941 resultados para 3-D phantom


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Specific aims The aim is to improve the treatment of the bone losses at the metacarpal bones level (both diaphysis and epiphysis) combining microsurgery, tissue engineering and biomaterials, so to minimize the donor side morbidity and optimize healing and outcomes. Methods Pre-operative controlateral X-ray or 3-D CT to allow custom-made HA scaffolds. Cement as temporary spacer in acute lesion and monitoring of infective risks. Treatment of the bone loss recurring to pre-fabricated or custom-made HA scaffolds, adding platelet gel or growth factor OP1. Stable synthesis. Control group with auto/omografts. Outcome indices: % of bone-union; finger TAM, Kapandji, DASH score; NMR and Scintigraphy at 180 days for revascularisation and bio-substitution of the scaffold. Preliminary results The authors just treated 6 patients, 4 males and 2 females, with an average age of 38.5 yrs, affected by segmental bone losses at the hand and wrist, recurring to pre-fabricated not vascularised scaffolds. In all cases the synthesis was performed with angular stability plates and a stable synthesis achieved. All patients have been controlled at a mean follow-up of 10.5 months (from 2 to 16 ). In all case but one the bone-scaffold osteo-integration was achieved at an average of 38 days at the hand, and 46 days at the wrist. The outcome studies, according to the DASH score, finger TAM, and Kapandji, were good and excellent in 5 cases, poor in one.

