723 resultados para Scoliosi, Trattamento Chirurgico, Strumentazione, Fallimenti Chirurgici


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Il presente lavoro si riferisce alle acque delle fontane a ricircolo. Una fontana a ricircolo è un’opera monumentale le cui acque non sono erogate come potabili; inoltre le persone non vi si immergono ma potendo comunque venirne a contatto tramite schizzi o animali, vanno trattate con una disinfezione mirata ad eliminare gli agenti patogeni pericolosi per l’uomo. Dopo aver inquadrato il problema dal punto di vista normativo, nel primo capitolo, si è passati ad analizzare il problema sanitario, descrivendo microorganismi patogeni e indicatori di rischio. È stato tuttavia necessario tenere conto anche di un altro problema: quello dell’aggressività di certi prodotti disinfettanti sui materiali costituenti la fontana. A tal proposito è stato riportato l’esempio di un caso di studio, il restauro della Fontana delle Tartarughe di Roma. Infine, dopo varie considerazioni volte ad analizzare un adeguato compromesso tra problema sanitario e problema di aggressività/corrosione sui materiali, si è dimostrato come la tecnica di disinfezione a raggi UV sia preferibile per le fontane monumentali a ricircolo.

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Contiene: I. De plantis nasturcinis sive antiscorbuticis / [auctore Joh. Rodolpho Mieg] II. De epilepsia / [Johannes Beckh] et III. De morbis præliantium ... / [Johannes Kupfferschmid].

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L’atrofia ottica dominante (ADOA) è una malattia mitocondriale caratterizzata da difetti visivi, che si manifestano durante l’infanzia, causati da progressiva degenerazione delle cellule gangliari della retina (RGC). ADOA è una malattia genetica associata, nella maggior parte dei casi, a mutazioni nel gene OPA1 che codifica per la GTPasi mitocondriale OPA1, appartenente alla famiglia delle dinamine, principalmente coinvolta nel processo di fusione mitocondriale e nel mantenimento del mtDNA. Finora sono state identificate più di 300 mutazioni patologiche nel gene OPA1. Circa il 50% di queste sono mutazioni missenso, localizzate nel dominio GTPasico, che si pensa agiscano come dominanti negative. Questa classe di mutazioni è associata ad una sindrome più grave nota come “ADOA-plus”. Nel lievito Saccharomyces cerevisiae MGM1 è l’ortologo del gene OPA1: nonostante i due geni abbiano domini funzionali identici le sequenze amminoacidiche sono scarsamente conservate. Questo costituisce una limitazione all’uso del lievito per lo studio e la validazione di mutazioni patologiche nel gene OPA1, infatti solo poche sostituzioni possono essere introdotte e studiate nelle corrispettive posizioni del gene di lievito. Per superare questo ostacolo è stato pertanto costruito un nuovo modello di S. cerevisiae, contenente il gene chimerico MGM1/OPA1, in grado di complementare i difetti OXPHOS del mutante mgm1Δ. Questo gene di fusione contiene una larga parte di sequenza corrispondente al gene OPA1, nella quale è stato inserito un set di nuove mutazioni trovate in pazienti affetti da ADOA e ADOA-plus. La patogenicità di queste mutazioni è stata validata sia caratterizzando i difetti fenotipici associati agli alleli mutati, sia la loro dominanza/recessività nel modello di lievito. A tutt’oggi non è stato identificato alcun trattamento farmacologico per la cura di ADOA e ADOA-plus. Per questa ragione abbiamo utilizzato il nostro modello di lievito per la ricerca di molecole che agiscono come soppressori chimici, ossia composti in grado di ripristinare i difetti fenotipici indotti da mutazioni nel gene OPA1. Attraverso uno screening fenotipico high throughput sono state testate due differenti librerie di composti chimici. Questo approccio, noto con il nome di drug discovery, ha permesso l’identificazione di 23 potenziali molecole attive.

