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Der irische Buchmarkt als Teil des englischsprachigen Buchmarktes ist stark von der Geschichte des Landes geprägt. Die Fremdbestimmung im Rahmen des Commonwealth unterdrückte eine eigenständige Verlagslandschaft bis weit ins 20. Jahrhundert hinein. Mit der Unabhängigkeit des irischen Staates stieg die Anzahl der Verlage langsam aber stetig an. In den 70er Jahren kam die irische Verlagslandschaft zu einem fast explosionsartigen Erblühen. Die Gründung des Verlegerverbandes Clé war einer von vielen Schritten, um den nationalen Buchmarkt von der Dominanz britischer Bücher in Buchhandlungen und Bibliotheken zu emanzipieren. Die Nachfrage nach Irish-Interest-Titeln ist im Inland hoch. Britische Verlage hatten bis dato diesen Bedarf übersehen, und so füllten irische Verlage diese Nische. Die Einführung eines von Großbritannien unabhängigen Lehrplans führte zur Etablierung eines eigenständigen Schulbuchmarktes, inklusive Lehrwerke zur irischen Sprache bzw. Titel auf Irisch. Irische Verlage sind in ihrem Programm größtenteils breit aufgestellt und selten spezialisiert. Sie sind erstaunlich häufig unabhängige mittelständische Unternehmen. Nur wenige Verlage sind staatlich geführt oder gehören ausländischen Konzernen an. Auch der stationäre Buchhandel ist überwiegend eigenständig, da die – vor dem Wirtschaftsboom wenig kaufkräftige - Republik von den expandierenden britischen Buchhandelsketten vernachlässigt wurde. Erst nach dem Wirtschaftsboom und dem damit verbundenen soziokulturellen Wandel von einer traditionellen Agrar- hin zu einer modernen Informationsgesellschaft stiegen die Umsätze mit Büchern stark an. Sobald der Buchmarkt eine nennenswerte wirtschaftliche Größe erreichte, eröffneten britische Buchhandlungen Filialen in irischen Städten. Sie vermochten jedoch nicht, die Sortimentsvielfalt der irischen Buchhandelslandschaft zu zerstören. Die fehlende Buchpreisbindung ist keine Bedrohung der Titelvielfalt, da Handelsformen wie Buchclubs, Supermärkte und Internethandel – die mit teils aggressivem Preismarketing arbeitenden Nebenmärkte – hier nur eine Randexistenz führen. In diesem Fall wandelt sich die geringe (Umsatz-) Größe und damit Attraktivität des Buchmarktes zum Vorteil. Die staatliche Kulturförderung ist ein bedeutender Beitrag zum Verlegen von Literatur, die wirtschaftlich gerechnet keine Daseinsberechtigung hätte. Irische Verleger mit relativ geringem Budget sind nicht in der Lage, solche unökonomischen Titel mit dem finanziellen Erfolg eines Bestsellers in Mischkalkulation aufzufangen. Hier greift die staatliche Unterstützung. Die Subventionierung von Titeln über die irischen Sprache bzw. von Literatur auf Irisch führte zur Herausbildung eines Marktsektors, der vor der Staatsgründung nicht existierte. Die Übersetzungsförderung verstärkt die Verbreitung von bis dato unbekannter irischer Literatur im Ausland und stimuliert das Lizenzgeschäft. Die aktuelle staatliche Kulturpolitik setzt ihren Schwerpunkt auf Marketing, PR sowie Nachfolgeregelung und fördert so nachhaltig statt bloß in Form einer kurzlebigen Titelsubvention. Eine noch mehr in die Zukunft gerichtete Förderung würde genauso wie die Unterstützung von Fortbildungsmaßnahmen zu besseren wirtschaftlichen Rahmenbedingungen führen. Auch wenn die nationale Verlagsszene im Aufschwung begriffen ist, befindet sich der irische Buchmarkt insgesamt in fester Hand der britischen Verlagsproduktion. Der britische Buchmarkt mit seinen multinationalen und finanzkräftigen Verlagen lebt vom Export. Aus Sicht von Großbritannien ist heutzutage der Nachbar Irland, einst Teil des britischen Buchmarktes, einer der besten Kunden. Dieser Aspekt bezieht sich nicht nur auf die langjährig entwickelten Handelsbeziehungen. In kulturellen Aspekten orientiert sich Irland stark am britischen Vorbild: Ein britischer Bestseller wird fast immer auch ein Bestseller in Irland. Lediglich Irish-Interest-Titel durchbrechen diesen Automatismus. Während Irish Interest im Inland hohe Umsätze vorweist, sind diese Titel im Ausland lediglich ein Nischenprodukt. Zusätzlich müssen irische Verlage außerhalb des Landes mit britischen und US-amerikanischen Verlagen in Konkurrenz treten, die ebenfalls Irish-Interest-Titel für die irische Diaspora anbieten. Es besteht daher nur eine geringe Chance, erfolgreich am globalen englischsprachigen Buchmarkt mitzuwirken. Bis dato haben Versuche, dem irischen Buchmarkt durch Export zu Umsatzwachstum zu verhelfen, keinen nennenswerten Erfolg gebracht. Lediglich auf dem Gebiet der populären Literatur und in Form von Kooperationen mit britischen Verlagskonzernen vermögen irische Verlage, am internationalen Buchhandel teilzuhaben.

