944 resultados para axenic isolates


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Continuous axenic culture of Pneumocystis carinii has been achieved. A culture vessel is used that allows for frequent medium exchange without disturbance of organisms that grow attached to a collagen-coated porous membrane. The growth medium is based on Minimal Essential Medium with Earle’s salt supplemented with S-adenosyl-l-methionine, putrescine, ferric pyrophosphate, N-acetyl glucosamine, putrescine, p-aminobenzoic acid, l-cysteine and l-glutamine, and horse serum. Incubation is in room air at 31°C. The pH of the medium begins at 8.8 and rises to ≈9 as the cells grow. Doubling times calculated from growth curves obtained from cultures inoculated at moderate densities ranged from 35 to 65 hours. With a low-density inoculum, the doubling time is reduced to 19 hours. The morphology of cultured organisms in stained smears and in transmission electron micrographs is that of P. carinii, and P. carinii-specific mAbs label the cultured material. Cultured organisms are infective for immunosuppressed rats and can be stored frozen and used to reinitiate culture.

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We have analyzed 75 isolates of Plasmodium falciparum, collected in Venezuela during both the dry (November) and rainy (May–July) seasons, with a range of genetic markers including antigen genes and 14 random amplified polymorphic DNA (RAPD) primers. Thirteen P. falciparum stocks from Kenya and four other Plasmodium species are included in the analysis for comparison. Cross-hybridization shows that the 14 RAPD primers reveal 14 separate regions of the parasite's genome. The P. falciparum isolates are a monophyletic clade, significantly different from the other Plasmodium species. We identify three RAPD characters that could be useful as “tags” for rapid species identification. The Venezuelan genotypes fall into two discrete genetic subdivisions associated with either the dry or the rainy season; the isolates collected in the rainy season exhibit greater genetic diversity. There is significant linkage disequilibrium in each seasonal subsample and in the full sample. In contrast, no linkage disequilibrium is detected in the African sample. These results support the hypothesis that the population structure of P. falciparum in Venezuela, but not in Africa, is predominantly clonal. However, the impact of genetic recombination on Venezuelan P. falciparum seems higher than in parasitic species with long-term clonal evolution like Trypanosoma cruzi, the agent of Chagas' disease. The genetic structure of the Venezuelan samples is similar to that of Escherichia coli, a bacterium that propagates clonally, with occasional genetic recombination.

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Riassunto La spettrometria di massa (MS) nata negli anni ’70 trova oggi, grazie alla tecnologia Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight (MALDI-TOF), importanti applicazioni in diversi settori: biotecnologico (per la caratterizzazione ed il controllo di qualità di proteine ricombinanti ed altre macromolecole), medico–clinico (per la diagnosi di laboratorio di malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici mirati), alimentare ed ambientale. Negli ultimi anni, questa tecnologia è diventata un potente strumento anche per la diagnosi di laboratorio in microbiologia clinica, rivoluzionando il flusso di lavoro per una rapida identificazione di batteri e funghi, sostituendo l’identificazione fenotipica convenzionale basata su saggi biochimici. Attualmente mediante MALDI-TOF MS sono possibili due diversi approcci per la caratterizzazione dei microrganismi: (1) confronto degli spettri (“mass spectra”) con banche dati contenenti profili di riferimento (“database fingerprints”) e (2) “matching” di bio-marcatori con banche dati proteomiche (“proteome database”). Recentemente, la tecnologia MALDI-TOF, oltre alla sua applicazione classica nell’identificazione di microrganismi, è stata utilizzata per individuare, indirettamente, meccanismi di resistenza agli antibiotici. Primo scopo di questo studio è stato verificare e dimostrare l’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF MS mediante approccio di comparazione degli spettri di differenti microrganismi di interesse medico per i quali l’identificazione risultava impossibile a causa della completa assenza o presenza limitata, di spettri di