998 resultados para La Corogne, Province de
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Scopo di questo lavoro è quello di analizzare le componenti tattiche, strategiche e sociali della guerriglia antiromana in Britannia e in Giudea, in un periodo che va dal I secolo a. C. al III secolo d. C., con l'obiettivo di mettere in luce la differente efficacia delle tattiche non ortodosse rispetto a quelle convenzionali; e di analizzare le risposte teoriche ed empiriche concepite dai Romani per affrontare questa forma di lotta. La tesi è stata articolata nel modo seguente: una prima parte analizza gli aspetti tattici, strategici e sociali della guerriglia e della controguerriglia, anche attraverso il metodo comparativo, mettendo cioè a confronto alcuni dei principali testi sulla guerra non convenzionale redatti in epoche e contesti diversi, dai quali si è cercato di delle costanti potenzialmente applicabili a qualsiasi periodo storico e a qualsiasi area geografica. Nella seconda parte si cerca di applicare tali costanti alla realtà storico – sociale dell'impero romano. Particolare attenzione è stata riservata al rapporto tra la mentalità romana, basata sul concetto di bellum iustum, e le tattiche non ortodosse. La terza e la quarta parte analizzano la resistenza antiromana in Britannia e in Giudea, mettendone in luce tutti gli aspetti, in particolare quelli legati alla guerriglia rurale, a quella urbana, al terrorismo, all'evoluzione della guerriglia da guerra per bande a guerra convenzionale e alla controguerriglia. La scelta di queste due province non è casuale. In province così lontane e diverse tra loro, Roma inviò spesso gli stessi generali esperti di controguerriglia. Questo particolare permette di notare la presenza, a Roma, di una grand strategy che, consapevole del fenomeno della guerriglia, ne affidò la repressione agli stessi generali, specialisti della controguerriglia, non esitando a spostarli, in caso di necessità, da un capo all'altro dell'impero.
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Il lavoro è stato strutturato in due parti distinte. La prima riguarda il riordino delle informazioni contenute nella Banca Dati sui Castelli dell’Emilia Romagna ultimata nel 2004, arricchendo le informazioni con nuove fonti sia edite che inedite e fotografie, mettendo poi tutti i dati online sul sito Geologia Storia Turismo della Regione Emilia Romagna. La seconda parte ha riguardato invece l’analisi dell’area reggiana e, in particolare, di tre castelli: Rubiera, Salvaterra e Dinazzano che, a partire dalla fine del XII secolo, hanno costituito quella che è stata definita la Cintura sul Secchia, una vera e propria catena difensiva costruita dal comune di Reggio Emilia a protezione del suo confine orientale, quello con Modena. Nella prima parte si è predisposto l’avvio di un Atlante dei castelli esistenti e scomparsi dell’Emilia Romagna, strutturato provincia per provincia, con corredo di piante e grafici che indicano la consistenza del fenomeno nelle diverse aree della Regione; poi, per l’area reggiana, si è completata la disamina con una serie di grafici che mettono in luce la dislocazione per aree, la localizzazione sicura dei castelli in rapporto alla loro condizione attuale e la densità per aree del fenomeno. Infine si sono inserite informazioni ricavate da materiale inedito per verificare possibili sviluppi della Banca Dati. La seconda parte ha ricostruito non solo le vicende storico-costruttive dei castelli di Rubiera, Salvaterra e Dinazzano, ma ha approfondito anche la genesi e l’evoluzione di questo progetto di difesa territoriale: studiare questo progetto significa capire come il comune di Reggio Emilia, nell’arco di oltre un secolo, ha governato i propri castelli, come ne ha organizzato la difesa e la manutenzione e come ne ha progettato il popolamento.