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Questa tesi ha lo scopo di indagare lo stato interno di materiali e strutture di diverso tipo tramite sollecitazione acustica o vibrazionale. Si sono sottoposte le strutture in esame a sollecitazione acustica (mediante speaker) o meccanica (mediante martello strumentato o altro percussore), acquisendo le onde meccaniche di ritorno con trasduttori microfonici, array microfonici, ed accelerometri. Si è valutato, di caso in caso, quale fosse la strumentazione più adeguata e quale il parametro da prendere in considerazione per effettuare una discriminazione tra oggetto integro ed oggetto danneggiato o contenente vuoti o inclusioni. Si è riflettuto sui dati raccolti allo scopo di capire quali caratteristiche accomunino strutture apparentemente diverse tra loro, e quali differenzino in realtà - rispetto alla possibilità di una efficace diagnosi acustica - strutture apparentemente simili. Si è sviluppato uno script su piattaforma MatLab® per elaborare i dati acquisiti. Tutte le analisi effettuate si basano sull'osservazione dello spettro acustico del segnale di ritorno dall'oggetto sollecitato. Ove necessario, si sono osservati la funzione di trasferimento del sistema (per il calcolo della quale si crosscorrelano i segnali di output e di input) o il waterfall. Da questa base, si sono sviluppati parametri specifici per i vari casi. Gli esami più proficui si sono effettuati sui solai, per la verifica dello sfondellamento dei laterizi. Anche lo studio su prodotti dell'industria alimentare (salami) si è rivelato molto soddisfacente, tanto da gettare le basi per la produzione di un tester da utilizzare in stabilimento per il controllo di qualità dei pezzi.

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Lo scopo di questa ricerca di dottorato è stato lo studio di una forma di dosaggio flessibile e personalizzabile, indirizzata alle necessità individuali di ogni paziente, per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna. La terapia proposta prevede l’utilizzo di due farmaci, un alfa bloccante (farmaco A) e un inibitore delle 5- fosfodiesterasi (farmaco B) e, somministrati in una singola forma di dosaggio contenenti differenti dosi e combinazioni dei due farmaci. Lo sviluppo di un sistema di rilascio per la somministrazione orale di farmaco A e farmaco B è stato realizzato grazie alla tecnologia Dome Matrix. La tecnologia si basa sull’assemblaggio di moduli utilizzati come elementi di controllo del rilascio. L’assemblaggio dei moduli può essere ottenuto attraverso diverse configurazioni. Sono stati quindi realizzati sistemi assemblati in grado di galleggiare sul contenuto gastrico; la prolungata permanenza della forma farmaceutica nello stomaco favorisce la solubilizzazione dei due principi attivi che quindi potrebbero raggiungere il sito di assorbimento nel primo tratto intestinale già in dispersione molecolare, condizione ideale per essere assorbiti. La prima parte della ricerca è stata focalizzata sulla realizzazione di un sistema assemblato a rilascio modificato di farmaco A. Moduli contenenti diversi dosaggi di farmaco sono stati assemblati in varie configurazioni e dosi differenti per ottenere una forma di dosaggio flessibile, adattabile alle esigenze terapeutiche del paziente. La seconda parte del lavoro di tesi ha riguardato la realizzazione di un sistema assemblato, contenente entrambi i farmaci in associazione. L’ultima parte della ricerca è stata svolta presso la “University of Texas at Austin” sotto la supervisione del Professor Nicholas Peppas. Il lavoro svolto è stato focalizzato sullo studio delle caratteristiche di rigonfiamento dei singoli moduli di farmaco e dei loro sistemi assemblati; il comportamento di tali sistemi è stato investigato anche grazie all’utilizzo della tecnica di tomografia computerizzata a raggi X.

