938 resultados para Open Data, Bologna
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Nowadays, computing is migrating from traditional high performance and distributed computing to pervasive and utility computing based on heterogeneous networks and clients. The current trend suggests that future IT services will rely on distributed resources and on fast communication of heterogeneous contents. The success of this new range of services is directly linked to the effectiveness of the infrastructure in delivering them. The communication infrastructure will be the aggregation of different technologies even though the current trend suggests the emergence of single IP based transport service. Optical networking is a key technology to answer the increasing requests for dynamic bandwidth allocation and configure multiple topologies over the same physical layer infrastructure, optical networks today are still “far” from accessible from directly configure and offer network services and need to be enriched with more “user oriented” functionalities. However, current Control Plane architectures only facilitate efficient end-to-end connectivity provisioning and certainly cannot meet future network service requirements, e.g. the coordinated control of resources. The overall objective of this work is to provide the network with the improved usability and accessibility of the services provided by the Optical Network. More precisely, the definition of a service-oriented architecture is the enable technology to allow user applications to gain benefit of advanced services over an underlying dynamic optical layer. The definition of a service oriented networking architecture based on advanced optical network technologies facilitates users and applications access to abstracted levels of information regarding offered advanced network services. This thesis faces the problem to define a Service Oriented Architecture and its relevant building blocks, protocols and languages. In particular, this work has been focused on the use of the SIP protocol as a inter-layers signalling protocol which defines the Session Plane in conjunction with the Network Resource Description language. On the other hand, an advantage optical network must accommodate high data bandwidth with different granularities. Currently, two main technologies are emerging promoting the development of the future optical transport network, Optical Burst and Packet Switching. Both technologies respectively promise to provide all optical burst or packet switching instead of the current circuit switching. However, the electronic domain is still present in the scheduler forwarding and routing decision. Because of the high optics transmission frequency the burst or packet scheduler faces a difficult challenge, consequentially, high performance and time focused design of both memory and forwarding logic is need. This open issue has been faced in this thesis proposing an high efficiently implementation of burst and packet scheduler. The main novelty of the proposed implementation is that the scheduling problem has turned into simple calculation of a min/max function and the function complexity is almost independent of on the traffic conditions.
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The advent of distributed and heterogeneous systems has laid the foundation for the birth of new architectural paradigms, in which many separated and autonomous entities collaborate and interact to the aim of achieving complex strategic goals, impossible to be accomplished on their own. A non exhaustive list of systems targeted by such paradigms includes Business Process Management, Clinical Guidelines and Careflow Protocols, Service-Oriented and Multi-Agent Systems. It is largely recognized that engineering these systems requires novel modeling techniques. In particular, many authors are claiming that an open, declarative perspective is needed to complement the closed, procedural nature of the state of the art specification languages. For example, the ConDec language has been recently proposed to target the declarative and open specification of Business Processes, overcoming the over-specification and over-constraining issues of classical procedural approaches. On the one hand, the success of such novel modeling languages strongly depends on their usability by non-IT savvy: they must provide an appealing, intuitive graphical front-end. On the other hand, they must be prone to verification, in order to guarantee the trustworthiness and reliability of the developed model, as well as to ensure that the actual executions of the system effectively comply with it. In this dissertation, we claim that Computational Logic is a suitable framework for dealing with the specification, verification, execution, monitoring and analysis of these systems. We propose to adopt an extended version of the ConDec language for specifying interaction models with a declarative, open flavor. We show how all the (extended) ConDec constructs can be automatically translated to the CLIMB Computational Logic-based language, and illustrate how its corresponding reasoning techniques can be successfully exploited to provide support and verification capabilities along the whole life cycle of the targeted systems.