riferimento all’interno della banca dati commerciale associata allo strumento. In particolare, tale scopo è stato raggiunto per i batteri appartenenti a spirochete del genere Borrelia e Leptospira, a miceti filamentosi (dermatofiti) e protozoi (Trichomonas vaginalis). Secondo scopo di questo studio è stato valutare il secondo approccio identificativo basato sulla ricerca di specifici marcatori per differenziare parassiti intestinali di interesse medico per i quali non è disponibile una banca dati commerciale di riferimento e la sua creazione risulterebbe particolarmente difficile e complessa, a causa della complessità del materiale biologico di partenza analizzato e del terreno di coltura nei quali questi protozoi sono isolati. Terzo ed ultimo scopo di questo studio è stata la valutazione dell’applicabilità della spettrometria di massa con tecnologia MALDI-TOF per lo studio delle resistenze batteriche ai carbapenemi. In particolare, è stato messo a punto un saggio di idrolisi dei carbapenemi rilevata mediante MALDI-TOF MS in grado di determinare indirettamente la produzione di carbapenemasi in Enterobacteriaceae. L’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF mediante l’approccio di comparazione degli spettri è stata dimostrata in primo luogo per batteri appartenenti al genere Borrelia. La banca dati commerciale dello strumento MALDI-TOF MS in uso presso il nostro laboratorio includeva solo 3 spettri di riferimento appartenenti alle specie B. burgdorferi ss, B. spielmani e B. garinii. L’implementazione del “database” con specie diverse da quelle già presenti ha permesso di colmare le lacune identificative dovute alla mancanza di spettri di riferimento di alcune tra le specie di Borrelia più diffuse in Europa (B. afzelii) e nel mondo (come ad esempio B. hermsii, e B. japonica). Inoltre l’implementazione con spettri derivanti da ceppi di riferimento di specie già presenti nel “database” ha ulteriormente migliorato l’efficacia identificativa del sistema. Come atteso, il ceppo di isolamento clinico di B. lusitaniae (specie non presente nel “database”) è stato identificato solo a livello di genere corroborando, grazie all’assenza di mis-identificazione, la robustezza della “nuova” banca dati. I risultati ottenuti analizzando i profili proteici di ceppi di Borrelia spp. di isolamento clinico, dopo integrazione del “database” commerciale, indicano che la tecnologia MALDI-TOF potrebbe essere utilizzata come rapida, economica ed affidabile alternativa ai metodi attualmente utilizzati per identificare ceppi appartenenti a questo genere. Analogamente, per il genere Leptospira dopo la creazione ex-novo della banca dati “home-made”, costruita con i 20 spettri derivati dai 20 ceppi di riferimento utilizzati, è stata ottenuta una corretta identificazione a livello di specie degli stessi ceppi ri-analizzati in un esperimento indipendente condotto in doppio cieco. Il dendrogramma costruito con i 20 MSP-Spectra implementati nella banca dati è formato da due rami principali: il primo formato dalla specie non patogena L. biflexa e dalla specie a patogenicità intermedia L. fainei ed il secondo che raggruppa insieme le specie patogene L. interrogans, L. kirschneri, L. noguchii e L. borgpetersenii. Il secondo gruppo è ulteriormente suddiviso in due rami, contenenti rispettivamente L. borgpetersenii in uno e L. interrogans, L. kirschneri e L. noguchii nell’altro. Quest’ultimo, a sua volta, è suddiviso in due rami ulteriori: il primo comprendente la sola specie L. noguchii, il secondo le specie L. interrogans e L. kirshneri non separabili tra loro. Inoltre, il dendrogramma costruito con gli MSP-Spectra dei ceppi appartenenti ai generi Borrelia e Leptospira acquisiti in questo studio, e appartenenti al genere Brachyspira (implementati in un lavoro precedentemente condotto) mostra tre gruppi principali separati tra loro, uno per ogni genere, escludendo possibili mis-identificazioni tra i 3 differenti generi di spirochete. Un’analisi più approfondita dei profili proteici ottenuti dall’analisi ha mostrato piccole differenze per ceppi della stessa specie probabilmente dovute ai diversi pattern proteici dei distinti sierotipi, come confermato dalla successiva analisi statistica, che ha evidenziato picchi sierotipo-specifici. È stato, infatti, possibile mediante la creazione di un modello statistico dedicato ottenere un “pattern” di picchi discriminanti in grado di differenziare a livello di sierotipo sia i ceppi di