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La tesi esamina il codice musicale Gr. Rés Vm7 676 della Biblioteca Nazionale di Parigi, che rappresenta una fonte di grande interesse per lo studio della musica vocale italiana tra Quattro e Cinquecento. Compilato nel 1502, il codice è stato oggetto di analisi da parte di vari studiosi, che ne hanno preso in esame singoli brani o intere sezioni, allo scopo di attestare procedimenti compositivi particolari (Torrefranca) o caratteri stilistici locali, in particolare relativi alla frottola mantovana e ferrarese (Prizer). Un’accurata ricognizione sul repertorio è stata effettuata da Nanie Bridgman in un saggio degli anni Cinquanta del secolo scorso, ma non è mai stato realizzato uno studio organico sul manoscritto. Pertanto la ricerca si è proposta di riconsiderare l’intero repertorio italiano tramandato dal codice, per proporre un plausibile inquadramento stilistico nella cultura della poesia per musica coeva. La trascrizione dei testi e delle musiche, supportata dal confronto con le fonti manoscritte e a stampa, letterarie e musicali, ha consentito di formulare alcune ipotesi in merito alla circolazione del repertorio tramandato e all’ambiente di produzione del documento. L’inconsueta varietà di forme musicali riscontrate nel codice consente inoltre di assumere questo manoscritto come una delle principali fonti della tradizione musicale che precede immediatamente la ‘sistemazione’ del repertorio frottolistico effettuata da Ottaviano Petrucci, a partire dal 1504, con la pubblicazione dei suoi undici libri di frottole (1501-1514).

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I test di qualifica a vibrazioni vengono usati in fase di progettazione di un componente per verificarne la resistenza meccanica alle sollecitazioni dinamiche (di natura vibratoria) applicate durante la sua vita utile. La durata delle vibrazioni applicate al componente durante la sua vita utile (migliaia di ore) deve essere ridotta al fine di realizzare test fattibili in laboratorio, condotti in genere utilizzando uno shaker elettrodinamico. L’idea è quella di aumentare l’intensità delle vibrazioni riducendone la durata. Esistono diverse procedure di Test Tailoring che tramite un metodo di sintesi definiscono un profilo vibratorio da applicare in laboratorio a partire dalle reali vibrazioni applicate al componente: una delle metodologie più comuni si basa sull’equivalenza del danno a fatica prodotto dalle reali vibrazioni e dalle vibrazioni sintetizzate. Questo approccio è piuttosto diffuso tuttavia all’autore non risulta presente nessun riferimento in letteratura che ne certifichi la validità tramite evidenza sperimentalmente. L’obiettivo dell’attività di ricerca è stato di verificare la validità del metodo tramite una campagna sperimentale condotta su opportuni provini. Il metodo viene inizialmente usato per sintetizzare un profilo vibratorio (random stazionario) avente la stessa durata di un profilo vibratorio non stazionario acquisito in condizioni reali. Il danno a fatica prodotto dalla vibrazione sintetizzata è stato confrontato con quello della vibrazione reale in termini di tempo di rottura dei provini. I risultati mostrano che il danno prodotto dalla vibrazione sintetizzata è sovrastimato, quindi l’equivalenza non è rispettata. Sono stati individuati alcuni punti critici e sono state proposte alcune modifiche al metodo per rendere la teoria più robusta. Il metodo è stato verificato con altri test e i risultati confermano la validità del metodo a condizione che i punti critici individuati siano correttamente analizzati.

