999 resultados para Campi di concentramento, Guerra civile spagnola, Letteratura sul franchismo
Resumo:
Il presente studio ha come obiettivi l’analisi, la modellazione numerica e la caratterizzazione del rischio idrogeologico di due siti dell’Appennino bolognese interessati negli ultimi due anni da colate detritiche, Serraglio (Comune di Castiglione dei Pepoli) e Chiapporato (Comune di Camugnano). Lo studio è stato condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico di Bacino Reno della Regione Emilia-Romagna, che ha reso disponibile la documentazione relativa ai due eventi analizzati. I predetti eventi possono esser definiti “anomali” in relazione sia alla loro collocazione – essendo il fenomeno delle colate detritiche diffuso principalmente in aree montuose caratterizzate da un’altitudine media rilevante, come l’arco alpino – sia al fatto che non sono né catalogati né ricordati a memoria d’uomo eventi, in tali località, precedenti a quelli in esame. Il rischio idrogeologico, indotto dalla possibilità non remota di nuovi eventi, è dato non dal volume o dall’area interessata dai fenomeni, ma piuttosto dall’estrema velocità caratterizzante le colate detritiche, appunto definite come manifestazioni parossistiche lungo la rete idrografica secondaria con trasporto in massa di sedimenti. L’analisi effettuata ha anche fornito l’occasione per effettuare un confronto tra due realtà, quella di Serraglio e quella di Chiapporato, accomunate dalla stessa tipologia di evento, ma differenti in relazione all’uso del suolo, alle caratteristiche geomorfologiche e alle modalità di propagazione nel corso dell’evento. L’abitato di Serraglio, sito nella frazione di Baragazza, è stato colpito da una colata detritica il 20 gennaio 2009. Da un punto di vista geologico e geomorfologico la località è sovrastata da un versante boscato notevolmente acclive, caratterizzato dall’affioramento della cosiddetta Formazione di Cervarola: tali rocce, appartenenti alla categoria delle arenarie e solitamente presenti in strati compatti, in seguito alla naturale degradazione dovuta agli agenti atmosferici hanno dato luogo ad un detrito composto da blocchi e ciottoli di varia dimensione immersi in una matrice sabbiosa. Il distacco è avvenuto proprio in questo materiale detritico, reso instabile dal notevole apporto pluviometrico verificatosi nei giorni precedenti. La colata, sviluppatasi in seguito alla fluidificazione del materiale coinvolto in uno scivolamento di detrito di ridotta volumetria, si è incanalata in uno dei rii effimeri che drenano il versante con traiettorie tra loro pseudo parallele. Il debris flow, accelerato da un dislivello complessivo di 125 m, ha poi raggiunto due abitazioni, fortunatamente non abitate al momento dell’evento, depositando uno spessore detritico di oltre 1,5 m nella zona di transito prima di proseguire verso valle nella sua frazione più fine, incanalandosi di fatto lungo lo stradello asfaltato di accesso alle abitazioni e interessando la strada provinciale che collega Castiglione dei Pepoli all’uscita autostradale di Roncobilaccio. Da un punto di vista meteo-climatico il mese di gennaio 2009 è stato caratterizzato da precipitazioni fortemente superiori alla media, accompagnate da una ridotta insolazione. La continua oscillazione dello zero termico tra 0 e 900 m ha dato luogo alla formazione di uno spessore nivale al suolo di circa 20 cm tre giorni prima dell’evento e poi al suo rapido scioglimento contestualmente all’aumento termico, dato dalla risalita di aria calda umida di origine africana, accompagnata da quella perturbazione che ha poi di fatto innescato il fenomeno. Nelle 48 ore precedenti l’evento sono stati registrati apporti nivo-pluviometrici corrispondenti ad oltre 130 mm, che hanno causato la completa saturazione del detrito superficiale, l’innesco dello scivolamento di detrito e la sua successiva fluidificazione. Il distacco del materiale detritico, la