L. interrogans sia i ceppi di L. borgpetersenii saggiati, rispettivamente. Tuttavia, non possiamo concludere che i picchi discriminanti da noi riportati siano universalmente in grado di identificare il sierotipo dei ceppi di L. interrogans ed L. borgpetersenii; i picchi trovati, infatti, sono il risultato di un’analisi condotta su uno specifico pannello di sierotipi. È stato quindi dimostrato che attuando piccoli cambiamenti nei parametri standardizzati come l’utilizzo di un modello statistico e di un programma dedicato applicato nella routine diagnostica è possibile utilizzare la spettrometria di massa MALDI-TOF per una rapida ed economica identificazione anche a livello di sierotipo. Questo può significativamente migliorare gli approcci correntemente utilizzati per monitorare l’insorgenza di focolai epidemici e per la sorveglianza degli agenti patogeni. Analogamente a quanto dimostrato per Borrelia e Leptospira, l’implementazione della banca dati dello spettrometro di massa con spettri di riferimento di miceti filamentosi (dermatofiti) si è rilevata di particolare importanza non solo per l’identificazione di tutte le specie circolanti nella nostra area ma anche per l’identificazione di specie la cui frequenza nel nostro Paese è in aumento a causa dei flussi migratori dalla zone endemiche (M. audouinii, T. violaceum e T. sudanense). Inoltre, l’aggiornamento del “database” ha consentito di superare la mis-identificazione dei ceppi appartenenti al complesso T. mentagrophytes (T. interdigitale e T. mentagrophytes) con T. tonsurans, riscontrata prima dell’implementazione della banca dati commerciale. Il dendrogramma ottenuto dai 24 spettri implementati appartenenti a 13 specie di dermatofiti ha rivelato raggruppamenti che riflettono quelli costruiti su base filogenetica. Sulla base dei risultati ottenuti mediante sequenziamento della porzione della regione ITS del genoma fungino non è stato possibile distinguere T. interdigitale e T. mentagrophytes, conseguentemente anche gli spettri di queste due specie presentavano picchi dello stesso peso molecoalre. Da sottolineare che il dendrogramma costruito con i 12 profili proteici già inclusi nel database commerciale e con i 24 inseriti nel nuovo database non riproduce l’albero filogenetico per alcune specie del genere Tricophyton: gli spettri MSP già presenti nel database e quelli aggiunti delle specie T. interdigitale e T. mentagrophytes raggruppano separatamente. Questo potrebbe spiegare le mis-identificazioni di T. interdigitale e T. mentagrophytes con T. tonsurans ottenute prima dell’implementazione del database. L’efficacia del sistema identificativo MALDI-TOF è stata anche dimostrata per microrganismi diversi da batteri e funghi per i quali la metodica originale è stata sviluppata. Sebbene tale sistema identificativo sia stato applicato con successo a Trichomonas vaginalis è stato necessario apportare modifiche nei parametri standard previsti per l’identificazione di batteri e funghi. Le interferenze riscontrate tra i profili proteici ottenuti per i due terreni utilizzati per la coltura di questo protozoo e per i ceppi di T. vaginalis hanno, infatti, reso necessario l’utilizzo di nuovi parametri per la creazione degli spettri di riferimento (MSP-Spectra). L’importanza dello sviluppo del nuovo metodo risiede nel fatto che è possibile identificare sulla base del profilo proteico (e non sulla base di singoli marcatori) microorganismi cresciuti su terreni complessi che potrebbero presentare picchi nell'intervallo di peso molecolare utilizzato a scopo identificativo: metaboliti, pigmenti e nutrienti presenti nel terreno possono interferire con il processo di cristallizzazione e portare ad un basso punteggio identificativo. Per T. vaginalis, in particolare, la “sottrazione” di picchi dovuti a molecole riconducibili al terreno di crescita utilizzato, è stata ottenuta escludendo dall'identificazione l'intervallo di peso molecolare compreso tra 3-6 kDa, permettendo la corretta identificazione di ceppi di isolamento clinico sulla base del profilo proteico. Tuttavia, l’elevata concentrazione di parassita richiesta (105 trofozoiti/ml) per una corretta identificazione, difficilmente ottenibile in vivo, ha impedito l’identificazione di ceppi di T. vaginalis direttamente in campioni clinici. L’approccio identificativo mediante individuazione di specifici marcatori proteici (secondo approccio identificativo) è stato provato ed adottato in questo studio per