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La ricerca ha perseguito l’obiettivo di individuare e definire il potere di un ente territoriale di sostituire, tramite i suoi organi o atti, quelli ordinari degli enti territoriali minori, per assumere ed esercitare compiutamente, in situazioni straordinarie, le funzioni proprie di questi. Dogmaticamente potremmo distinguere due generali categorie di sostituzione: quella amministrativa e quella legislativa, a seconda dell’attività giuridica nella quale il sostituto interviene. Nonostante tale distinzione riguardi in generale il rapporto tra organi o enti della stessa o di differenti amministrazioni, con eguale o diverso grado di autonomia; la ricerca ha mirato ad analizzare le due summenzionate categorie con stretto riferimento agli enti territoriali. I presupposti, l’oggetto e le modalità di esercizio avrebbero consentito ovviamente di sottocatalogare le due generali categorie di sostituzione, ma un’indagine volta a individuare e classificare ogni fattispecie di attività sostitutiva, più che un’attività complessa, è sembrata risultare di scarsa utilità. Più proficuo è parso il tentativo di ricostruire la storia e l’evoluzione del menzionato istituto, al fine di definire e comprendere i meccanismi che consentono l’attività sostitutiva. Nel corso della ricostruzione non si è potuto trascurare che, all’interno dell’ordinamento italiano, l’istituto della sostituzione è nato nel diritto amministrativo tra le fattispecie che regolavano l’esercizio della funzione amministrativa indiretta. La dottrina del tempo collocava la potestà sostitutiva nella generale categoria dei controlli. La sostituzione, infatti, non avrebbe avuto quel valore creativo e propulsivo, nel mondo dell’effettualità giuridica, quell’energia dinamica ed innovatrice delle potestà attive. La sostituzione rappresentava non solo la conseguenza, ma anche la continuazione del controllo. Le fattispecie, che la menzionata dottrina analizzava, rientravano principalmente all’interno di due categorie di sostituzione: quella disposta a favore dello Stato contro gli inadempimenti degli enti autarchici – principalmente il comune – nonché la sostituzione operata all’interno dell’organizzazione amministrativa dal superiore gerarchico nei confronti del subordinato. Già in epoca unitaria era possibile rinvenire poteri sostitutivi tra enti, la prima vera fattispecie di potestà sostitutiva, era presente nella disciplina disposta da diverse fattispecie dell'allegato A della legge 20 marzo 1856 n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno. Tentativo del candidato è stato quello, quindi, di ricostruire l'evoluzione delle fattispecie sostitutive nella stratificazione normativa che seguì con il T.U. della legge Comunale e Provinciale R.D. 4 febbraio 1915 e le successive variazioni tra cui il R.D.L. 30 dicembre 1923. Gli istituti sostitutivi vennero meno (di fatto) con il consolidarsi del regime fascista. Il fascismo, che in un primo momento aveva agitato la bandiera delle autonomie locali, non tardò, come noto, una volta giunto al potere, a seguire la sua vera vocazione, dichiarandosi ostile a ogni proposito di decentramento e rafforzando, con la moltiplicazione dei controlli e la soppressione del principio elettivo, la già stretta dipendenza delle comunità locali dallo Stato. Vennero meno i consigli liberamente eletti e al loro posto furono insediati nel 1926 i Podestà e i Consultori per le Amministrazioni comunali; nel 1928 i Presidi e i Rettorati per le Amministrazioni Provinciali, tutti organi nominati direttamente o indirettamente dall’Amministrazione centrale. In uno scenario di questo tipo i termini autarchia e autonomia risultano palesemente dissonanti e gli istituti di coordinamento tra Stato ed enti locali furono ad esso adeguati; in tale ordinamento, infatti, la sostituzione (pur essendo ancora presenti istituti disciplinanti fattispecie surrogatorie) si presentò come un semplice rapporto interno tra organi diversi, di uno stesso unico potere e non come esso è in realtà, anello di collegamento tra soggetti differenti con fini comuni (Stato - Enti autarchici); per semplificare, potremmo chiederci, in un sistema totalitario come quello fascista, in cui tutti gli interessi sono affidati all’amministrazione centrale, chi dovrebbe essere il sostituito. Il potere sostitutivo (in senso proprio) ebbe una riviviscenza nella normativa post-bellica, come reazione alla triste parentesi aperta dal fascismo, che mise a nudo i mali e gli abusi dell’accentramento statale. La suddetta normativa iniziò una riforma in favore delle autonomie locali; infatti, come noto, tutti i partiti politici assunsero posizione in favore di una maggiore autonomia degli enti territoriali minori e ripresero le proposte dei primi anni dell’Unità di Italia avanzate dal Minghetti, il quale sentiva l’esigenza dell’istituzione di un ente intermedio tra Stato e Province, a cui affidare interessi territorialmente limitati: la Regione appunto. Emerge piuttosto chiaramente dalla ricerca che la storia politica e l’evoluzione del diritto pubblico documentano come ad una sempre minore autonomia locale nelle politiche accentratrici dello Stato unitario prima, e totalitario poi, corrisponda una proporzionale diminuzione di istituti di raccordo come i poteri sostitutivi; al contrario ad una sempre maggiore ed evoluta autonomia dello Stato regionalista della Costituzione del 1948 prima, e della riforma del titolo V oggi, una contestuale evoluzione e diffusione di potestà sostitutive. Pare insomma che le relazioni stato-regioni, regioni-enti locali che la sostituzione presuppone, sembrano rappresentare (ieri come oggi) uno dei modi migliori per comprendere il sistema delle autonomie nell’evoluzione della stato regionale e soprattutto dopo la riforma apportata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Dalla preliminare indagine storica un altro dato, che pare emergere, sembra essere la constatazione che l'istituto nato e giustificato da esigenze di coerenza e efficienza dell'azione amministrativa sia stato trasferito nell'ambio delle relazioni tra stato e autonomie territoriali. Tale considerazione sembra essere confermata dal proseguo dell’indagine, ed in particolare dai punti di contatto tra presupposti e procedure di sostituzione nell’analisi dell’istituto. Nonostante, infatti, il Costituente non disciplinò poteri sostitutivi dello Stato o delle regioni, al momento di trasferire le competenze amministrative alle regioni la Corte costituzionale rilevò il problema della mancanza di istituti posti a garantire gli interessi pubblici, volti ad ovviare alle eventuali inerzie del nuovo ente territoriale. La presente ricerca ha voluto infatti ricostruire l’ingresso dei poteri sostitutivi nel ordinamento costituzionale, riportando le sentenze del Giudice delle leggi, che a partire dalla sentenza n. 142 del 1972 e dalla connessa pronuncia n. 39 del 1971 sui poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, pur non senza incertezze e difficoltà, ha finito per stabilire un vero e proprio “statuto” della sostituzione con la sentenza n. 177 del 1988, individuando requisiti sostanziali e procedurali, stimolando prima e correggendo successivamente gli interventi del legislatore. Le prime fattispecie sostitutive furono disciplinate con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare con l’art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la quale disciplina, per il rispetto dell’autonomia regionale, venne legittimata dalla stessa Corte nella sentenza n. 