893 resultados para Early Middle Ages
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La tesi si propone di tracciare un confronto tra due autori molto distanti tra loro sia nel tempo che nello spazio: Nikolaj Gogol’ e Dario Fo; in particolare si analizzano le commedie Il Revisore di Gogol’ (1836) e Morte accidentale di un anarchico di Fo (1970). Il nesso tra le due opere è stato individuato dalla critica italiana (Franco Quadri, Ferdinando Taviani, Paolo Puppa). Tuttavia gli spunti interpretativi e comparativi non sono mai stati sviluppati appieno della critica. Nonostante le grandi distanze temporali e spaziali, l’analisi si propone dunque di evidenziare i numerosi motivi di consonanza tra le due opere e i due autori, che peraltro testimoniano anche della grande fortuna arrisa all’estero all’autore ucraino, attraverso la mediazione del teatro russo-sovietico del XX secolo. L’approccio metodologico adottato si fonda sui testi dei formalisti russi, di Lotman, sulla Stilkritik di Aurbach, sugli studi di Frye sulla Bibbia intesa come “grande canone” della letteratura occidentale, e soprattutto sull’analisi della cultura carnevalesca e popolare condotta da Bachtin. Lo studio è indirizzato su alcuni elementi precisi: la trama, lo scambio della personalità, l’impostura, la paura e il riso. Per ciascun di questi elementi è stata svolta l’analisi comparativa delle due opere, situandole in un contesto letterario e culturale che va all’antichità e al Medio Evo, dal quale entrambi gli autori mutuano molte suggestioni.
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Al centro della seguente ricerca c'è il Piacentino, ossia il territorio che faceva capo alla città di Placentia in età altomedievale, più precisamente tra VII e IX secolo. L'aspetto su cui è concentrata l’analisi è quello dell’insediamento, rapportando le forme insediative alle comunità rurali e alle strutture del potere. Il Piacentino costituisce un contesto particolare, sia per la vicinanza alla capitale Pavia, sia per la presenza di enti patrimoniali molto importanti, quale il monastero di Bobbio, sia per l'estensione di vallate appenniniche che ne hanno protetto l'isolamento e impedito, fino al secolo IX inoltrato, l'insediamento di una forte aristocrazia. Ciò che sembra dedursi dall’analisi della documentazione (informatizzata) di VIII, ma soprattutto di IX secolo, è che la civitas di Piacenza, sede del conte e centro della diocesi, non costituiva di fatto il punto di riferimento per gli abitanti dell’intero territorio rurale. Dal punto di vista del possesso fondiario molti insediamenti erano autonomi. Ciò vale soprattutto per i siti di alcune zone collinari e per quelli dell’Appennino, mentre il discorso è da porsi in modo più sfumato per la pianura e per la zona dei prata vel campanea Placentina, ubicati immediatamente al di fuori della civitas. Lo studio della media e grande proprietà fondiaria ha permesso di registrare la frammentarietà dei possedimenti, ossia la loro dispersione nel sistema insediativo del comitato, la loro ubicazione e l’articolato intreccio proprietario, che in alcune zone sembra avere permesso l’esistenza di comunità locali piuttosto forti. L’attento esame della documentazione e il sicuro rimando alla bibliografia di riferimento hanno portato a risultati originali e significativi.
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Il presente lavoro mette in luce i diversi aspetti che ruotano intorno all’istituzione del rogo, cioè la condanna di un eretico alle fiamme e la conseguente morte per vivicombustione, che arrivò a imporsi nella procedura inquisitoriale come punizione ultima e unica nei casi di eresia. La prima parte del lavoro è dedicata ai fondamenti giuridici che caratterizzano questa pena. L’attenzione è rivolta poi alla letteratura controversistica di parte cattolica, usata dalla Chiesa a difesa della legittima occisio degli eretici. La parte centrale dello studio riguarda l’aspetto storico con una recensio dei principali roghi avvenuti prima e dopo la nascita dell’Inquisizione. Infine la riflessione si sposta sulla scelta e il significato di tale pena da un punto di vista antropologico.