l’identificazione e la differenziazione di ceppi di Entamoeba histolytica (ameba patogena) ed Entamoeba dispar (ameba non patogena), specie morfologiacamente identiche e distinguibili solo mediante saggi molecolari (PCR) aventi come bersaglio il DNA-18S, che codifica per l’RNA della subunità ribosomiale minore. Lo sviluppo di tale applicazione ha consentito di superare l’impossibilità della creazione di una banca dati dedicata, a causa della complessità del materiale fecale di partenza e del terreno di coltura impiagato per l’isolamento, e di identificare 5 picchi proteici in grado di differenziare E. histolytica da E. dispar. In particolare, l’analisi statistica ha mostrato 2 picchi specifici per E. histolytica e 3 picchi specifici per E. dispar. L’assenza dei 5 picchi discriminanti trovati per E. histolytica e E. dispar nei profili dei 3 differenti terreni di coltura utilizzati in questo studio (terreno axenico LYI-S-2 e terreno di Robinson con e senza E. coli) permettono di considerare questi picchi buoni marcatori in grado di differenziare le due specie. La corrispondenza dei picchi con il PM di due specifiche proteine di E. histolytica depositate in letteratura (Amoebapore A e un “unknown putative protein” di E. histolytica ceppo di riferimento HM-1:IMSS-A) conferma la specificità dei picchi di E. histolytica identificati mediante analisi MALDI-TOF MS. Lo stesso riscontro non è stato possibile per i picchi di E. dispar in quanto nessuna proteina del PM di interesse è presente in GenBank. Tuttavia, va ricordato che non tutte le proteine E. dispar sono state ad oggi caratterizzate e depositate in letteratura. I 5 marcatori hanno permesso di differenziare 12 dei 13 ceppi isolati da campioni di feci e cresciuti in terreno di Robinson confermando i risultati ottenuti mediante saggio di Real-Time PCR. Per un solo ceppo di isolamento clinico di E. histolytica l’identificazione, confermata mediante sequenziamento della porzione 18S-rDNA, non è stata ottenuta mediante sistema MALDI-TOF MS in quanto non sono stati trovati né i picchi corrispondenti a E. histolytica né i picchi corrispondenti a E. dispar. Per questo ceppo è possibile ipotizzare la presenza di mutazioni geno/fenotipiche a livello delle proteine individuate come marcatori specifici per E. histolytica. Per confermare questa ipotesi sarebbe necessario analizzare un numero maggiore di ceppi di isolamento clinico con analogo profilo proteico. L’analisi condotta a diversi tempi di incubazione del campione di feci positivo per E. histolytica ed E. dipar ha mostrato il ritrovamento dei 5 picchi discriminanti solo dopo 12 ore dall’inoculo del campione nel terreno iniziale di Robinson. Questo risultato suggerisce la possibile applicazione del sistema MALDI-TOF MS per identificare ceppi di isolamento clinico di E. histolytica ed E. dipar nonostante la presenza di materiale fecale che materialmente può disturbare e rendere difficile l’interpretazione dello spettro ottenuto mediante analisi MALDI-TOF MS. Infine in questo studio è stata valutata l’applicabilità della tecnologia MALDI-TOF MS come saggio fenotipico rapido per la determinazione di ceppi produttori di carbapenemasi, verificando l'avvenuta idrolisi del meropenem (carbapeneme di riferimento utilizzato in questo studio) a contatto con i ceppi di riferimento e ceppi di isolamento clinico potenzialmente produttori di carbapenemasi dopo la messa a punto di un protocollo analitico dedicato. Il saggio di idrolisi del meropenem mediante MALDI-TOF MS ha dimostrato la presenza o l’assenza indiretta di carbapenemasi nei 3 ceppi di riferimento e nei 1219 (1185 Enterobacteriaceae e 34 non-Enterobacteriaceae) ceppi di isolamento clinico inclusi nello studio. Nessuna interferenza è stata riscontrata per i ceppi di Enterobacteriaceae variamente resistenti ai tre carbapenemi ma risultati non produttori di carbapenemasi mediante i saggi fenotipici comunemente impiegati nella diagnostica routinaria di laboratorio: nessuna idrolisi del farmaco è stata infatti osservata al saggio di idrolisi mediante MALDI-TOF MS. In un solo caso (ceppo di K. pneumoniae N°1135) è stato ottenuto un profilo anomalo in quanto presenti sia i picchi del farmaco intatto che quelli del farmaco idrolizzato. Per questo ceppo resistente ai tre carbapenemi saggiati, negativo ai saggi fenotipici per la presenza di carbapenemasi, è stata dimostrata la presenza del gene blaKPC mediante Real-Time PCR. Per questo ceppo si può ipotizzare la