702 resultados para Capitão Poço
Resumo:
Pós-graduação em Geociências e Meio Ambiente - IGCE
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The HAM/TSP caused by HTLV-1 infection usually affects patients to disabling states, and sometimes can lead them to paraplegia presenting symptoms of depression and anxiety, impacting on quality of life. Objective: The purpose of this study was to evaluate the frequency of depression and anxiety and its impact on quality of life in HTLV-1-infected TSP/HAM patients. Material and Methods: This was a cross-sectional study including 67 asymptomatic (control group) and 63 with TSP/HAM subjects. The instruments used were a demographic questionnaire, scales for anxiety and depression diagnosis (BDI and BAI), questionnaire for the assessment of Quality of Life of the World Health Organization (WHOQOL-Brief) and neurological scale to measure the disability level (Osame’s Disability Status Scale). All patients had HTLV-I diagnosis by serological and molecular approaches, monitored at Instituto de Infectologia Emílio Ribas from May 2008 to July 2009. Data were analyzed statistically by frequencies, the Mann-Whitney test and the Spearman correlation test. Data among groups were analyzed and correlated with functional and severity aspects. Results: The results showed that patients with HAM/TSP compared to asymptomatic carriers had higher rates of depression (p < 0.001) and anxiety (p < 0.001), and impairment on quality of life in the areas of: dissatisfaction with health (p < 0.001), physical (p < 0.001) and the environment (p = 0.003). The main factors that correlated with levels of depression and anxiety and the domains of the WHOQOL-brief were: education, family income and social class. Conclusion: A well conducted evaluation and counseling may help in treatment, for a better quality of life of these patients.
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O uso de radionuclídeos em hidrologia, como a concentração de urânio e a razão de atividades (234U/238U), tornou-se ultimamente uma ferramenta de grande importância nas pesquisas relacionadas à água subterrânea. Estes parâmetros têm sido usados para identificar os principais mecanismos de mobilização, precipitação e transporte dos isótopos de um aquífero, ou seja, esses isótopos têm sido empregados como traçadores para água. A área de estudo deste trabalho compreende os corpos graníticos fraturados da Suíte Intrusiva de Itu, que afloram a leste do Estado de São Paulo junto à Bacia Sedimentar do Paraná, fazendo parte da Bacia Hidrográfica do Médio Tietê. Os poços de onde foram coletadas as águas subterrâneas investigadas foram perfurados nos granitos desta Suíte, localizados nos municípios de Salto (poço YVC), Itu (HND), Itupeva (poço ITUP) e Indaiatuba (poços BDN 1 e BDN 2), sendo estes utilizados no abastecimento residencial ou para irrigação. As coletas foram mensais e o tempo de amostragem foi de um ano e meio com o objetivo de avaliar a sazonalidade destas águas. A técnica utilizada, para discriminar os isótopos de urânio dissolvidos, bem como para determinar sua razão de atividade (234U/238U), nas amostras das águas subterrâneas, foi a de espectrometria alfa. Os resultados mostram que os parâmetros físico-químicos e composição química da água exercem um papel muito importante no comportamento dos isótopos analisados. As importantes variações observadas tanto entre as águas de um mesmo poço, como também entre poços diferentes, mostram que os processos de recarga e/ou de interação rocha – água ocorrem de maneira distinta.
