1000 resultados para Neoformazione, neologismo, creatività, linguistica
Resumo:
For a long time, the work of a Franciscan Friar who had lived in Bologna and in Florence during the 13th and 14th centuries, Bartolomeo Della Pugliola, was thought to have been lost. Recent paleographic research, however, has affirmed that most of Della Pugliola’s work, although mixed into other authors, is contained in two manuscripts (1994 and 3843), currently kept at University Library in Bologna. Pugliola’s chronicle is central to Bolognese medieval literature, not only because it was the privileged source for the important work of Ramponis’ chronicle, but also because Bartolomeo della Pugliola’s sources are several significant works such as Jacopo Bianchetti’s lost writings and Pietro and Floriano Villolas’ chronicle (1163-1372). Ongoing historical studies and recent discoveries enabled me to reconstruct the historical chronology of Pugliola’s work as well as the Bolognese language between the 13th and 14th century The original purpose of my research was to add a linguistic commentary to the edition of the text in order to fill the gaps in medieval Bolognese language studies. In addition to being a reliable source, Pugliola’s chronicle was widely disseminated and became a sort of vulgate. The tradition of chronicle, through collation, allows the study of the language from a diachronic point of view. I therefore described all the linguistics phenomena related to phonetics, morphology and syntax in Pugliola’s text and I compared these results with variants in Villola’s and Ramponis’ chronicles. I also did likewise with another chronicle by a 16th century merchant, Friano Ubaldini, that I edited. This supplement helped to complete the Bolognese language outline from the 13th to the 16th century. In order to analize the data that I collected, I tried to approach them from a sociolinguistic point of view because each author represents a different variant of the language: closer to a scripta and the Florentine the language used by Pugliola, closer to the dialect spoken in Bologna the language used by Ubaldini. Differencies in handwriting especially show the models the authors try to reproduce or imitate. The glossary I added at the end of this study can help to understand these nuances with a number of examples.
Resumo:
La tesi si occupa della teoria delle ranking functions di W. Spohn, dottrina epistemologica il cui fine è dare una veste logica rigorosa ai concetti di causalità, legge di natura, spiegazione scientifica, a partire dalla nozione di credenza. Di tale teoria manca ancora una esposizione organica e unitaria e, soprattutto, formulata in linguaggio immediatamente accessibile. Nel mio lavoro, che si presenta come introduzione ad essa, è anche messa a raffronto con le teorie che maggiormente l’hanno influenzata o rispetto alle quali si pone come avversaria. Il PRIMO CAPITOLO si concentra sulla teoria di P. Gärdenfors, il più diretto predecessore e ispiratore di Spohn. Questo consente al lettore di acquisire familiarità con le nozioni di base della logica epistemica. La conoscenza, nella teoria del filosofo svedese, è concepita come processo di acquisizione ed espulsione di credenze, identificate con proposizioni, da un insieme. I tre maggiori fenomeni epistemici sono l’espansione, la revisione e la contrazione. Nel primo caso si immagazzina una proposizione in precedenza sconosciuta, nel secondo se ne espelle una a causa dell’acquisizione della sua contraddittoria, nel terzo si cancella una proposizione per amore di ipotesi e si investigano le conseguenze di tale cancellazione. Controparte linguistica di quest’ultimo fenomeno è la formulazione di un condizionale controfattuale. L’epistemologo, così come Gärdenfors concepisce il suo compito, è fondamentalmente un logico che deve specificare funzioni: vale a dire, le regole che deve rispettare ciascun passaggio da un insieme epistemico a un successivo per via di espansione, revisione e contrazione. Il SECONDO CAPITOLO tratta infine della teoria di Spohn, cercando di esporla in modo esauriente ma anche molto semplice. Anche in Spohn evidentemente il concetto fondamentale è quello di funzione: si tratta però in questo caso di quella regola di giudizio soggettivo che, a ciascuna credenza, identificata con una proposizione, associa un grado (un rank), espresso da un numero naturale positivo o dallo zero. Un rank è un grado di non-credenza (disbelief). Perché la non-credenza (che comporta un notevole appesantimento concettuale)? Perché le leggi della