999 resultados para Piano Operativo di Sicurezza


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Questo studio ha come obiettivo la definizione di un protocollo operativo per la valutazione e il monitoraggio nel tempo della vulnerabilità sismica dei centri storici a scala dell'aggregato. Attraverso la ricostruzione delle fasi di trasformazione e delle caratteristiche tecniche locali si individuano e analizzano e carenze peculiari e, con la determinazione degli indici, si fornisce un giudizio globale sull'aggregato.

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Difetto di Informazione e danno da prodotto” è un tema di grande interesse ed attualità, in un momento storico in cui si è riacceso il dibattito sulla disciplina della responsabilità per danni da prodotto difettoso. Complice è “il difetto di informazione”, da sempre rimasto ai margini della casistica giurisprudenziale, ma che improvvisamente “ruba la scena” imponendosi all'attenzione della Cassazione (nn. 6007/2007 e 20985/2007) e rivelando nodi interpretativi di forte impatto pratico nelle cause di responsabilità del produttore. Di qui l’esigenza di approfondire la complessa tematica degli information defects, sotto il profilo della nozione didifetto” e della sua prova, nonché dell’incidenza di eventuali carenze informative sulla responsabilità del produttore. Muovendo dall’analisi della Direttiva e della sua attuazione italiana, il lavoro individua i punti nodali di tale disciplina ed i vari limiti posti – sia a livello interpretativo che applicativo - alla tutela del danneggiato, suscettibili di renderla meno “appetibile” di quanto potrebbe sembrare. Affronta, quindi, criticamente le questioni trattate nelle due sentenze di legittimità del 2007 in ordine sia alla distribuzione tra le parti dell'onere probatorio, sia alla rilevanza delle informazioni fornite dal produttore. Peculiare interrogativo cui si cerca di dare risposta è se, ed in che misura, l’“informazione” consenta al produttore di andare esente da responsabilità. Il lavoro passa ad esplorare i nuovi scenari offerti dalla interazione tra la disciplina della responsabilità del produttore e quella sulla sicurezza generale dei prodotti, la cui coesistenza all’interno del medesimo corpo di norme pone nuovi interrogativi, quali la sussistenza della responsabilità del produttore di un bene “conforme” ed il ruolo dell’informazione nell’ipotesi di prodotti non difettosi e/o “conformi”. La ricerca affronta tali interrogativi con sguardo critico e provocatorio sollevando il dubbio se la “conformità alle norme armonizzate” non rischi di diventare una “nuova” clausola di esonero della responsabilità del produttore.

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Le profonde trasformazioni che hanno interessato l’industria alimentare, unitamente alle accresciute capacità delle scienze mediche ed epidemiologiche di individuare nessi causali tra il consumo di determinate sostanze e l’insorgere di patologie, hanno imposto al legislatore di intervenire nella materia della c.d. sicurezza alimentare mettendo in atto sistemi articolati e complessi tesi a tutelare la salute dei consociati. Quest’ultimo obiettivo viene perseguito, da un lato, mediante disposizioni di natura pubblicistica e di carattere preventivo e, dall’altro lato, dallo strumento della responsabilità civile. Le due prospettive di tutela della salute delle persone costituiscono parti distinte ma al tempo stesso fortemente integrate in una logica unitaria. Questa prospettiva emerge chiaramente nel sistema statunitense: in quel ordinamento la disciplina pubblicistica della sicurezza degli alimenti – definita dalla Food and Drug Administration – costituisce un punto di riferimento imprescindibile anche quando si tratta di stabilire se un prodotto alimentare è difettoso e se, di conseguenza, il produttore è chiamato a risarcire i danni che scaturiscono dal suo utilizzo. L’efficace sinergia che si instaura tra la dimensione pubblicistica del c.d. Public Enforcement e quella risarcitoria (Private Enforcement) viene ulteriormente valorizzata dalla presenza di efficaci strumenti di tutela collettiva tra i quali la class action assume una importanza fondamentale. Proprio muovendo dall’analisi del sistema statunitense, l’indagine si appunta in un primo momento sull’individuazione delle lacune e delle criticità che caratterizzano il sistema nazionale e, più in generale quello comunitario. In un secondo momento l’attenzione si focalizza sull’individuazione di soluzioni interpretative e de iure condendo che, anche ispirandosi agli strumenti di tutela propri del diritto statunitense, contribuiscano a rendere maggiormente efficace la sinergia tra regole preventive sulla sicurezza alimentare e regole risarcitorie in materia di responsabilità del produttore.