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Lo studio effettuato verte sulla ricerca delle cave storiche di pietra da taglio in provincia di Bologna, facendo partire la ricerca al 1870 circa, data in cui si hanno le prime notizie cartacee di cave bolognesi. Nella ricerca si è potuto contare sull’aiuto dei Dott. Stefano Segadelli e Maria Tersa De Nardo, geologi della regione Emilia-Romagna, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza e le pubblicazioni della regione a questo scopo. Si è scoperto quindi che non esiste in bibliografia la localizzazione di tali cave e si è cercato tramite l’utilizzo del software ArcGIS , di georeferenziarle, correlandole di informazioni raccolte durante la ricerca. A Bologna al momento attuale non esistono cave di pietra da taglio attive, così tutte le fonti che si sono incontrate hanno fornito dati parziali, che uniti hanno permesso di ottenere una panoramica soddisfacente della situazione a inizio secolo scorso. Le fonti studiate sono state, in breve: il catasto cave della regione Emilia-Romagna, gli shape preesistenti della localizzazione delle cave, le pubblicazioni “Uso del Suolo”, oltre ai dati forniti dai vari Uffici Tecnici dei comuni nei quali erano attive le cave. I litotipi cavati in provincia sono quattro: arenaria, calcare, gesso e ofiolite. Per l’ofiolite si tratta di coltivazioni sporadiche e difficilmente ripetibili dato il rischio che può esserci di incontrare l’amianto in queste formazioni; è quindi probabile che non verranno più aperte. Il gesso era una grande risorsa a fine ‘800, con molte cave aperte nella Vena del Gesso. Questa zona è diventata il Parco dei Gessi Bolognesi, lasciando alla cava di Borgo Rivola il compito di provvedere al fabbisogno regionale. Il calcare viene per lo più usato come inerte, ma non mancano esempi di formazioni adatte a essere usate come blocchi. La vera protagonista del panorama bolognese rimane l’arenaria, che venne usata da sempre per costruire paesi e città in provincia. Le cave, molte e di ridotte dimensioni, sono molto spesso difficili da trovare a causa della conseguente rinaturalizzazione. Ci sono possibilità però di vedere riaprire cave di questo materiale a Monte Finocchia, tramite la messa in sicurezza di una frana, e forse anche tramite la volontà di sindaci di comunità montane, sensibili a questo argomento. Per avere una descrizione “viva” della situazione attuale, sono stati intervistati il Dott. Maurizio Aiuola, geologo della Provincia di Bologna, e il Geom. Massimo Romagnoli della Regione Emilia-Romagna, che hanno fornito una panoramica esauriente dei problemi che hanno portato ad avere in regione dei poli unici estrattivi anziché più cave di modeste dimensioni, e delle possibilità future. Le grandi cave sono, da parte della regione, più facilmente controllabili, essendo poche, e più facilmente ripristinabili data la disponibilità economica di chi la gestisce. Uno dei problemi emersi che contrastano l’apertura di aree estrattive minori, inoltre, è la spietata concorrenza dei materiali esteri, che costano, a parità di qualità, circa la metà del materiale italiano. Un esempio di ciò lo si è potuto esaminare nel comune di Sestola (MO), dove, grazie all’aiuto e alle spiegazioni del Geom. Edo Giacomelli si è documentato come il granito e la pietra di Luserna esteri utilizzati rispondano ai requisiti di resistenza e non gelività che un paese sottoposto ai rigori dell’inverno richiede ai lapidei, al contrario di alcune arenarie già in opera provenienti dal comune di Bagno di Romagna. Alla luce di questo esempio si è proceduto a calcolare brevemente l’ LCA di questo commercio, utilizzando con l’aiuto dell’ Ing. Cristian Chiavetta il software SimaPRO, in cui si è ipotizzato il trasporto di 1000 m3 di arenaria da Shanghai (Cina) a Bologna e da Karachi (Pakistan) a Bologna, comparandolo con le emissioni che possono esserci nel trasporto della stessa quantità di materiale dal comune di Monghidoro (BO) al centro di Bologna. Come previsto, il trasporto da paesi lontani comporta un impatto ambientale quasi non comparabile con quello locale, in termini di consumo di risorse organiche e inorganiche e la conseguente emissione di gas serra. Si è ipotizzato allora una riapertura di cave locali a fini non edilizi ma di restauro; esistono infatti molti edifici e monumenti vincolati in provincia, e quando questi devono essere restaurati, dove si sceglie di cavare il materiale necessario e rispondente a quello già in opera? Al riguardo, si è passati attraverso altre due interviste ai Professori Francesco Eleuteri, architetto presso la Soprintendenza dei Beni Culturali a Bologna e Gian Carlo Grillini, geologo-petrografo e esperto di restauro. Ciò che è emerso è che effettivamente non esiste attualmente una panoramica soddisfacente di quello che è il patrimonio lapideo della provincia, mancando, oltre alla georeferenziazione, una caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica adeguata a poter descrivere ciò che veniva anticamente cavato; l’ipotesi