credenza così concepite presentano quella che Spohn chiama una “pervasiva analogia” rispetto alle leggi della probabilità (Spohn la chiama persino “armonia prestabilita” ed è un campo su cui sta ancora lavorando). Essenziale è il concetto di condizionalizzazione (analogo a quello di probabilità condizionale): a una credenza si associa un rank sulla base di (almeno) un’altra credenza. Grazie a tale concetto Spohn può formalizzare un fenomeno che a Gärdenfors sfugge, ossia la presenza di correlazioni interdoxastiche tra le credenze di un soggetto. Nella logica epistemica del predecessore, infatti, tutto si riduce all’inclusione o meno di una proposizione nell’insieme, non si considerano né gradi di credenza né l’idea che una credenza sia creduta sulla base di un’altra. Il TERZO CAPITOLO passa alla teoria della causalità di Spohn. Anche questa nozione è affrontata in prospettiva epistemica. Non ha senso, secondo Spohn, chiedersi quali siano i tratti “reali” della causalità “nel mondo”, occorre invece studiare che cosa accade quando si crede che tra due fatti o eventi sussista una correlazione causale. Anche quest’ultima è fatta oggetto di una formalizzazione logica rigorosa (e diversificata, infatti Spohn riconosce vari tipi di causa). Una causa “innalza lo status epistemico” dell’effetto: vale a dire, quest’ultimo è creduto con rank maggiore (ossia minore, se ci si concentra sulla non-credenza) se condizionalizzato sulla causa. Nello stesso capitolo espongo la teoria della causalità di Gärdenfors, che però è meno articolata e minata da alcuni errori. Il QUARTO CAPITOLO è tutto dedicato a David Lewis e alla sua teoria controfattuale della causalità, che è il maggiore avversario tanto di Spohn quanto di Gärdenfors. Secondo Lewis la migliore definizione di causa può essere data in termini controfattuali: la causa è un evento tale che, se non fosse accaduto, nemmeno l’effetto sarebbe accaduto. Naturalmente questo lo obbliga a specificare una teoria delle condizioni di verità di tale classe di enunciati che, andando contro i fatti per definizione, non possono essere paragonati alla realtà. Lewis ricorre allora alla dottrina dei mondi possibili e della loro somiglianza comparativa, concludendo che un controfattuale è vero se il mondo possibile in cui il suo antecedente e il suo conseguente sono veri è più simile al mondo attuale del controfattuale in cui il suo antecedente è vero e il conseguente è falso. Il QUINTO CAPITOLO mette a confronto la teoria di Lewis con quelle di Spohn e Gärdenfors. Quest’ultimo riduce i controfattuali a un fenomeno linguistico che segnala il processo epistemico di contrazione, trattato nel primo capitolo, rifiutando così completamente la dottrina dei mondi possibili. Spohn non affronta direttamente i controfattuali (in quanto a suo dire sovraccarichi di sottigliezze linguistiche di cui non vuole occuparsi – ha solo un abbozzo di teoria dei condizionali) ma dimostra che la sua teoria è superiore a quella di Lewis perché riesce a rendere conto, con estrema esattezza, di casi problematici di causalità che sfuggono alla formulazione controfattuale. Si tratta di quei casi in cui sono in gioco, rafforzandosi a vicenda o “concorrendo” allo stesso effetto, più fattori causali (casi noti nella letteratura come preemption, trumping etc.). Spohn riesce a renderne conto proprio perché ha a disposizione i rank numerici, che consentono un’analisi secondo cui a ciascun fattore causale è assegnato un preciso ruolo quantitativamente espresso, mentre la dottrina controfattuale è incapace di operare simili distinzioni (un controfattuale infatti è vero o falso, senza gradazioni). Il SESTO CAPITOLO si concentra sui modelli di spiegazione scientifica di Hempel e Salmon, e sulla nozione di causalità sviluppata da quest’ultimo, mettendo in luce soprattutto il ruolo (problematico) delle leggi di natura e degli enunciati controfattuali (a questo proposito sono prese in considerazione anche le famose critiche di Goodman e Chisholm). Proprio dalla riflessione su questi modelli infatti è scaturita la teoria di Gärdenfors, e tanto la dottrina del filosofo svedese quanto quella di Spohn possono essere viste come finalizzate a rendere conto della spiegazione scientifica confrontandosi con questi modelli meno recenti. Il SETTIMO CAPITOLO si concentra sull’analisi che la logica epistemica fornisce delle leggi di natura, che nel capitolo precedente sono ovviamente emerse come elemento fondamentale della spiegazione scientifica. Secondo Spohn le leggi sono innanzitutto proposizioni generali