967 resultados para container transhipment gigantismo terminal NAPA intermodale


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Come si evince dal titolo della tesi, la ricerca effettuata dal presente candidato nel corso del dottorato di ricerca ha avuto ad oggetto lo studio della materia relativa ai trasporti nell’ambito di diversi sistemi giuridici europei, con particolare attenzione ai risvolti di carattere pratico che l’interpretazione delle normative uniformi poteva produrre nell’ambito delle diverse giurisdizioni nonché alle diverse impostazioni e alla variegata gamma di soluzioni interpretative che nell’ambito di problemi simili possono essere adottate a seconda che una stessa questione venga discussa in un ordinamento piuttosto che in un altro. Dall’avvento del trasporto marittimo di containers alla necessità di disciplinare l’intera materia attraverso una normativa multimodale il passo è estremamente breve, posto che, proprio in considerazione delle caratteristiche proprie del trasporto containerizzato, gli aventi diritto al carico sono principalmente interessati al completamente del trasferimento door-to-door inteso nella sua globalità, piuttosto che al buon esito del trasporto sulla singola tratta marittima. Il progetto di revisione delle Regole dell’Aja-Visby adottato dall’United Nations Commission on International Trade Law (Uncitral) e il Comité Maritime International (CMI) costituisce per definizione un progetto limitato ad un trasporto multimodale comprendente necessariamente una tratta marittima, ma rappresenta comunque un interessante banco di prova per valutare la funzionalità di strumenti di recente impiego, come ad esempio i cosiddetti e-documents, concetto peraltro già inserito nel progetto UNCITRAL, anche se con scarsi elementi di reale novità rispetto alla tradizionale disciplina relativa ai documenti cartacei. Proprio la parte relativa ai documenti e titoli di viaggio merita particolare attenzione soprattutto in riferimento alle problematiche connesse al traffico containerizzato, con particolare riferimento al concetto di transhipment, e alla conseguente necessità che la polizza garantisca al legittimo portatore una copertura completa sull’intero viaggio della merce, oltre a dargli la possibilità di individuare agevolmente la propria controparte contrattuale, e cioè il vettore.

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Analisi del sitema di certificazione LEED ed applicazione del protocollo Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni al progetto del Nuovo Molo Partenze dell'Aeroporto G. Marconi di Bologna. Individuazione delle criticità di tale sistema e proposta di un protocollo specifico per le realtà aeroportuali.

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Il presente elaborato descrive l’attività di progetto svolta durante il periodo di tirocinio presso la business unit “automotive technologies” della Robert Bosch GmbH: la Robert Bosch GmbH Branch in Italy che ha sede a Torino, e che si configura come fornitore di componenti per l’industria automotive. La funzione logistica è l’ufficio in cui si è svolta l’esperienza di tirocinio, che si è sviluppato nell’ambito del progetto di Container Management System. In particolare, è stato analizzato il sistema di gestione dei Returnable Packaging relativi ai componenti che vengono forniti agli stabilimenti dei clienti localizzati in Italia. L’elaborato è composto da due parti: una parte teorica e una parte pratica. La parte teorica espone gli strumenti teorici sui quali si fondano i contenuti sviluppati nella parte pratica. La parte pratica è volta a descrivere l’attività di progetto da un punto di vista strettamente operativo. Il primo capitolo illustra i motivi che hanno determinato l’avvio del progetto. Sono poi messi in evidenza quali sono gli obiettivi intermedi e finali che si intendono raggiungere, declinandoli in termini di organizzazione del lavoro. Sono qui esposte le basi teoriche del metodo utilizzato e della disciplina a cui si fa riferimento. Viene inoltre dato spazio alla trattazione di alcuni topic nell’ambito dei Returnable Packaging, approfondendo l’argomento per il settore automotive. Il secondo capitolo descrive la struttura organizzativa, i settori di business e le attività svolte dal gruppo Robert Bosch GmbH nel mondo e in Italia. Viene dato particolare rilievo alla sede di Torino ed alla divisione logistica di quest’ultima, in modo tale da descrivere il contesto entro il quale si sviluppa il progetto. Il capitolo presenta infine gli attori che operano nella catena logistica analizzata, descrivendone le attività svolte e caratterizzando la rete logistica studiata al fine di definire i confini entro i quali si sviluppa il progetto. Il terzo capitolo presenta l’analisi effettuata sul caso in esame, descrivendone le modalità operative per ciascuna fase. Il quarto capitolo presenta delle osservazioni sull’analisi effettuata, la validazione tecnico econimica delle soluzioni proposte e le considerazioni conclusive.