presenza di mutazioni a carico del gene blaKPC che sebbene non interferiscano con il suo rilevamento mediante PCR (Real-Time PCR positiva), potrebbero condizionare l’attività della proteina prodotta (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia negativi) riducendone la funzionalità come dimostrato, mediante analisi MALDI-TOF MS, dalla presenza dei picchi relativi sia all’idrolisi del farmaco sia dei picchi relativi al farmaco intatto. Questa ipotesi dovrebbe essere confermata mediante sequenziamento del gene blaKPC e successiva analisi strutturale della sequenza amminoacidica deducibile. L’utilizzo della tecnologia MALDI-TOF MS per la verifica dell’avvenuta idrolisi del maropenem è risultato un saggio fenotipico indiretto in grado di distinguere, al pari del test di Hodge modificato impiegato comunemente nella routine diagnostica in microbiologia, un ceppo produttore di carbapenemasi da un ceppo non produttore sia per scopi diagnostici che per la sorveglianza epidemiologica. L’impiego del MALDI-TOF MS ha mostrato, infatti, diversi vantaggi rispetto ai metodi convenzionali (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia) impiegati nella routine diagnostica di laboratorio i quali richiedono personale esperto per l’interpretazione del risultato e lunghi tempi di esecuzione e di conseguenza di refertazione. La semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questa tecnica un metodo accurato e rapido. Inoltre, il metodo risulta conveniente dal punto di vista economico, con un costo totale stimato di 1,00 euro per ceppo analizzato. Tutte queste considerazioni pongono questa metodologia in posizione centrale in ambito microbiologico anche nel caso del rilevamento di ceppi produttori di carbapenemasi. Indipendentemente dall’approccio identificativo utilizzato, comparato con i metodi convenzionali il MALDI-TOF MS conferisce in molti casi un guadagno in termini di tempo di lavoro tecnico (procedura pre-analititca per la preparazione dei campioni) e di tempo di ottenimento dei risultati (procedura analitica automatizzata). Questo risparmio di tempo si accentua quando sono analizzati in contemporanea un maggior numero di isolati. Inoltre, la semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questo un metodo di identificazione accurato e rapido risultando più conveniente anche dal punto di vista economico, con un costo totale di 0,50 euro (materiale consumabile) per ceppo analizzato. I risultati ottenuti dimostrano che la spettrometria di massa MALDI-TOF sta diventando uno strumento importante in microbiologia clinica e sperimentale, data l’elevata efficacia identificativa, grazie alla disponibilità sia di nuove banche dati commerciali sia di aggiornamenti delle stesse da parte di diversi utenti, e la possibilità di rilevare con successo anche se in modo indiretto le antibiotico-resistenze.

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A solid state formulation of Beauveria bassiana (Balsamo) Vuillemin has been developed for biological control of the Red Palm Weevil (RPW), Rhynchophorus ferrugineus (Olivier, 1790). Two kinds of bioassays (dry conidia and dipping) using 10 isolates from several coleopterans in Mediterranean environments, identified 2 RPW derived isolates (193 and 203) as most pathogenic to RPW larvae and adults (zero survival within first 4–5 d for dry conidia, and 14 and 23 d for dipping bioassays). Isolate 203 (5.1 × 108 ± 1.9 × 108 conidia g-1) was formulated with fragmented date seed into solid granules and tested in palms infested with RPW under semi-field conditions in Feb, Apr/May and Jun of both 2007 and 2008. Beauveria bassiana significantly reduced RPW adult survival with respect to controls in May 2007 and in the Apr/Jun 2008 experiments. Total RPW adult mortality was achieved within 30 days for all B. bassiana treatments, and was associated with increasing numbers of insects with signs of mycosis in 2008 experiments. Beauveria bassiana formulation reduced RPW multiplication in artificially infested palms compared to controls, and a positive correlation between numbers of larvae and time post-infestation was recorded. The suppression of RPW adult populations by B. bassiana persisted for at least 3 months under semi-field conditions. The Beauveria bassiana solid formulation, which induces great adult mortality and persistence in the field, could be applied as a preventive as well as a curative treatment for the integrated management of RPW.