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La finalità della ricerca è l'individuazione di uno strumento urbanistico per governare il territorio metropolitano che garantisca la successione efficace ed efficiente delle azioni nelle quali si articola il processo di pianificazione strategica. All'interno della ricerca, da un lato si indaga lo sviluppo storico-culturale che ha caratterizzato in Italia il concetto di area metropolitana, individuandone i contenuti e le operazioni che portano alla perimetrazione del suo territorio. Dall'altro lato si approfondisce il tema della pianificazione strategica come strumento fondamentale per il governo delle città metropolitane intermedie. Si è proceduto all'approfondimento del dibattito culturale e scientifico sul tema delle aree metropolitane, nell'esperienza di pianificazione strategica sviluppata in ambito internazionale e successivamente il dibattito politico che si è sviluppato nella realtà italiana sul concetto di area metropolitana, evidenziandone gli aspetti condivisi e le diverse tipologie di approccio per ottenere una perimetrazione utile al piano di governo del territorio. Ovviamente, nel processo di analisi, un ruolo dominante è stato assunto dal quadro istituzionale e normativo che si è sviluppato ed è tuttora in corso sul tema delle aree metropolitane. Alla tematica relativa alla definizione delle aree, si è sviluppato un consistente approfondimento sui requisiti che devono essere posseduti da un piano strategico costruito sulle esigenze di un'area metropolitana. E' stata individuata l'area metropolitana di Bologna quale area oggetto di studio approfondito, ripercorrendo le vicende che hanno animato il dibattito sulla nascita della Città metropolitana delimitata dalla Provincia. A tal proposito, si è sviluppata una riflessione sui contenuti innovativi e promozionali del piano strategico, valutando gli effetti che il Piano Strategico Metropolitano in corso di elaborazione sarà in grado di produrre sulle dinamiche territoriali e socio-economiche dell'area bolognese.
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L’obiettivo del lavoro consiste nell’implementare una metodologia operativa volta alla progettazione di reti di monitoraggio e di campagne di misura della qualità dell’aria con l’utilizzo del laboratorio mobile, ottimizzando le posizioni dei dispositivi di campionamento rispetto a differenti obiettivi e criteri di scelta. La revisione e l’analisi degli approcci e delle indicazioni fornite dalla normativa di riferimento e dai diversi autori di lavori scientifici ha permesso di proporre un approccio metodologico costituito da due fasi operative principali, che è stato applicato ad un caso studio rappresentato dal territorio della provincia di Ravenna. La metodologia implementata prevede l’integrazione di numerosi strumenti di supporto alla valutazione dello stato di qualità dell’aria e degli effetti che gli inquinanti atmosferici possono generare su specifici recettori sensibili (popolazione residente, vegetazione, beni materiali). In particolare, la metodologia integra approcci di disaggregazione degli inventari delle emissioni attraverso l’utilizzo di variabili proxy, strumenti modellistici per la simulazione della dispersione degli inquinanti in atmosfera ed algoritmi di allocazione degli strumenti di monitoraggio attraverso la massimizzazione (o minimizzazione) di specifiche funzioni obiettivo. La procedura di allocazione sviluppata è stata automatizzata attraverso lo sviluppo di un software che, mediante un’interfaccia grafica di interrogazione, consente di identificare delle aree ottimali per realizzare le diverse campagne di monitoraggio
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Il presente lavoro di tesi si è svolto in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Padova CNR IRPI. Questo elaborato è finalizzato allo studio dei dissesti per frana che coinvolgono le opere d’arte stradali della S.S. 52 Carnica nella zona del Passo della Morte, tra i comuni di Forni di Sotto e Ampezzo, in provincia di Udine. La presenza di un’arteria viaria di primaria importanza, qual è la strada statale 52 Carnica che collega le province di Udine e Belluno, ha reso necessario un accurato studio idrogeologico. Lo studio mira principalmente ad individuare una possibile relazione tra la sorgente sita all’interno della Galleria di S. Lorenzo S.S. 52 e la galleria drenante posta al di sotto di quest’ultima per permettere la progettazione di eventuali ulteriori opere di mitigazione del rischio da frana. Il lavoro è suddiviso in tre parti: la prima, introduttiva, include una caratterizzazione geografica, geologica e morfologica dell’area di studio. La seconda descrive l’opera in esame - la galleria di S. Lorenzo S.S. 52 Carnica - e le criticità derivanti dalla complessità dell’area. Infine, la terza, fondamentale, comprende un studio idrogeologico svolto raccogliendo sul campo i dati indispensabili alle ricerche. La metodologia è caratterizzata da un’analisi statistica basata sulla cross-correlazione tra i dati di precipitazione e quelli di portata in continuo della sorgente e della galleria drenante. Infine, a fronte dei dati ottenuti, si è ricavato un modello concettuale dei complessi fenomeni idrogeologici che si sviluppano nell’area di Passo della Morte.