di riapertura a fini restaurativi potrebbe esserci, ma non sembra essere la maggiore necessità attualmente, in quanto il restauro viene per lo più fatto senza sostituzioni o integrazioni, tranne rari casi; è pur sempre utile avere una carta alla mano che possa correlare l’edificio storico con la zona di estrazione del materiale, quindi entrambi i professori hanno auspicato una prosecuzione della ricerca. Si può concludere dicendo che la ricerca può proseguire con una migliore e più efficace localizzazione delle cave sul terreno, usando anche come fonte il sapere della popolazione locale, e di procedere con una parte pratica che riguardi la caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica. L’utilità di questi dati può esserci nel momento in cui si facciano ricerche storiche sui beni artistici presenti a Bologna, e qualora si ipotizzi una riapertura di una zona estrattiva.
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The aim of the present study is understanding the properties of a new group of redox proteins having in common a DOMON-type domain with characteristics of cytochromes b. The superfamily of proteins containing a DOMON of this type includes a few protein families. With the aim of better characterizing this new protein family, the present work addresses both a CyDOM protein (a cytochrome b561) and a protein only comprised of DOMON(AIR12), both of plant origin. Apoplastic ascorbate can be regenerated from monodehydroascorbate by a trans-plasma membrane redox system which uses cytosolic ascorbate as a reductant and comprises a high potential cytochrome b. We identified the major plasma membrane (PM) ascorbate-reducible b-type cytochrome of bean (Phaseolus vulgaris) and soybean (Glycine max) hypocotyls as orthologs of Arabidopsis auxin-responsive gene air12. The protein, which is glycosylated and glycosylphosphatidylinositol-anchored to the external side of the PM in vivo, was expressed in Pichia pastoris in a recombinant form, lacking the glycosylphosphatidylinositol-modification signal, and purified from the culture medium. Recombinant AIR12 is a soluble protein predicted to fold into a β-sandwich domain and belonging to the DOMON superfamily. It is shown to be a b-type cytochrome with a symmetrical α-band at 561 nm, to be fully reduced by ascorbate and fully oxidized by monodehydroascorbate. Redox potentiometry suggests that AIR12 binds two high-potential hemes (Em,7 +135 and +236 mV). Phylogenetic analyses reveal that the auxin-responsive genes AIR12 constitute a new family of plasma membrane b-type cytochromes specific to flowering plants. Although AIR12 is one of the few redox proteins of the PM characterized to date, the role of AIR12 in trans-PM electron transfer would imply interaction with other partners which are still to be identified. Another part of the present project was aimed at understanding of a soybean protein comprised of a DOMON fused with a well-defined b561 cytochrome domain (CyDOM). Various bioinformatic approaches show this protein to be composed of an N-terminal DOMON followed by b561 domain. The latter contains five transmembrane helices featuring highly conserved histidines, which might bind haem groups. The CyDOM has been cloned and expressed in the yeast Pichia pastoris, and spectroscopic analyses have been accomplished on solubilized yeast membranes. CyDOM clearly reveal the properties of b-type cytochrome. The results highlight the fact that CyDOM is clearly able to lead an electron flux through the plasmamembrane. Voltage clamp experiments demonstrate that Xenopus laevis oocytes transformed with CyDOM of soybean exhibit negative electrical currents in presence of an external electron acceptor. Analogous investigations were carried out with SDR2, a CyDOM of Drosophila melanogaster which shows an electron transport capacity even higher than plant CyDOM. As quoted above, these data reinforce those obtained in plant CyDOM on the one hand, and on the other hand allow to attribute to SDR2-like proteins the properties assigned to CyDOM. Was expressed in Regenerated tobacco roots, transiently transformed with infected a with chimeral construct GFP: CyDOM (by A. rhizogenes infection) reveals a plasmamembrane localization of CyDOM both in epidermal cells of the elongation zone of roots and in root hairs. In conclusion. Although the data presented here await to be expanded and in part clarified, it is safe to say they open a new perspective about the role of this group of proteins. The biological relevance of the functional and physiological implications of DOMON redox domains seems noteworthy, and it can but increase with future advances in research. Beyond the very finding, however interesting in itself, of DOMON domains as extracellular cytochromes, the present study testifies to the fact that cytochrome proteins containing DOMON domains of the type of “CyDOM” can transfer electrons through membranes and may represent the most important redox component of the plasmamembrane as yet discovered.