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Il percorso sui Frammenti di Erodoto è cronologico. L'introduzione presenta criteri di lavoro, un esempio di studio sul Proemio delle Storie e la struttura generale. Per ogni momento è preso in considerazione un fenomeno particolare con un esempio. Il primo caso è contemporaneo ad Erodoto. Si tratta di un test che riguarda la criticità di alcuni concetti chiave tradizionali: intertestualità e riferimenti letterali. Il secondo capitolo è uno studio sulla storiografica di IV secolo a.C., periodo di fioritura e determinazione delle norme del genere. Qui si mettono in luce la criticità dei frammenti multipli aprendo in questo modo ampie possibilità di ricerca. Il capitolo successivo, sulla tradizione papiracea mostra il passaggio storico tra la tradizione indiretta a la tradizione manoscritta e permette uno sguardo all'epoca alessandrina. Include un catalogo ed alcuni aggiornamenti. Il capitolo quinto pone invece problemi tradizionali di trasmissione delle tradizioni storiche affrontando lo studio di FGrHist 104, testo che permette di osservare passaggi della storiografia di quinto e quarto secolo avanti Cristo. I due capitoli sulle immagini e sul Rinascimento, paralleli per quanto riguarda i riferimenti cronologici, offrono un ponte per passare dal discorso storiografico a quello in cui la consapevolezza di Erodoto è già maturata come parte della ”cultura”. Alto Medioevo, Umanesimo e Rinascimento offrono spazio a storie delle Storie che iniziano ad essere quasi di ricezione di Erodoto. Questo tema è l'oggetto dei due capitoli finali, studi legati alla presenza o assenza di Erodoto in discipline e pensieri moderni e contemporanei: il pensiero di genere e l’analisi conversazionale. Le appendici completano soprattutto il capitolo su Aristodemo con uno studio sul codice che lo trasmette, il papiro P.Oxy 2469 e il testo stesso, con traduzione e commento storico. Il lavoro si completa con una premessa, una bibliografia strutturata e indici di persone e passi citati.
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Der Forschungsgegenstand der vorliegenden Arbeit war die Identifikation und Interpretation von Traumata an menschlichen Skeletten. Neben einer umfassenden Darstellung des aktuellen Kenntnisstandes unter verschiedenen Gesichtspunkten wurden menschliche Überreste aus der Schlacht von Dornach 1499 n. Chr. untersucht. Ergänzend wurde eine Versuchsreihe mit Replika mittelalterlicher Waffen an Kunstköpfen durchgeführt. Für die Ansprache und Kategorisierung von Traumata an Skelettfunden existiert kein einheitliches und allgemein gebräuchliches System. Die verschiedenen Herangehensweisen und ihre Vor- und Nachteile wurden benannt und diskutiert. Nachfolgend wurden die Erscheinungsformen prä-, peri- und postmortaler Traumata bzw. Defekte sowie von Verletzungen durch stumpfe und scharfe Gewalt, Schussverletzungen und anderen Verletzungsarten dargestellt. Weitere besprochene Aspekte waren die Abgrenzung von Traumata gegen pathologische Veränderungen und anatomische Varianten sowie eine Diskussion der Methodik und Problematik der Erfassung von Verletzungsfrequenzen. Neben der Bestimmung von Geschlecht, Sterbealter und Körperhöhe wurden an den zur Untersuchung zur Verfügung stehenden Schädeln (N=106) und Femora (N=33) aus der Schlacht von Dornach 1499 n. Chr. pathologische und postmortale Veränderungen sowie als Schwerpunkt prä- und perimortale Traumata identifiziert und beschrieben. Die anthropologischen Befunde zeichneten das Bild einer in Hinsicht auf Sterbealter und Körperhöhe heterogenen Gruppe von Männern mit wenigen pathologischen Veränderungen. Die Ergebnisse wurden vor dem Hintergrund des spätmittelalterlichen Söldnerwesens diskutiert. An den Schädeln wurden insgesamt 417 perimortale Traumata identifiziert, wobei Hiebverletzungen stark überwogen. Die Entstehungsweise charakteristischer Merkmale von Hiebverletzungen konnte experimentell nachvollzogen werden. Weiter stellte sich heraus, dass Hiebverletzungen durch Schwerter und Hellebarden nur in Ausnahmefällen