epatica di grado significativo, superiore a quella di tutti gli altri test non invasivi al momento disponibili nella clinica, nei pazienti portatori di trapianto epatico ortotopico da cadavere con recidiva di HCV.

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L’applicazione della citogenetica convenzionale e molecolare può identificare: Ph-negatività, traslocazioni t(9;22) varianti e alterazioni citogenetiche addizionali (ACA) al cromsoma Ph in pazienti con LMC alla diagnosi. Prima dell’introduzione della terapia con Imatinib, esse mostravano un impatto prognostico negativo o non chiaro. Nel nostro studio, 6 casi di LMC Ph- erano trattati con Imatinib. La FISH identificava 4 casi con riarrangiamento BCR/ABL sul der(9q), 1 sul der(22q) e 1 su entrambi i derivativi. Quattro pazienti (66,7%) raggiungevano la RCgC, 2 fallivano il trattamento e 1 sottoposto a TMO. A causa dello scarso numero di casi, non era possibile nessuna correlazione con la prognosi. Nell’ambito di studi prospettici multicentrici del GIMEMA-WP, abbiamo valutato: traslocazioni varianti e ACA. Dei 559 pazienti arruolati, 30(5%) mostravano traslocazioni varianti, 24 valutabili in FISH: 18(75%) mostravano meccanismo 1-step, 4(16,7%) meccanismo 2-step e 2(8,3%) meccanismo complesso. Abbiamo confermato che le varianti non influenzano la risposta e la sopravvivenza dei pazienti trattati con Imatinib. Dei 378 pazienti valutabili alla diagnosi con citogenetica convenzionale, 21(5,6%) mostravano ACA: 9(43%) avevano la perdita del cromosoma Y, 3(14%) trisomia 8, 2(10%) trisomia 19, 6(28%) altre singole anomalie e 1 cariotipo complesso. La presenza di ACA influenzava la risposta: le RCgC e RMolM erano significativamente più basse rispetto al gruppo senza ACA e le curve di sopravvivenza EFS e FFS non erano significativamente diverse. Le curve di PFS e OS erano sovrapponibili nei due gruppi, per il basso numero di eventi avversi oppure perché alcuni raggiungevano la risposta con TKI di seconda generazione. Le anomalie “major route” mostravano decorso clinico peggiore, ma non è stato possibile determinare l’impatto prognostico in relazione al tipo di alterazione. Pertanto, le ACAs alla diagnosi rivestono un ruolo negativo nella prognosi dei pazienti trattati con Imatinib, che quindi rappresentano una categoria più a rischio per la risposta.

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Questa tesi ha per argomento l'analisi linguistica della traduzione italiana del Treatise of electricity di Tiberio Cavallo (1777) ad opera di Ferdinando Fossi – Trattato completo d'elettricità – (1779). Con questo studio, che prende in esame un particolare episodio letterario, si è inteso esaminare un momento della storia del lessico scientifico italiano al fine di individuarne le peculiarità e sottolinearne le differenze rispetto ai corrispettivi di altre lingue, con speciale attenzione alla lingua inglese. I capitoli introduttivi riportano notizie biografiche e sulla formazione di T. Cavallo e F. Fossi. Nel terzo capitolo viene delineato un quadro della formazione e costituzione del lessico elettrologico italiano, seguendone l'evoluzione nel cinquantennio '40/'90 del XVIII secolo. Una parte della tesi è poi dedicata al fenomeno culturale rappresentato dalle scienze elettriche in cui si inscrive la traduzione del Treatise. Sono qui riportate notizie relative alla fortuna mondana dell'elettricità, per le quali si è attinto a carteggi, documenti d'archivio, testi antichi e studi moderni. L'analisi linguistica vera e propria si è basata sul confronto tra il testo originale di Tiberio Cavallo e la traduzione di Ferdinando Fossi. Partendo dal Treatise abbiamo isolato particolari gruppi di parole: 1) voci corrispondenti a termini propri dei fenomeni elettrici; 2) verbi; 3) strumenti scientifici. Per ognuna della voci abbiamo controllato la ricorsività; poi abbiamo cercato i traducenti corrispondenti, suddividendoli in “corrispondenze assolute” – il traducente è corrispettivo del termine originale –, “corrispondenze mancate” – variazioni nella traduzione di termini ripetuti costantemente –, “tendenza omologatrice” – traduzione univoca di termini semanticamente simili –. Un capitolo sulla lettura critica della traduzione spiega come da parte del Fossi si sia rilevata una sostanziale e sistematica assenza di sensibilità per la precisione terminologica che caratterizza il testo di Cavallo; ove si dimostra che il testo inglese insiste sulla ripetizione dei termini – già stabilizzati e facenti parte di un corpus omogeneo e condiviso –, mentre il testo italiano predilige il ricorso alla "variatio", ricercando una migliore resa stilistica d'insieme piuttosto che la precisione scientifica. Il momento storico-linguistico preso in esame attraverso il particolare caso della traduzione del Treatise vede la lingua italiana sprovvista di una lessico elettrico univoco e condiviso. Complici di questa mancata corrispondenza alle esigenze del linguaggio scientifico moderno sono certamente pregiudizi di ordine retorico, che esaltano l'importanza dello stile e alimentano il disprezzo per i tecnicismi, ma anche e soprattutto la diffusione di traduzioni eterogenee, che danno atto ad una moltiplicazione semantica dei termini realmente in grado di ritardare la formazione di un corpus lessicale condiviso dalla comunità scientifica italiana.