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The fungal parasite of nematode eggs Pochonia chlamydosporia is also a root endophyte known to promote growth of some plants. In this study, we analysed the effect of nine P. chlamydosporia isolates from worldwide origin on tomato growth. Experiments were performed at different scales (Petri dish, growth chamber and greenhouse conditions) and developmental stages (seedlings, plantlets and plants). Seven P. chlamydosporia isolates significantly (P < 0.05) increased the number of secondary roots and six of those increased total weight of tomato seedlings. Six P. chlamydosporia isolates also increased root weight of tomato plantlets. Root colonisation varied between different isolates of this fungus. Again P. chlamydosporia significantly increased root growth of tomato plants under greenhouse conditions and reduced flowering and fruiting times (up to 5 and 12 days, respectively) versus uninoculated tomato plants. P. chlamydosporia increased mature fruit weight in tomato plants. The basis of the mechanisms for growth, flowering and yield promotion in tomato by the fungus are unknown. However, we found that P. chlamydosporia can produce Indole-3-acetic acid and solubilise mineral phosphate. These results suggest that plant hormones or nutrient ability could play an important role. Our results put forward the agronomic importance of P. chlamydosporia as biocontrol agent of plant parasitic nematodes with tomato growth promoting capabilities.

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Some endophytic fungal genera in Vitis vinifera, including Acremonium, have been reported as antagonists of Plasmopara viticola. Endophytic Acremonium isolates from an asymptomatic grapevine cultivar Inzolia from Italy were identified by morphological features and multigene phylogenies of ITS, 18S and 28S genes, and their intra-specific genomic diversity was analyzed by RAPD analysis. Culture filtrates (CFs) obtained from Acremonium isolates were tested in vitro for their inhibitory activity against the P. viticola sporangia germination. Among 94 isolates, 68 belonged to the Acremonium persicinum and 26 to the Acremonium sclerotigenum. RAPD analysis grouped the A. persicinum isolates into 15 clusters and defined 31 different strains. The A. sclerotigenum isolates, instead, were clustered into 22 groups and represented 25 strains. All A. persicinum CFs inhibited sporangia germination of P. viticola, while not all those of A. sclerotigenum had inhibitory effect. A different degree of inhibition was observed between strains of the same species, while some strains of different species showed identical inhibitory effect. No correlation was found between RAPD groups and inhibitory activity in both Acremonium species.

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BACKGROUND: Streptococcus pneumoniae causes several human diseases, including pneumonia and meningitis, in which pathology is associated with an excessive inflammatory response. A major inducer of this response is the cholesterol dependent pneumococcal toxin, pneumolysin. Here, we measured the amount of inflammatory cytokine CXCL8 (interleukin (IL)-8) by ELISA released by human nasopharyngeal epithelial (Detroit 562) cells as inflammatory response to a 24 h exposure to different pneumococcal strains. RESULTS: We found pneumolysin to be the major factor influencing the CXCL8 response. Cholesterol and sphingomyelin-containing liposomes designed to sequester pneumolysin were highly effective at reducing CXCL8 levels from epithelial cells exposed to different clinical pneumococcal isolates. These liposomes also reduced CXCL8 response from epithelial cells exposed to pneumolysin knock-out mutants of S. pneumoniae indicating that they also reduce the CXCL8-inducing effect of an unidentified pneumococcal virulence factor, in addition to pneumolysin. CONCLUSION: The results indicate the potential of liposomes in attenuating excessive inflammation as a future adjunctive treatment of pneumococcal diseases.

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Mutations in the Plasmodium falciparum chloroquine resistance transporter (pfcrt) gene were examined to assess their associations with chloroquine resistance in clinical samples from Armopa (Papua) and Papua New Guinea. In Papua, two of the five pfcrt haplotypes found were new: SVIET from Armopa and CVIKT from an isolate in Timika. There was also a strong association (P < 0.0001) between the pfcrt 76T allele and chloroquine resistance in 50 samples. In Papua New Guinea, mutations in the pfcrt gene were observed in 15 isolates with chloroquine minimum inhibitory concentrations (MICs) of 16-64 pmol, while the remaining six isolates, which had a wild-type pfcrt gene at codon 76, had MICs of 2-8 pmol. These observations confirm that mutations at codon 76 in the pfcrt gene are present in both in vivo and in vitro cases of chloroquine resistance, and that detection of the pfcrt 76T allele could predict potential chloroquine treatment failures.