voneinander unterschieden werden können. Verletzungen durch punktuelle Einwirkungen und stumpfe Gewalt sowie Schussverletzungen wurden in weitaus geringerer Häufigkeit festgestellt. Experimentell konnte gezeigt werden, dass die Verletzungen durch punktuelle Einwirkungen mit einer Beibringung durch Langspiesse, Stossspitzen und Reisshaken von Hellebarden sowie Armbrustbolzen vereinbar sind, wobei beträchtliche Limitationen einer genaueren Waffenzuordnung offenkundig wurden. Die Verletzungen konnten als wohl typisch für die damalige Zeit bezeichnet werden, da sie das zeitgenössische Waffenspektrum deutlich widerspiegeln. Die Lokalisation der perimortalen Traumata am Schädel liess kein Muster erkennen, mit Ausnahme der Feststellung, dass grössere Schädelknochen mehr Verletzungen aufwiesen als kleinere. Diese regellose Verteilung wurde als Hinweis darauf verstanden, dass die Kampfweise keine „ritterliche“ gewesen sein dürfte, was in Einklang mit den damals geltenden Kriegsordnungen steht. Postmortale Veränderungen unterschiedlicher Art liessen vermuten, dass die untersuchten Individuen nicht bestattet wurden und dass die vom Schlachtfeld aufgesammelten Gebeine in Beinhäusern aufbewahrt wurden. Die Resultate bestätigten damit Angaben aus Schriftquellen und erlaubten die Zuordnung der Skelettreste zu Gefallenen des Reichsheeres. Beim Vergleich der Dornacher Stichprobe mit anderen mittelalterlichen Schlachtfeldserien traten sowohl hinsichtlich der anthropologischen Befunde als auch im Hinblick auf die Verletzungen und Verletzungsmuster deutliche Ähnlichkeiten zutage. Diese ergänzten nicht nur das lückenhafte Bild spätmittelalterlicher Heere und ihrer Kampfweise, sondern beleuchteten auch Unterschiede zwischen mittelalterlicher und neuzeitlicher Kriegsführung.
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Genetic differences among human groups can be ascribed both to the broad-scale extents of pre-historical and historical migrations and to the fine-scale impacts of socio-cultural and geographic heterogeneity. In this thesis, the genetic information provided by uniparental markers were exploited to address different aspects of the Italian population history, by combining macro- and micro-geographic investigations at different spatial and temporal scales. To firstly assess the overall Italian variability, Y-chromosome and mtDNA markers were deeply typed in ~900 individuals from continental Italy, Sicily and Sardinia. Sex-biased patterns and contrasting demographic histories were observed for males and females. Differential European and Mediterranean contributions were invoked to explain the paternal genetic sub-structure observed in peninsular Italy, compared to the homogeneous maternal genetic landscape. If Neolithic showed to be one principal determinant of the detected paternal structure, local insights into specific Italian regional contexts highlighted the importance of Post-Neolithic contributions. Among them, migrations from the Balkans (particularly Greece) during late Metal Ages, played a relevant role in the cultural and genetic transitions occurred in Sicily and Southern Italy. On a finer geographic and temporal perspective, the more recent layers of Italian genetic history and some aspects of the gene-culture interaction were assessed by exploring the genetic variability within two “marginal populations”: Arbereshe of Southern Italy and Partecipanza in Northern Italy. The Arbereshe are Albanian-speaking communities settled in Sicily and Calabria since the end of Middle Ages. Despite sharing common genetic and cultural backgrounds, these groups revealed diverging micro-evolutionary histories, implying different founding events and different patterns of cultural isolation and local admixture. Partecipanza is an idiosyncratic institution of Medieval origin aimed at sharing and devolving collective lands. This case-study exemplified that socio-economic stratification within the same population may induce sex-biased genetic structuring and the maintenance of otherwise hidden historical genetic traces.