182 del 1976. Sempre con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari intervenne l’art. 6 c. 3°, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. La stessa norma va segnalata per introdurre (all’art. 4 c. 3°) una disciplina generale di sostituzione in caso di inadempimento regionale nelle materie delegate dallo Stato. Per il particolare interesse si deve segnalare il D.M. 21 settembre 1984, sostanzialmente recepito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), poi convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 c.d. legge Galasso. Tali disposizioni riaccesero il contenzioso sul potere sostitutivo innanzi la Corte Costituzionale, risolto nelle sentt. n. 151 e 153 del 1986. Tali esempi sembrano dimostrare quello che potremmo definire un dialogo tra legislatore e giudice della costituzionalità nella definizione dei poteri sostitutivi; il quale culminò nella già ricordata sent. n. 177 del 1988, nella quale la Corte rilevò che una legge per prevedere un potere sostitutivo costituzionalmente legittimo deve: essere esercitato da parte di un organo di governo; nei confronti di attività prive di discrezionalità nell’an e presentare idonee garanzie procedimentali in conformità al principio di leale collaborazione. Il modello definito dalla Corte costituzionale sembra poi essere stato recepito definitivamente dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, la quale per prima ha connesso la potestà sostitutiva con il principio di sussidiarietà. Detta legge sembra rappresentare un punto di svolta nell’indagine condotta perché consente di interpretare al meglio la funzione – che già antecedentemente emergeva dallo studio dei rapporti tra enti territoriali – dei poteri sostitutivi quale attuazione del principio di sussidiarietà. La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha disciplinato all’interno della Costituzione ben due fattispecie di poteri sostitutivi all’art. 117 comma 5 e all’art. 120 comma 2. La “lacuna” del 1948 necessitava di essere sanata – in tal senso erano andati anche i precedenti tentativi di riforma costituzionale, basti ricordare l’art. 58 del progetto di revisione costituzionale presentato dalla commissione D’Alema il 4 novembre 1997 – i disposti introdotti dal riformatore costituzionale, però, non possono certo essere apprezzati per la loro chiarezza e completezza. Le due richiamate disposizioni costituzionali, infatti, hanno prodotto numerose letture. Il dibattito ha riguardato principalmente la natura delle due fattispecie sostitutive. In particolare, si è discusso sulla natura legislativa o amministrativa delle potestà surrogatorie e sulla possibilità da parte del legislatore di introdurre o meno la disciplina di ulteriori fattispecie sostitutive rispetto a quelle previste dalla Costituzione. Con particolare riferimento all’art. 120 c. 2 Cost. sembra semplice capire che le difficoltà definitorie siano state dovute all’indeterminatezza della fattispecie, la quale attribuisce al Governo il potere sostitutivo nei confronti degli organi (tutti) delle regioni, province, comuni e città metropolitane. In particolare, la dottrina, che ha attribuito all’art. 120 capoverso la disciplina di un potere sostitutivo sulle potestà legislative delle Regioni, è partita dalla premessa secondo la quale detta norma ha una funzione fondamentale di limite e controllo statale sulle Regioni. La legge 18 ottobre 2001 n. 3 ha, infatti, variato sensibilmente il sistema dei controlli sulle leggi regionali, con la modificazione degli artt. 117 e 127 della Costituzione; pertanto, il sistema dei controlli dopo la riforma del 2001, troverebbe nel potere sostitutivo ex art. 120 la norma di chiusura. Sul tema è insistito un ampio dibattito, al di là di quello che il riformatore costituzionale avrebbe dovuto prevedere, un’obiezione (più delle altre) pare spingere verso l’accoglimento della tesi che propende per la natura amministrativa della fattispecie in oggetto, ovvero la constatazione che il Governo è il soggetto competente, ex art. 120 capoverso Cost., alla sostituzione; quindi, se si intendesse la sostituzione come avente natura legislativa, si dovrebbe ritenere che il Costituente abbia consentito all’Esecutivo, tosto che al Parlamento, l’adozione di leggi statali in sostituzione di quelle regionali. Suddetta conseguenza sembrerebbe comportare una palese violazione dell’assetto costituzionale vigente. Le difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. si sono riversate sulla normativa di attuazione della riforma costituzionale, legge 5 giugno 2003, n. 131. In particolare nell’art. 8, il quale ha mantenuto un dettato estremamente vago e non ha preso una chiara e netta opzione a favore di una della due interpretazione riportate circa la natura della fattispecie attuata, richiamando genericamente che il potere sostitutivo si adotta “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120” Cost. Di particolare interesse pare essere, invece, il procedimento disciplinato dal menzionato art. 8, il quale ha riportato una procedura volta ad attuare quelle che sono state le indicazioni della Corte in materia. Analogamente agli anni settanta ed ottanta, le riportate difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. e, più in generale il tema dei poteri sostitutivi dopo la riforma del 2001, sono state risolte e definite dal giudice della costituzionalità. In particolare, la Corte sembra aver palesemente accolto (sent. n. 43 del 2004) la tesi sulla natura amministrativa del potere sostitutivo previsto dall’art. 120 c. 2 Cost. Il giudice delle leggi ha tra l’altro fugato i dubbi di chi, all’indomani della riforma costituzionale del 2001, aveva letto nel potere sostitutivo, attribuito dalla riformata Costituzione al Governo, l’illegittimità di tutte quelle previsioni legislative regionali, che disponevano ipotesi di surrogazione (da parte della regione) nei confronti degli enti locali. La Corte costituzionale, infatti, nella già citata sentenza ha definito “straordinario” il potere di surrogazione attribuito dall’art. 120 Cost. allo Stato, considerando “ordinare” tutte quelle fattispecie sostitutive previste dalla legge (statale e regionale). Particolarmente innovativa è la parte dell'indagine in cui la ricerca ha verificato in concreto la prassi di esercizio della sostituzione statale, da cui sono sembrate emergere numerose tendenze. In primo luogo significativo sembra essere il numero esiguo di sostituzioni amministrative statali nei confronti delle amministrazioni regionali; tale dato sembra dimostrare ed essere causa della scarsa “forza” degli esecutivi che avrebbero dovuto esercitare la sostituzione. Tale conclusione sembra trovare conferma nell'ulteriore dato che sembra emergere ovvero i casi in cui sono stati esercitati i poteri sostitutivi sono avvenuti tutti in materie omogenee (per lo più in materia di tutela ambientale) che rappresentano settori in cui vi sono rilevanti interessi pubblici di particolare risonanza nell'opinione pubblica. Con riferimento alla procedura va enfatizzato il rispetto da parte dell'amministrazione sostituente delle procedure e dei limiti fissati tanto dal legislatore quanto nella giurisprudenza costituzionale al fine di rispettare l'autonomia dell'ente sostituito. Dalla ricerca emerge che non è stato mai esercitato un potere sostitutivo direttamente ex art. 120 Cost., nonostante sia nella quattordicesima (Governo Berlusconi) che nella quindicesima legislatura (Governo Prodi) con decreto sia stata espressamente conferita al Ministro per gli affari regionali la