sua movimentazione e la notevole erosione che ha caratterizzato l’alveo del rio durante il fenomeno – quantificata mediamente in 20 cm – sono state favorite dalle mediocri condizioni di salute del castagneto che copre il versante interessato dall’evento: la totale assenza di manutenzione e l’abbandono della coltivazione “a pali” del bosco hanno inibito la naturale funzione stabilizzante del boscato, trasformatosi da fattore inibente a fattore predisponente il fenomeno. La seconda colata detritica analizzata ha invece interessato la strada comunale che collega la frazione di Stagno all’abitato di Chiapporato, splendida borgata cinquecentesca, frequentata soprattutto da turisti ed escursionisti durante la stagione estiva. Il versante sede della colata, occorsa in data 8 novembre 2010, è caratterizzato da numerosi affioramenti della cosiddetta Formazione di Stagno, arenarie intervallate da strati marnoso-pelitici. Tale litotipo, soggetto alla naturale degradazione indotta dagli agenti atmosferici, origina un detrito composto da massi e ciottoli, raccoltisi, nell’area in esame, in un canalone posto ai piedi di una scarpata pseudo verticale delimitante il pianoro di “Val di Sasso”. Tale materiale detritico è stato poi fluidificato dalle abbondanti piogge, depositando, dopo oltre 320 metri di dislivello, circa un metro di detrito sul piano stradale per poi proseguire la sua corsa verso il Torrente Limentra e il Bacino di Suviana. L’evento è stato innescato da precipitazioni intense e persistenti che hanno depositato al suolo oltre 69 mm di pioggia in 25 ore. Nel mese precedente il fenomeno sono stati misurati oltre 530 mm di pioggia, quantitativi superiori alla media climatologica, che hanno sicuramente accelerato anche la degradazione della scarpata e l’accumulo di detriti nell’area sorgente. Le colate sopra descritte sono state poi simulate utilizzando il modello DAN-W (Dynamic ANalysis) del prof. Oldrich Hungr della University of British Columbia (Canada). Tale modello si basa su una discretizzazione della massa movimentata tramite il metodo degli “elementi di contorno” e sulla soluzione alle differenze finite di tipo Lagrangiano dell’equazione di De Saint Venant. L’equazione del moto, integrata verticalmente, è applicata a colonne strette di flusso (elementi di contorno). L’equazione di continuità è invece risolta riferendosi agli elementi di massa delimitati dai predetti elementi di contorno. Il numero di incognite principali eguaglia il numero di equazioni disponibili ed il problema è quindi completamente determinato. Gli altri parametri caratterizzanti la colata sono determinati tramite interpolazioni basate sull’ipotesi che sia la superficie del flusso sia quella della traiettoria siano ragionevolmente lisce. La soluzione è esplicita ed avviene per step temporali successivi. Al fine della determinazione dei parametri l’utilizzatore ha la possibilità di scegliere tra vari modelli reologici, quantificanti il termine di resistenza caratterizzante il moto. Su indicazione dell’autore del modello sono stati utilizzati il modello frizionale e quello di Voellmy, che, in casi simili, forniscono risultati più realistici (in relazione alla modellizzazione di colate di detrito). I parametri utilizzati per la calibrazione sono lo spessore di detrito depositato sul piano stradale, nel caso di Chiapporato, e a tergo della prima abitazione investita dalla colata nel caso di Serraglio, unitamente alla massima distanza raggiunta dai detriti. I risultati ottenuti utilizzando il modello reologico frizionale mostrano profili di velocità scarsamente rappresentativi, con una costante sovrastima della stessa, a fronte di una migliore capacità descrittiva degli spessori accumulatisi. Il modello di Voellmy ha invece prodotto andamenti di velocità più realistici, confrontabili con i valori forniti dalla letteratura internazionale, riuscendo al contempo a quantificare con precisione l’accumulo di