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Principales aportaciones: Elenco actualizado y más completo de “serlianas” hasta el momento, incluyendo el más amplio repertorio numismático e iconográfico sobre el tema. Visión de conjunto crítica de la “serliana” y motivos afines en la Antigüedad, la Edad Media y el Renacimiento, atendiendo a una selección de ejemplos en todos los formatos posibles (arquitectura e iconografía). Inclusión y explicación de la “serliana” dentro de los avances de la arquitectura romana, con atención a las fuentes escritas. Identificación de las principales áreas de origen y desarrollo de la “serliana”. Explicación de las causas y resultados de los procesos de innovación arquitectónica. Demostración de la llegada de la “serliana” a Hispania mucho antes que el disco de Teodosio. Indagación en las funciones y posibles implicaciones simbólicas de ejemplos de “serliana”. Hipótesis sobre el papel desempeñado por las arquitecturas efímeras. Hipótesis sobre el papel de la arquitectura militar en época romana para la difusión de la “serliana”. Comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Antigüedad Tardía y visión general de sus procesos de transferencia y metamorfosis. Demostración de la pervivencia de la “serliana” en la Edad Media. Análisis de la arcada triple como posible sustituto de la “serliana”. Comentario crítico de los dibujos tardomedievales y renacentistas sobre la “serliana” y su relación con el estudio contemporáneo de los monumentos antiguos. Identificación de ejemplos y comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Italia del Quattrocento y del Cinquecento. Análisis de las confluencias de la “serliana” Italia-España y evolución del motivo en este último ámbito. Demostración de las novedades propias del ámbito hispano.
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Mehr als hundert Jahre archäologischer Forschung haben gezeigt, dass in Mayen in römischer und mittelalterlicher Zeit eines der wichtigsten europäischen Produktionszentren für die Herstellung qualitätsvoller Gebrauchskeramik bestand. Im Rahmen dieser Studie wurden vier Befundkomplexe aus Töpfereisiedlungen vom 4. bis in das 14. Jahrhundert untersucht. Genauer handelt es sich um Keramik aus zwei spätantiken Brennanlagen des 4. Jahrhunderts im Bereich der Flur „Auf der Eich“ an den Straßen „Am Sonnenhang“ und „Frankenstraße“. Weiterhin konnte Material aus zwei Töpferofenfüllungen des 5. bis 9. Jahrhunderts analysiert werden, das 1975 auf dem Grundstück 55 an der „Siegfriedstraße“ in Brennanlagen entdeckt wurde. Hinzu kam Brenngut aus elf Töpferöfen des späten 8. bis 14. Jahrhunderts, welches in den so genannten „Burggärten“ der Genovevaburg von Mayen in den Jahren 1986/87 durch die archäologische Denkmalpflege in Koblenz geborgen wurde. Die mineralogischen Untersuchungen zur Charakterisierung der „Mayener Keramik“ wurden systematisch an den Keramikmaterialien aus diesen Fundstellen durchgeführt. Mittelalterliche Keramik aus Bornheim-Walberberg, Brühl-Eckdorf, Höhr-Grenzhausen, Langerwehe, Frechen, Brühl-Pingsdorf, Paffrath, Raeren, Ratingen-Breitscheid, Siegburg-Seehofstraße, Siegburg-Scherbenhügel, Fredelsloh und Brühl-Badorf konnte für diese Arbeit als Referenzmaterialien ebenfalls untersucht werden. Provenienzanalysen wurden an Keramikproben aus 27 Fundorten, die makroskopisch nach Mayener Ware aussehen, mit mineralogischen Methoden durchgeführt, um sie der Fundregion Mayen eindeutig zuordnen zu können.rnPhasenanalyse, chemische Analyse und thermische Analyse wurden an Keramik sowie Ton durchgeführt. Die Phasenanalyse wurde zur Bestimmung der mineralischen Zusammensetzung von Grundmasse und Magerungsmittel (Röntgendiffraktometrie (XRD), Polarisationsmikroskop, Mikro-Raman-Spektroskopie) verwendet. Die chemische Zusammensetzung wurde durch Röntgenfluoreszenzanalyse (RFA) ermittelt. Elektronenstrahlmikroanalyse (ESMA) und Laser-Massenspektrometrie mit induktiv gekoppeltem Plasma (LA-ICP-MS) wurden bei den Proben, bei denen weniger als 2g Material zur Verfügung standen, eingesetzt. Brennexperimente wurden am originalen Rohstoff der Keramik aus den „Burggärten“ der Genovevaburg durchgeführt. Gebrannter Ton wurde durch Röntgendiffraktometrie (XRD), Infrarotspektroskopie (IR) und Differential-Thermoanalyse (DTA) analysiert. rnAnhand der Messergebnisse lässt sich die Mayener Keramik aus den vier Fundplätzen in zwei Typen zusammenzufassen: der mit Feldspat-reichem Sand gemagerte römische Typ und der mit Quarz-reichem Sand gemagerte mittelalterliche Typ. Die Änderung des Magerungsmittels von Feldspat- zu Quarzsand weist eine technische Entwicklung zu höheren Brenntemperaturen von der Römerzeit bis in das Mittelalter nach. Nach der Untersuchung und dem Vergleich mit den Referenzkeramikgruppen ist festzustellen, dass durch multivariate Statistikanalysen der chemischen Komponenten die Charakterisierung der Keramik und eine Differenzierung zwischen den Keramikgruppen gelingt. Diese Erkenntnisse bildeten die Basis für Provenienzanalysen. 