competenza a promuovere l’“esercizio coordinato e coerente dei poteri e rimedi previsti in caso di inerzia o di inadempienza, anche ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo del Governo di cui all'art. 120 della Costituzione”. Tale conclusione, però, non lascia perplessi, bensì, piuttosto, sembra rappresentare la conferma della “straordinarietà” della fattispecie sostitutiva costituzionalizzata. Infatti, in via “ordinaria” lo Stato prevede sostituzioni per mezzo di specifiche disposizioni di legge o addirittura per mezzo di decreti legge, come di recente il D.L. 09 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania. Misure per la raccolta differenziata), che ha assegnato al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri “le funzioni di Commissario delegato per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania per il periodo necessario al superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007”. Spesso l’aspetto interessante che sembra emergere da tali sostituzioni, disposte per mezzo della decretazione d’urgenza, è rappresentato dalla mancata previsione di diffide o procedure di dialogo, perché giustificate da casi di estrema urgenza, che spesso spingono la regione stessa a richiedere l’intervento di surrogazione. Del resto è stata la stessa Corte costituzionale a legittimare, nei casi di particolare urgenza e necessità, sostituzioni prive di dialogo e strumenti di diffida nella sent. n. 304 del 1987. Particolare attenzione è stata data allo studio dei poteri sostitutivi regionali. Non solo perché meno approfonditi in letteratura, ma per l’ulteriore ragione che tali fattispecie, disciplinate da leggi regionali, descrivono i modelli più diversi e spingono ad analisi di carattere generale in ordine alla struttura ed alla funzione dei poteri sostitutivi. Esse sembrano rappresentare (in molti casi) modelli da seguire dallo stesso legislatore statale, si vedano ad esempio leggi come quella della regione Toscana 31 ottobre 2001, n. 53, artt. 2, 3, 4, 5, 7; legge regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 6, art. 30, le quali recepiscono i principi sviluppati dalla giurisprudenza costituzionale e scandiscono un puntuale procedimento ispirato alla collaborazione ed alla tutela delle attribuzioni degli enti locali. La ricerca di casi di esercizio di poter sostitutivi è stata effettuata anche con riferimento ai poteri sostitutivi regionali. I casi rilevati sono stati numerosi in particolare nella regione Sicilia, ma si segnalano anche casi nelle regioni Basilicata ed Emilia-Romagna. Il dato principale, che sembra emergere, pare essere che alle eterogenee discipline di sostituzione corrispondano eterogenee prassi di esercizio della sostituzione. Infatti, alle puntuali fattispecie di disciplina dei poteri sostitutivi dell’Emilia-Romagna corrispondono prassi volte ad effettuare la sostituzione con un delibera della giunta (organo di governo) motivata, nel rispetto di un ampio termine di diffida, nonché nella ricerca di intese volte ad evitare la sostituzione. Alla generale previsione della regione Sicilia, pare corrispondere un prassi sostitutiva caratterizzata da un provvedimento del dirigente generale all’assessorato per gli enti locali (organo di governo?), per nulla motivato, salvo il richiamo generico alle norme di legge, nonché brevi termini di diffida, che sembrano trovare la loro giustificazione in note o solleciti informati che avvisano l’ente locale della possibile sostituzione. In generale il fatto che in molti casi i poteri sostitutivi siano stimolati per mezzo dell’iniziativa dei privati, sembra dimostrare l’attitudine di tal istituto alla tutela degli interessi dei singoli. I differenti livelli nei quali operano i poteri sostitutivi, il ruolo che la Corte ha assegnato a tali strumenti nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, nonché i dati emersi dall’indagine dei casi concreti, spingono ad individuare nel potere sostitutivo uno dei principali strumenti di attuazione del principio di sussidiarietà, principio quest’ultimo che sembra rappresentare – assieme ai corollari di proporzionalità, adeguatezza e leale collaborazione – la chiave di lettura della potestà sostitutiva di funzioni amministrative. In tal senso, come detto, pare emergere dall’analisi di casi concreti come il principio di sussidiarietà per mezzo dei poteri sostitutivi concretizzi quel fine, a cui l’art. 118 cost. sembra mirare, di tutela degli interessi pubblici, consentendo all’ente sovraordinato di intervenire laddove l’ente più vicino ai cittadini non riesca. Il principio di sussidiarietà sembra essere la chiave di lettura anche dell’altra categoria della sostituzione legislativa statale. L’impossibilità di trascurare o eliminare l’interesse nazionale, all’interno di un ordinamento regionale fondato sull’art. 5 Cost., sembra aver spino la Corte costituzionale ad individuare una sorta di “potere sostitutivo legislativo”, attraverso il (seppur criticabile) meccanismo introdotto per mezzo della sent. 303 del 2003 e della cosiddetta “chiamata i sussidiarietà”. Del resto adattare i principi enucleati nella giurisprudenza costituzionale a partire dalla sent. n. 117 del 1988 alla chiamata in sussidiarietà e i limiti che dal principio di leale collaborazione derivano, sembra rappresentare un dei modi (a costituzione invariata) per limitare quello che potrebbe rappresentare un meccanismo di rilettura dell’art. 117 Cost. ed ingerenza dello stato nelle competenze della regioni. Nonostante le sensibili differenze non si può negare che lo strumento ideato dalla Corte abbia assunto le vesti della konkurrierende gesetzgebung e, quindi, di fatto, di un meccanismo che senza limiti e procedure potrebbe rappresentare uno strumento di interferenza e sostituzione della stato nelle competenze regionali. Tali limiti e procedure potrebbero essere rinvenuti come detto nelle procedure di sostituzione scandite nelle pronunce del giudice delle leggi. I risultati che si spera emergeranno dalla descritta riflessione intorno ai poteri sostitutivi e il conseguente risultato circa lo stato del regionalismo italiano, non sembrano, però, rappresentare un punto di arrivo, bensì solo di partenza. I poteri sostitutivi potrebbero infatti essere oggetto di futuri interventi di riforma costituzionale, così come lo sono stati in occasione del tentativo di riforma del 2005. Il legislatore costituzionale nel testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta (recante “Modifiche alla Parte II della Costituzione” e pubblicato in gazzetta ufficiale n. 269 del 18-11-2005) pareva aver fatto un scelta chiara sostituendo il disposto “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni” con “Lo Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni nell'esercizio delle funzioni loro attribuite dagli articoli 117 e 118”. Insomma si sarebbe introdotto quello strumento che in altri Paesi prende il nome di Supremacy clause o Konkurrierende Gesetzgebung, ma quali sarebbero state le procedure e limiti che lo Stato avrebbe dovuto rispettare? Il dettato che rigidamente fissa le competenze di stato e regioni, assieme alla reintroduzione espressa dell’interesse nazionale, non avrebbe ridotto eccessivamente l’autonomia regionale? Tali interrogativi mirano a riflettere non tanto intorno a quelli che potrebbero essere gli sviluppi dell’istituto dei poteri sostitutivi. Piuttosto essi sembrano rappresenterebbe l’ulteriore punto di vista per tentare di comprendere quale percorso avrebbe potuto (o potrebbe domani) prendere il regionalismo italiano.