affermative, che sono credute in modo speciale. In primo luogo sono credute persistentemente, vale a dire, non sono mai messe in dubbio (tanto che se si incappa in una loro contro-istanza si va alla ricerca di una violazione della normalità che la giustifichi). In secondo luogo, guidano e fondano la credenza in altre credenze specifiche, che sono su di esse condizionalizzate (si riprendono, con nuovo rigore logico, le vecchie idee di Wittgenstein e di Ramsey e il concetto di legge come inference ticket). In terzo luogo sono generalizzazioni ricavate induttivamente: sono oggettivazioni di schemi induttivi. Questo capitolo si sofferma anche sulla teoria di legge offerta da Gärdenfors (analoga ma embrionale) e sull’analisi che Spohn fornisce della nozione di clausola ceteris paribus. L’OTTAVO CAPITOLO termina l’analisi cominciata con il sesto, considerando finalmente il modello epistemico della spiegazione scientifica. Si comincia dal modello di Gärdenfors, che si mostra essere minato da alcuni errori o comunque caratterizzato in modo non sufficientemente chiaro (soprattutto perché non fa ricorso, stranamente, al concetto di legge). Segue il modello di Spohn; secondo Spohn le spiegazioni scientifiche sono caratterizzate dal fatto che forniscono (o sono finalizzate a fornire) ragioni stabili, vale a dire, riconducono determinati fenomeni alle loro cause e tali cause sono credute in modo persistente. Con una dimostrazione logica molto dettagliata e di acutezza sorprendente Spohn argomenta che simili ragioni, nel lungo periodo, devono essere incontrate. La sua quindi non è solo una teoria della spiegazione scientifica che elabori un modello epistemico di che cosa succede quando un fenomeno è spiegato, ma anche una teoria dello sviluppo della scienza in generale, che incoraggia a perseguire la ricerca delle cause come necessariamente coronata da successo. Le OSSERVAZIONI CONCLUSIVE fanno il punto sulle teorie esposte e sul loro raffronto. E’ riconosciuta la superiorità della teoria di Spohn, di cui si mostra anche che raccoglie in pieno l’eredità costruttiva di Hume, al quale gli avversari si rifanno costantemente ma in modo frammentario. Si analizzano poi gli elementi delle teorie di Hempel e Salmon che hanno precorso l’impostazione epistemica. La teoria di Spohn non è esente però da alcuni punti ancora problematici. Innanzitutto, il ruolo della verità; in un primo tempo Spohn sembra rinunciare, come fa esplicitamente il suo predecessore, a trattare la verità, salvo poi invocarla quando si pone il grave problema dell’oggettivazione delle ranking functions (il problema si presenta poiché di esse inizialmente si dice che sono regole soggettive di giudizio e poi si identificano in parte con le leggi di natura). C’è poi la dottrina dei gradi di credenza che Spohn dice presentarsi “unitamente alle proposizioni” e che costituisce un inutile distacco dal realismo psicologico (critica consueta alla teoria): basterebbe osservare che i gradi di credenza sono ricavati o per condizionalizzazione automatica sulla base del tipo di fonte da cui una proposizione proviene, o per paragone immaginario con altre fonti (la maggiore o minore credenza infatti è un concetto relazionale: si crede di più o di meno “sulla base di…” o “rispetto a…”). Anche la trattazione delle leggi di natura è problematica; Spohn sostiene che sono ranking functions: a mio avviso invece esse concorrono a regole di giudizio, che prescrivono di impiegare le leggi stesse per valutare proposizioni o aspettative. Una legge di natura è un ingranaggio, per così dire, di una valutazione di certezza ma non si identifica totalmente con una legge di giudizio. I tre criteri che Spohn individua per distinguere le leggi poi non sono rispettati da tutte e sole le leggi stesse: la generalizzazione induttiva può anche dare adito a pregiudizi, e non di tutte le leggi si sono viste, individualmente, istanze ripetute tanto da giustificarle induttivamente. Infine, un episodio reale di storia della scienza come la scoperta della sintesi dell’urea da parte di F. Wöhler (1828 – ottenendo carbammide, organico, da due sostanze inorganiche, dimostra che non è vera la legge di natura fini a quel momento presunta tale secondo cui “sostanze organiche non possono essere ricavate da sostanze inorganiche”) è indice che le leggi di natura non sono sempre credute in modo persistente, cosicché per comprendere il momento della scoperta è pur sempre necessario rifarsi a una teoria di tipo popperiano, rispetto alla quale Spohn presenta invece la propria in assoluta antitesi.