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La ricerca dottorale che ho sviluppato si propone di analizzare il percorso di valutazione della genitorialità recentemente delineato dai servizi sociali territoriali della provincia di Bologna attraverso la sperimentazione di strumenti per la diagnosi sociale, valutando gli esiti dell’applicazione, anche in confronto all’utilizzo di metodi tradizionali. Il progetto ha il suo fulcro tematico, nel qualificare le pratiche professionali, con il fine ultimo di giungere ad un percorso di diagnosi sociale scientificamente fondato. Il mio obbiettivo quindi non è stato analizzare in termini astratti e idealtipici le metodologie professionali di riferimento per i 32 operatori coinvolti, quanto piuttosto di formarli all’utilizzo di una serie di strumenti elaborati nelle fasi precedenti del progetto, e condurre una ricerca empirica su un numero, sufficientemente ampio, di “casi concreti” costituito da nuclei familiari in carico ai servizi sociali. Più precisamente l'ambito privilegiato d’analisi è stato individuato nel rapporto tra operatore ed utente, allo scopo di evidenziare pregi e difetti dell'utilizzo di strumenti professionali finalizzati alla diagnosi sociale. Inoltre va sottolineato che l’analisi della letteratura sul tema ha evidenziato l’esistenza di un numero molto limitato di studi empirici sulle metodologie di servizio sociale, condotti peraltro su un numero di casi e di variabili molto ristretto, e per lo più in territorio statunitense, dove il sistema di Welfare si caratterizza per una impostazione tale da rendere veramente difficile la comparazione con la realtà italiana. Quello a cui ho inteso pervenire non è un giudizio ultimo sull’efficacia di questa specifica metodologia tout-court, ma piuttosto analizzare, attraverso l’utilizzo di materiali quanti-qualitativi derivati dalla sperimentazione, quelle che sono le condizioni che si vengono a determinare quando, nel percorso di presa in carico sociale, vengono introdotti strumenti specifici, metodologia chiara e alto coinvolgimento delle componenti relazionali del processo: operatori, familiari e rete sociale allargata.
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The aim of this work is to assess the effectiveness of a project carried out in the Autonomous Province of Trento to promote language learning among young people. The project consisted in a television quiz show featuring games in Italian, English and German. Eight classes from five high schools took part in the game show, which was aired between November 2014 and January 2015 by the local channel Trentino TV. Since multilingualism has been part of the European Union policy, legislation and practices for many decades, the first chapter of this dissertation offers an overview of the main EU language education policies which seek to promote language learning among all citizens. It then focuses on the commitment of the EU and its member States to find new strategies to show the benefits of language learning outside formal education, also using both old and new media. Some TV and radio shows on multilingualism broadcast in Italy and in other EU countries are also briefly described. The second chapter is devoted to Uno Two Drei, the quiz show created by the Autonomous Province of Trento and Trentino TV to promote the learning of English and German among students while enhancing their personal growth and development. The role of everyone involved in the project is outlined, as well as the concept and planning phases and the realization stage. The third chapter focuses largely on the impacts of the initiative on the target group, namely 17-year-old students. Opinions of the participants were first collected in January, when a final meeting was held between the organizers and the schools. Since the researcher has managed the German part of the project, in the following months a questionnaire was administered to the 48 students who played in the German team and to their teachers as well. From both the meeting and the questionnaires it has emerged that the main goals of the initiative were achieved: generally speaking, students have been motivated to study languages and learn new things, the bonds between them have been strengthened and their sense of solidarity has been enhanced.