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Introduzione L’efficacia dei chemio/radioterapici ha aumentato notevolmente l’aspettativa di vita delle pazienti oncologiche, tuttavia, questi trattamenti possono compromettere la funzionalità ovarica. La crioconservazione di tessuto ovarico, con il successivo reimpianto, ha lo scopo di preservare la fertilità delle pazienti a rischio di fallimento ovarico precoce. Scopo dello studio Definire la migliore procedura di crioconservazione e reimpianto in grado di ottenere la neovascolarizzazione del tessuto reimpiantato nel minor tempo possibile al fine di diminuire la perdita follicolare causata dall’ischemia durante la procedura. Materiali e metodi Per ciascuna paziente (3) le biopsie ovariche, sono state prelevate laparoscopicamente e crioconservate secondo il protocollo di congelamento lento/scongelamento rapido. Campioni di corticale ovarica sono stati processati per l’analisi istologica, ultrastrutturale, immuistochimica e confocale per valutare la preservazione morfologiaca del tessuto. Le fettine di corticale ovarica sono state scongelate e reimpiantate ortotopicamente (2), nelle ovaia e in due tasche peritoneali, o eterotopicamente (1), in due tasche create nel sottocute sovrapubico. Risultati Le analisi di microscopia hanno mostrato il mantenimento di una discreta morfologia dello stroma, e dei vasi criopreservati e un lieve ma non significativo danneggiamento dei follicoli scongelati. Tutte le pazienti hanno mostrato la ripresa della funzionalità endocrina rispettivamente dopo 2/4 mesi dal reimpianto. Il color-doppler, inoltre ha rivelato un significativo aumento della vascolarizzazione ovarica rispetto alla quasi totale assenza di vascolarizzazione prima del reimpianto, quando le pazienti mostravano una conclamata menopausa. Conclusioni Lo studio ha confermato la ripresa della vascolarizzazione dell’ovaio in seguito a reimpianto avascolare di fettine di corticale, senza l’impiego di fattori esogeni o meccanici aggiuntivi, in tempi concordanti con i dati della letteratura. I risultati sono incoraggianti e l’avanzare degli studi e della ricerca potranno contribuire allo sviluppo di nuove metodologie di reimpianto che possano avere un successo clinico ed una sicurezza superiori a quelle finora ottenute.

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La mia sperimentazione si inserisce in un progetto di respiro nazionale- “AGER-STAY FRESH”- volto a trovare soluzioni di lavaggio alternative al cloro per il prolungamento della shelf-life delle produzioni di IV gamma. Questi prodotti rappresentano, attualmente, uno dei più promettenti ed innovativi comparti del settore ortofrutticolo e sono definiti, secondo le norme della Comunità Europea, prodotti minimamente trasformati, cioè soggetti a interventi tecnologici ridotti, ed utilizzabili per il consumo diretto senza ulteriori manipolazioni, o con manipolazioni minime. La loro espansione sul mercato deriva dal fatto che sono in grado di offrire alta convenienza, alto valore nutrizionale ed organolettico e sono concepiti dai consumatori come prodotti “genuini” in quanto a base vegetale e, generalmente, non contengono sostanze antimicrobiche. Tuttavia, le materie prime vegetali utilizzate per le produzioni di IV gamma sono spesso caratterizzate da elevate contaminazioni microbiche (4-6 log UFC/g) poiché, durante la crescita o il post-raccolta, frutti o vegetali vengono a contatto con il suolo, insetti o contaminazioni di origine umana.Al momento la shelf-life e la sicurezza d’uso di questa categoria di prodotti sono basate principalmente sul mantenimento della catena del freddo unitamente alla fase di lavaggio delle materie prime con sostanze clorate. Recentemente, però, alcuni autori hanno evidenziato alcuni svantaggi derivanti da questa fase di processo come la formazione di composti clorati cancerogeni. In questa prospettiva, il principale obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di valutare gli effetti di olio essenziale di cedro e alcuni composti bioattivi degli oli essenziali (citrale, esanale, trans-2-esenale e carvacrolo), utilizzati singolarmente o in combinazione, sulla shelf-life di mele affettate di IV gamma. Su tutti i prodotti sono state eseguite analisi microbiologiche, di texture e colore. Un ulteriore obiettivo di questo lavoro sperimentale è stato quello di ottimizzare alcuni parametri di processo come la riduzione del rapporto acqua di lavaggio/prodotto ed incrementare la temperatura dell’acqua utilizzata al fine di meglio solubilizzare gli antimicrobici in fase di dipping.