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Gli esperimenti condotti in questo progetto di ricerca sono volti allo studio degli effetti di integratori a base di clorofillina magnesiaca sullo stato di stress ossidativo sui tessuti murini. Per le analisi sono state prese in esame due corti di topi femmine da 48 e 44 esemplari ciascuna. Le due corti sono state sottoposte a un diverso tipo di trattamento, rispettivamente: trattamento cronico con diverse quantità di soluzione idroalcolica di clorofillina magnesiaca e trattamento acuto con unica dose standard di soluzione idroalcolica di clorofillina magnesiaca. In questo modo è stato possibile studiare l'efficacia degli integratori in base al tipo di trattamento. Le analisi sono state fatte con saggio TBARS sui topi della prima corte e con saggio FRAP sui topi di entrambe le corti. Il saggio TBARS mostra lo stato di tress ossidativo dei tessuti mediante quantificazione della malondialdeide. Il saggio FRAP descrive la capacità riducente della clorofilliana estratta dai campioni di tessuto. In un progetto parallelo a quello descritto in questa tesi è stata quantificata la clorofilla tramite spettrofluorimetria per costruire un parallelo fra quantità e potere riducente rilevato. Grazie all'analisi dei risultati è possibile dire che la clorofillina magnesiaca non è proossidante e presenta potere riducente. Tuttavia un trattamento acuto non è sufficiente a farla accumulare nei tessuti.

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Prodotti di IV gamma a base di frutta e verdura minimamente trattati o pronti all'uso non possono essere considerati sicuri da un punto di vista microbiologico e sono stati spesso associati a casi di tossinfezione. Per tali episodi è stato evidenziato che la qualità dell'acqua utilizzata per il lavaggio è una fase critica. D'altra parte è noto che la disinfezione è una delle fasi di lavorazione più importanti per i prodotti minimamente trattati in quanto ha effetti diretti sulla qualità dei prodotti finiti, sulla sicurezza e la loro shelf-life. Tradizionalmente, l'industria di IV gamma ha impiegato i composti derivati del cloro per la fase di disinfezione in virtù della loro efficacia, semplicità d'uso e basso costo. Tuttavia vi è una diffusa tendenza ad eliminare i prodotti a base di cloro a causa soprattutto della preoccupazione in relazione ai rischi ambientali e sanitari per il consumatore associati alla formazione di sottoprodotti alogenati cancerogeni. Tra le varie tecnologie emergenti, proposte come alternative al cloro, il plasma ha presentato buone potenzialità in virtù delle specie chimiche che lo compongono, principalmente specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, che sembrano essere responsabili di stress ossidativo alle cellule microbiche, con conseguenti danni per DNA, proteine e lipidi. L’obiettivo generale di questo elaborato finale è stato quello di valutare la possibilità di utilizzare la tecnologia del plasma per la decontaminazione superficiale di carote julienne. In particolare si sono presi in considerazione trattamenti diretti in cui il vegetale è stato esposto al plasma per differenti tempi compresi tra 5 e 40 minuti. Inoltre, si è utilizzo il plasma per il trattamento di acqua che è stata successivamente impiegata per il lavaggio delle carote julienne. L'efficacia di entrambe le modalità di trattamento è stata verificata nei confronti sia della microflora naturalmente contaminante le carote, sia di alcuni microrganismi patogeni che possono essere associati a tale vegetale: Listeria monocytogenes, Salmonella Enteritidis ed Escherichia coli.

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L’attività di tesi ha previsto la progettazione e realizzazione di sorgenti di plasma di non equilibrio a pressione atmosferica e l’individuazione delle condizioni operative ottimali per l’idrofobizzazione di materiali tessili. La prima parte delle attività di tesi hanno riguardato lo studio e l’approfondimento della letteratura scientifica al fine di individuare le sorgenti e i processi plasma assistiti per l’idrofobizzazione dei materiali. Relativamente alle sorgenti di plasma di non-equilibrio a pressione atmosferica, studi di letteratura riportano che sorgenti di tipo APPJ (Atmospheric Pressure Plasma Jet) consentono di effettuare un trattamento localizzato in un punto, mentre sorgenti DBD (Dielectric Barrier Discharge) risultano idonee a trattamenti di materiali large area. Per quanto riguarda i processi plasma assistiti, sulla base di quanto riportato in letteratura il processo di idrofobizzazione può avvenire principalmente mediante polimerizzazione di gas organici contenenti fluoro, introdotti nella regione di plasma, con la conseguente deposizione di coating fluorurati. Le attività sperimentali condotte durante la tesi hanno avuto l’obbiettivo di valutare la possibilità di rendere idrofobico un filato di fibra tessile naturale mediante l’utilizzo di una sorgente plasma jet operante con miscela di argon e gas organoflorurato. Il filato, messo in moto a diverse velocità, è stato fatto transitare attraverso la piuma di plasma. In particolare, si è passati da una velocità di movimentazione di 1 m/min a una di 10 m/min. I risultati ottenuti hanno evidenziato che maggiore è la velocità di movimentazione del filato attraverso la piuma di plasma, minore è il grado di idrofibizzazione raggiungibile sul filato stesso, in quanto minore è il tempo di esposizione del materiale al plasma. Infine, nell’ultima parte dell’attività di tesi, è stata progettata una sorgente DBD, che caratterizzata da una maggiore area di generazione del plasma rispetto alla sorgente plasma jet, consente di incrementare il tempo di esposizione del filato al plasma a parità di velocità di movimentazione del filato.