detrito rilevato a seguito degli eventi. I valori dei parametri utilizzati nella modellazione sono stati ricavati dalle indicazioni dell’autore del modello affiancate dai range resi disponibili dalla letteratura. Entrambe le caratterizzazioni reologiche sono poi state oggetto di un’analisi di sensitività ai fini di quantificare il peso dei parametri utilizzati. Il modello frizionale si è rivelato particolarmente sensibile all’andamento del coefficiente di attrito basale e al coefficiente di pressione dei pori, con un lieve preponderanza del primo, mentre il modello reologico di Voellmy si è mostrato fortemente influenzato dal coefficiente di turbolenza e dal coefficiente di attrito, pressoché paritari nell’effettivo condizionamento dei risultati. Gli output ottenuti simulando l’evento di Serraglio sono risultati generalmente meno realistici di quelli ricavati nel caso di Chiapporato: ciò è probabilmente dovuto alle caratteristiche reologiche proprie del fenomeno occorso a Serraglio, classificabile come un ibrido tra un mud flow e un debris flow. Sono state infine avanzate proposte di intervento e di monitoraggio dei siti indagati, al fine di una mitigazione del rischio idrogeologico gravante sulle aree esaminate. Il caso di Serraglio presenta, a parere dello scrivente, un rischio idrogeologico più elevato, se paragonato a quello presente a Chiapporato, dati la vicinanza ad un centro abitato e lo status quo caratterizzante il versante sede del dissesto. Nei circa 18 mesi trascorsi dopo l’evento è stato possibile rilevare un progressivo ampliamento della nicchia di distacco dello scivolamento, poi evolutosi in colata con andamento tipicamente retrogressivo. Lo stato della vegetazione permane in condizioni problematiche, con frequenti ribaltamenti e sradicamenti (processi noti in letteratura come chablis) dei castagni presenti, con un conseguente aumento dell’erosione superficiale del versante e l’apporto detritico all’interno del rio. Tale detrito è poi trattenuto all’interno dell’alveo da una serie di briglie naturali formatesi a seguito della caduta di varie piante all’interno del canale stesso a causa del passaggio del debris flow o a fenomeni di chablis. La forte sovraescavazione occorsa in occasione della colata ha poi favorito l’innesco di una serie di piccoli scivolamenti superficiali confluenti nel rio stesso, anch’essi apportatori di detrito, ingrediente principale per un nuovo debris flow. È inoltre da notare come la zona di runout è tuttora parzialmente occupata dal detrito depositatosi a seguito dell’evento: tale configurazione, causando di fatto una riduzione della potenziale area di “sfogo” di un nuovo debris flow, acuisce il rischio di un’estensione areale verso valle degli effetti di un nuovo fenomeno, con un conseguente possibile maggior coinvolgimento dell’abitato di Serraglio. È stato quindi proposto di attuare un’adeguata regimazione dell’area boschiva caratterizzante il versante, unitamente ad una regimazione fluviale del rio, tramite la realizzazione di briglie in legno e pietrame – essendo l’area non cantierabile – e la rimozione degli accumuli detritici in seno all’alveo stesso. La nicchia di distacco principale e le nicchie secondarie dovranno poi essere oggetto di opportuna stabilizzazione. Più a valle è stata suggerita la rimozione dell’accumulo detritico presente nell’area di runout e la realizzazione di un’adeguata opera di ricezione delle acque del rio e di eventuali nuove colate: a tal fine si è ipotizzato il ripristino dell’antico alveo, successivamente deviato e tombato per permettere l’edificazione dell’abitazione poi investita dalla colata. È stato inoltre proposto un monitoraggio attraverso l’installazione di un pluviometro, tarato con opportune soglie di allarme, dotato di datalogger e modem GPRS al fine di comunicare in tempo reale, ai tecnici incaricati e agli abitanti, un eventuale superamento della soglia di allarme. Il caso di Chiapporato