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NAVA®, dall’inglese Neurally Adjusted Ventilatory Assist, è una tecnica di monitoraggio e di ventilazione e rappresenta una sofisticata innovazione tecnologica in quanto consente un’assistenza ventilatoria costantemente in armonia con le esigenze del paziente, grazie alla rilevazione diretta dell’attività elettrica del diaframma. Da un punto di vista pratico-operativo, NAVA è un modulo integrativo che si inserisce nelle apparecchiature di ventilazione già esistenti integrandone al meglio le funzionalità. A tale modulo è collegato un sondino nasogastrico nella cui parte distale vi sono elettrodi bipolari. Il sondino viene inserito nell’esofago vicino al diaframma e permette l’acquisizione del segnale Edi (Diaphragmatic Electrical Activity), relativo all’attività elettrica del diaframma. L’attività di quest ultimo è strettamente correlata alla dinamica respiratoria del paziente, in quanto il diaframma, contraendosi, determina il flusso d’aria all’interno delle vie aree. Il segnale Edi acquisito viene usato per interfacciarsi con il ventilatore e grazie speciali algoritmi, il segnale guida il ventilatore permettendo un’assistenza ventilatoria proporzionale e sincrona agli sforzi respiratori del paziente. NAVA è tra le nuove apparecchiature sanitarie ed elettromedicali che la Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha recentemente donato al Centro Grandi Ustionati dell’Ospedale Bufalini di Cesena per un valore complessivo di oltre 120.000 euro. NAVA e gli altri strumenti donati sono apparecchiature di ultima generazione destinate a migliorare le possibilità di sopravvivenza dei pazienti più critici, con ustioni e ferite alla cute molto gravi, che necessitano di un’assistenza intensiva. In questo elaborato, nel Capitolo 1, viene presentata la Fisiologia dell’apparato respiratorio e a seguire, nel Capitolo 2, viene descritta la Ventilazione meccanica convenzionale, ancora oggi molto utilizzata. Successivamente, nel Capitolo 3 è illustrata la nuova modalità NAVA. Proseguendo, nel Capitolo 4 si apre un confronto tra le principali differenze tra la NAVA e le precedenti modalità di ventilazione. L’elaborato si conclude con la speranza che NAVA, un’innovazione senza precedenti, non sia limitata ad un investimento potenzialmente utile nel presente della terapia intensiva, ma che la ricerca ad essa correlata possa, in un imminente futuro, aprire la strada a nuove tecnologie ancora più efficienti nella salvaguardia dei pazienti in terapia intensiva.

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La diffusione nelle strutture sanitarie di un numero sempre crescente di apparecchiature biomediche e di tecnologie "avanzate" per la diagnosi e la terapia ha radicalmente modificato l'approccio alla cura della salute. Questo processo di "tecnologizzazione" rende evidente la necessità di fare ricorso a competenze specifiche e a strutture organizzative adeguate in modo da garantire un’efficiente e corretta gestione delle tecnologie, sia dal punto di vista tecnico che economico, bisogni a cui da circa 40 anni risponde l’Ingegneria Clinica e i Servizi di Ingegneria Clinica. Nei paesi industrializzati la crescita economica ha permesso di finanziare nuovi investimenti e strutture all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, ma d'altra parte il pesante ingresso della tecnologia negli ospedali ha contribuito, insieme ad altri fattori (aumento del tenore di vita, crescente urbanizzazione, invecchiamento della popolazione, ...) a rendere incontrollabile e difficilmente gestibile la spesa sanitaria. A fronte quindi di una distribuzione sempre più vasta ed ormai irrinunciabile di tecnologie biomediche, la struttura sanitaria deve essere in grado di scegliere le appropriate tecnologie e di impiegare correttamente la strumentazione, di garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori, nonché la qualità del servizio erogato e di ridurre e ottimizzare i costi di acquisto e di gestione. Davanti alla necessità di garantire gli stessi servizi con meno risorse è indispensabile utilizzare l’approccio dell’Health Technology Assessment (HTA), ossia la Valutazione delle Tecnologie Sanitarie, sia nell’introduzione di innovazioni sia nella scelta di disinvestire su servizi inappropriati od obsoleti che non aggiungono valore alla tutela della salute dei cittadini. Il seguente elaborato, dopo la definizione e classificazione delle tecnologie sanitarie, un’analisi del mercato di tale settore e delle spesa sanitaria sostenuta dai vari paesi Ocse, pone l’attenzione ai Servizi di Ingegneria Clinica e il ruolo chiave che essi hanno nel garantire efficienza ed economicità grazie anche all’ausilio dei profili HTA per la programmazione degli acquisti in sanità.