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Il presente studio si è posto come obiettivo quello di redigere un lessico dei termini d’amore nella poesia di Orazio, e, specificamente, dei lemmi presenti nei primi tre libri delle Odi. L’interesse per la lirica del Venosino ci ha indotti ad affrontarne la lettura non solo considerando quelle che sono le tematiche diremo topiche della sua poetica ( modus, angulus, mors, tempus, cura, solo per citare quelle più significative ), ma anche quelle meno note, quale appunto il tema dell’amore, oggetto di questo lavoro. Si è proceduto così all’analisi di ogni singolo libro di ogni ode, catalogandone ed analizzandone rispettivamente tutte le occorrenze di quei termini che abbiamo ritenuto essere propri del lessico amoroso. Il commento ad ogni libro è stato supportato dagli studi di Nisbet-Hubbard per il primo ed il secondo libro delle Odi ( cfr. R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 1, Oxford 1970; R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 2, Oxford 1978 ) e Nisbet-Rudd per il terzo ( cfr. R.G.M. Nisbet-Rudd, A commentary on Horace: Odes Book 3, Oxford, 2003 ). Trattandosi di un lessico è stato altresì fondamentale il contributo dell’ Index uerborum amatorium ( Cfr. R. Pichon, De sermone amatorio apud Latinos elegiarum scriptores, Paris 1902 ) e del ThLL. Si è infine proceduto ad individuare quei termini maggiormente significativi nell’ambito della poesia d’amore in generale, il cui riflesso è presente anche nella poesia oraziana, con una particolare attenzione al rapporto che intercorre tra Orazio e la tradizione neoterica ed elegiaca e al lessico dei colori, che vanta numerose occorrenze nella poesia d’amore, soprattutto in riferimento alla bellezza muliebre e maschile e che quindi appare di rilevante importanza per comprendere l’estetica della poesia oraziana nel ritrarre la forma degli amanti che popolano i suoi più celebri versi d’amore.

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Obiettivo della tesi è stato quello di studiare il ruolo svolto dall’ipotalamo laterale (LH) nella regolazione dei processi di integrazione dell’attività autonomica e termoregolatoria con quella degli stati di veglia e sonno. A questo scopo, l’attività dell’LH è stata inibita per 6 ore (Esperimento A) mediante microiniezioni locali dell’agonista GABAA muscimolo nel ratto libero di muoversi, nel quale sono stati monitorati in continuo l’elelttroencefalogramma, l’elettromiogramma nucale, la pressione arteriosa (PA) e la temperatura ipotalamica (Thy) e cutanea. Gli animali sono stati studiati a temperatura ambientale (Ta) di 24°C e 10°C. I risultati hanno mostrato che l’inibizione acuta dell’LH riduce l’attività di veglia e sopprime la comparsa del sonno REM. Ciò avviene attraverso l’induzione di uno stato di sonno NREM caratterizzato da ipersincronizzazione corticale, con scomparsa degli stati transizionali al sonno REM. Quando l’animale è esposto a bassa Ta, tali alterazioni si associano a un ampio calo della Thy, che viene compensato da meccanismi vicarianti solo dopo un paio d’ore dall’iniezione. Sulla base di tali risultati, si è proceduto ad un ulteriore studio (Esperimento B) volto ad indagare il ruolo del neuropeptide ipocretina (prodotto in modo esclusivo a livello dell’LH) nei processi termoregolatori, mediante microiniezioni del medesimo nel bulbo rostrale ventromediale (RVMM), stazione cruciale della rete nervosa preposta all’attivazione dei processi termogenetici. La somministrazione di ipocretina è stata in grado di attivare la termogenesi e di potenziare la comparsa della veglia, con concomitante lieve incremento della PA e della frequenza cardiaca, quando effettuata alle Ta di 24°C o di 10°C, ma non alla Ta di 32°C. In conclusione, i risultati indicano che l’LH svolge un ruolo cruciale nella promozione degli stati di veglia e di sonno REM e, per tramite dell’ipocretina, interviene in modo coplesso a livello del RVMM nella regolazione dei processi di coordinamento dell'attività di veglia con quella termoregolatoria.