è invece caratterizzato da problematiche connesse al rischio idrogeologico meno rilevanti di quelle presenti a Serraglio. Ciò è dovuto allo scarso traffico caratterizzante la strada comunale e all’assenza di altri edifici o infrastrutture potenzialmente coinvolgibili da un nuovo evento. La probabilità del verificarsi di una nuova colata è però concreta, considerata la forte erosione caratterizzante il versante: trascorsi sei mesi dall’evento, è stato possibile rilevare nell’area sorgente un accumulo medio di detrito di circa mezzo metro di spessore. Le cause del dissesto, a differenza di Serraglio, non sono in alcun modo imputabili all’azione antropica: si tratta infatti della naturale evoluzione del versante sovrastante il piano stradale. Si propone quindi la collocazione di cartelli stradali indicanti il pericolo di caduta massi e colate detritiche agli automobilisti e ai pedoni, unitamente all’installazione di un cavo a strappo posto lungo l’alveo torrentizio collegato ad un semaforo dislocato nei pressi del guado della strada comunale sul rio Casale. L’eventuale verificarsi di un nuovo evento comporterebbe la lacerazione del cavo installato e l’attivazione del semaforo – e di un eventuale allarme acustico – con conseguente inibizione del traffico stradale in occasione del transito del debris flow. Nel contesto geologico e geomorfologico dell’Appennino tosco-emiliano i debris flow rappresentano una tipologia di dissesto da frana poco diffusa, ma comunque potenzialmente presente nelle aree dove i processi di alterazione e degradazione degli ammassi rocciosi affioranti generino accumuli di detrito e in condizioni morfologiche caratterizzate da elevate pendenze dei versanti. Questo studio ha permesso di approfondire la conoscenza di questi fenomeni, che presentano una magnitudo notevolmente inferiore rispetto al contesto alpino, ma la cui interferenza con l’attività antropica acuisce notevolmente il rischio idrogeologico nelle zone interessate. Si sottolinea, inoltre, che nell’attuale contesto climatico caratterizzato da sempre più frequenti piogge brevi ed intense ed eventi cosiddetti di rain on snow, la frequenza sia temporale che spaziale di tali fenomeni di dissesto appare destinata ad aumentare, anche in aree in precedenza non interessate.
Resumo:
Oggetto della tesi di laurea è il recupero di Villa Rasponi a Savignano sul Rubicone, un bene storico complesso composto da elementi di varia natura: architettonici e vegetali, di differente pregio, dalla residenza settecentesca agli annessi agricoli di servizio, al parco. Le funzioni d’uso attuali rarefatte e strettamente comuni a quelle originarie, non sono più proponibili per poter garantire la sopravvivenza e la conservazione del complesso. Questo da un punto di vista puramente economico, per l’impegno in termini finanziari che un sito di tali dimensioni richiede, a livello gestionale e circostanziale. Come intervenire su un manufatto di questa natura, tutelandolo, riqualificandolo dal punto di vista architettonico e paesaggistico e, nello stesso tempo, reinserendolo in maniera attiva in un contesto urbano e territoriale dal quale negli anni si è progressivamente distaccato e isolato, chiudendosi nell’accezione di residenza privata? Il progetto, lavorando a vari livelli e confrontandosi con differenti campi disciplinari, dal restauro di un parco storico “firmato” da Pietro Porcinai, all’inserimento di nuovi elementi architettonici, all’analisi di fattibilità finanziaria, si pone principalmente due obiettivi: 1) da un lato intervenire materialmente sul manufatto restaurando gli edifici, anche attraverso la definizione di funzioni che ne permettano la sopravvivenza, e manutenendo il parco storico. In questo senso l’aspetto su cui si insiste maggiormente è il rispetto e la valorizzazione del complesso villa–parco–giardino-annessi come unicum, che assume pregio nella sua totalità e integrità; 2) dall’altro, tenuto conto delle