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[EN]The meccano method is a novel and promising mesh generation method for simultaneously creating adaptive tetrahedral meshes and volume parametrizations of a complex solid. We highlight the fact that the method requires minimum user intervention and has a low computational cost. The method builds a 3-D triangulation of the solid as a deformation of an appropriate tetrahedral mesh of the meccano. The new mesh generator combines an automatic parametrization of surface triangulations, a local refinement algorithm for 3-D nested triangulations and a simultaneous untangling and smoothing procedure. At present, the procedure is fully automatic for a genus-zero solid. In this case, the meccano can be a single cube. The efficiency of the proposed technique is shown with several applications...

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[EN]The meccano method is a novel and promising mesh generation technique for simultaneously creating adaptive tetrahedral meshes and volume parameterizations of a complex solid. The method combines several former procedures: a mapping from the meccano boundary to the solid surface, a 3-D local refinement algorithm and a simultaneous mesh untangling and smoothing. In this paper we present the main advantages of our method against other standard mesh generation techniques. We show that our method constructs meshes that can be locally refined by using the Kossaczky bisection rule and maintaining a high mesh quality. Finally, we generate volume T-mesh for isogeometric analysis, based on the volume parameterization obtained by the method…

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[EN]We present advances of the meccano method [1,2] for tetrahedral mesh generation and volumetric parameterization of solids. The method combines several former procedures: a mapping from the meccano boundary to the solid surface, a 3-D local refinement algorithm and a simultaneous mesh untangling and smoothing. The key of the method lies in defining a one-to-one volumetric transformation between the parametric and physical domains. Results with adaptive finite elements will be shown for several engineering problems. In addition, the application of the method to T-spline modelling and isogeometric analysis [3,4] of complex geometries will be introduced…

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Zusammenfassung:Die Quartärstruktur des respiratorischen Proteins Hämocyanin (Isoform HtH1) aus der marinen Schnecke Haliotis tuberculata wurde vermittels Kryoelektronen-mikroskopie und 3D-Rekonstruktion untersucht. Das Molekül ist zylinderförmig, hat einen Durchmesser von ca. 35 nm und besteht aus einer Zylinderwand und einem internen Kragenkomplex. Dieser wiederum besteht aus einem Collar und einem Arc.Die kryoelektronenmikroskopischen Aufnahmen von in glasartigem Eis fixierten HtH1-Molekülen brachte eine enorme Verbesserung der Anzahl der zur Verfügung stehenden Ansichtswinkel gegenüber den negativkontrastierten Molekülen, die auf Karbonfilm präpariert waren.Die 3D-Rekonstruktion des HtH1 mittels Aufnahmen bei drei verschiedenen Defo-kuswerten verbesserte die Auflösung noch einmal deutlich gegenüber den Rekon-struktionen, die aus Aufnahmen bei einem festen Defokuswert gemacht wurden, und zwar auf 12 Å. Das Molekül besitzt eine D5-Symmetrie.Aus dieser bisher genausten Rekonstruktion eines Molluskenhämocyanins aus EM-Bildern ließen sich folgende neue Strukturdetails ableiten:· Ein Untereinheitendimer konnte als Repeating Unit im Dekamer des HtH1 beschrieben werden.· Das Untereinheitendimer konnte aus der 3D-Dichtekarte isoliert werden. Es be-steht eindeutig aus 16 Massen, die funktionellen Domänen entsprechen. Zwei dieser Massen bilden den Collar, zwei den Arc und 12 das Wandsegment.· Die gegenläufige Anordnung der beiden Untereinheiten innerhalb dieses Unte-reinheitendimers konnten bestätigt und auf zwei Möglichkeiten eingeschränkt werden.· Die Zahl der alternativen Anordnungen der 16 funktionellen Domänen (HtH1-a bis HtH1-h) im Untereinheitendimer konnten von 80 auf 2 eingeengt werden.· Es konnte über molekulares Modellieren mithilfe einer publizierten Kristallstruk-tur eine 3D-Struktur fastatomarer Auflösung der funktionellen Domäne HtH1-g berechnet werden.· Die funktionelle Domäne HtH1-g konnte als Domänenpaar plausibel in die 3D?Dichtekarte des Untereinheitendimers eingepasst werden, und zwar in die beiden Massen des Arc.Aus der elektronenmikroskopisch gewonnenen Dichtekarte wurde mit Hilfe des

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The arterial wall contains MSCs with mesengenic and angiogenic abilities. These multipotent precursors have been isolated from variously-sized human adult segments, belying the notion that vessel wall is a relatively quiescent tissue. Recently, our group identified in normal human arteries a vasculogenic niche and subsequently isolated and characterized resident MSCs (VW-MSCs) with angiogenic ability and multilineage potential. To prove that VW-MSCs are involved in normal and pathological vascular remodeling, we used a long-term organ culture system; this method was of critical importance to follow spontaneous 3-D vascular remodeling without any influence of blood cells. Next we tried to identify and localize in situ the VW-MSCs and to understand their role in the vascular remodeling in failed arterial homografts. Subsequently, we isolated this cell population and tested in vitro their multilineage differentiation potential through immunohistochemical, immunofluorescence, RT-PCR and ultrastructural analysis. From 25-30cm2 of each vascular wall homograft sample, we isolated a cell population with MSCs properties; these cells expressed MSC lineage molecules (CD90, CD44, CD105, CD29, CD73), stemness (Notch-1, Oct-4, Sca-1, Stro-1) and pericyte markers (NG2) whilst were negative for hematopoietic and endothelial markers (CD34, CD133, CD45, KDR, CD146, CD31 and vWF). MSCs derived from failed homografts (H-MSCs) exhibited adipogenic, osteogenic and chondrogenic potential but scarce propensity to angiogenic and leiomyogenic differentiation. The present study demonstrates that failed homografts contain MSCs with morphological, phenotypic and functional MSCs properties; H-MSCs are long-lived in culture, highly proliferating and endowed with prompt ability to differentiate into adipocytes, osteocytes and chondrocytes; compared with VW-MSCs from normal arteries, H-MSCs show a failure in angiogenic and leiomyogenic differentiation. A switch in MSCs plasticity could be the basis of pathological remodeling and contribute to aneurysmal failure of arterial homografts. The study of VW-MSCs in a pathological setting indicate that additional mechanisms are involved in vascular diseases; their knowledge will be useful for opening new therapeutic options in cardiovascular diseases.