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La Yeguada volcanic complex is one of three Quaternary volcanic centers in Panama, and is located on the southern slope of the Cordillera Central mountain range in western Panama, province of Veraguas. To assess potential geologic hazards, this study focused on the main dome complex near the village of La Laguna and also examined a cinder cone 10 km to the northwest next to the village of Media Luna. Based on newly obtained 40Ar/39Ar ages, the most recent eruption occurred approximately 32 000 years ago at the Media Luna cinder cone, while the youngest dated eruption at the main dome complex occurred 0.357 ± 0.019 Ma, producing the Castillo dome unit. Cerro Picacho is a separate dome located 1.5 km east of the main complex with a date of 4.47 ± 0.23 Ma, and the El Satro Pyroclastic Flow unit surrounds the northern portion of the volcanic complex and has an age of 11.26 ± 0.17 Ma. No Holocene (10 000 years ago to present) activity is recorded at the La Yeguada volcanic complex and therefore, it is unlikely to produce another eruption. The emergence of a new cinder cone is a possibility, but the associated hazards tend to be low and localized, and this does not pose a significant threat to the small communities scattered throughout the area. The main geologic hazard at the La Yeguada volcanic complex is from landslides coming off the many steep slopes.
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In the literature on migration, as well as in social policies regarding this phenomenon, the situation of returning emigrants receives scant attention. This essay establishes an intricate connection between attitudes and policies that prevail in a country regarding emigration and those concerning immigration. The case of Italy provides a prime example for this as it once was a classical country of emigration, only to turn, in recent decades, into a country that appears highly attractive (and relatively accessible) to immigrants. The essay traces the pervasive ambiguity that characterizes this country’s attitudes towards emigration from the beginning of mass emigration shortly after the unification of Italy in 1868 to the emigration policies of the fascist regime of Mussolini and the post-World War II waves of emigration right through to the corresponding ambiguity concerning the status of immigrants in contemporary society, including the indifferent treatment of returning Italian emigrants who constitute a considerable numerical phenomenon. These reflections take their origin from the impending closure of a reception centre in Lazio, the Casa dell’Emigrante near Sant’Elia Fiumerapido, Province of Frosinone, ostensibly for financial reasons. This centre had been the only one of its kind in the whole of Italy dealing officially with the needs of repatriated Italians. It had assisted returning emigrants both with practical matters, such as negotiating the labyrinth of Italian bureaucracy , and with psychological implications of a return, which are often considerable given the time lag of experiences with current social realities and the frequently unrealistic expectations associated with the return. Questions of identity become highly acute in those circumstances. The threatened closure of the centre illustrates the unwillingness of the state to face up to the factual prevalence of migratory experiences in the country as a whole and as a core element of national history, experiences of migration in both directions. The statistics speak for themselves: of the 4.660.427 persons who left Italy between 1880 and 1950, 2.322.451 have returned, almost exactly 50%. To those have to be added 3.628.430 returnees of the 5.109.860 emigrants who left Italy between the end of World War II and 1976 for Europe alone. Attitudes towards people leaving changed ostensibly over time. In the first two decades after Unification parliament on the one hand wanted to show some concern over the fate of its citizens, not wanting to abandon those newly created citizens entirely to their own destiny, while on the other portraying their decisions to emigrate as expressions of individual liberty and responsibility and not necessitated by want and poverty. Emigrants had to prove, paradoxically that they had the requisite means to emigrate when in fact poverty was largely driving them to emigrate. To admit that publicly would have amounted to admission of economic and political failure made evident through emigration. In contrast to that Mussolini’s emigration policies not only enforced large population movements within the territory of Italy to balance unemployment between regions and particularly between North and South, but also declared it citizen’s duty to be ready to move also to the colonies, thereby ‘turning emigration as a sign of social crisis into a sign of national strength and the success of the country’s political agenda’ (Gaspari 2001, p. 34). The duplicity continued even after World War II when secret deals were done with the USA to allow a continuous flow of Italian immigrants and EU membership