dimensioni, dell’importanza storica, architettonica, culturale e paesaggistica del sito, il progetto intende estendere la sua valenza anche a un intorno in primo luogo locale e poi più ampio, diventando punto di riferimento e polo attrattivo, così come lo era stato nel passato, all’epoca nella quale in esso viveva la principessa Luisa Murat. Non ci si limita dunque a considerare il caso isolato, ma si tiene conto del fatto che la Villa Rasponi sorge all’interno di un contesto, quello della Romagna, di straordinaria ricchezza e molteplicità di espressioni artistiche, architettoniche, naturalistiche che costituiscono un patrimonio di valore, in gran parte scarsamente conosciuto e per nulla. Da qui l’idea di utilizzare una porzione di paesaggio come vetrina e contenitore di informazioni su tutta l’eredità culturale romagnola, legata ad un nuovo modo di intendere il luogo, come contesto che incarna la rete di significati all’interno dei quali le azioni degli uomini diventano fatti culturali. Il complesso della Villa Rasponi, per le sue connotazioni storiche, paesaggistiche, fisiche e posizionali, diventa la concretizzazione di tale idea. Dunque, una porzione di paesaggio che si fa strumento fisico e concettuale, di comunicazione, per trasmettere, valorizzare e promuovere il patrimonio naturale, architettonico e culturale di tutto il territorio in cui è inserito, diventandone icona e sintesi.
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Il lavoro si propone un’analisi dell’elemento spaziale e del movimento per ricostruire lo spazio della cultura neozelandese e lo spazio letterario di Janet Frame. La tesi si concentra in particolar modo sui romanzi con alcune incursioni nella fiction breve e nell’autobiografia. Si sviluppa in quattro capitoli nella forma di un itinerario attraverso la fiction dell'autrice preceduto da un capitolo che offre alcune coordinate teoriche e metodologiche sul concetto di spazio e la sua percezione. In particolare, una prospettiva fenomenologica e esistenziale alla questione appare congeniale all'analisi delle opere dell'autrice. Nell'ordine, quattro spazi concettuali si aprono a partire dai romanzi: linguaggio, etica, trascendenza e arte. Essi costituiscono i nuclei tematici e strutturali attorno ai quali si raccolgono i romanzi di Janet Frame e che consentono di analizzare i luoghi descritti nelle opere proponendo però una riflessione che va oltre la rappresentazione dello spazio per aprirsi sul retroterra culturale, intellettuale e filosofico dell'autrice. Emerge così l'originalità della sua posizione rispetto all'identità culturale del suo paese e alla relazioni che legano la Nuova Zelanda alla metropoli inglese e agli altri Paesi anglosassoni.
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Sect. 606, par. 1, e), as modified by Law 46, enacted on Februray 20th, 2006 introduced the chance to appeal to the Court of cassation in case of inconsistent reasoning and extended control on its existence and on other flaws and lack of obvious logic over the text of the contested decision, namely “to other acts the process specified in the grounds of burden”. The renewed provision seems to properly reappoint the “distortion of the evidence”, i.e. the omitted or distorted evidence that could be relevant and conclusive one, in the peculiar context of the grounds' vice. After a general review of the obligation to state reasons for judicial decisions, we analyze the innovative status of the vice of “distortion of evidence” and the conditions and the limits - defined by the law - within we can contest a resolution for illegitimacy. Then, we outline the systematic spin-off brought by the new form of sect. 606, par. 1, e) on some institutions in the code of criminal procedure. Finally, we make the role of the Court of cassation clear in the modern criminal trial, since the 2006 reform gave no definite answer on this fundamental aspect of the question.