16 Fundorte können durch Provenienzanalyse sicher als Exportregionen der Mayener Ware festgestellt werden. Gemäß den Brennexperimenten lassen sich die chemischen Reaktionen während des Brandprozesses nachvollziehen. Zwei Methoden wurden mittels Röntgendiffraktometrie (XRD) und Differential-Thermoanalyse (DTA) zur Bestimmung der Brenntemperaturen der Keramik modelliert. Die Töpferöfen der „Burggärten“ können nach der Brenntemperatur in zwei Typen zusammengefasst werden: solche mit einer Brenntemperatur unter 1050°C und solche mit einer Brenntemperatur über 1050°C.rn
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The multimodal biology activity of ergot alkaloids is known by humankind since middle ages. Synthetically modified ergot alkaloids are used for the treatment of various medical conditions. Despite the great progress in organic syntheses, the total synthesis of ergot alkaloids remains a great challenge due to the complexity of their polycyclic structure with multiple stereogenic centres. This project has developed a new domino reaction between indoles bearing a Michael acceptor at the 4 position and nitroethene, leading to potential ergot alkaloid precursors in highly enantioenriched form. The reaction was optimised and applied to a large variety of substrate with good results. Even if unfortunately all attempts to further modify the obtained polycyclic structure failed, it was found a reaction able to produce the diastereoisomer of the polycyclic product in excellent yields. The compounds synthetized were characterized by NMR and ESIMS analysis confirming the structure and their enantiomeric excess was determined by chiral stationary phase HPLC. The mechanism of the reaction was evaluated by DFT calculations, showing the formation of a key bicoordinated nitronate intermediate, and fully accounting for the results observed with all substrates. The relative and absolute configuration of the adducts were determined by a combination of NMR, ECD and computational methods.
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In this thesis, I have chosen to translate from Italian into Arabic Canto I of the Inferno, from Dante Alighieri’s epic poem the Divine Comedy (La Divina Commedia) because it’s a masterpiece in both Italian and world literature. Also I have selected it for its artistic value and the universal themes that it depicts. In fact, my purpose in translating this great work into Arabic is to extol the cultural and universal aspects that can be common to human beings everywhere. My paper is written in Arabic and has six sections: A brief introduction on Dante’s life, an introduction to the Divine Comedy, a summary of Canto 1 of the Inferno and its analysis, Canto I of the Inferno in Italian, its translation into Arabic and finally a comment on the translation. The first part -a summary of Dante’s life was presented. The second part of my paper is an introduction to the Divine Comedy, the allegorical epic poem, consisting of three parts: The Inferno (Hell), Purgatorio (Purgatory), and Paradiso (Paradise). The third part is a summary and analysis of Canto 1 of the Inferno, Dante’s most renowned verses. The analysis of Canto highlights the everlasting conflict of man– sinning and giving in to temptation but then trying to repent and search for his soul’s salvation. He reflects on sin, existence, truth, God, love and salvation in his struggle through the dark and gloomy forest which symbolizes conflict and temptations man may succumb to. The influence of Christianity and the Middle ages here shows his commitment to religion and faith. Moreover, his meeting of Virgil, who guides him to the mountain during his journey to salvation, reflects the positive impact of Virgil’s philosophy on Dante. The fourth part presents the Italian version of Canto 1 of the Inferno. The fifth section of my paper is the translation of Canto 1 of the Inferno from Italian to Arabic. Translating an excerpt of Dante’s masterpiece was not an easy task: I had to consult several critique texts besides the Italian source text with explanations, and also some English versions to overcome any translation difficulties. As a student of translation, my goal was to be faithful in relaying to the Arabic audience the authenticity of Dante’s work, his themes, passions and aesthetic style. Finally, I present a conclusion including a comment on the translation and the bibliography of the sources I have consulted.