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L’oggetto di ricerca della presente tesi di dottorato è costituito dall’analisi dell’opera Gesta Regum Anglorum, del monaco benedettino Guglielmo di Malmesbury, all’interno della quale sono stati esplorati e verificati i temi di legittimazione, di patronage e di propaganda. L’opera, infatti, rimane senza un manifesto committente, ad eccezione di una primissima versione. Il titolo della tesi rivela fin da subito questo aspetto, giacché estrae un passaggio del prologo al I libro: «propter adhorantium auctoritatem voluntate», traducibile con «per le autorevoli esortazioni che ricevetti». Dopo un’analisi delle lettere dedicatorie premesse all’opera, si è ipotizzata la volontà dell’autore di dedicare le Gesta Regum Anglorum, nella loro versione definitiva, a Roberto conte di Gloucester, approfondendo in tal senso l’aspetto legittimatorio dell’opera e la possibilità che essa potesse servire come strumento per ottenere un patronage dal conte nei confronti dell’abbazia di Malmesbury. La seconda parte della tesi è incentrata sulla comparazione tra le due principali redazioni dell’opera – quella conclusa intorno al 1126/27 e quella rivista tra 1135 e 1140 – per analizzarne le modifiche, ipotizzandone la funzione come volta mitigare aspetti relativi ai principali antenati di Roberto di Gloucester (Guglielmo I e Guglielmo II). La terza parte della tesi si è concentrata sull’aspetto propagandistico dell’opera in favore del monastero di appartenenza di Guglielmo (Malmesbury) e soprattutto in favore del clero regolare, nella dicotomia che caratterizzò questo e il clero secolare durante gli anni in cui l’autore viveva. Nell’ultima parte della tesi, è stato ripreso l’aspetto legittimatorio delle Gesta Regum, tentando di fornire un’analisi delle tre raffigurazioni dei sovrani normanni d’Inghilterra, che punteggiano i tre libri finali dell’opera.

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Le tre raccolte di salmi da vespro a otto voci nello stile pieno di Giovanni Paolo Colonna (Bologna 1637-1695), pubblicate rispettivamente nel 1681, nel 1686 e nel 1694 (opp.I, VII e XI), costituiscono un oggetto di studio privilegiato nell’ambito della ricca produzione a stampa dell’autore: in primo luogo, esse ebbero ampia e favorevole recezione, come testimoniano la diffusione degli esemplari, le ristampe, le copie manoscritte ricavate dalle edizioni; in secondo luogo, la fortuna postuma del compositore fu legata in buona parte alla sua musica sacra a doppio coro e, in particolare, al favore riscosso dai suoi libri di salmi; infine, l’analisi delle tre raccolte consente di confrontare le risorse tecniche e stilistiche messe in opera da Colonna in composizioni afferenti a uno stesso genere ma risalenti a periodi diversi. La dissertazione è articolata in tre parti: nella prima sono presi in esame gli ordinamenti liturgici secenteschi relativi alla celebrazione dei vespri, onde illustrare la cornice rituale alla quale i salmi di Colonna erano destinati, e si passano in rassegna alcune definizioni di stile pieno e di contrappunto a otto voci desunte dalla trattatistica coeva. La seconda parte è dedicata alla lettura storico-critica delle opp. I, VII e XI nel contesto generale della produzione dell’autore. La terza parte contiene l’edizione integrale dell’opera VII e XI, nonché una scelta di brani tratti dall’op. I.