obviously further facilitated the departure of unemployed, impoverished Italians. With the growing prosperity of Italy the reversal of the direction of migration became more obvious. On the basis of empirical research conducted by one of the author on returning emigrants four types of motives for returning can be distinguished: 1. Return as a result of failure – particularly the emigrants who left during the 1950-1970 period usually had no linguistic preparation, and in any case the gap between the spoken and the written language is enormous with the latter often being insurmountable. This gives rise to nostalgic sentiments which motivates a return into an environment where language is familiar 2. Return as a means of preserving an identity – the life of emigrants often takes place within ghetto-like conditions where familiarity is being reproduced but under restricted conditions and hence not entirely authentic. The necessity for saving money permits only a partial entry into the host society and at the same time any accumulating savings add to the desire to return home where life can be lived fully again – or so it seems. 3. Return of investment – the impossibility to become fully part of another society often motivates migrants to accumulate not so much material wealth but new experiences and competences which they then aim to reinvest in their home country. 4. Return to retire – for many emigrants returning home becomes acute once they leave a productive occupation and feelings of estrangement build up, in conjunction with the efforts of having invested in building a house back home. All those motives are associated with a variety of difficulties on the actual return home because, above all, time in relation to the country of origin has been suspended for the emigrant and the encounter with the reality of that country reveals constant discrepancies and requires constant readjustment. This is where the need for assistance to returning emigrants arises. The fact that such an important centre of assistance has been closed is further confirmation of the still prevailing politics of ambiguity which nominally demand integration from nationals and non-nationals alike but deny the means of achieving this. Citizenship is not a natural result of nationality but requires the means for active participation in society. Furthermore, the experiences of returning immigrants provide important cues for the double ambivalence in which immigrants to Italy live between the demands made on them to integrate, the simultaneous threats of repatriation and the alienation from the immigrants’ home country which grows inexorably during the absence. The state can only regain its credibility by putting an end to this ambiguity and provide to returning emigrants, and immigrants alike, the means of reconstructing strong communal identities.
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Local communities have often underestimated their endogenous potentials for innovation – potentials that could help them adapt to changing socio-cultural, political, economic and environmental conditions, to improve their livelihoods, develop their own visions, and negotiate their own priorities. While the significance of local innovation potentials for sustainable development is now increasingly acknowledged, projects and development plans rarely attempt to explicitly develop these potentials; nor do they try to disseminate local innovations within and among communities. Based on the conceptual framework of “social learning”, CDE has developed an instrument to promote existing local potential for innovation. The instrument is based on social learning processes involving different stakeholder groups in local contexts. It was successfully tested during two pilot workshops in a rural development context in the Peruvian highland. The present paper reports on the experience of these two workshops held in April and May 2004 in the communities of Tungasuca in the Cuzco Province. The paper describes the context of innovations and the methodology applied, followed by a detailed description of the contents and outcomes of the workshops, as well as the experience gained in the process. Finally it draws a set of conclusions and presents the lessons learnt.
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Con el presente trabajo se intenta realizar un análisis de la crisis Argentina y las políticas sociales en la provincia de Mendoza desde una perspectiva crítica. Asumimos el rol de sujetos preocupados por el acelerado proceso de exclusión y desafiliación social que se ha dado desde los 80 hasta la actualidad en la Argentina. El devenir de los procesos históricos estudiados puede inscribirse en distintos discursos, generando debates y conflictos entre las diferentes interpretaciones en el campo de las ciencias sociales y la teoría política. En este sentido analizamos los valores compartidos y sustentados por el neoliberalismo como parte de la cultura política y los efectos en la mayoría de la población de la Argentina en interrelación con la condición de ser ciudadano.