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Confrontarsi con lo stile di un autore e riuscire a trasferirlo con tutte le sue sfumature in un’altra lingua rappresenta da sempre per il traduttore una sfida di non poco conto, soprattutto se le peculiarità stilistiche da riprodurre sono quelle di un autore come Flaubert. È nell’incredibile universo racchiuso negli studi e nelle ricerche relative alla traduzione, nel quale, timidamente, ci proponiamo di inoltrarci, attraverso uno dei capolavori della letteratura mondiale, Madame Bovary, e in particolare attraverso un’indagine critica di alcune traduzioni italiane realizzate da scrittori in proprio: Diego Valeri (1936), Oreste del Buono (1965), Natalia Ginzburg (1983) e Maria Luisa Spaziani (1997). Focalizzeremo la nostra attenzione innanzitutto sulla traduzione d’autore, nella quale, più che in ogni altra tipologia di atto traspositivo, si intersecano fedeltà e tradimento, creatività e interventismo, letteralità e rielaborazione. Proseguiremo con un’ampia e articolata analisi del testo di partenza, in cui verranno messe in luce le principali peculiarità del romanzo e dello stile autoriale. Entrando poi nella specificità delle diverse traduzioni, procederemo a un esame comparativo della resa di alcuni tratti caratteristici del romanzo da parte dei vari traduttori, in particolare circa le metafore e le similitudini; la terminologia specialistica, che denota il realismo flaubertiano; i vocaboli appartenenti a diversi livelli linguistici, attinti sia dalle varietà diacroniche sia da quelle sincroniche del francese e infine, alcune configurazioni frastiche particolari del testo, quelle che, anziché improntarsi alla varietas grammaticale, mostrano una monotonia grammaticale voluta, con la funzione di riprodurre a livello sintattico quanto espresso semanticamente. Seguirà l’analisi del contesto socio-letterario in cui si collocano le traduzioni oggetto di studio, articolata in un’indagine comparativa sullo stadio della lingua italiana, sullo statuto della traduzione e sulle attitudini traspositive riguardo a certi elementi del discorso. La determinazione del quadro d’insieme, unitamente agli aspetti estrapolati nel corso della trattazione, consentirà la definizione di ogni sujet traduisant e della sua position traductive circa il significato, le finalità, le forme e i modi del tradurre, nel tentativo di ricondurre le variazioni apportate al testo originale allo stile di ogni singolo scrittore in proprio. A completamento del lavoro inseriremo in appendice la nostra proposta traduttiva degli atti del processo a Madame Bovary.
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Indagine sulla varietà sintattica presente all'interno dei formalismi di specifica della semantica operazionale strutturale (SOS) di linguaggi di programmazione e calcolo di processi. Rassegna di tool di implementazione con attenzione al grado di copertura linguistica.
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In this work I address the study of language comprehension in an “embodied” framework. Firstly I show behavioral evidence supporting the idea that language modulates the motor system in a specific way, both at a proximal level (sensibility to the effectors) and at the distal level (sensibility to the goal of the action in which the single motor acts are inserted). I will present two studies in which the method is basically the same: we manipulated the linguistic stimuli (the kind of sentence: hand action vs. foot action vs. mouth action) and the effector by which participants had to respond (hand vs. foot vs. mouth; dominant hand vs. non-dominant hand). Response times analyses showed a specific modulation depending on the kind of sentence: participants were facilitated in the task execution (sentence sensibility judgment) when the effector they had to use to respond was the same to which the sentences referred. Namely, during language comprehension a pre-activation of the motor system seems to take place. This activation is analogous (even if less intense) to the one detectable when we practically execute the action described by the sentence. Beyond this effector specific modulation, we also found an effect of the goal suggested by the sentence. That is, the hand effector was pre-activated not only by hand-action-related sentences, but also by sentences describing mouth actions, consistently with the fact that to execute an action on an object with the mouth we firstly have to bring it to the mouth with the hand. After reviewing the evidence on simulation specificity directly referring to the body (for instance, the kind of the effector activated by the language), I focus on the specific properties of the object to which the words refer, particularly on the weight. In this case the hypothesis to test was if both lifting movement perception and lifting movement execution are modulated by language comprehension. We used behavioral and kinematics methods, and we manipulated the linguistic stimuli (the kind of sentence: the lifting of heavy objects vs. the lifting of light objects). To study the movement perception we measured the correlations between the weight of the objects lifted by an actor (heavy objects vs. light objects) and the esteems provided by the participants. To study the movement execution we measured kinematics parameters variance (velocity, acceleration, time to the first peak of velocity) during the actual lifting of objects (heavy objects vs. light objects). Both kinds of measures revealed that language had a specific effect on the motor system, both at a perceptive and at a motoric level. Finally, I address the issue of the abstract words. Different studies in the “embodied” framework tried to explain the meaning of abstract words The limit of these works is that they account only for subsets of phenomena, so results are difficult to generalize. We tried to circumvent this problem by contrasting transitive verbs (abstract and concrete) and nouns (abstract and concrete) in different combinations. The behavioral study was conducted both with German and Italian participants, as the two languages are syntactically different. We found that response times were faster for both the compatible pairs (concrete verb + concrete noun; abstract verb + abstract noun) than for the mixed ones. Interestingly, for the mixed combinations analyses showed a modulation due to the specific language (German vs. Italian): when the concrete word precedes the abstract one responses were faster, regardless of the word grammatical class. Results are discussed in the framework of current views on abstract words. They highlight the important role of developmental and social aspects of language use, and confirm theories assigning a crucial role to both sensorimotor and linguistic experience for abstract words.