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In questo elaborato prenderemo in esame la questione della progettazione di un sistema software atto a gestire alcuni dei problemi legati alla raccolta dei dati in ambito medico. Da tempo infatti si è capita l'importanza di una speciale tecnica di raccolta dei dati clinici, nota in letteratura col nome di "patient-reported outcome", che prevede che siano i pazienti stessi a fornire le informazioni circa l'andamento di una cura, di un test clinico o, più semplicemente, informazioni sul loro stato di salute fisica o mentale. Vedremo in questa trattazione come ciò sia possibile e, soprattutto, come le tecniche e le tecnologie informatiche possano dare un grande contributo ai problemi di questo ambito. Mostreremo non solo come sia conveniente l'uso, in campo clinico, di tecniche automatiche di raccolta dei dati, della loro manipolazione, aggregazione e condivisione, ma anche come sia possibile realizzare un sistema moderno che risolva tutti questi problemi attraverso l'utilizzo di tecnologie esistenti, tecniche di modellazione dei dati strutturati e un approccio che, mediante un processo di generalizzazione, aiuti a semplificare lo sviluppo del software stesso.
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La terra, nel corso della sua storia, ha subito molteplici cambiamenti con la comparsa e scomparsa di numerose specie animali e vegetali. Attualmente, l’estinzioni delle specie, la riduzione degli areali e il depauperamento degli ecosistemi è da ricollegare alle attività dell’uomo. Per tali motivi, in questi ultimi decenni si è iniziato a dare importanza alla conservazione della biodiversità, alla creazione di zone protette e a sviluppare interventi di reintroduzione e rafforzamento di specie rare e a rischio di estinzione. Questo lavoro di tesi si propone di analizzare la variabilità genetica delle popolazioni di Rhododendron ferrugineum L. lungo il suo areale, con particolare attenzione alle aree marginali dell’Appennino, dove la specie rappresenta un caso di pseudo rarità, al fine di valutare lo stato di salute della specie al limite del suo areale e valutare appropriati interventi di conservazione o reintroduzione. Per effettuare le analisi sono stati messi a punto dei marcatori molecolari discontinui, i microsatelliti, che, essendo dei marcatori co-dominati, permettono di valutare differenti parametri legati alla diversità genetica delle popolazioni inclusi i livelli di eterozigotà ed il flusso genico tra popolazioni limitrofe. I campionamenti sono stati effettuati nelle uniche 3 stazioni presenti sugli Appennini. Al fine di confrontare la struttura genetica di queste popolazioni sono state considerate anche popolazioni delle Alpi Marittime, delle Alpi centro-orientali e dei Pirenei. L’analisi della diversità genetica effettuata su questo pool di popolazioni analizzate con 7 marcatori microsatelliti, ha messo in evidenza che le popolazioni relitte dell’Appennino Tosco-Emiliano presentano un ridotto livello di eterozigosità che suggerisce quindi un elevato livello di inbreeding. Si ritiene che ciò sia dovuto alla loro dislocazione sul territorio, che le rende isolate sia tra di loro che dalle popolazioni delle vicine Alpi Marittime. La stima delle relazioni genetiche tra le popolazioni appenniniche e le vicine piante alpine evidenzia come non vi sia scambio genetico tra le popolazioni. Le analisi dei cluster suggeriscono che due delle popolazioni Appenniniche siano più simili alle popolazioni della Alpi Marittime, mentre la terza ha più affinità con le popolazioni delle Alpi centro-orientali. Le popolazioni dei Pirenei risultano essere geneticamente più simili alle popolazioni delle Alpi Marittime, in particolare alle tre popolazioni del versante francese. In questo lavoro abbiamo affrontato anche il problema delle specie ibride. Rhododendron x intermedium Tausch è un ibrido frutto dell’incrocio tra Rhododendron ferrugineum L. e Rhododendron hirsutum L., in grado di incrociarsi sia con altri ibridi, sia con i parentali (fenomeno dell’introgressione). L’origine di questo ibrido risiede nella simpatria