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A causa della limitata estensione del campo di vista del sistema, con un microscopio ottico tradizionale non è possibile acquisire una singola immagine completamente a fuoco se l’oggetto è caratterizzato da una profondità non trascurabile. Fin dagli anni ’70, il problema dell’estensione della profondità di fuoco è stato ampiamente trattato in letteratura e molti metodi sono stati proposti per superare questo limite. Tuttavia, è molto difficile riuscire a decretare quale metodo risulti essere il migliore in una specifica applicazione, a causa della mancanza di una metrica validata e adatta ad essere utilizzata anche in casi reali, dove generalmente non si ha a disposizione un’immagine di riferimento da considerare come “la verità” (ground truth). L’Universal Quality Index (UQI) è ampiamente utilizzato in letteratura per valutare la qualità dei risultati in processi di elaborazione di immagini. Tuttavia, per poter calcolare questo indice è necessaria una ground truth. In effetti, sono state proposte in letteratura alcune estensioni dell’UQI per valutare il risultato dei metodi di fusione anche senza immagine di riferimento, ma nessuna analisi esaustiva è stata proposta per dimostrare la loro equivalenza con l’UQI standard nel valutare la qualità di un’immagine. In questo lavoro di Tesi, partendo dai limiti dei metodi attualmente utilizzati per l'estensione della profondità di campo di un microscopio, ed esposti in letteratura, per prima cosa è stato proposto un nuovo metodo, basato su approccio spaziale e fondato su analisi locale del segnale appositamente filtrato. Attraverso l’uso di sequenze di immagini sintetiche, delle quali si conosce la ground truth, è stato dimostrato, utilizzando metriche comuni in image processing, che il metodo proposto è in grado di superare le performance dei metodi allo stato dell'arte. In seguito, attraverso una serie di esperimenti dedicati, è stato provato che metriche proposte e ampiamente utilizzate in letteratura come estensione dell'UQI per valutare la qualità delle immagini prodotte da processi di fusione, sebbene dichiarate essere sue estensioni, non sono in grado di effettuare una valutazione quale quella che farebbe l'UQI standard. E’ quindi stato proposto e validato un nuovo approccio di valutazione che si è dimostrato in grado di classificare i metodi di fusione testati così come farebbe l’UQI standard, ma senza richiedere un’immagine di riferimento. Infine, utilizzando sequenze di immagini reali acquisite a differenti profondità di fuoco e l’approccio di valutazione validato, è stato dimostrato che il metodo proposto per l’estensione della profondità di campo risulta sempre migliore, o almeno equivalente, ai metodi allo stato dell’arte.

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Ion channels are pore-forming proteins that regulate the flow of ions across biological cell membranes. Ion channels are fundamental in generating and regulating the electrical activity of cells in the nervous system and the contraction of muscolar cells. Solid-state nanopores are nanometer-scale pores located in electrically insulating membranes. They can be adopted as detectors of specific molecules in electrolytic solutions. Permeation of ions from one electrolytic solution to another, through a protein channel or a synthetic pore is a process of considerable importance and realistic analysis of the main dependencies of ion current on the geometrical and compositional characteristics of these structures are highly required. The project described by this thesis is an effort to improve the understanding of ion channels by devising methods for computer simulation that can predict channel conductance from channel structure. This project describes theory, algorithms and implementation techniques used to develop a novel 3-D numerical simulator of ion channels and synthetic nanopores based on the Brownian Dynamics technique. This numerical simulator could represent a valid tool for the study of protein ion channel and synthetic nanopores, allowing to investigate at the atomic-level the complex electrostatic interactions that determine channel conductance and ion selectivity. Moreover it will provide insights on how parameters like temperature, applied voltage, and pore shape could influence ion translocation dynamics. Furthermore it will help making predictions of conductance of given channel structures and it will add information like electrostatic potential or ionic concentrations throughout the simulation domain helping the understanding of ion flow through membrane pores.

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Die Detektion von Bewegung stellt eine der fundamentalsten Fähigkeiten der visuellen Wahrnehmung dar. Um zu klären, ob das System zur Bewegungswahrnehmung Eingang nur durch einen Zapfentyp erhält, oder ob eine Kombination von verschiedenen Zapfentypen vorliegt, wurde eine rotierende zwei-armige archimedische Spiralscheibe verwendet (reale Bewegung), bei der sich Spirale und Hintergrund farblich unterschieden. Durch Veränderung der Intensität farbiger Leuchtstoffröhren konnte eine Beleuchtungssituation geschaffen werden, bei der die (radiale) Bewegung der Spirale nicht mehr wahrgenommen werden konnte, obwohl Spirale und Hintergrund farblich verschieden waren. Die Bestimmung der Zapfenerregungen im 3-D Rezeptorraum ließ einen Beitrag sowohl des L– als auch des M-Zapfens bei normalsichtigen Trichromaten (dominiert durch L), jedoch einen alleinigen Beitrag des M-Zapfens bei Protanopen erkennen. Die Ermittlung der spektralen Empfindlichkeit basierend auf einer Vektor Analyse im 3D-Rezeptorraum zeigte schließlich, dass dem neuronalen Bewegungsdetektor ein additiver Beitrag des L- und M-Zapfens, in Übereinstimmung mit der Hellempfindlichkeitsfunktion (Vλ), zugrunde liegt. Als Ergebnis schreiben wir die Detektion von Objektbewegung einem farbenblinden Mechanismus zu. Es ist sehr wahrscheinlich, dass der Magnozelluläre-Kanal das neuronale Substrat dieses Bewegungsdetektors repräsentiert.