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L’argomento affrontato nel presente lavoro di tesi dal titolo “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco” è la versione interlinguistica di testi saggistici afferenti all’ambito del metadiscorso letterario. Nello specifico, non vengono analizzati testi di critica e/o metodologia ma scritti funzionali, di forte carattere pragmatico, che pur tuttavia rientrano tra le testimonianze di alta caratura letteraria, perché dovuti ad autrici che hanno fatto dell’espressione estetica la propria finalità primaria. I materiali scelti per l’analisi linguistico-testuale, compresi in un arco temporale tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, sono realizzati da donne che hanno operato in ambito teatrale facendo dell’attività di scrittura lo strumento della propria emancipazione intellettuale ed economica. La necessità di trovare una via alla pubblicazione le ha indotte a strategie di scrittura connotate da particolari stilemi e artifici retorici atti a favorire l’accettazione e la diffusione delle proposte editoriali di cui questi “paratesti” costituivano il momento giustificante. Il “lavoro di penna” è un’esperienza che viene ad assumere molteplici contorni, non privi di ricadute al momento della scelta delle strategie traduttive. Dal punto di vista formale, le testimonianze si collocano in una zona di modalità espressiva contigua alla testimonianza autobiografica. Il periodo storico e l’area di provenienza delle autrici hanno reso necessario un approccio capace di incrociare il piano diacronico con la dimensione diatopica, rendendo conto delle componenti diamesiche di una scrittura che nasce dal teatro per il teatro e ad esso e ai suoi frequentatori deve rapportarsi. Il modello traduttologico applicato ricava le sue linee fondamentali dalle riflessioni della linguistica testuale e dall’approccio integrato/multidisciplinare della “prototipologia dinamica”.
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La tesi di ricerca, a partire dallo studio di aspetti concettuali e metodologici connessi al progetto dello spazio urbano, in termini di elementi spaziali, tipologie di prodotti e processi della progettazione, si propone di definire i temi critici di un approccio progettuale integrato, quali contributi alla base di una proposta di revisione della lettura dei criteri della composizione architettonica e urbana. L'approfondimento dei principi posti alla base della qualità dello spazio urbano - intesa secondo un'accezione ampia del termine entro cui far convergere il tema della sostenibilità - ha indotto a condurre una riflessione specifica sull'incidenza dell'interazione tra fattori progettuali e procedurali, secondo una visione sistemica che sposta l'attenzione dagli oggetti alle relazioni, quali elementi chiave della comprensione delle dinamiche urbane. L'analisi critica di esperienze applicative esemplari selezionate nel contesto europeo, riferita agli stessi temi critici dell'integrazione offre uno strumento essenziale di indagine, approfondimento e verifica puntuale di indirizzi e linee strategiche, utile anche per l'individuazione di un percorso preventivo di analisi degli elementi significativi del controllo del progetto. La valutazione comparata dei casi, mettendo in relazione interventi a scala urbana e specifiche realizzazioni a scala architettonica, si propone di evidenziare come l'efficacia delle strategie più generali possa tradursi nel valore dei progetti di dettaglio solo attraverso un approccio metodologico integrato, capace di incidere profondamente e proficuamente sulla qualità delle trasformazioni dello spazio urbano. Porsi in un atteggiamento critico capace di interpretare la complessità della realtà contemporanea secondo una prospettiva a-scalare della progettazione, rappresenta la condizione essenziale per promuovere e valorizzare una creatività progettuale capace di definire scenari contemporanei e futuri più responsabili e consapevoli.