delle due specie parentali, che tuttavia, presentano esigenze ecologiche differenti. Ad oggi la presenza di Rhododendron x intermedium è stata accertata in almeno tre stazioni sulle Alpi Italiane, ma la letteratura documenta la sua presenza anche in altre zone dell’Arco Alpino. L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di verificare la reale natura ibrida di Rhododendron x intermedium in queste stazioni utilizzando un approccio integrato ossia sia attraverso un’analisi di tipo morfologico sia attraverso un analisi di tipo molecolare. In particolare l’approccio molecolare ha previsto prima un’analisi filogenetica attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari filogenetici nucleari e plastidiali (ITS, At103, psbA-trnH e matK) e quindi un’analisi della struttura delle popolazioni della specie ibrida attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari microsatelliti. Da un’analisi morfologica, risulta che gli esemplari ibridi possono essere molto differenti tra loro e ciò supporta la formazione di sciami ibridi. Al fine di verificare la natura di questa specie e la struttura delle popolazioni ibride e dei rispettivi parentali, sono state campionate differenti popolazioni in tutta l’area di interesse. I campioni ottenuti sono stati quindi analizzati geneticamente mediante marcatori molecolari del DNA. I risultati ottenuti hanno permesso innanzitutto di confermare l’origine ibrida degli individui di prima generazione della specie Rhododendron x intermedium e quindi di distinguere i parentali dagli ibridi ed evidenziare la struttura genetica delle popolazioni ibride.
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La presente tesi dimostra che la letteratura nera canadese può costituire una critica al concetto di appartenenza, così come è stato sempre rappresentato nel Canada anglofono. Più specificatamente, prende in considerazione tre scrittori contemporanei – George Elliott Clarke, Austin Clarke e Dionne Brand – che mettono in evidenza, seppure non nei termini classici, ciò che Stuart Hall descrive come “quegli aspetti delle nostre identità che scaturiscono dal nostro ‘appartenere’ a distinte culture etniche, razziali, linguistiche, religiose e soprattutto nazionali” (Stuart Hall, Modernity 596). Ognuno di essi, infatti, pone in evidenza il senso di appartenenza culturale in modo incerto, ambivalente e perfino estremamente critico. L’analisi dei loro testi, inoltre, è imprescindibile, dallo studio di tre discorsi (termine da intendersi secondo la definizione proposta da Ian Angus): il nazionalismo, il multiculturalismo e la diaspora che sembrano condizionare e limitare i termini semantici, concettuali e politici dell’appartenenza culturale, specialmente nell’ambito degli studi canadesi e postcoloniali. In realtà, autori quali Austin Clarke e Dionne Brand, offrendo una prospettiva unica ed originale da cui avviare una critica a tali concetti, propongono dei ‘linguaggi di appartenenza’ diversi e, di conseguenza, modi alternativi di manifestare e concretizzare, non solo un attaccamento culturale, ma anche un impegno politico profondo. Il lavoro è composto dall’Introduzione, in cui vengono esplicitate le ragioni dell’argomento scelto; il Capitolo I, che funge da impianto metodologico alla ricerca, spiega il concetto di appartenenza; da tre Capitoli centrali, ciascuno dedicato ad un singolo autore, che esaminano una serie di opere, di ogni singolo autore, al fine di esaminare e giudicare i tre discorsi; e dalla Conclusione che contiene delle considerazioni sul ruolo della letteratura nera canadese all’interno degli studi canadesi contemporanei e postcoloniali.
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La presente tesi, pur senza avere pretese di completezza e rimanendo in un ambito di raccolta di informazioni e dati, intende approfondire ed analizzare gli aspetti legati alla normativa vigente ed alle problematiche di diritto e privacy per il rilevamento di immagini in ambito civile, partendo dalla descrizione generale dei più comuni sistemi di rilevamento e attraverso l’analisi di casi di studio e di esempi d’applicazione.