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Il pirofosfato di vanadile VPP è il catalizzatore utilizzato per l’ossidazione di n-butano ad anidride maleica AM. Durante reazione, il VPP subisce delle modifiche strutturali, soprattutto nella parte superficiale, cataliticamente attiva. Queste modifiche sono funzione della composizione della fase gas e delle caratteristiche del catalizzatore, in particolare del rapporto P/V. Mediante prove di reattività in condizioni stazionarie e non-stazionarie, condotte in cella ambientale accoppiata ad uno spettrofotometro Raman, si è arrivati a capire quali fasi e in che condizioni queste si sviluppano sulla superficie del VPP. Si è inoltre capito che la fase selettiva nel prodotto desiderato, AM, è costituita da δ-VOPO4. Non è ancora noto con esattezza perché questo composto offra le prestazioni migliori; si ipotizza che ciò sia dovuto alla capacità di dare luogo a cicli redox tra V5+ e V4+ con cinetiche veloci, grazie al fatto che ha similarità strutturali con il VPP. La formazione di questa fase avviene più facilmente in presenza di un eccesso di P. Oltre al P, un altro fattore che influisce sulle prestazioni catalitiche è la presenza di elementi promotori. Tra questi, il Nb è uno dei più importanti, come dimostato dalle prove di reattività condotte in miscela butano-aria, utilizzando catalizzatori promossi con diversi quantitativi di Nb. In questo modo si è capito che alle basse temperature occorre un catalizzatore con una maggiore quantità di Nb (per esempio, rapporto V/Nb=46) per favorire la formazione della fase δ-VOPO4; mentre alle alte temperature, sono sufficienti piccole quantità di elemento promotore, in quanto indipendentemente dal rapporto P/V la fase predominante è δ-VOPO4. Una quantità elevata di Nb ha implicazioni negative sulla selettività, sia alle alte che alle basse temperature di reazione, perché favorisce la formazione di una superficie catalitica troppo ossidata. L’obiettivo del mio lavoro di tesi è stato quello di dimostrare una correlazione tra l’effetto del Nb e la formazione della fase δ-VOPO4. Per farlo, si è deciso di partire da VOPO4•2H2O (VPD) promosso con diversi quantitativi di Nb. Infatti, com’era già stato dimostrato in precedenza, il VPD che si forma in ambiente di reazione per ossidazione superficiale del VPP dà luogo a disidratazione a δ-VOPO4. Le trasformazioni del VPD promosso con Nb sono state monitorate utilizzando la spettroscopia Raman. Le prove condotte hanno confermato che l’addizione di Nb al VPP favorisce la formazione del composto desiderato; tuttavia, la medesima trasformazione non è stata osservata partendo dal composto VPD contenente Nb.
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Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.
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Un problema comune agli Ingegneri Gestionali è quello legato alla necessità di dover sempre spiegare in cosa consista veramente il proprio campo di studi. Amici, conoscenti e parenti non dimostrano mai, infatti, familiarità con il termine. Chi scrive è costretto addirittura ad ammettere di avere una madre che, a pochi giorni dalla discussione dalla Tesi Magistrale, continui ad affermare di non aver ancora capito quale lavoro andrà poi a fare il figlio. Medicina, Giurisprudenza ed Economia sono concetti facili da comprendere; “studiare con approccio quantitativo l'organizzazione e i processi produttivi delle imprese costruendo e applicando modelli per la soluzione dei loro problemi” in effetti lo è un po’ meno. Accade così che si debbano quindi aggiungere altri termini, spiegando l’ingegneria gestionale come insieme di altre discipline: produzione, logistica, marketing, economia aziendale, risorse umane, gestione, progetti... Si dà il caso che questo insieme di altre discipline coincida in larga parte con una branca ancora più oscura ai più: l’event management. Questo lavoro di Tesi è incentrato proprio sulla gestione di un evento: gli FPA Worlds 2012, i Mondiali di Frisbee Freestyle 2012 tenutisi a Riccione dal 2 al 5 agosto. L’autore, nell’ambito del suo percorso di Tirocinio, ne è stato l’event manager, ovvero il massimo responsabile e organizzatore, andando a far confluire esperienze, conoscenze e passioni personali con la coronazione degli studi universitari. L’intero progetto lo ha coinvolto dal luglio 2010 al settembre 2012, all’interno di un’azienda riminese con cui già collaborava dal 2009. La Tesi, di carattere prettamente sperimentale, va quindi ad esporre i processi gestionali “nascosti” dietro ad un evento che ha riscosso successo di pubblico e mediatico, affiancando in ognuno dei capitoli tematici modelli teorici e risultati pratici. La vastità di conoscenze, competenze e strumenti utilizzati ha reso quest’esperienza altamente stimolante, così come le numerose sfide che si sono succedute nel difficile percorso per organizzare il miglior Mondiale di Frisbee Freestyle di sempre.