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Prendendo in esame diverse angolature d’analisi è indagata la situazione attuale della produzione tradizionale della ceramica salentina. La ricerca comprende la descrizione della situazione culturale attuale, l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti sul campo e la costruzione di un quadro generale multidimensionale della rappresentazione di un’area culturale. Il primo capitolo della tesi tratta il problema teorico dei linguaggi specialistici e delle peculiarità a essi legati. La dottoranda fornisce un quadro completo ed esaustivo della bibliografia sia italiana che anglosassone sull’argomento affrontato. Questo capitolo fa da introduzione al problema della comunicazione specialistica nell’ambito della quale si svolgono le interviste. Il secondo capitolo presenta la metodologia utilizzata durante la ricerca svolta sul campo. La metodologia della ricerca sul campo include i metodi etnografici di osservazione partecipante e linguistico antropologici di interviste non strutturate. Il terzo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione etnografica del processo produttivo. Questo capitolo ha un valore rilevante per l’intera ricerca poiché oltre ai termini italiani sono riportati tutti i termini tradizionali e descritti dettagliatamente i momenti della produzione. Va dimostrata una profonda conoscenza della lavorazione della ceramica nel Salento non solo nel suo stato attuale ma anche nel passato. Come parte conclusiva di questo capitolo è proposta una riflessione di carattere filosofico e antropologico sul ruolo dell’artigiano come Creatore, proponendo paragoni con la figura del Demiurgo platonico descritto nel “Timeo” e l’analisi del cambiamento dello statuto di oggetto da manufatto a oggetto industriale basandosi sul lavoro di Baudrillard. Il quarto capitolo è strutturato in modo diverso rispetto agli altri perché rappresenta la parte centrale della tesi e propone quattro diversi tipi di analisi linguistica possibile. La prima analisi riguarda l’ideologia linguistica e la sua espressione nel parlato inosservato. E’ fornita la prospettiva teorica sulla problematica di ideologia linguistica e dimostrata la conoscenza dei testi sia di natura sociologica (Althusser, Bourdieu, Gouldner, Hobsbawm, Thompson, Boas) che di natura linguistica (Schieffelin Bambi B., Woolard Kathryn A., Kroskrity Paul V., eds. 1998 Language ideologies : practice and theory. New York Oxford, Oxford University press). Golovko analizza i marcatori spazio-temporali utilizzati dagli artigiani per costruire le tassonomie del pronome “noi” e la contrapposizione “noi” – altri. Questa analisi consente di distinguere i diversi livelli d’inclusione ed esclusione del gruppo. Un altro livello di analisi include la valutazione degli usi del passato e del presente nel parlato per costruire le dimensioni temporali del discorso. L’analisi dei marcatori spazio-temporali consente di proporre una teoria sulla “distanza” tra i parlanti che influisce la scelta del codice oppure la sua modifica (passaggio dal dialetto all’italiano, la scelta della varietà a seconda dell’interlocutore). La parte dedicata all’ideologia si conclude con un’analisi profonda (sia quantitativa che qualitativa) dei verbi di moto che sono stati raggruppati in una categoria denominata dalla Golovko “verbi di fase” che rappresentano usi non standard dei verbi di moto per esprimere il passaggio da una fase all’altra. Il termine “fasale” prende spunto non dalla letteratura linguistica ma dal libro di Van Gennep “Les rites de passage” che discute dell’importanza dei riti di passaggio nella cultura africana e nella ricerca etnografica e folkloristica. È stato rilevato dalla dottoranda che i passaggi da una fase produttiva all’altra hanno un valore particolare anche nella produzione della ceramica e soprattutto negli usi particolari dei verbi di moto. Analizzati in profondità, questi usi particolari rispecchiano non solo fattori linguistici ma anche la visione e la percezione di queste fasi delicate in modo particolare dagli artigiani stessi. Sono stati descritti i procedimenti linguistici come personalizzazione e alienazione dell’oggetto. Inoltre la dottoranda ha dimostrato la conoscenza della letteratura antropologica non solo inerente la zona da lei studiata ma anche di altre come, ad esempio, dell’Africa Sub Sahariana. Nella parte successiva del quarto capitolo viene proposta un’altra chiave di lettura delle problematiche linguistiche: l’analisi del lessico utilizzato dagli artigiani per poter classificare i gruppi identitari presenti nella comunità studiata. E’ proposta l’analisi dei rapporti all’interno dei gruppi professionali che sono generalmente classificati come solidarietà e distinzione. La terminologia ha origine sociologica, infatti viene proposto un quadro teorico degli studi sulla solidarietà (Durkheim, Appandurai, Harré, Zoll) e l’adattamento del termine in questo senso coniato da Bourdieu “la distiction”. L’identità linguistica è affrontata sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista sociologico. Per svolgere