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Der Fokus dieser Dissertation ist die populationsgenetische Analyse der neolithischen Bevölkerungswechsel in den 6.-5. Jahrtausende vor Christus, die im westlichen Karpatenbecken stattfanden. Die Zielsetzung der Studie war, mittels der Analyse von mitochondrialer und Y-chromosomaler aDNA, den Genpool der sechs neolithischen und kupferzeitlichen Populationen zu untersuchen und die daraus resultierenden Ergebnisse mit anderen prähistorischen und modernen genetischen Daten zu vergleichen.rnInsgesamt wurden 323 Individuen aus 32 ungarischen, kroatischen und slowakischen Fundplätzen beprobt und bearbeitet in den archäogenetischen Laboren der Johannes Gutenberg-Universität in Mainz. Die DNA Ergebnisse wurden mit verschiedenen populationsgenetischen Methoden ausgewertet. Vergleichsdaten von prähistorischen und modernen eurasiatischen Populationen wurden dazu gesammelt.rnDie HVS-I Region der mitochondrialen DNA konnten bei 256 Individuen reproduziert und authentifiziert werden (mit einer Erfolgsrate von 85.9%). Die Typisierung der HVS-II Region war in 80 Fällen erfolgreich. Testend alle gut erhaltene Proben, die Y-chromosomale Haplogruppe konnte in 33 männlichen Individuen typisiert werden.rnDie neolithischen, mitochondrialen Haplogruppen deuten auf eine hohe Variabilität des maternalen Genpools hin. Sowohl die mitochondrialen als auch die Y-chromosomalen Daten lassen Rückschlüsse auf eine nah-östliche bzw. südwestasiatische Herkunft der frühen Bauern zu. Die Starčevo- und linearbandkermaischen-Populationen in westlichem Karpatenbecken (letztere abgekürzt als LBKT) und die linearbandkermaischen-Population in Mitteleuropa (LBK) haben so starke genetische Ähnlichkeit, dass die Verbreitung der LBK nach Mitteleuropa mit vorangegangenen Wanderungsereignissen zu erklären ist. Die Transdanubische aDNA Daten zeigen hohe Affinität zu den publizierten prähistorischen aDNA Datensätzen von Mitteleuropa aus den 6.-4. Jahrtausende vor Chr. Die maternal-genetische Variabilität der Starčevo-Population konnte auch innerhalb der nachfolgenden Populationen Transdanubiens festgestellt werden. Nur kleinere Infiltrationen und Immigrationsereignissen konnten während der Vinča-, LBKT-, Sopot- und Balaton-Lasinja-Kultur in Transdanubien identifiziert werden. Zwischen den transdanubischen Regionen konnten mögliche genetische Unterschiede nur in der LBKT und in der Lengyel-Periode beobachtet werden, als sich die nördlichen Gruppen von den südlichen Populationen trennten. rnDie festgestellte Heterogenität der mtDNA in Zusammenhang mit der Y-chromosomalen Homogenität in den Starčevo- und LBK-Populationen, weisen auf patrilokale Residenzregeln und patrilineare Abstammungsregeln in den ersten Bauergemeinschaften hin. rnObwohl die hier präsentierten Daten einen großen Fortschritt in der Forschung von aDNA und Neolithikum des Karpatenbeckens und Mitteleuropas bedeuten, werfen sie auch mehrere Fragen auf, deren Beantwortung durch zukünftige Genomforschungen erbracht werden könnte.