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Die heutige Verfügbarkeit der molekularen Bildgebung ermöglicht einen signifikanten Einfluss auf die Diagnostik und die Therapiekontrolle von neurodegenerativen Erkrankungen, die unter anderem durch Fehlsteuerungen im GABAergen System auftreten können. Die Visualisierung und Quantifizierung des GABAA-alpha5-Subtyps durch PET könnte dabei zu einem besseren Verständnis von Erkrankungen wie Alzheimer und traumatischen Neurosen (emotionales Langzeitgedächtnis) beitragen. Ferner eröffnen GABAA/alpha5-subtypselektive Liganden die Möglichkeit, wesentliche Grundlagen der elementaren Vorgänge von Lernen und Erinnern zu untersuchen. 7,8,9,10-Tetrahydro-(7,10-ethan)-1,2,4-triazol[3,4-alpha]phthalazine stellen sich als vielverspre-chende Leitstrukturen zur Entwicklung neuer 18F-markierter alpha5-subtypselektiver GABAA-Rezeptorliganden für die PET dar. Um diese neuartigen Substanzen hinsichtlich ihrer Potenz als GABAA-alpha5-subtypselektive Radioliganden zu verifizieren, wurden zunächst die entsprechenden 19F-Derivate TC07-TC12 synthetisiert. Diese Referenzverbindungen wurden in Rezeptor-bindungsassays und in Autoradiographien mit [3H]Ro 15-4513 als zu verdrängender Radioligand evaluiert. In beiden Experimenten als auch in in vivo-Verdrängungsexperimenten an Ratten konnte eine hohe Affinität im nanomolaren Bereich als auch eine hohe Selektivität bezüglich der GABAA/alpha5-Untereinheit für einige der dargestellten Referenzverbindungen nachgewiesen werden. Gemäß diesen vielversprechenden Ergebnissen wurden verschiedene Markie-rungsvorläufer für eine 18F-Direktmarkierung der relevantesten Substanz TC07 in einer mehrstufigen organischen Synthese dargestellt. Die anschließende 18F-Markierung erfolgte über eine nukleophile Substitution mit [18F]Fluorid. Die Reaktionsparameter wurden hinsichtlich Reaktionstemperatur und dauer, Markierungsvorläuferkonzentration, Basenabhängigkeit und verschiedenen Markierungsmethoden optimiert. Daraus resultierend konnte [18F]TC07 mit bis zu 45 % radiochemischer Ausbeute erhalten werden. Die zerfallskorrigierte, gesamtradiochemische Ausbeute von nca [18F]TC07 in isotonischer NaCl-Lösung betrug 15 %. Basierend auf den bisher erhaltenen Ergebnissen wurde der Radioligand in in vitro-, ex vivo- und in vivo µPET-Experimenten evaluiert. Die zunächst durchgeführten in vitro-Experimente deuteten auf eine homogene Verteilung der Aktivität hin und zeigten keine spezifische Anreicherung. Diese Ergebnisse wurden sowohl in ex vivo- als auch in in vivo-µPET-Studien bestätigt. Auch hier konnte nur eine niedrige Aktivitätsanreicherung, eine homogene Verteilung im gesamten Gehirn und keine Übereinstimmung mit der bekannten GABAA/alpha5-Subtypverteilung gefunden werden. Eine im Anschluss durchgeführte Metabolismusstudie zeigte eine langsame Metabolisierungsrate des [18F]TC07 und auch eine Organverteilungsstudie zeigte keine außergewöhnlichen Anreicherungen. Aus den erhaltenen Ergebnissen kann geschlossen werden, dass der Radioligand [18F]TC07 kein geeigneter Tracer zur in vivo-Visualisierung der alpha5-Untereinheit des GABAA-Rezeptors ist.