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Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit der Synthese funktionalisierter Polyphenylen-Dendrimere für den Einsatz als Nanobausteine in übermolekularen 3-D Aggregaten für potentielle sensorische Anwendungen. Im ersten Teil werden zwei Konzepte zur Synthese von funktionalisierten Cyclopentadienonbausteinen vorgestellt: einer führt zu Bausteinen die zur Synthese von peripher-funktionalisierten Polyphenylen-Dendrimere geeignet sind, und ein zweiter Ansatz zielt auf Cyclopentadienonbausteine, die es erlauben Polyphenylen-Dendrimere im Inneren zu funktionalisieren. Für das erste Ziel erwies sich die Suzuki-Kreuzkupplung von Arylboronsäuren und Arylboronsäurenester mit Arylhalogeniden als ein optimales synthetisches Werkzeug. Demgegenüber wurden für das zweite Ziel -methylesterfunktionalisierten Cyclopentadienonbausteine anhand der Knoevenagel-Kondensation von bereits funktionstragenden-Partnern synthetisiert. Im zweiten Teil der Arbeit werden die Synthesen von funktionalisierten Polyphenylen-Dendrimeren vorgestellt. Hierbei kamen zwei verschiedene synthetische Ansätze zum Einsatz: Einerseits wurden durch die Diels-Alder-Addition der funktionalisierten Cyclopentadienonbausteine an ethinylfunktionalisierten Polyphenylen-Grundkörper unterschiedlicher Generation die verfolgten funktionalisierten Zielverbindungen erhalten. Andererseits wurde in bestimmten Fällen die polymeranaloge Konversion von „Übergangsfunktionen“ in einem a posteriori-Funktionalisierungsschritt angewendet. Dementsprechend wurde die Einführung von funktionellen Gruppen möglich die entweder die alkalischen Bedingungen der Knoevenagel – Kondensation oder die hohen Temperaturen der Diels-Alder-Cycloaddition nicht überstehen. Die synthetischen Werkzeuge, die bei der a posteriori-Funktionalisierung zum Einsatz kamen, mussten die vollständige und nebenreaktionsfreie Konversion der Übergangsfunktionen ermöglichen. Als Reaktionen, die dieser Bedingungen genügen, wurden die Williamson –Ethersynthese und die Esterknüpfung nach der DCC-Methode in Verbindung mit hydroxyfunktionalisierten Polyphenylen-Grundkörper und die basische Esterspaltung an methyleseterfunktionalisierten Dendrimeren angewandt. Die aufgezählten Reaktionen führten zu Endprodukten, die ihre Monodispersität beibehielten und eine definierte Anzahl an Funktionalität aufwiesen. Anhand eingehenden Untersuchungen (der Aufbau von Sensorschichten für flüchtige organische Lösungsmittel, die Untersuchungen an elektrostatisch-wechselwirkenden übermolekularen Aggregaten sowie die Einlagerung von Gastmolekülen) wird es ersichtlich dass die synthetisierten Polyphenylen-Dendrimere vielseitig als Nanobausteine zur Erzeugung von funktionalen Materialien von potenzieller Bedeutung sind.

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1. Teil: Bekannte Konstruktionen. Die vorliegende Arbeit gibt zunächst einen ausführlichen Überblick über die bisherigen Entwicklungen auf dem klassischen Gebiet der Hyperflächen mit vielen Singularitäten. Die maximale Anzahl mu^n(d) von Singularitäten auf einer Hyperfläche vom Grad d im P^n(C) ist nur in sehr wenigen Fällen bekannt, im P^3(C) beispielsweise nur für d<=6. Abgesehen von solchen Ausnahmen existieren nur obere und untere Schranken. 2. Teil: Neue Konstruktionen. Für kleine Grade d ist es oft möglich, bessere Resultate zu erhalten als jene, die durch allgemeine Schranken gegeben sind. In dieser Arbeit beschreiben wir einige algorithmische Ansätze hierfür, von denen einer Computer Algebra in Charakteristik 0 benutzt. Unsere anderen algorithmischen Methoden basieren auf einer Suche über endlichen Körpern. Das Liften der so experimentell gefundenen Hyperflächen durch Ausnutzung ihrer Geometrie oder Arithmetik liefert beispielsweise eine Fläche vom Grad 7 mit $99$ reellen gewöhnlichen Doppelpunkten und eine Fläche vom Grad 9 mit 226 gewöhnlichen Doppelpunkten. Diese Konstruktionen liefern die ersten unteren Schranken für mu^3(d) für ungeraden Grad d>5, die die allgemeine Schranke übertreffen. Unser Algorithmus hat außerdem das Potential, auf viele weitere Probleme der algebraischen Geometrie angewendet zu werden. Neben diesen algorithmischen Methoden beschreiben wir eine Konstruktion von Hyperflächen vom Grad d im P^n mit vielen A_j-Singularitäten, j>=2. Diese Beispiele, deren Existenz wir mit Hilfe der Theorie der Dessins d'Enfants beweisen, übertreffen die bekannten unteren Schranken in den meisten Fällen und ergeben insbesondere neue asymptotische untere Schranken für j>=2, n>=3. 3. Teil: Visualisierung. Wir beschließen unsere Arbeit mit einer Anwendung unserer neuen Visualisierungs-Software surfex, die die Stärken mehrerer existierender Programme bündelt, auf die Konstruktion affiner Gleichungen aller 45 topologischen Typen reeller kubischer Flächen.