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Tesi riguardo la fase preliminare di una campagna sperimentale su elementi rinforzati a flessione e taglio con fibra di basalto e malta e successivamente testati al fuoco. Comprende una parte relativa al comportamento dei comositi allle alte temperature e una sul problema della delaminazione alle alte temperature. Sono inoltre condotte simulazione numeriche relativamente al problema dell trasmissione del calore all'interno della sezione, con particolare attenzione alla modellazione dell'intuemescente. Sono stati eseguite prove di pull-out sui rinforzi e una serie di prove a compressione a caldo sulla malta d'incollaggio.
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Le tecniche dell'informazione e i metodi della comunicazione hanno modificato il modo di redigere documenti destinati a trasmettere la conoscenza, in un processo che è a tutt'oggi in corso di evoluzione. Anche l'attività progettuale in ingegneria ed architettura, pure in un settore caratterizzato da una notevole inerzia metodologica e restio all'innovazione quale è quello dell'industria edilizia, ha conosciuto profonde trasformazioni in ragione delle nuove espressioni tecnologiche. Da tempo l'informazione necessaria per realizzare un edificio, dai disegni che lo rappresentano sino ai documenti che ne indicano le modalità costruttive, può essere gestita in maniera centralizzata mediante un unico archivio di progetto denominato IPDB (Integrated Project DataBase) pur essendone stata recentemente introdotta sul mercato una variante più operativa chiamata BIM (Building Information Modelling). Tuttavia l'industrializzazione del progetto che questi strumenti esplicano non rende conto appieno di tutti gli aspetti che vedono la realizzazione dell'opera architettonica come collettore di conoscenze proprie di una cultura progettuale che, particolarmente in Italia, è radicata nel tempo. La semantica della rappresentazione digitale è volta alla perequazione degli elementi costitutivi del progetto con l'obiettivo di catalogarne le sole caratteristiche fabbricative. L'analisi della letteratura scientifica pertinente alla materia mostra come non sia possibile attribuire ai metodi ed ai software presenti sul mercato la valenza di raccoglitori omnicomprensivi di informazione: questo approccio olistico costituisce invece il fondamento della modellazione integrata intesa come originale processo di rappresentazione della conoscenza, ordinata secondo il paradigma delle "scatole cinesi", modello evolvente che unifica linguaggi appartenenti ai differenti attori compartecipanti nei settori impiantistici, strutturali e della visualizzazione avanzata. Evidenziando criticamente i pregi e i limiti operativi derivanti dalla modellazione integrata, la componente sperimentale della ricerca è stata articolata con l'approfondimento di esperienze condotte in contesti accademici e professionali. Il risultato conseguito ha coniugato le tecniche di rilevamento alle potenzialità di "modelli tridimensionali intelligenti", dotati cioè di criteri discriminanti per la valutazione del relazionamento topologico dei componenti con l'insieme globale.
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Lo scopo di questo progetto di ricerca è principalmente l’elaborare un’analisi socio-comportamentale di Grampus griseus all’interno di un gruppo sociale di Tursiops truncatus in ambiente controllato. In questo studio è stato inoltre monitorato l’uso dell’habitat da parte del soggetto all’interno della vasca. L’esemplare di grampo oggetto della ricerca rappresenta una risorsa unica per approfondire le conoscenze riguardo a una specie su cui le informazioni in letteratura risultano scarse. Si tratta inoltre dell’unico esemplare di Grampus griseus proveniente dal Mar Adriatico e mantenuto in ambiente controllato in tutta Europa, perciò si è ritenuto irrinunciabile raccogliere il maggior numero di dati relativi alla sua biologia. Il progetto si è quindi focalizzato anche su altri aspetti, oltre alla parte etologica. È stato elaborato un programma di fotografie sequenziali sul corpo del soggetto al fine di monitorare le cicatrici o graffi cutanei (scarring) che si accumulano nel corso del tempo sulla superficie corporea. Ben poco è stato pubblicato sull’insorgenza di questi segni cutanei. Infine una parte della ricerca si è occupata, grazie alla collaborazione con i veterinari della struttura, dell’analisi dei dati ematologici raccolti su questo esemplare di Grampus griseus.