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Questa tesi di laurea curriculare si propone come una lettura critica del percorso personale formativo universitario, attraverso l’analisi di due specifiche e diverse esperienze progettuali che affrontano il tema del rapporto “Architettura e Suolo”. Nella prima parte della tesi viene introdotto il concetto di locus e delle relazioni tra architettura e luogo. Il secondo capitolo affronta il pensiero di Francesco Venezia e Luigi Coccia che insegna come l’architettura debba mantenere vivo il valore della memoria, raccontare il luogo nella quale si inserisce e rapportarsi con esso. Non è possibile intervenire in un territorio senza prima averlo analizzato, aver capito la sua morfologia e conosciuto la sua storia. Il progetto del suolo risulta inscindibile rispetto al progetto architettonico ed assume pari valore: esso rappresenta un elemento fondativo che si pone in dialogo diretto, continuo e soprattutto reciproco con l’architettura. Il terzo capitolo si propone come un’analisi sul rapporto architettura suolo realizzata mettendo a confronto il lavoro svolto all’interno del Laboratorio di Progettazione Architettonica IV e quello del Laboratorio di Sintesi Finale. La lettura dei contributi di Francesco Venezia e Luigi Coccia è stata fondamentale per definire gli strumenti da utilizzare nell’analisi critica dei progetti selezionati e per capire come il rapporto tra architettura e suolo rappresenti un aspetto inprescindibile nel progetto.
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L'obiettivo della tesi è progettare un'architettura abilitante per scenari smart health, concentrandosi sulla parte end-user (non sulla parte server-cloud), ossia sperimentando l'ambito dei wearable devices e facendo riferimento al binomio fitness-Apple Watch, comodo perchè presente nell'azienda FitStadium che ci fornisce motivazioni, requisiti e goals. Nel primo capitolo si analizzeranno le soluzioni offerte attualmente dal mercato per la realizzazione di servizi legati al fitness, focalizzandosi in particolare sulle architetture proposte e come quest'ultime possano convivere con l'ecosistema FitStadium. Il secondo capitolo è riservato invece all'approfondimento delle tecnologie Apple, che verranno utilizzate concretamente per la realizzazione del caso di studio. Ancora una volta si farà attenzione alle possibilità architetturali offerte da queste tecnologie. Nel terzo capitolo viene trattato nella sua interezza il caso di studio, analizzandone in particolare lo stato pre e post tesi. Verrà cioè descritta l'applicazione implementata insieme alla presentazione di un'architettura abilitante anche per gli scenari smart health. Infine, all'interno del capito 4 viene descritto più precisamente il concetto di smart health e il percorso che ha condotto alla sua definizione.
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La mia tesi è formata da tre capitoli. Il primo capito è composto da due parti: -Nella prima parte ho descritto l'online advertising dalla sua nascita fino alle diverse categorie attualmente presenti sul mercato. -Nella seconda parte ho descritto i processi cognitivi della mente umana, più nello specifico, i fattori che influenzano le scelte degli utilizzatori del web. Il secondo capitolo comprende un'unica parte dove ho descritto il funzionamento e i principali settori di utilizzo del dispositivo di remote tracker che ho utilizzato nel terzo ed ultimo capitolo, contenente la parte di sperimentazione. Il terzo capitolo è la parte sperimentale, dove ho eseguito una scrupolosa analisi finalizzata alla stipulazione di fondate ipotesi su efficaci strategie di posizionano di banner pubblicitari in una pagina web.