l’analisi sulle identità assunte dagli artigiani e poter ricondurre la scelta volontaria e a volte non conscia di uno stile (consistente di un insieme di termini) inteso come espressione d’identità assunta dagli artigiani, la dottoranda riflette sul termine “stile” nella sua accezione sociolinguistica, com’è usuale negli studi anglosasoni di ultima generazione (Coupland, Eckert, Irvine e altri). La dottoranda fornisce una classificazione delle identità e ne spiega la motivazione basandosi sui dati empirici raccolti. La terza parte del quarto capitolo è dedicata all’analisi del linguaggio specialistico degli artigiani e alla descrizione dei tratti solitamente assegnati a questo tipo di linguaggio (monoreferenziaità, trasparenza, sinteticità e altri). La dottoranda svolge un’analisi di carattere semantico dei sinonimi presenti nel linguaggio degli artigiani, analizza il rapporto con la lingua comune, riporta l’uso delle metafore e casi di produttività linguistica. L’ultima parte del quarto capitolo consiste nell’analisi dei tratti non standard nel linguaggio degli artigiani classificati considerando il livello di variazione (lessico, morfologia e morfosintassi e sintassi) e spiegati con gli esempi tratti dalle interviste. L’autrice riflette sui cambiamenti avvenuti nella lingua parlata italiana e nella sua varietà regionale basandosi sui lavori “classici” della linguistica italiana (Berruto, Sobrero, Stehl, Bruni, D’Achille, Berretta, Tempesta e altri) studiandone attentamente i processi evidenziati nella sua descrizione. Lo scopo e l’apice della tesi consiste nell’analisi del repertorio linguistico degli artigiani e la discussione delle dinamiche in corso (livellamento del dialetto, convergenza e divergenza del dialetto, italianizzazione e regionalizzazione dell’italiano). La dottoranda propone un suo schema di rapporti tra italiano e dialetto motivando pienamente la sua teoria. A corollario la tesi è composta anche da un glossario dei termini tecnici e un album fotografico che aumentano l’interesse del lavoro dandogli un valore culturale.
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Con questa tesi abbiamo messo a punto una metodologia per l'applicazione del "corpus-based approach" allo studio dell'interpretazione simultanea, creando DIRSI-C, un corpus elettronico parallelo (italiano-inglese) e allineato di trascrizioni di registrazioni tratte da convegni medici, mediati da interpreti simultaneisti. Poiché gli interpreti professionisti coinvolti hanno lavorato dalla lingua straniera alla loro lingua materna e viceversa, il fattore direzionalità è il parametro di analisi delle prestazioni degli interpreti secondo i metodi di indagine della linguistica dei corpora. In this doctoral thesis a methodology was developed to fully apply the corpus-based approach to simultaneous interpreting research. DIRSI-C is a parallel (Italian-English/English-Italian) and aligned electronic corpus, containing transcripts of recorded medical international conferences with professional simultaneous interpreters working both from and into their foreign language. Against this backdrop, directionality represents the research parameter used to analyze interpreters' performance by means of corpus linguistics tools.
Resumo:
L’oggetto della mia ricerca è la società multiculturale e il livello di sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia, rispetto all’attuazione delle politiche e i programmi europei per la stabilizzazione democratica. L’indagine condotta nella mia tesi si è sviluppata esaminando i risultati ottenuti dai programmi CARDS, attuati per soddisfare gli obblighi stabiliti nell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e per l’implementazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. Uno dei valori democratici, su cui l’UE è particolarmente attenta, ed al quale ha riservato un posto primario nei programmi CARDS, è la tutela dei diritti delle minoranze ossia il rispetto delle differenze culturali, linguistiche e religiose. L’obiettivo della mia indagine è stato quello di valutare l’impatto delle politiche europee sulla normativa macedone, concernente i diritti delle comunità minoritarie, ovvero il loro effetto sul consolidamento della società multiculturale e sullo status sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. A tale scopo, in primo luogo sono stati esaminati gli emendamenti costituzionali e le modifiche legislative introdotti in seguito alla stipulazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. L’analisi è stata incentrata nel verificare se la normativa macedone rientra nei parametri della normativa europea. I risultati ottenuti dimostrano quale è il tipo di multiculturalismo che promuove e garantisce la costituzione macedone. Attraverso l’analisi dei rapporti preparati dalla Commissione europea, relativi all’implementazione del Processo di Stabilizzazione e Associazione, è stato dimostrato come le politiche e i programmi europei hanno inciso sul consolidamento della società multiculturale. Analizzando invece i risultati dai rapporti relativi all’implementazione delle disposizioni