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The main task of this research is to investigate the situation of drugs in the city of Bologna. A first discussion pertains the method to adopt studying an ethical question as drug actually is. In fact it is widely known that drugs problem involves many political and religious considerations which are misleading in a scientific point of view. After a methodological chapter supposed to show the purpose of this research, it is discussed a logical definition of drugs. There it is examined an aristotelian definition of drugs with semantic instruments from philosophy of the language to fulfil meaning of terms. The following chapter discusses personal stories of different people involved in drug in the city, who actually represent the main characters of drug subculture. Afterwards the official statistics concerning drug enforcement is discussed and compared with a specific police action which allows to criticize that data, and to make some hypothesis about drug quantities circulating in town. Next step is investigating drugs addicted in town, with a validation technique of data base queries. The result is a statistics of users in which there is evidence of main presence of foreigners and not resident Italians who use to practice drugs in this city. Demographic analysis of identified people shows that drug addiction is widely diffused among all range of age and mainly pertains males, with an increasing trend. Then is examined the geographic distribution of users residence and use places, showing that drugs abuse is spread among all classes of population, while drugs squares are located in some points of town which realise a kind of drug area with a concentration of dealers not organised together. With some detailed queries in police reports statistics is studied some specific subject on nowadays drug abuse, the phenomenon of multi-use, the relation between drug and crime, the relation between drug and mental disease, recording some evidence in such topics. Finally a survey on city media along last two years shows the interest about this topic and gives an idea of public opinion’s information about drugs. The study refers to the city of Bologna only, and pertains data recorded along last ten years by the local metropolitan police corp.
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Many research fields are pushing the engineering of large-scale, mobile, and open systems towards the adoption of techniques inspired by self-organisation: pervasive computing, but also distributed artificial intelligence, multi-agent systems, social networks, peer-topeer and grid architectures exploit adaptive techniques to make global system properties emerge in spite of the unpredictability of interactions and behaviour. Such a trend is visible also in coordination models and languages, whenever a coordination infrastructure needs to cope with managing interactions in highly dynamic and unpredictable environments. As a consequence, self-organisation can be regarded as a feasible metaphor to define a radically new conceptual coordination framework. The resulting framework defines a novel coordination paradigm, called self-organising coordination, based on the idea of spreading coordination media over the network, and charge them with services to manage interactions based on local criteria, resulting in the emergence of desired and fruitful global coordination properties of the system. Features like topology, locality, time-reactiveness, and stochastic behaviour play a key role in both the definition of such a conceptual framework and the consequent development of self-organising coordination services. According to this framework, the thesis presents several self-organising coordination techniques developed during the PhD course, mainly concerning data distribution in tuplespace-based coordination systems. Some of these techniques have been also implemented in ReSpecT, a coordination language for tuple spaces, based on logic tuples and reactions to events occurring in a tuple space. In addition, the key role played by simulation and formal verification has been investigated, leading to analysing how automatic verification techniques like probabilistic model checking can be exploited in order to formally prove the emergence of desired behaviours when dealing with coordination approaches based on self-organisation. To this end, a concrete case study is presented and discussed.