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El objetivo de la presente investigación, el catálogo y estudio de las gramáticas de italiano destinadas a hispanohablantes de los siglos XVIII y XIX, se encuadra en el macrosector gramaticográfico de la historiografía lingüística, en el cual el estudio de las gramáticas de las lenguas dirigidas a hablantes nativos y a hablantes extranjeros, con los consiguientes cruces y trasvases de tradiciones gramaticales, es de significativo interés como destacan: (i) las tesis doctorales defendidas en los últimos quince años; (ii) los proyectos de investigación dirigidos y coordinados por prestigiosos estudiosos del sector; (iii) los congresos organizados para destacar y compartir las principales actualizaciones en torno a los estudios gramaticográficos; y (iv) las publicaciones que surgen de los tres puntos anteriores. El estudio presenta dos partes centrales: la primera (constituida por los capítulos 2 y 3) es la de catálogo y estudio de las diecinueve gramáticas que conforman el corpus en base a ocho áreas descriptivas (1. información catalográfica, 2. autor, 3. editor, 4. hiperestructura, 5. elementos peritextuales, gramaticales y didácticos, 6. variedad de textos y su secuencia didáctica, 7. caracterización, fuentes e influencias, y 8. localización); la segunda (capítulo 4) es la de estudio gramaticográfico de conjunto de los datos más relevantes de las areas de estudio utilizadas en las dos primeras partes. De este modo, daremos un panorama de conjunto sobre (i) la cronología de las obras y sus ediciones y rempresiones; (ii) la nacionalidad, profesión, condición religiosa, etc. de autores; (iii) la geografía de ediciones y editores; (iv) la descripción hiperestructural de las obras; (v) la estructura de los elementos peritextuales; (vi) las partes gramaticales y elementos que las componen; (vii) el verbo: definiciones y paradigma verbal; (vii) los elementos didácticos; (viii) las líneas de descripción gramatical; (ix) la localización de las gramáticas en las bibliotecas españolas.

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International migration has increased rapidly in the Czech Republic, with more than 150,000 legally registered foreign residents at the end of 1996. A large proportion of these are in Prague - 35% of the total in December 1996. The aim of this project was to enrich the fund of information concerning the "environment", reasons and "mechanisms" behind immigration to the Czech Republic. Mr. Drbohlav looked first at the empirical situation and on this basis set out to test certain well-known migration theories. He focused on four main areas: 1) a detailed description and explanation of the stock of foreign citizens legally settled in Czech territory, concentrating particularly on "economic" migrants; 2) a questionnaire survey targeting a total of 192 Ukrainian workers (98 in the fall 1995 and 94 in the fall 1996) working in Prague or its vicinity; 3) a second questionnaire survey of 40 "western" firms (20 in 1996 and 20 in 1997) operating out of Prague; 4) an opinion poll on how the Czech population reacts to foreign workers in the CR. Over 80% of economic immigrants at the end of 1996 were from European countries, 16% from Asia and under 2% from North America. The largest single nationalities were Ukrainians, Slovaks, Vietnamese and Poles. There has been a huge increase in the Ukrainian immigrant community over both space (by region) and time (a ten-fold increase since 1993), and at 40,000 persons this represents one third of all legal immigrants. Indications are that many more live and work there illegally. Young males with low educational/skills levels predominate, in contrast with the more heterogeneous immigration from the "West". The primary reason for this migration is the higher wages in the Czech Republic. In 1994 the relative figures of GDP adjusted for parity of purchasing power were US$ 8,095 for the Czech Republic versus US$ 3,330 for the Ukraine as a whole and US$ 1,600 for the Zakarpatye region from which 49% of the respondents in the survey came. On an individual level, the average Czech wage is about US$ 330 per month, while 50% of the Ukrainian respondents put their last monthly wage before leaving for the Czech Republic at under US$ 27. The very low level of unemployment in the latter country (fluctuating around 4%) was also mentioned as an important factor. Migration was seen as a way of diversifying the family's source of income and 49% of the respondents had made their plans together with partners or close relatives, while 45% regularly send remittances to Ukraine (94% do so through friends or relatives). Looking at Ukrainian migration from the point of view of the dual market theory, these migrants' type and conditions of work, work load and earnings were all significantly worse than in the primary sector, which employs well educated people and offers them good earnings, job security and benefits. 