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El desierto de Lavalle, en el N.E. de la provincia de Mendoza, es un espacio donde a pesar de un fortísimo proceso de aculturación que ha durado cuatro siglos, perviven signos de una cultura que nos remonta a los antiguos Huarpes, habitantes de estas tierras. La extracción de las riquezas del desierto que se realizó durante el s. XIX dejó, al finalizar en el s.XX, una tierra yerma y a los habitantes de este desierto abandonados y en la miseria pero también libres para retomar los viejos patrones de asentamiento disperso, cierto nomadismo, autonomía y libertad que siempre caracterizaron a estos puesteros. En este trabajo intentamos relatar los puntos principales de la historia de este proceso de aculturación, de desertificación antrópica pero también de perduración del habitus que están tratando de rescatar las comunidades Huarpes en la actualidad.
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Este artículo versa sobre la relación entre la minería transnacional y la cuestión de la territorialidad vinculada a esta actividad. A medida que se abren fronteras, las relaciones sociales se vuelven más desterritorializadas, crece la búsqueda de las raíces culturales y nuevas experiencias locales se generan en respuesta a la emergencia de territorios posnacionales (Appadurai, 1999). Estas experiencias definen un nuevo sentido histórico para el oeste catamarqueño y Santa María – provincia de Catamarca, Argentina-, donde los sujetos sociales locales - situados históricamente en contextos de periferia del capitalismo global y nacional- mediatizan, interpelan y desnaturalizan algunas de las transformaciones espacio-temporales producidas a partir de la mega- minería en las últimas décadas, bajo un paradigma extractivista. Por su parte, los sujetos locales examinan su propia historia y analiza las conflictividades en torno a los recursos naturales, y en respuesta, constituyen territorios en red no articulados a los flujos globales del capital sino a espacios de resistencia.
Funciones de volumen para especies de bosque secundario de la Reserva Guaraní : Misiones (Argentina)
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Se ajustaron y evaluaron funciones de volumen de fuste para un grupo de especies arbóreas de un bosque secundario. El bosque del cual se obtuvieron los datos se encuentra situado en la Reserva de Biosfera Yabotí, en la provincia de Misiones, Argentina. Se trabajó sobre una muestra de 216 árboles, correspondientes a las 14 especies presentes más importantes respecto de la estructura del bosque y/o del valor económico de las mismas. De las nueve funciones evaluadas, cinco de ellas tuvieron coeficientes de determinación ajustados superiores a 0,99. Por su destacado comportamiento estadístico global se seleccionó una expresión resultante de modificar el modelo de Naslund. Utilizando los resultados de esta función se construyó una tabla de volumen de fustes individuales en la cual el diámetro a 1,3 m de altura (D) y la altura de fuste (H) fueron las variables de entrada para árboles de un bosque secundario de aproximadamente 30 años de edad. Los D observados fueron desde 5,4 hasta 42 cm y el rango de H entre 1,4 y 16 m. Los modelos seleccionados dieron resultados satisfactorios para predecir volúmenes y cantidad de biomasa acumulada en los fustes de árboles del bosque secundario analizado en este trabajo.
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La metodología del número de la curva (NC) es la más empleada para transformar la precipitación total en precipitación efectiva. De esta manera se constituye en una herramienta de gran valor para realizar estudios hidrológicos en cuencas hidrográficas, fundamentalmente cuando hay una deficiencia de registros extensos y confiables. Esta metodología requiere del conocimiento del tipo y uso de suelo de la cuenca en estudio y registros pluviográficos. En el presente trabajo se aplicó el procesamiento de imágenes LANDSAT para la zonificación de la vegetación y uso del suelo en la cuenca del Arroyo Pillahuinco Grande (38° LS y 61° 15' LW), ubicada sobre el sistema serrano de La Ventana, en el sudoeste de la provincia de Buenos Aires, Argentina. El análisis de su interrelación generó los valores de NC y coeficiente de escorrentía (CE). El procesamiento digital de la base de datos raster georreferenciada se realizó con aplicación de herramientas de sistema de información geográfica (Idrisi Kilimanjaro). El análisis de regresión múltiple efectuado a las variables generó un R2 que explica el 89,77 % de la variabilidad de CE (a < 0,01). Los resultados se exponen a nivel diagnóstico y zonificación del NC, donde la mayor influencia de la escorrentía se relaciona con las variables cobertura vegetal y uso del suelo.