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Photovoltaic (PV) conversion is the direct production of electrical energy from sun without involving the emission of polluting substances. In order to be competitive with other energy sources, cost of the PV technology must be reduced ensuring adequate conversion efficiencies. These goals have motivated the interest of researchers in investigating advanced designs of crystalline silicon solar (c-Si) cells. Since lowering the cost of PV devices involves the reduction of the volume of semiconductor, an effective light trapping strategy aimed at increasing the photon absorption is required. Modeling of solar cells by electro-optical numerical simulation is helpful to predict the performance of future generations devices exhibiting advanced light-trapping schemes and to provide new and more specific guidelines to industry. The approaches to optical simulation commonly adopted for c-Si solar cells may lead to inaccurate results in case of thin film and nano-stuctured solar cells. On the other hand, rigorous solvers of Maxwell equations are really cpu- and memory-intensive. Recently, in optical simulation of solar cells, the RCWA method has gained relevance, providing a good trade-off between accuracy and computational resources requirement. This thesis is a contribution to the numerical simulation of advanced silicon solar cells by means of a state-of-the-art numerical 2-D/3-D device simulator, that has been successfully applied to the simulation of selective emitter and the rear point contact solar cells, for which the multi-dimensionality of the transport model is required in order to properly account for all physical competing mechanisms. In the second part of the thesis, the optical problems is discussed. Two novel and computationally efficient RCWA implementations for 2-D simulation domains as well as a third RCWA for 3-D structures based on an eigenvalues calculation approach have been presented. The proposed simulators have been validated in terms of accuracy, numerical convergence, computation time and correctness of results.

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This work of thesis involves various aspects of crystal engineering. Chapter 1 focuses on crystals containing crown ether complexes. Aspects such as the possibility of preparing these materials by non-solution methods, i.e. by direct reaction of the solid components, thermal behavior and also isomorphism and interconversion between hydrates are taken into account. In chapter 2 a study is presented aimed to understanding the relationship between hydrogen bonding capability and shape of the building blocks chosen to construct crystals. The focus is on the control exerted by shape on the organization of sandwich cations such as cobalticinium, decamethylcobalticinium and bisbenzenchromium(I) and on the aggregation of monoanions all containing carboxylic and carboxylate groups, into 0-D, 1-D, 2-D and 3-D networks. Reactions conducted in multi-component molecular assemblies or co-crystals have been recognized as a way to control reactivity in the solid state. The [2+2] photodimerization of olefins is a successful demonstration of how templated solid state synthesis can efficiently synthesize unique materials with remarkable stereoselectivity and under environment-friendly conditions. A demonstration of this synthetic strategy is given in chapter 3. The combination of various types of intermolecular linkages, leading to formation of high order aggregation and crystalline materials or to a random aggregation resulting in an amorphous precipitate, may not go to completeness. In such rare cases an aggregation process intermediate between crystalline and amorphous materials is observed, resulting in the formation of a gel, i.e. a viscoelastic solid-like or liquid-like material. In chapter 4 design of new Low Molecular Weight Gelators is presented. Aspects such as the relationships between molecular structure, crystal packing and gelation properties and the application of this kind of gels as a medium for crystal growth of organic molecules, such as APIs, are also discussed.

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Chimäre Archonta? Vergleichend-morphologische Studien zur Hyolaryngealregion. Mit Brevia zur Dental- und Tarsalmorphologie. Die Dissertation greift aus phylogenetisch-systematischer Perspektive das Problem des Primatenursprungs auf. Traditionell wurde die Überordnung Archonta (= Primates + Scandentia + Dermoptera + Chiroptera) angenommen, die aufgrund molekularer Befunde nicht mehr als valide eingestuft wird. Eine Klassifikation anhand der Superordo Euarchontoglires (= Primates + Scandentia + Dermoptera + Glires) wird derzeit bevorzugt. Beide Verwandtschaftshypothesen werden in den taxonomischen Analysen berücksichtigt, um den potentiellen Einfluss der Außengruppenwahl auf die Konstellation der Euarchonta (= Primates + Dermoptera + Scandentia) zu bestimmen. Der Schwerpunkt der Untersuchung liegt in der 3D-Rekonstruktion ontogenetischer Stadien der Hyolaryngealregion diverser Spezies der Ordnungen Artiodactyla, Chiroptera, Dermoptera, Primates, Rodentia, Scandentia und Soricomorpha. Mit AMIRA® 3.1.1 konnten basierend auf histologischen Schnittserien 18 dreidimensionale Modelle der überwiegend spätfetalen Zungenbein- und Kehlkopfregion dargestellt werden. Durch das Studium der Knorpelmorphologie und der Larynx-Myologie wurden 150 Merkmale definiert und in eine MacClade®-Datenmatrix überführt. Die auf dem Parsimonie-Prinzip basierenden PAUP®-Analysen sprechen für eine Schwestergruppenbeziehung der Primates und der Dermoptera (= Primatomorpha). Die als Chimäre titulierte Überordnung Archonta wurde als Vehikel verwendet, um die Integration der Chiropteren zu ermöglichen und die Hyolaryngealforschung zu intensivieren, da auch Echolot-Peilung verwendende Taxa Bestandteil der Untersuchung waren. Die morphologischen Ähnlichkeiten des Zungenbein- und Kehlkopfapparates zwischen der basalen Form Rousettus (Pteropodidae) und dem Dermoptera-Vertreter Cynocephalus wurden als symplesiomorphe Merkmale gedeutet. Bei der Außengruppenwahl eines Rodentia-Repräsentanten hingegen konnte in Übereinstimmung mit den molekularen Befunden und nach dem Gros der Lehrmeinung die Schwestergruppenbeziehung der Primates und der Sundatheria bestätigt werden. Zwecks eines umfassenderen Ansatzes wurden im Rahmen einer „total evidence“-Methodik dental- und tarsalmorphologische Merkmale integriert. Das Resultat der Clusteranalyse, basierend auf 263 Merkmalen, modifiziert das Zwischenergebnis und befürwortet in Übereinstimmung mit molekularen Daten als Schwestergruppe der Primaten das Taxon Sundatheria (= Dermoptera + Scandentia). Damit konnte erstmals mittels eines konsequenten phylogenetisch-systematischen Ansatzes der Primaten-Grundplan hinsichtlich der Merkmalsausstattung der Hyolaryngealregion mit 27 Merkmalen rekonstruiert werden. Der Primatenursprung kann mit dem Euarchonta-Grundplan rekonstruiert werden. Für die Sundatheria wurden 12 Grundplanmerkmale definiert