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La Chemical Vapor Deposition (CVD) permette la crescita di sottili strati di grafene con aree di decine di centimetri quadrati in maniera continua ed uniforme. Questa tecnica utilizza un substrato metallico, solitamente rame, riscaldato oltre i 1000 °C, sulla cui superficie il carbonio cristallizza sotto forma di grafene in un’atmosfera attiva di metano ed idrogeno. Durante la crescita, sulla superficie del rame si decompone il metano utilizzato come sorgente di carbonio. La morfologia e la composizione della superficie del rame diventano quindi elementi critici del processo per garantire la sintesi di grafene di alta qualità e purezza. In questo manoscritto si documenta l’attività sperimentale svolta presso i laboratori dell’Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi del CNR di Bologna sulla caratterizzazione della superficie del substrato di rame utilizzato per la sintesi del grafene per CVD. L’obiettivo di questa attività è stato la caratterizzazione della morfologia superficiale del foglio metallico con misure di rugosità e di dimensione dei grani cristallini, seguendo l’evoluzione di queste caratteristiche durante i passaggi del processo di sintesi. Le misure di rugosità sono state effettuate utilizzando tecniche di profilometria ottica interferometrica, che hanno permesso di misurare l’effetto di livellamento successivo all' introduzione di un etching chimico nel processo consolidato utilizzato presso i laboratori dell’IMM di Bologna. Nell'ultima parte di questo manoscritto si è invece studiato, con tecniche di microscopia ottica ed elettronica a scansione, l’effetto di diverse concentrazioni di argon e idrogeno durante il trattamento termico di annealing del rame sulla riorganizzazione dei suoi grani cristallini. L’analisi preliminare effettuata ha permesso di individuare un intervallo ottimale dei parametri di annealing e di crescita del grafene, suggerendo importanti direzioni per migliorare il processo di sintesi attualmente utilizzato.

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In questo elaborato viene sperimentato un iter processuale che consenta di utilizzare i sensori termici affiancati a fotocamere digitale in ambito fotogrammetrico al fine di ottenere prodotto dal quale sono estrapolabili informazioni geometriche e termiche dell’oggetto di studio. Il rilievo fotogrammetrico è stato svolto mediante l’utilizzo di un drone con equipaggiamento multisensoriale, termico e digitale, su una porzione di territorio soggetto ad anomalie termiche nei pressi di Medolla (MO). Per l’analisi termica e geometrica sono stati posizionati sul campo 5 target termici di cui ne sono state misurate le coordinate per la georeferenziazione delle nuvole dense di punti e la temperatura. In particolare sono state eseguite due riprese aeree dalle quali sono stati estratti i frame necessari per i processi di restituzione fotogrammetrica. Le immagini sono state sottoposte ad una fase di trattamento che ha prodotto immagini rettificate prive di delle distorsioni impresse dall’obbiettivo. Per la creazione degli elaborati vettoriali e raster a colori e termici sono stati impiegati inizialmente software di fotogrammetria digitale in grado di fornire scene tridimensionali georeferenziate dell’oggetto. Sono state sviluppate sia in un ambiente open-source, sia sfruttando programmi commerciali. Le nuvole dense sono state successivamente trattate su una piattaforma gratuita ad interfaccia grafica. In questo modo è stato possibile effettuare dei confronti tra i diversi prodotti e valutare le potenzialità dei software stessi. Viene mostrato come creare un modello tridimensionale, contenente sia informazioni geometriche che informazioni termiche, partendo dalla nuvola termica e da quella a colori. Entrambe georeferenziate utilizzando gli stessi punti fotogrammetrici d’appoggio. Infine i prodotti ottenuti sono stati analizzati in un ambiente GIS realizzando sovrapposizioni grafiche, confronti numerici, interpolazioni, sezioni e profili.