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La presenza di Escherichia coli produttori di verocitotossine (VTEC o STEC) rappresenta una tra le più importanti cause di malattia alimentare attualmente presenti in Europa. La sua presenza negli allevamenti di animali destinati alla produzione di alimenti rappresenta un importante rischio per la salute del consumatore. In conseguenza di comuni contaminazioni che si realizzano nel corso della macellazione, della mungitura i VTEC possono essere presenti nelle carni e nel latte e rappresentano un grave rischio se la preparazione per il consumo o i processi di lavorazione non comportano trattamenti in grado d’inattivarli (es. carni crude o poco cotte, latte non pastorizzato, formaggi freschi a latte crudo). La contaminazione dei campi coltivati conseguente alla dispersione di letame o attraverso acque contaminate può veicolare questi stipiti che sono normalmente albergati nell’intestino di ruminanti (domestici e selvatici) e anche prodotti vegetali consumati crudi, succhi e perfino sementi sono stati implicati in gravi episodi di malattia con gravi manifestazioni enteriche e complicazioni in grado di causare quadri patologici gravi e anche la morte. Stipiti di VTEC patogeni ingeriti con gli alimenti possono causare sintomi gastroenterici, con diarrea acquosa o emorragica (nel 50% dei casi), crampi addominali, febbre lieve e in una percentuale più bassa nausea e vomito. In alcuni casi (circa 5-10%) l’infezione gastroenterica si complica con manifestazioni tossiemiche caratterizzate da Sindrome Emolitico Uremica (SEU o HUS) con anemia emolitica, insufficienza renale grave e coinvolgimento neurologico o con una porpora trombotica trombocitopenica. Il tasso di mortalità dei pazienti che presentano l’infezione da E. coli è inferiore all’1%. I dati forniti dall’ECDC sulle infezioni alimentari nel periodo 2006-2010 hanno evidenziato un trend in leggero aumento del numero di infezioni a partire dal 2007. L’obiettivo degli studi condotti è quello di valutare la prevalenza ed il comportamento dei VTEC per una analisi del rischio più approfondita.

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In questo elaborato vengono descritte le principali modalità di migrazione di processi con riferimento al Sistema Operativo GNU Linux. Sono presentate : caratteristiche di migrazione, varianti implementative, tecniche di checkpoint restart, DMTCP ed il progetto ULPM. Il corso di riferimento è Progetto di Sistemi Virtuali. Il relatore è il professor Renzo Davoli.

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Tesi riguardante il porting della macchina virtuale UmView sul sistema operativo Android ARM. Tratta sia di aspetti relativi a umview sia del porting in generale quale del debug remoto con gdb.