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La crescente espansione del traffico aereo degli ultimi anni obbliga i progettisti delle infrastrutture aeroportuali ad analizzare nel dettaglio i vari processi presenti negli aeroporti. Tali processi possono essere relativi al terminal, e quindi legati ai passeggeri, e relativi alle operazioni di volo, e pertanto legati agli aeromobili. Una delle aree più critiche dell’infrastruttura aeroportuale è il Terminal, in quanto è l’edificio che permette il trasferimento dei passeggeri dal sistema di trasporto terrestre a quello aeronautico e viceversa. All’interno del Terminal si hanno diversi processi, intesi come procedure, azioni o misure, che il passeggero è tenuto a sostenere prima, durante e dopo la partenza. L’aspetto più critico, per ciò che concerne i rischi di congestione dovuti alla molteplicità di processi, è il viaggio del passeggero in partenza. Il passaggio tra processi successivi deve essere visto con l’obiettivo di rendere il percorso del passeggero il più facile e semplice possibile. Nel presente elaborato si vuole focalizzare l’attenzione sui processi di gestione dei passeggeri presenti nei terminal aeroportuali valutandone le rispettive criticità. Per una buona analisi di questi processi bisognerebbe valutare il sistema reale. Per far fronte a questa necessità si fa uso della simulazione del sistema reale attraverso software specifici. La simulazione è il processo di progettazione e creazione di un modello computerizzato di un sistema reale. In questo lavoro di tesi, si vogliono, quindi, riportare le peculiarità dei processi che caratterizzano il viaggio dei passeggeri in partenza all’interno dei terminal aeroportuali, e valutarne le criticità attraverso l’applicazione ad un caso reale mediante l’utilizzo di uno dei maggiori software di simulazione in commercio, ovvero Arena Simulation Software della casa americana Rockwell. Pertanto nei primi capitoli vengono descritte le caratteristiche dei processi presenti in un terminal aeroportuale e le proprietà della simulazione. Mentre nei successivi capitoli si è riportato la simulazione di un caso reale effettuata con il software Arena.

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L’oggetto di studio della tesi è centrato sulla progettazione di pavimentazioni ad alta resistenza nell’ambito dei porti commerciali. Nel capitolo 1, viene effettuata una descrizione delle caratteristiche principali dei porti, proseguendo con l’esposizione dei principi organizzativi dei porti commerciali. In particolar modo, vengono illustrate le operazioni che si registrano in un terminal container e le proprietà dei diversi mezzi speciali che vi operano. Nel capitolo successivo, si procede con la definizione dei materiali più comunemente utilizzati nella realizzazione delle pavimentazioni di un porto e quindi con la descrizione delle principali tipologie di soluzioni adottate nella progettazione. Successivamente, nel capitolo 3, vengono enunciati i principali metodi di calcolo per la progettazione di una pavimentazione portuale e si prosegue con l’approfondimento del metodo descritto dal manuale pubblicato dalla British Ports Association (BPA):”The structural design of heavy duty pavements for ports and other industries”. Infine, nell’ultimo capitolo, viene illustrato il processo di progettazione in base al metodo BPA, mediante lo svolgimento di un esempio di calcolo della pavimentazione.