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La VMAT (Volumetric Modulated Arc Therapy) è una delle più recenti tecniche radioterapiche, in cui, oltre alla modulazione geometrica della fluenza del campo di radiazione come avviene nell’IMRT (Intensity Modulated Radiotherapy), sono variati durante il trattamento anche la velocità del gantry e il rateo di dose. La radiazione è erogata senza interruzioni lungo uno o più archi continui della testata dell’acceleratore, così da ridurre i tempi di trattamento in modo sostanziale rispetto all’IMRT. Nelle tecniche ad intensità modulata, ed in particolare nella VMAT, il lettino porta paziente modifica la distribuzione di dose durante gli irraggiamenti posteriori, riducendo quella al target e aumentando quella superficiale. Il presente lavoro di tesi, che ha proprio l’obiettivo di valutare questi aspetti dosimetrici in un’ottica pre-clinica, è stato svolto presso il Servizio di Fisica Sanitaria del Policlinico S.Orsola–Malpighi, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna. Le misure sono state effettuate presso le U.O. Radioterapia-Morganti e Radioterapia-Frezza f.f. della medesima Azienda Sanitaria, al fine di caratterizzare dal punto di vista dosimetrico il lettino di trattamento iBEAM evo dell’acceleratore lineare Synergy Elekta. L’attenuazione misurata in caso di incidenza perpendicolare del fascio sul lettino, in buon accordo con gli articoli di riferimento, è stata: (2.81±0.06)% per fotoni di energia di 6 MV, (1.81±0.10)% a 10 MV e (1.38±0.05)% a 15 MV. L’attenuazione massima misurata con fotoni di energia di 6 MV si è avvicinata al 4% negli irraggiamenti obliqui. Infine, è stato analizzato il confronto con statistica gamma fra distribuzione di dose pianificata e misurata prima e dopo aver modellizzato le caratteristiche del lettino nel software per l’elaborazione del piano di trattamento. Solo dopo tale operazione, i due casi VMAT analizzati (tumore dell’orofaringe e prostatico) superano i criteri più restrittivi e affidabili utilizzati nella pratica clinica.

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Nel corso degli ultimi due decenni il trapianto di cuore si è evoluto come il gold standard per il trattamento dell’insufficienza cardiaca allo stadio terminale. Rimane un intervento estremamente complesso; infatti due sono gli aspetti fondamentali per la sua buona riuscita: la corretta conservazione e metodo di trasporto. Esistono due diversi metodi di conservazione e trasporto: il primo si basa sul tradizionale metodo di protezione miocardica e sul trasporto del cuore con utilizzo di contenitori frigoriferi, mentre il secondo, più innovativo, si basa sull’ utilizzo di Organ Care System Heart, un dispositivo appositamente progettato per contenere il cuore e mantenerlo in uno stato fisiologico normotermico attivo simulando le normali condizioni presenti all’interno del corpo umano. La nuova tecnologia di Organ Care System Heart permette un approccio completamente diverso rispetto ai metodi tradizionali, in quanto non solo conserva e trasporta il cuore, ma permette anche il continuo monitoraggio ex-vivo delle sue funzioni, dal momento in cui il cuore viene rimosso dal torace del donatore fino all’ impianto nel ricevente. Il motivo principale che spinge la ricerca ad investire molto per migliorare i metodi di protezione degli organi è legato alla possibilità di ridurre il rischio di ischemia fredda. Questo termine definisce la condizione per cui un organo rimane privo di apporto di sangue, il cui mancato afflusso causa danni via via sempre più gravi ed irreversibili con conseguente compromissione della funzionalità. Nel caso del cuore, il danno da ischemia fredda risulta significativamente ridotto grazie all’utilizzo di Organ Care System Heart con conseguenti benefici in termini di allungamento dei tempi di trasporto, ottimizzazione dell’organo e più in generale migliori risultati sui pazienti.