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We investigated the inflammatory response to, and the osteoinductive efficacies of, four polymers (collagen, Ethisorb, PLGA and Polyactive) that bore either an adsorbed (fast-release kinetics) or a calcium-phosphate-coating-incorporated (slow-release kinetics) depot of BMP-2. Titanium-plate-supported discs of each polymer (n = 6 per group) were implanted at an ectopic (subcutaneous) ossification site in rats (n = 48). Five weeks later, they were retrieved for a histomorphometric analysis of the volumes of ectopic bone and foreign-body giant cells (a gauge of inflammatory reactivity), and the degree of polymer degradation. For each polymer, the osteoinductive efficacy of BMP-2 was higher when it was incorporated into a coating than when it was directly adsorbed onto the material. This mode of BMP-2 carriage was consistently associated with an attenuation of the inflammatory response. For coated materials, the volume density of foreign-body giant cells was inversely correlated with the volume density of bone (r(2) = 0.96), and the volume density of bone was directly proportional to the surface-area density of the polymer (r(2) = 0.97). Following coating degradation, other competitive factors, such as the biocompatibility and the biodegradability of the polymer itself, came into play.

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Background: UV exposure causes a wide range of skin damage including cutaneous melanoma. The mechanisms of cellular and molecular damage as well as erythemal and pigmentation responses to UV exposure have largely been studied in the White population. Methods: This study systematically investigates responses to UV exposure in the Native Hawaiian and Pacific Islanders (NHPI) and Asian populations living in Hawai’i (A/HI) as well as in Asians living in Maryland (A/MD). Results: Our analyses indicate that the NHPI population is less sensitive to UV exposure than the A/HI population. Comparisons between the two Asian groups suggest that, despite slightly but not statistically different baseline constitutive pigmentation (pre-UV exposure), the A/HI and A/MD had similar UV sensitivity, measured as minimal erythemal dose (MED). However, the A/MD population had higher levels of oxy-hemoglobin at doses of 2.0, 2.8 and 4.0 MED. Unexpectedly the A/MD subjects retained higher levels of pigmentation 2 weeks post UV exposure. Conclusion: This study provides insight into UV responses of the inhabitants of Hawai’i and shows that such responses are statistically significant for relatively small samples of Native Hawaiian and Pacific Islanders, and for Asians living in Hawai’i and Asians living in Maryland.

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Malignant mesodermal tumors of the uterus are an inhomogenous group of uterine malignancies with different pathogenesis, clinical presentation and prognosis. These rare tumors represent approximately 1 % of all uterine malignancies. The aggressive carcinosarcomas or mixed muellerian tumors are defined by mixed malignant epithelial and malignant mesodermal histopathology and are of the same precursor cell origin like endometrial cancer. Thus, carcinosarcomas were reclassified by the FIGO as an aggressive type of endometrial cancer and treated like type II endometrial cancer. Adenosarcomas are also mixed tumors with benign epithelial proliferation and malignant mesodermal cell growth, have a good prognosis and represent less than 5 % of all mesodermal uterine malignancies. Besides carcinosarcomas, the pure mesodermal leiomyosarcomas are the most common mesodermal malignancies. Patients with leiomyosarcamos are usually perimenopausal, and although more than half of the patients present with symptoms, diagnosis occurs incidentally in most cases in final histopathologic workup of an excised putative myoma or uterus. Adequate anamnesis, gynecologic examination and careful imaging by transvaginal ultrasound in the preoperative setting might hint to correct differential diagnosis in many cases. Overall the prognosis of uterine leiomyomas is poor. Malignancies of the endometrial stroma are very rare and divided in two subgroups, the mostly estrogen receptor positive endometrial stromal sarcoma, which occur preferably in premenopausal women and show a favorable prognosis, and the very aggressive undifferentiated endometrial sarcomas. The more rare undifferentiated endometrial sarcomas occur in postmenopausal women and most patients die in the first two years after diagnosis. Risk stratification of preoperative differential diagnosis requires improvements and the correct histopathologic workup of mesodermal uterine malignancies is still a challenge for pathologists.

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Inflammatory bowel diseases (IBDs), Crohn's disease, and ulcerative colitis (UC), are multifactorial disorders, characterized by chronic inflammation of the intestine. A number of genetic components have been proposed to contribute to IBD pathogenesis. In this case-control study, we investigated the association between two common vitamin D-binding protein (DBP) genetic variants and IBD susceptibility. These two single nucleotide polymorphisms (SNPs) in exon 11 of the DBP gene, at codons 416 (GAT>GAG; Asp>Glu) and 420 (ACG>AAG; Thr>Lys), have been previously suggested to play roles in the etiology of other autoimmune diseases.

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This paper takes the influential “direct democracy makes people happy”-research as a starting point and asks whether direct democracy impacts individual satisfaction. Unlike former studies we distinguish two aspects of individual satisfaction, namely satisfaction with life (“happiness”) and with how democracy works. Based on multilevel analysis of the 26 Swiss cantons we show that the theoretical assumption on which the happiness hypothesis is based has to be questioned, as there is very little evidence for a robust relationship between satisfaction with democracy and life satisfaction. Furthermore, we do not find a substantive positive effect of direct democracy on happiness. However, with respect to satisfaction with democracy, our analysis shows some evidence for a procedural effect of direct democracy, i.e. positive effects related to using direct democratic rights, rather than these rights per se.