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Tra i componenti naturali biologicamente attivi, e con cui è possibile arricchire il latte, notevole importanza rivestono gli acidi grassi Omega3 e i CLA. I ruoli benefici svolti da questi particolari lipidi si manifestano soprattutto nella regolazione dei processi infiammatori, nella prevenzione del diabete e delle malattie cardiovascolari; è inoltre dimostrato come i CLA abbiano attività anticancerogena e ipocolesterolemica, stimolino il sistema immunitario e prevengano l’insorgenza del diabete e delle malattie croniche non trasmissibili. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di individuare, in condizioni sperimentali controllate e nelle comuni realtà di allevamento, le possibili strategie alimentari atte ad aumentare le concentrazioni di Omega-3 e CLA del latte vaccino, senza penalizzare i titoli di grasso del latte. I lavori sperimentali effettuati possono essere distinti in 3 fasi: una prima fase in cui l’oggetto principale delle ricerche svolte è stato l’incremento in acidi grassi Omega3 del latte, una seconda fase in cui l’obiettivo si è allargato anche all’incremento delle concentrazioni in CLA, e una terza fase che ha avuto come scopo quello di incrementare i livelli di Omega3 e CLA del latte senza penalizzare i titoli di grasso. Le strategie alimentari più efficaci si sono basate sulla modificazione degli apporti lipidici della razione attraverso la supplementazione con seme di soia o relativo olio, semi di lino o relativo olio, olii di pesce e acido stearico. Le ricerche svolte hanno evidenziato come, attraverso opportune ed accurate modulazioni degli apporti lipidici delle razioni, sia di fatto possibile innalzare i contenuti di acidi grassi della serie Omega3 e CLA nel latte vaccino, senza penalizzare i titoli del grasso del latte.

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La Tesi analizza le relazioni tra i processi di sviluppo agricolo e l’uso delle risorse naturali, in particolare di quelle energetiche, a livello internazionale (paesi in via di sviluppo e sviluppati), nazionale (Italia), regionale (Emilia Romagna) e aziendale, con lo scopo di valutare l’eco-efficienza dei processi di sviluppo agricolo, la sua evoluzione nel tempo e le principali dinamiche in relazione anche ai problemi di dipendenza dalle risorse fossili, della sicurezza alimentare, della sostituzione tra superfici agricole dedicate all’alimentazione umana ed animale. Per i due casi studio a livello macroeconomico è stata adottata la metodologia denominata “SUMMA” SUstainability Multi-method, multi-scale Assessment (Ulgiati et al., 2006), che integra una serie di categorie d’impatto dell’analisi del ciclo di vita, LCA, valutazioni costi-benefici e la prospettiva di analisi globale della contabilità emergetica. L’analisi su larga scala è stata ulteriormente arricchita da un caso studio sulla scala locale, di una fattoria produttrice di latte e di energia elettrica rinnovabile (fotovoltaico e biogas). Lo studio condotto mediante LCA e valutazione contingente ha valutato gli effetti ambientali, economici e sociali di scenari di riduzione della dipendenza dalle fonti fossili. I casi studio a livello macroeconomico dimostrano che, nonostante le politiche di supporto all’aumento di efficienza e a forme di produzione “verdi”, l’agricoltura a livello globale continua ad evolvere con un aumento della sua dipendenza dalle fonti energetiche fossili. I primi effetti delle politiche agricole comunitarie verso una maggiore sostenibilità sembrano tuttavia intravedersi per i Paesi Europei. Nel complesso la energy footprint si mantiene alta poiché la meccanizzazione continua dei processi agricoli deve necessariamente attingere da fonti energetiche sostitutive al lavoro umano. Le terre agricole diminuiscono nei paesi europei analizzati e in Italia aumentando i rischi d’insicurezza alimentare giacché la popolazione nazionale sta invece aumentando.