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Durch den Straßenbau an der Bundesstraße B3a veranlasst, wurden im Zeitraum vom 13.08.2007 bis zum 07.12.2007 archäologische Untersuchungen im Bereich der Streckenkilometer 19 bis 22 durch die Firma Archbau Essen, unter Kontrolle des Landesamtes für Denkmalpflege Hessen und der Kreisarchäologie Wetteraukreis durchgeführt. Bei km 19 wurde dabei eine Siedlung mit angrenzendem Gräberfeld aus der Linienbandkeramik (im Folgenden als LBK bezeichnet) festgestellt. Daneben ergaben sich eine Bestattung und ein Erdwerk der Michelsberger Kultur, Grubenkomplexe und ein Bronzehort aus der Urnenfelderkultur sowie eine mittelalterliche Straße.Heute liegt die Fundstelle Friedberg B3a km 19 in der südlichen Wetterau 30 km nördlich von Frankfurt am Main in Hessen an der Wetter 140 m über NN und gehört zum Wetteraukreis. rnDie 21 ha messende Ausgrabungsfläche umfasste insgesamt 344 Befunde. Die Identifikation der bandkeramischen Strukturen erfolgte hierbei vorwiegend durch die vergesellschaftete Keramik. Von zentraler Bedeutung sind die fünf Hausgrundrisse A bis E im nördlichen Sektor der Fundstelle, wobei die Präsenz zahlreicher „Dreipfostenriegel“ sowie die Nordost-Südwest Ausrichtung der Strukturen als Belege für eine Zeitstellung innerhalb der LBK angesehen werden. Über die Korrespondenzanalyse der bei den Siedlungsstrukturen angetroffenen Keramik konnte darüber hinaus eine Abfolge von Hausgenerationen erstellt werden. Daneben existierten eine Reihe weiterer Befunde von LBK-zeitlichen Pfostenstellungen, bei denen es sich um Zäune oder Palisaden gehandelt haben könnte. Südwestlich dieser Hausgrundrisse wurde bei den Ausgrabungen eine Grabenstruktur geschnitten, für die eine Funktion als Einfassung der bandkeramischen Siedlungsstrukturen möglich ist. Südlich dieser Grabenstruktur konnten sechs Hockerbestattungen der LBK festgestellt werden. Die räumliche Anordnung im Bereich der westlichen Grabungsgrenze lässt den Schluss zu, dass es sich hierbei um ein Gräberfeld handelt, welches bisher nur zu einem geringen Teil ergraben wurde. Ein Zusammenhang zu den Hausgrundrissen A bis E kann erwogen werden. Der nördliche Sektor der Fundstelle umfasste außerdem zahlreiche Grubenbefunde der LBK sowie einige Grubenkomplexe, wobei letztere als Lehmentnahmegruben anzusprechen sind. Abschließend soll hier noch auf die Existenz zweier bandkeramischer Öfen, darunter ein Grubenofen, im Südosten von Friedberg B3a km 19 hingewiesen werden. rnDen mit Abstand größten Anteil am bandkeramischen Fundmaterial aus Friedberg B3 km 19 hatte die Keramik mit 3428 Elementen. An Steingeräten konnten nur 12 Silices sowie 4 Beile und 14 Mahlsteine über die Typologie und die vergesellschaftete Keramik in die LBK eingeordnet werden. Bei den Knochengeräten zeigte sich ein einzelner beschädigter Kamm. Der Fokus der Analysen des bandkeramischen Fundmaterials aus Friedberg B3a km 19 lag auf der Keramik und deren Auswertung innerhalb von Seriation und Korrespondenzanalyse. Um den Untersuchungen mehr Validität zu verleihen und eine optimale Einordnung zu erreichen, wurden die Keramik-Daten aus Friedberg B3a km 19 mit anderen Datensätzen aus Südhessen kombiniert. Dabei war nicht nur die räumliche Nähe der Fundstellen entscheidend, sondern auch die stilistisch-typologische Nähe der Inventare. In Friedberg B3a km 19 waren die Phasen nach Meier-Arendt von einem frühen III bis zum Ende der Phase V anwesend. Phase II kann nur als marginal angesprochen werden. Es ließ sich kein Übergang zum Mittelneolithikum fassen. Nach der Interpretation aller relativchronologischer Daten könnte es sich in Friedberg B3a km 19 um eine Hausentwicklung mit sieben Phasen à 25 Jahren über 175 bis zu 200 Jahren handeln, die eine kontinuierliche Belegung des Platzes von der mittleren bis zum Ende der jüngsten LBK beschreibt. Insgesamt pflegt sich die Fundstelle Friedberg B3a km 19 so in die bandkeramische Siedlungslandschaft der südlichen Wetterau ein.