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Con la crescente diffusione del web e dei servizi informatici offerti via internet, è aumentato in questi anni l’utilizzo dei data center e conseguentemente, il consumo di energia elettrica degli stessi. Il problema ambientale che comporta l’alto fabbisogno energetico, porta gli operatori di data center ad utilizzare tecniche a basso consumo e sistemi efficienti. Organizzazioni ambientali hanno rilevato che nel 2011 i consumi derivanti dai data center raggiungeranno i 100 milioni di kWh, con un costo complessivo di 7,4 milioni di dollari nei soli Stati Uniti, con una proiezione simile anche a livello globale. La seguente tesi intende valutare le tecniche in uso per diminuire il consumo energetico nei data center, e quali tecniche vengono maggiormente utilizzate per questo scopo. Innanzitutto si comincerà da una panoramica sui data center, per capire il loro funzionamento e per mostrare quali sono i componenti fondamentali che lo costituiscono; successivamente si mostrerà quali sono le parti che incidono maggiormente nei consumi, e come si devono effettuare le misurazioni per avere dei valori affidabili attraverso la rilevazione del PUE, unità di misura che valuta l’efficienza di un data center. Dal terzo capitolo si elencheranno le varie tecniche esistenti e in uso per risolvere il problema dell’efficienza energetica, mostrando alla fine una breve analisi sui metodi che hanno utilizzato le maggiori imprese del settore per risolvere il problema dei consumi nei loro data center. Lo scopo di questo elaborato è quello di capire quali sono le tecniche e le strategie per poter ridurre i consumi e aumentare l’efficienza energetica dei data center.
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La ricerca approfondisce gli studi iniziati dalla dott.ssa Baldini in occasione della tesi di laurea e amplia le indagini critiche avviate per la mostra sull’Aemilia Ars (2001). La ricerca si è interessata alle aree di Bologna e di Faenza individuando le connessioni che tra Otto e Novecento intercorrono tra la cultura artistica locale e quella nazionale ed europea. Nasce infatti in questo periodo Aemilia Ars, uno dei più innovativi movimenti del contesto nazionale nel campo delle arti decorative. I membri del gruppo, raccoltisi intorno alla carismatica figura di Alfonso Rubbiani nei primi anni Ottanta, sono attratti da influenze nordeuropee e sin dall’inizio si mostrano orientati a seguire precetti ruskiniani e preraffaelliti. Molto importante in entrambe le città, per l’evoluzione dello scenario artistico e artigianale – in questi anni più che mai unite in un rapporto di strettissima correlazione – è l’apporto e il sostegno offerto dai salotti, dai circoli, dai caffè e dai cenacoli locali. Dal punto di vista dello stile, forme lineari con una marcata tendenza all’astrazione caratterizzano la produzione dei principali interpreti faentini e bolognesi dell’ultimo ventennio dell’Ottocento allineandoli con le ricerche dei loro contemporanei nel resto d’Europa. I settori produttivi che si sono indagati sono quelli della ceramica, dell’ebanisteria, dei ferri battuti, dell’oreficeria, delle arti tessili e dei cuoi. Gran parte di queste lavorazioni – attardatesi nella realizzazione di oggetti dalle forme di ispirazione seicentesca, certamente poco adatte alla produzione industriale – subiscono ora una decisa accelerazione verso forme più svelte che, adeguandosi alla possibilità di riproduzione seriale degli oggetti, si diffonderanno quasi capillarmente tra l’aristocrazia e la borghesia, faticando tuttavia a raggiungere le classi meno abbienti a causa degli elevati costi di produzione. Nell’ultima parte viene tracciato sinteticamente il quadro delle attività artistiche e artigianali faentine del periodo indicato, con una particolare attenzione all’opera delle personalità afferenti al Cenacolo baccariniano.