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Il Cryptolocker è un malware diffuso su scala globale appartenente alla categoria ransomware. La mia analisi consiste nel ripercorrere le origini dei software maligni alla ricerca di rappresentanti del genere con caratteristiche simili al virus che senza tregua persevera a partire dal 2013: il Cryptolocker. Per imparare di più sul comportamento di questa minaccia vengono esposte delle analisi del malware, quella statica e quella dinamica, eseguite sul Cryptolocker (2013), CryptoWall (2014) e TeslaCrypt (2015). In breve viene descritta la parte operativa per la concezione e la configurazione di un laboratorio virtuale per la successiva raccolta di tracce lasciate dal malware sul sistema e in rete. In seguito all’analisi pratica e alla concentrazione sui punti deboli di queste minacce, oltre che sugli aspetti tecnici alla base del funzionamento dei crypto, vengono presi in considerazione gli aspetti sociali e psicologici che caratterizzano un complesso background da cui il virus prolifica. Vengono confrontate fonti autorevoli e testimonianze per chiarire i dubbi rimasti dopo i test. Saranno questi ultimi a confermare la veridicità dei dati emersi dai miei esperimenti, ma anche a formare un quadro più completo sottolineando quanto la morfologia del malware sia in simbiosi con la tipologia di utente che va a colpire. Capito il funzionamento generale del crypto sono proprio le sue funzionalità e le sue particolarità a permettermi di stilare, anche con l’aiuto di fonti esterne al mio operato, una lista esauriente di mezzi e comportamenti difensivi per contrastarlo ed attenuare il rischio d’infezione. Vengono citati anche le possibili procedure di recupero per i dati compromessi, per i casi “fortunati”, in quanto il recupero non è sempre materialmente possibile. La mia relazione si conclude con una considerazione da parte mia inaspettata: il potenziale dei crypto, in tutte le loro forme, risiede per la maggior parte nel social engineering, senza il quale (se non per certe categorie del ransomware) l’infezione avrebbe percentuali di fallimento decisamente più elevate.
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Oral-facial-digital type VI syndrome (OFDVI) is a rare phenotype of Joubert syndrome (JS). Recently, C5orf42 was suggested as the major OFDVI gene, being mutated in 9 of 11 families (82 %). We sequenced C5orf42 in 313 JS probands and identified mutations in 28 (8.9 %), most with a phenotype of pure JS. Only 2 out of 17 OFDVI patients (11.7 %) were mutated. A comparison of mutated vs. non-mutated OFDVI patients showed that preaxial and mesoaxial polydactyly, hypothalamic hamartoma and other congenital defects may predict C5orf42 mutations, while tongue hamartomas are more common in negative patients.
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[Hrsg.: Conradus Pelicanus]
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Three sites from Ocean Drilling Program (ODP) Leg 183 (Kerguelen Plateau) have been analyzed to document faunal change in high-latitude radiolarians and to compare the faunal change to Eocene-Oligocene climatic deterioration. Radiolarians are not preserved in Eocene sediments. In Oligocene sediments, radiolarian preservation improves in a stepwise manner toward the Miocene. A total of 115 species were found in lower Oligocene samples from Site 1138; all are documented herein. Radiolarian preservation is presumably linked to productivity triggered by climatic cooling during the early Oligocene. Similar patterns of improving preservation through the Eocene/Oligocene boundary are documented from several Deep Sea Drilling Project and ODP sites in the Southern Ocean, indicating a general pattern. In contrast to the Southern Kerguelen Plateau, however, proxies for productivity are more divergent at Site 1138 (Central Kerguelen Plateau). Whereas carbonate dissolution, as indicated by poor preservation of foraminifers and common hiatuses, is very pronounced in the upper Eocene-lowermost Oligocene, the quality of radiolarian and diatom preservation does not significantly increase until the uppermost lower Oligocene. Multiple measures of radiolarian diversity in the Oligocene from Site 1138 closely parallel radiolarian preservation, indicating that preserved radiolarian diversity is controlled by productivity.