dell’Accordo Quadro di Ohrid è stato valutato l’impatto che le politiche europee hanno avuto sullo sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. Per la valutazione di questo ultimo, sono state prese in considerazione il livello di partecipazione politica delle comunità minoritarie, la realizzazione delle richieste e delle questioni legate alla loro particolarità, l’ambito normativo regolato dal diritto di con-decisione, la rappresentanza delle comunità minoritarie nella sfera pubblica, il livello dell’accesso di istruirsi nella propria lingua e quindi il livello di istruzione e l’ambito e la libertà di usare la propria lingua nel settore pubblico. I concetti principali di questa ricerca sono: cooperazione, democrazia, multiculturalismo e sviluppo. Il termine cooperazione usato in questa ricerca si riferisce ai rapporti di cooperazione instaurati tra l’Unione Europea e la Macedonia nell’ambito dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e dell’Accordo Quadro di Ohrid, ossia il sostegno dell’UE per la stabilizzazione democratica della Macedonia. Riferendosi a questa ultima, si fa riferimento al livello di garanzia di libera partecipazione dei cittadini, in ogni segmento della vita politica, sociale ed economica, senza discriminazioni etniche, linguistiche e religiose. Il termine multiculturalismo si riferisce alla società multiculturale ed è legato alla questione della politica della differenza, ossia del riconoscimento delle differenze culturali, che discendono dall’appartenenza ad una minoranza etnica e linguistica. Il multiculturalismo in questa ricerca viene analizzato, riferendosi alla multiculturalità della società macedone e ai diritti che la Costituzione macedone garantisce alle comunità minoritarie in Macedonia. Infine, per lo sviluppo in questa ricerca si fa riferimento allo sviluppo sociale delle comunità minoritarie, inteso e misurato tramite una seri di indicatori relativi all’occupazione (crescita di capitale sociale), all’educazione (capitale umano e qualifica di alta istruzione), alla partecipazione politica (occupazione dei posti principali nelle istituzione governative e della amministrazione pubblica), alla diffusione della cultura (uso e mantenimento della lingua e delle tradizioni) ecc. Prendendo in considerazione i principali concetti di questa tesi, il quadro teorico della ricerca sviluppa i nodi cruciali del dibattito sullo sviluppo e la democrazia, sul nesso tra democrazia e multiculturalismo e tra multiculturalismo e sviluppo. Attenendosi alle varie tesi, la ricerca avrà lo scopo di rilevare come si conciliano la società multiculturale macedone ed il modello democratico vigente. In questo contesto sarà fatto riferimento alle tesi fanno favoriscono la necessità di iniziare con la democrazia per poter innescare e sostenere il processo di sviluppo, alla tesi che sostiene la necessità di riconoscimento obbligatorio dei diritti collettivi nella società multiculturale, ossia dell’etnosviluppo delle comunità minoritarie. La ricerca è stata condotta tramite i seguenti metodi: - Il metodo descrittivo sarà usato per descrivere cosa è accaduto nel periodo di interesse di ricerca, riguardo i cambiamenti di natura sociale e politica delle minoranze in Macedonia. - Il metodo comparativo sarà applicato nella comparazione dell'efficacia delle leggi relative ai diritti delle minoranze e del loro status di sviluppo sociale e politico, prima e dopo l'attuazione e implementazione delle riforme europee. - Il metodo qualitativo sarà applicato per l’analisi di documenti, della legislatura e dei rapporti europei e nazionali. Le fonti usate in questa ricerca principalmente si basano su: - analisi di documenti e rapporti governativi, rapporti elaborati dalla Commissione Europea, dall’OSCE, dagli organi governativi e dalle organizzazioni non governative. - analisi di letteratura accademica, focalizzata sui problemi che sono oggetto di questa ricerca. - analisi di documenti pubblicati, come la gazzetta ufficiale, leggi costituzionali e atti legislativi, strategie nazionali e statistiche ufficiali. - analisi dei dati ottenuti da interviste e questionari.
Resumo:
La ‘dottrina stoica dell’oikeiosis’ viene comunemente rappresentata come una teoria unitaria – una dottrina, appunto – che farebbe derivare l’oikeiosis sociale (in latino, communis hominum inter homines commendatio) da quella riflessiva o personale. Tale derivazione solleva però numerosi interrogativi e sarà fatta oggetto di una valutazione critica nella seconda parte del presente lavoro (corrisponde ai capitoli secondo e terzo). Nel primo capitolo, in mancanza di una definizione concettuale di oikeiosis, cercheremo di stabilire il significato dell’espressione complessa oikeiosis pros heautó. Si noti che il termine ‘oikeiosis’ non è un neologismo stoico; gli Stoici, però, nell’adottarlo come termine tecnico, ne modificano la sintassi e quindi il significato. Per apprezzare la portata di tale cambiamento è necessario procedere a un esame preliminare delle occorrenze non filosofiche più significative, sia del nome ‘oikeiosis’ sia della forma verbale corrispondente.