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The terminal homologation by CH(2) insertion into the peptides mentioned in the title is described. This involves replacement of the N-terminal amino acid residue by a β(2) - and of the C-terminal amino acid residue by a β(3) -homo-amino acid moiety (β(2) hXaa and β(3) hXaa, resp.; Fig. 1). In this way, the structure of the peptide chain from the N-terminal to the C-terminal stereogenic center is identical, and the modified peptide is protected against cleavage by exopeptidases (Figs. 2 and 3). Neurotensin (NT; 1) and its C-terminal fragment NT(8-13) are ligands of the G-protein-coupled receptors (GPCR) NT1, NT2, NT3, and NT analogs are promising tools to be used in cancer diagnostics and therapy. The affinities of homologated NT analogs, 2b-2e, for NT1 and NT2 receptors were determined by using cell homogenates and tumor tissues (Table 1); in the latter experiments, the affinities for the NT1 receptor are more or less the same as those of NT (0.5-1.3 vs. 0.6 nM). At the same time, one of the homologated NT analogs, 2c, survives in human plasma for 7 days at 37° (Fig. 6). An NMR analysis of NT(8-13) (Tables 2 and 4, and Fig. 8) reveals that this N-terminal NT fragment folds to a turn in CD(3) OH. - In the case of the human analgesic opiorphin (3a), a pentapeptide, and of the HIV-derived B27-KK10 (4a), a decapeptide, terminal homologation (→3b and 4b, resp.) led to a 7- and 70-fold half-life increase in plasma (Fig. 9). With N-terminally homologated NPY, 5c, we were not able to determine serum stability; the peptide consisting of 36 amino acid residues is subject to cleavage by endopetidases. Three of the homologated compounds, 2b, 2c, and 5c, were shown to be agonists (Fig. 7 and 11). A comparison of terminal homologation with other stability-increasing terminal modifications of peptides is performed (Fig. 5), and possible applications of the neurotensin analogs, described herein, are discussed.

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BACKGROUND AND AIMS: Naturally occurring anti-idiotypic antibodies structurally mimic the original antibody epitope. Anti-idiotypes, therefore, are interesting tools for the portrayal of conformational B-cell epitopes of allergens. In this study we used this strategy particularly for major timothy grass pollen (Phleum pratense) allergen Phl p 1. METHODS AND RESULTS: We used a combinatorial phage display library constructed from the peripheral IgG repertoire of a grass pollen allergic patient which was supposed to contain anti-idiotypic Fab specificities. Using purified anti-Phl p 1 IgG for biopanning, several Fab displaying phage clones could be isolated. 100 amplified colonies were screened for their binding capacity to anti-Phl p 1-specific antibodies, finally resulting in four distinct Fab clones according to sequence analysis. Interestingly, heavy chains of all clones derived from the same germ line sequence and showed high homology in their CDRs. Projecting their sequence information on the surface of the natural allergen Phl p 1 (PDB ID: 1N10) indicated matches on the N-terminal domain of the homo-dimeric allergen, including the bridging region between the two monomers. The resulting epitope patches were formed by spatially distant sections of the primary allergen sequence. CONCLUSION: In this study we report that anti-idiotypic specificities towards anti-Phl p 1 IgG, selected from a Fab library of a grass pollen allergic patient, mimic a conformational epitope patch being distinct from a previously reported IgE epitope area.