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Lo scopo di questa tesi è valutare l’attività di uptake delle cellule nei confronti di nanoparticelle di silice fluorescenti e il loro possibile effetto citotossico. Per verificare l’attività di uptake delle cellule abbiamo utilizzato 4 diverse linee cellulari tumorali umane e abbiamo studiato il comportamento delle nanoparticelle all’interno delle cellule grazie all’utilizzo del microscopio a fluorescenza, con cui abbiamo potuto valutare se le particelle sono in grado di penetrare nel nucleo, soprattutto ad alte concentrazioni o a lunghi tempi di incubazione. Per questa valutazione abbiamo effettuato incubazioni a concentrazioni crescenti di nanoparticelle e a tempi di incubazione sempre più lunghi. Inoltre, abbiamo coltivato le cellule sia in condizioni di crescita ottimali, addizionando il terreno con FBS, che in condizioni subottimali, senza l’aggiunta di FBS nel terreno, perché abbiamo ipotizzato che le proteine presenti nell’FBS potessero disporsi come una corona esternamente alle cellule, ostacolando l’uptake delle nanoparticelle. Infine, abbiamo valutato se le diverse linee cellulari avessero dei comportamenti diversi nei confronti dell’internalizzazione delle nanoparticelle. Per quanto riguarda la valutazione di un possibile effetto citotossico delle nanoparticelle, invece, abbiamo effettuato dei saggi di vitalità cellulare, anche in questo caso utilizzando 4 linee cellulari differenti. Come per l’analisi in microscopia, abbiamo effettuato l’incubazione a concentrazioni crescenti di nanoparticelle, a tempi di incubazione sempre più lunghi e in condizioni ottimali, aggiungendo FBS al terreno, o subottimali, senza FBS. Queste variazioni nelle condizioni di incubazione erano necessarie per capire se la vitalità cellulare potesse dipendere da un’alta concentrazione di nanoparticelle, da lunghi tempi di incubazione e dalla presenza o assenza di FBS e se l’effetto fosse diverso a seconda della linea cellulare sottoposta al trattamento.

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Durante i trattamenti radioterapici dei pazienti oncologici testa-collo, le ghiandole parotidee (PGs) possono essere indebitamente irradiate a seguito di modificazioni volumetriche-spaziali inter/intra-frazione causate da fattori quali il dimagrimento, l’esposizione a radiazioni ionizzanti ed il morphing anatomico degli organi coinvolti nelle aree d’irraggiamento. Il presente lavoro svolto presso la struttura di Fisica Medica e di Radioterapia Oncologica dell’A.O.U di Modena, quale parte del progetto di ricerca del Ministero della Salute (MoH2010, GR-2010-2318757) “ Dose warping methods for IGRT and Adaptive RT: dose accumulation based on organ motion and anatomical variations of the patients during radiation therapy treatments ”, sviluppa un modello biomeccanico in grado di rappresentare il processo di deformazione delle PGs, considerandone la geometria, le proprietà elastiche e l'evoluzione durante il ciclo terapeutico. Il modello di deformazione d’organo è stato realizzato attraverso l’utilizzo di un software agli elementi finiti (FEM). Molteplici superfici mesh, rappresentanti la geometria e l’evoluzione delle parotidi durante le sedute di trattamento, sono state create a partire dai contorni dell’organo definiti dal medico radioterapista sull’immagine tomografica di pianificazione e generati automaticamente sulle immagini di setup e re-positioning giornaliere mediante algoritmi di registrazione rigida/deformabile. I constraints anatomici e il campo di forze del modello sono stati definiti sulla base di ipotesi semplificative considerando l’alterazione strutturale (perdita di cellule acinari) e le barriere anatomiche dovute a strutture circostanti. L’analisi delle mesh ha consentito di studiare la dinamica della deformazione e di individuare le regioni maggiormente soggette a cambiamento. Le previsioni di morphing prodotte dal modello proposto potrebbero essere integrate in un treatment planning system per metodiche di Adaptive Radiation Therapy.