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The aim of this study was to develop a simple, field-practical, and effective in vitro method for determining the sensitivity of fresh erythrocytic Plasmodium vivax isolates to a range of antimalarials. The method used is a modification of the standard World Health Organization (WHO) microtest for determination of P.falciparum drug sensitivity. The WHO method was modified by removing leukocytes and using a growth medium supplemented with AB(+) serum. We successfully carried out 34 in vitro drug assays on 39 P. vivax isolates collected from the Mae Sod malaria clinic, Tak Province, Thailand. The mean percentage of parasites maturing to schizonts (six or more merozoites) in control wells was 66.5% +/- 5.9% (standard deviation). This level of growth in the control wells enabled rapid microscopic determination (5 min per isolate per drug) of the MICs of chloroquine, dihydroartemisinin, WR238605 (tafenoquine), and sulfadoxine. P. vivax was relatively sensitive to chloroquine (MIC = 160 ng/ml, 50% inhibitory concentration [IC50] = 49.8 ng/ml) and dihydroartemisinin (MIC = 0.5 ng/ml, IC50 = 0.47 ng/ml). The poor response of P. vivax to both tafenoquine (MIC = 14,000 ng/ml, IC50 = 9,739 ng/ml) and sulfadoxine (MIC = 500,000 ng/ml, IC50 = 249,000 ng/ml) was due to the slow action of these drugs and the innate resistance of P. vivax to sulfadoxine. The in vitro assay developed in our study should be useful both for assessing the antimalarial sensitivity of P. vivax populations and for screening new antimalarials in the absence of long-term P. vivax cultures.

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The geographically constrained distribution of Epstein-Barr virus (EBV)-associated nasopharyngeal carcinoma (NPC) in southeast Asian populations suggests that both viral and host genetics may influence disease risk. Although susceptibility loci have been mapped within the human genome, the role of viral genetics in the focal distribution of NPC remains an enigma. Here we report a molecular phylogenetic analysis of an NPC-associated viral oncogene, LMP1, in a large panel of EBV isolates from southeast Asia and from Papua New Guinea, Africa, and Australia, regions of the world where NPC is and is not endemic, respectively. This analysis revealed that LMP1 sequences show a distinct geographic structure, indicating that the southeast Asian isolates have evolved as a lineage distinct from those of Papua New Guinea, African, and Australian isolates. Furthermore, a likelihood ratio test revealed that the C termini of the LMP1 sequences of the southeast Asian lineage are under significant positive selection pressure, particularly at some sites within the C-terminal activator regions. We also present evidence that although the N terminus and transmembrane region of LMP1 have undergone recombination, the C-terminal region of the gene has evolved without any history of recombination. Based on these observations, we speculate that selection pressure may be driving the LMP1 sequences in virus isolates from southeast Asia towards a more malignant phenotype, thereby influencing the endemic distribution of NPC in this region.

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Ferroxidase (encoded by the mco gene), a component of a ferrous iron uptake pathway in Pseudomonas aeruginosa, was detected in all of the 35 respiratory clinical isolates surveyed; in contrast, considerable variation in siderophore expression was observed. The ubiquitous expression of this periplasmic ferroxidase suggests that it plays a key role in iron uptake in this opportunistic pathogen.

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In this study, the suitability of two repetitive-element-based PCR (rep-PCR) assays, enterobacterial repetitive intergenic consensus (ERIC)-PCR and BOX-PCR, to rapidly characterize Pseudomonas aeruginosa strains isolated from patients with cystic fibrosis (CF) was examined. ERIC-PCR utilizes paired sequence-specific primers and BOX-PCR a single primer that target highly conserved repetitive elements in the P. aeruginosa genome. Using these rep-PCR assays, 163 P. aeruginosa isolates cultured from sputa collected from 50 patients attending an adult CF clinic and 50 children attending a paediatric CF clinic were typed. The results of the rep-PCR assays were compared to the results of PFGE. All three assays revealed the presence of six major clonal groups shared by multiple patients attending either of the CF clinics, with the dominant clonal group infecting 38% of all patients. This dominant clonal group was not related to the dominant clonal group detected in Sydney or Melbourne (pulsotype 1), nor was it related to the dominant groups detected in the UK. In all, PFGE and rep-PCR identified 58 distinct clonal groups, with only three of these shared between the two clinics. The results of this study showed that both ERIC-PCR and BOX-PCR are rapid, highly discriminatory and reproducible assays that proved to be powerful surveillance screening tools for the typing of clinical P. aeruginosa isolates recovered from patients with CF.