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Chelated somatostatin agonists have been shown to be sensitive to N-terminal radiometal modifications, with Ga-DOTA agonists having significantly higher binding affinity than their Lu-, In-, and Y-DOTA correlates. Recently, somatostatin antagonists have been successfully developed as alternative tracers to agonists. The aim of this study was to evaluate whether chelated somatostatin antagonists are also sensitive to radiometal modifications and how. We have synthesized 3 different somatostatin antagonists, DOTA-p-NO(2)-Phe-c[D-Cys-Tyr-D-Aph(Cbm)-Lys-Thr-Cys]-D-Tyr-NH(2), DOTA-Cpa-c[D-Cys-Aph(Hor)-D-Aph(Cbm)-Lys-Thr-Cys]-D-Tyr-NH(2) (DOTA-JR11), and DOTA-p-Cl-Phe-c[D-Cys-Tyr-D-Aph(Cbm)-Lys-Thr-Cys]-D-Tyr-NH(2), and added various radiometals including In(III), Y(III), Lu(III), Cu(II), and Ga(III). We also replaced DOTA with 1,4,7-triazacyclononane,1-glutaric acid-4,7-acetic acid (NODAGA) and added Ga(III). The binding affinity of somatostatin receptors 1 through 5 was evaluated in all cases. In all 3 resulting antagonists, the Ga-DOTA analogs were the lowest-affinity radioligands, with a somatostatin receptor 2 binding affinity up to 60 times lower than the respective Y-DOTA, Lu-DOTA, or In-DOTA compounds. Interestingly, however, substitution of DOTA by the NODAGA chelator was able to increase massively its binding affinity in contrast to the Ga-DOTA analog. The 3 NODAGA analogs are antagonists in functional tests. In vivo biodistribution studies comparing (68)Ga-DOTATATE agonist with (68)Ga-DOTA-JR11 and (68)Ga-NODAGA-JR11 showed not only that the JR11 antagonist radioligands were superior to the agonist ligands but also that (68)Ga-NODAGA-JR11 was the tracer of choice and preferable to (68)Ga-DOTA-JR11 in transplantable HEK293-hsst(2) tumors in mice. One may therefore generalize that somatostatin receptor 2 antagonists are sensitive to radiometal modifications and may preferably be coupled with a (68)Ga-NODAGA chelator-radiometal complex.

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Filaggrin loss-of-function mutations resulting in C-terminal protein truncations are strong predisposing factors in human atopic dermatitis (AD). To assess the possibility of similar truncations in canine AD, an exclusion strategy was designed on 16 control and 18 AD dogs of various breeds. Comparative immunofluorescence microscopy was performed with an antibody raised against the canine filaggrin C-terminus and a commercial N-terminal antibody. Concurrent with human AD-like features such as generalized NFKB activation and hyperproliferation, four distinctive filaggrin expression patterns were identified in non-lesional skin. It was found that 10/18 AD dogs exhibited an identical pattern for both antibodies with comparable (category I, 3/18) or reduced (category II, 7/18) expression to that of controls. In contrast, 4/18 dogs displayed aberrant large vesicles revealed by the C-terminal but not the N-terminal antibody (category III), while 4/18 showed a control-like N-terminal expression but lacked the C-terminal protein (category IV). The missing C-terminal filaggrin in category IV strongly points towards loss-of function mutations in 4/18 (22%) of all AD dogs analysed.

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BACKGROUND: The objective of the study was to correlate MR-detectable motility alterations of the terminal ileum with biopsy-documented active and chronic changes in Crohn's disease. METHODS: This IRB approved retrospective analysis of 43 patients included magnetic resonance enterography (MRE) and terminal ileum biopsies (<2 weeks apart). Motility was measured at the terminal ileum using coronal 2D trueFISP pulse sequences (1.5T MRI,TR 83.8,TE1.89) and dedicated motility assessment software. Motility grading (hypermotility, normal, hypomotility, complete arrest) was agreed by two experienced readers. Motility was compared and correlated with histopathology using two-tailed Kruskal-Wallis test and paired Spearman Rank-Order Correlation tests. KEY RESULTS: Motility abnormalities were present in 27/43 patients: nine hypomotility and 18 complete arrest. Active disease was diagnosed on 15 biopsies: eight moderate and seven severe inflammatory activity. Chronic changes were diagnosed on 17 biopsies: 13 moderate and four severe cases. In four patients with normal motility alterations on histopathology were diagnosed. Histopathology correlated with presence (P = 0.0056 for hypomotility and P = 0.0119 for complete arrest) and grade (P < 0.0001; P = 0.0004) of motility alterations. A significant difference in the motility was observed in patients with active or chronic CD compared with patients without disease (P < 0.001; P = 0.0024). CONCLUSIONS & INFERENCES: MR-detectable motility changes of the terminal ileum correlate with histopathological findings both in active and chronic CD. Motility changes may indicate the presence pathology, but do not allow differentiation of active and chronic disease.