53% of respondents were working and/or staying in the Czech Republic illegally at the time of the research, 73% worked as unqualified, unskilled workers or auxiliary workers, 62% worked more than 12 hours a day, and 40% evaluated their working conditions as hard. 51% had no days off, earnings were low in relation to the number of hours worked. and 85% said that their earnings did not increase over time. Nearly half the workers were recruited in Ukraine and only 4% expressed a desire to stay in the Czech Republic. Network theories were also borne out to some extent as 33% of immigrants came together with friends from the same village, town or region in Ukraine. The number who have relatives working in the Czech Republic is rising, and many wish to invite relatives or children to visit them. The presence of organisations which organised cross-border migration, including some which resort to organising illegal documents, also gives some support for the institutional theory. Mr. Drbohlav found that all the migration theories considered offered some insights on the situation, but that none was sufficient to explain it all. He also points out parallels with many other regions of the world, including Central America, South and North America, Melanesia, Indonesia, East Africa, India, the Middle East and Russia. For the survey of foreign and international firms, those chosen were largely from countries represented by more than one company and were mainly active in market services such as financial and trade services, marketing and consulting. While 48% of the firms had more than 10,000 employees spread through many countries, more than two thirds had fewer than 50 employees in the Czech Republic. Czechs formed 80% plus of general staff in these firms although not more than 50% of senior management, and very few other "easterners" were employed. All companies absolutely denied employing people illegally. The average monthly wage of Czech staff was US$ 850, with that of top managers from the firm's "mother country" being US$ 6,350 and that of other western managers US$ 3,410. The foreign staff were generally highly mobile and were rarely accompanied by their families. Most saw their time in the Czech Republic as positive for their careers but very few had any intention of remaining there. Factors in the local situation which were evaluated positively included market opportunities, the economic and political environment, the quality of technical and managerial staff, and cheap labour and low production costs. In contrast, the level of appropriate business ethics and conduct, the attitude of local and regional authorities, environmental production conditions, the legal environment and financial markets and fiscal policy were rated very low. In the final section of his work Mr. Drbohlav looked at the opinions expressed by the local Czech population in a poll carried out at the beginning of 1997. This confirmed that international labour migration has become visible in this country, with 43% of respondents knowing at least one foreigner employed by a Czech firm in this country. Perception differ according to the region from which the workers come and those from "the West" are preferred to those coming from further east. 49% saw their attitude towards the former as friendly but only 20% felt thus towards the latter. Overall, attitudes towards migrant workers is neutral, although 38% said that such workers should not have the same rights as Czech citizens. Sympathy towards foreign workers tends to increase with education and the standard of living, and the relatively positive attitudes towards foreigners in the South Bohemia region contradicted the frequent belief that a lack of experience of international migration lowers positive perceptions of it.

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We have measured the bidirectional reflectance of spherical micrometer-sized water-ice particles in the visible spectral range over a wide range of incidence and emission angles. The small ice spheres were produced by spraying fine water droplets directly into liquid nitrogen. The resulting mean particle radii are 1.47 + 0.96 - 0.58 μm. Such a material shares many properties with ice in comets and at the surface of icy satellites. Measurements show that the fresh sample material is highly backscattering, contrasting with natural terrestrial snow and frost. The formation of agglomerates of particles during the sample production results in a noticeable variability of the photometric properties of the samples in their initial state. We have also observed significant temporal evolutions of the scattering behavior of the samples, shifting towards more forward scattering within some tens of hours, resulting most likely from sintering processes. All reflectance data are fitted by the Hapke photometric model (1993 and 2002 formulation) with a one/two/three-parameter Henyey-Greenstein phase function and the resulting Hapke parameters are provided. These parameters can be used to compare laboratory results with the observed photometric behaviors of astronomical objects. We show, in particular, that the optical properties of the fresh micrometer-sized ice samples can be used to reproduce the predominant backscattering in the phase curves of Enceladus and Europa.

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Kindergarten, Schule, Aus- und Weiterbildung, individuelle Interessen, Neugier und Forscherdrang – Bildung begleitet uns ein Leben lang. Sie ist das wertvollste Gut einer Gesellschaft, denn in ihr geben wir Wissen und Werte, Kompetenzen und Kreativität weiter: die Basis gesellschaftlicher Innovation. Die Ausstellung lädt ein zu einer Entdeckungsreise durch die unterschiedlichen Dimensionen von Bildung in Geschichte und Gegenwart, stellt sie auf die Probe und fragt danach, welche Bildung wir uns für die Zukunft wünschen.