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Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato il contributo delle cellule staminali di derivazione midollare nei processi di rigenerazione epatica dopo danno tissutale. E’ cresciuto pertanto l’interesse sul loro potenziale impiego in pazienti con cirrosi. Questo studio si propone di valutare la fattibilità e la sicurezza della reinfusione intraepatica di cellule staminali midollari autologhe CD133+ in 12 pazienti con insufficienza epatica terminale definita da un punteggio di Model for End Stage of Liver Disease (MELD) compreso tra 17 e 25. L’efficacia in termini di funzionalità epatica rappresenta un obiettivo secondario. Previa mobilizzazione nel sangue periferico mediante somministrazione di granulocyte-colony stimulating factor (G-CSF) alla dose di 7,5 mcg/Kg/b.i.d. e raccolta per leucoaferesi, le cellule CD133+ altamente purificate vengono reinfuse in arteria epatica a partire da 5x104/Kg fino a 1x106/kg. Nei tre giorni successivi si somministra G-CSF per favorire l’espansione e l’attecchimento delle cellule. Durante la mobilizzazione, la reinfusione e nei 12 mesi successivi i pazienti sono sottoposti a periodici controlli clinici, laboratoristici e strumentali e ad attenta valutazione di effetti collaterali. Lo studio è tuttora in corso e ad oggi, 11 pazienti sono stati sottoposti a reinfusione e 4 hanno completato i 12 mesi di follow-up. Il G-CSF è stato ben tollerato e ha consentito di ottenere una buona espansione cellulare. Dopo la reinfusione sono stati documentati un ematoma inguinale e due episodi transitori di encefalopatia portosistemica. Durante il follow-up 4 pazienti sono stati trapiantati e 2 sono morti. Non è stata osservata alcuna modificazione significativa degli indici di funzione epatica. Questi risultati preliminari confermano la possibilità di mobilizzare e reinfondere un numero adeguato di cellule staminali di derivazione midollare in pazienti con malattia epatica in stadio terminale.

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Il presente lavoro è strutturato in quattro parti analizzando e comparando le pubblicazioni del settore scientifico italiano, anglofono e tedesco di riferimento. Nel primo capitolo della tesi viene proposta una riflessione sulle parole che ruotano attorno al tema dei DSA e della disabilità. Nel secondo capitolo vengono presentati, a partire dalla letteratura scientifica di riferimento, gli indicatori di rischio che segnalano possibili disturbi specifici di apprendimento e le caratteristiche di apprendimento dei DSA mettendo in luce potenzialità e talenti spesso intrinseci. Nel terzo capitolo viene vagliata la normativa di riferimento, in particolare la recente Legge 170/2010 e le relative Linee Guida. Nel quarto capitolo, partendo dal tema della diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (da ora in poi TIC) nel mondo della scuola, sono ampiamente trattati i principali strumenti compensativi (sintesi vocale, libri digitali, mappe concettuali, Lavagna Interattiva Multimediale) e le misure dispensative adottabili. Nel quinto capitolo viene analizzato in tutte le sue parti il Piano Didattico Personalizzato (da ora in poi PDP) e viene proposto un possibile modello di PDP pubblicato sul sito dell'Ufficio per l’Ambito Territoriale di Bologna. Nel sesto capitolo della tesi viene presentato il Progetto Regionale ProDSA. Il Progetto, rivolto a studenti, con diagnosi di DSA, delle scuole secondarie di primo grado e del primo biennio delle secondarie di secondo grado dell’Emilia-Romagna, ha visto, grazie a un finanziamento della Regione, la consegna in comodato d'uso gratuito di tecnologie compensative agli alunni che hanno aderito. La sezione empirica del presente lavoro indaga l’uso reale che è stato fatto degli strumenti proposti in comodato d’uso e le motivazioni legate alla scelta di non utilizzarli in classe. Nel settimo capitolo vengono proposti strumenti progettati per rispondere concretamente alle criticità emerse dall'analisi dei dati e per sensibilizzare il mondo della scuola sulle caratteristiche dei DSA.

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Nella presente tesi è proposta una metodologia per lo studio e la valutazione del comportamento sismico di edifici a telaio. Il metodo prevede la realizzazione di analisi non-lineari su modelli equivalenti MDOF tipo stick, in accordo alla classificazione data nel report FEMA 440. Gli step per l’applicazione del metodo sono descritti nella tesi. Per la validazione della metodologia si sono utilizzati confronti con analisi time-history condotte su modelli tridimensionali dettagliati delle strutture studiate (detailed model). I parametri ingegneristici considerati nel confronto, nell’ottica di utilizzare il metodo proposto in un approccio del tipo Displacement-Based Design sono lo spostamento globale in sommità, gli spostamenti di interpiano, le forze di piano e la forza totale alla base. I risultati delle analisi condotte sui modelli stick equivalenti, mostrano una buona corrispondenza, ottima in certi casi, con quelli delle analisi condotte sui modelli tridimensionali dettagliati. Le time-history realizzate sugli stick model permettono però, un consistente risparmio in termini di onere computazionale e di tempo per il post-processing dei risultati ottenuti.