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A novel non-culture based 16S rRNA Terminal Restriction Fragment Length Polymorphism (T-RFLP) method using the restriction enzymes Tsp509I and Hpy166II was developed for the characterization of the nasopharyngeal microbiota and validated using recently published 454 pyrosequencing data. 16S rRNA gene T-RFLP for 153 clinical nasopharyngeal samples from infants with acute otitis media (AOM) revealed 5 Tsp509I and 6 Hpy166II terminal fragments (TFs) with a prevalence of >10%. Cloning and sequencing identified all TFs with a prevalence >6% allowing a sufficient description of bacterial community changes for the most important bacterial taxa. The conjugated 7-valent pneumococcal polysaccharide vaccine (PCV-7) and prior antibiotic exposure had significant effects on the bacterial composition in an additive main effects and multiplicative interaction model (AMMI) in concordance with the 16S rRNA 454 pyrosequencing data. In addition, the presented T-RFLP method is able to discriminate S. pneumoniae from other members of the Mitis group of streptococci, which therefore allows the identification of one of the most important human respiratory tract pathogens. This is usually not achieved by current high throughput sequencing protocols. In conclusion, the presented 16S rRNA gene T-RFLP method is a highly robust, easy to handle and a cheap alternative to the computationally demanding next-generation sequencing analysis. In case a lot of nasopharyngeal samples have to be characterized, it is suggested to first perform 16S rRNA T-RFLP and only use next generation sequencing if the T-RFLP nasopharyngeal patterns differ or show unknown TFs.

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Glycoprotein Ia* (GPIa*), a very high molecular mass, platelet alpha-granule protein consisting of 167 kDa subunits disulphide-linked in a multimeric structure, was first described by Bienz and Clemetson in 1989 (J. Biol. Chem. 264, 507-514). In 1991 Hayward et al. (J. Biol. Chem. 266, 7114-7120) independently identified a platelet protein with multimeric structure. Despite strong similarities to GPIa* they concluded that it was a novel multimeric protein and named it first p-155 and later, multimerin. Multimerin has also been found in endothelial cells and has been cloned recently from an endothelial cell cDNA library. This has made it possible for us to clarify the relationship between GPIa* and multimerin. GPIa* was isolated from platelet releasate and the N-terminal sequence of 167 kDa and 155 kDa subunit species were determined. The N-terminal 15 amino acids of GPIa* were identical to the deduced amino acids 184-198 of endothelial multimerin. The N-terminal sequence of the 155 kDa protein was identical to the deduced amino acids 318-326 of multimerin. Thus, platelet GPIa* (167 kDa) is the main processed form of multimerin stored in platelet alpha-granules. The GPIa*/processed multimerin (167 kDa) still contains an RGDS sequence near its N-terminus as well as an EGF domain which may be involved in binding to the platelet surface after release. This sequence and domain are cleaved off in the p-155 form, described earlier as platelet multimerin, which is probably formed after release from alpha-granules.

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Glycoprotein Ib (GPIb) is a platelet receptor with a critical role in mediating the arrest of platelets at sites of vascular damage. GPIb binds to the A1 domain of von Willebrand factor (vWF-A1) at high blood shear, initiating platelet adhesion and contributing to the formation of a thrombus. To investigate the molecular basis of GPIb regulation and ligand binding, we have determined the structure of the N-terminal domain of the GPIb(alpha) chain (residues 1-279). This structure is the first determined from the cell adhesion/signaling class of leucine-rich repeat (LRR) proteins and reveals the topology of the characteristic disulfide-bonded flanking regions. The fold consists of an N-terminal beta-hairpin, eight leucine-rich repeats, a disulfide-bonded loop, and a C-terminal anionic region. The structure also demonstrates a novel LRR motif in the form of an M-shaped arrangement of three tandem beta-turns. Negatively charged binding surfaces on the LRR concave face and anionic region indicate two-step binding kinetics to vWF-A1, which can be regulated by an unmasking mechanism involving conformational change of a key loop. Using molecular docking of the GPIb and vWF-A1 crystal structures, we were also able to model the GPIb.vWF-A1 complex.