909 resultados para Massachusetts--Religion--18th century
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Cette thèse se propose d’analyser les images de la nuit et ses significations dans les romans du XVIII siècle, à partir des années 1730-1740, dans le cadre de trois littératures: la littérature anglaise, française et italienne. Deux conceptions opposées sont mises en comparaison: la première, d’exorcisation de la nuit, est typique de la première partie du siècle; elle est représentée principalement par le genre des romans libertins. La deuxième conception montre une valorisation de la nuit qu’on trouve en particulier dans les romans gothiques, qui se sont développés à partir de la seconde partie du siècle. Le but final de la présente recherche est de trouver une explication au refus de la nuit de la part de certains auteurs et ensuite de repérer les causes du bouleversement de cette vision. Puisque la nuit empêche le sens de la vue, elle a été considérée une forme de négation de l’espace physique; selon le profil psychologique et anthropologique la nuit constituerait alors la cause principale de la perte d’orientation. Selon une interprétation intellectuelle et philosophique, elle serait un symbole d’ignorance et d’irrationalité. La situation change vers la moitié du siècle des Lumières, car la nuit commence à assumer un rôle actif et nécessaire dans le processus d’apprentissage. Au niveau social, les rencontres les plus importantes adviennent pendant la nuit. Dans le revival des cathédrales gothiques et des châteaux médiévaux, on voit que la nuit s’empare désormais de l’espace, qui s’enrichit de lumières et d’ombres.
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Le musiche “popolaresche” urbane, in genere trascurate nella letteratura etnomusicologica, sono state quasi completamente ignorate nel caso della Romania. Il presente studio si propone di colmare almeno in parte questa lacuna, indagando questo fenomeno musicale nella Bucarest degli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Le musiche esaminate sono tuttavia inserite entro una cornice storica più ampia, che data a partire dalla fine del XVIII secolo, e messe in relazione con alcune produzioni di origine rurale che con queste hanno uno stretto rapporto. Il caso di Maria Lătărețu (1911-1972) si è rivelato particolarmente fecondo in questo senso, dal momento che la cantante apparteneva ad entrambi i versanti musicali, rurale e urbano, e nepadroneggiava con disinvoltura i rispettivi repertori. Dopo il suo trasferimento nella capitale, negli anni Trenta, è diventata una delle figure di maggior spicco di quel fenomeno noto come muzică populară (creazione musicale eminentemente urbana e borghese con radici però nel mondo delle musiche rurali). L’analisi del repertorio (o, per meglio dire, dei due repertori) della Lătărețu, anche nel confronto con repertori limitrofi, ha permesso di comprendere più da vicino alcuni dei meccanismi musicali alla base di questa creazione. Un genere musicale che non nasce dal nulla nel dopo-guerra, ma piuttosto continua una tradizione di musica urbana, caratterizzata in senso locale, ma influenzata dal modello della canzone europea occidentale, che data almeno dagli inizi del Novecento. Attraverso procedimenti in parte già collaudati da compositori colti che sin dal XIX secolo, in Romania come altrove, si erano cimentati con la creazione di melodie in stile popolare o nell’armonizzazione di musiche di provenienza contadina, le melodie rurali nel bagaglio della cantante venivano trasformate in qualcosa di inedito. Una trasformazione che, come viene dimostrato efficacemente nell’ultimo capitolo, non investe solo il livello superficiale, ma coinvolge in modo profondo la sintassi musicale.
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La tesi di dottorato del dott. Wu Gongqing è il frutto di un lavoro di studio e ricerca durato tre anni e condotto usufruendo delle strutture di ricerca della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna. L'obiettivo del lavoro che il candidato presenta è quello di offrire un quadro della ricezione di una delle maggiori opere di Origene, il Contra Celsum, nella cultura dell'Europa moderna. Il punto di vista scelto per condurre questa indagine è quello delle edizioni e traduzioni che il testo conobbe a partire dal 1481 sino alla fine del Settecento. La scansione del lavoro segue il susseguirsi delle diverse edizioni, con un capitolo dedicato alle edizioni umanistiche e al loro impatto sulla cultura italiana ed europea fra Quattro e Cinquecento. Seguono i capitoli dedicati alle edizioni di Hoeschel, Spencer, Bouhéreau e Delarue, Mosheim e Tamburini. In ciascun capitolo il ricercatore prende in esame le diverse edizioni e traduzioni, analizzandone le caratteristiche letterarie principali, lo stile, il rapporto con la tradizione manoscritta, la diffusione e cercando di ricondurre ciascuna di esse al proprio specifico ambito storico-culturale.
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La dissertazione è uno studio monografico delle cantate dialogiche e delle serenate a più voci e strumenti composte da Händel in Italia negli anni 1706-1710. Insieme ai drammi per musica e agli oratori coevi, le quattro cantate "Aminta e Fillide" HWV 83, "Clori, Tirsi e Fileno" HWV 96, "Il duello amoroso" HWV 82, "Apollo e Dafne" HWV 122 e le due serenate "Aci, Galatea e Polifemo" HWV 72 e "Olinto pastore arcade alle glorie del Tebro" HWV 143 costituiscono le prime importanti affermazioni di Händel come compositore di musica vocale. Le sei composizioni sono state studiate sotto l’aspetto storico-letterario, drammaturgico-musicale e della committenza, con l’obiettivo di individuare intersecazioni fra questi piani. I testi poetici, di cui si è curata l’edizione, sono stati analizzati da un punto di vista storico e stilistico e collocati nel particolare contesto romano del primo Settecento, in cui la proibizione di ogni spettacolo teatrale determinò, sotto la spinta di una raffinata committenza, un ‘drammatizzazione’ dei generi della cantata e della serenata. L’analisi musicale di ciascuna composizione è stata dunque finalizzata a una lettura ‘drammaturgica’, che ha portato alla individuazione dei dispositivi di ascendenza teatrale nella scelte compositive di Händel. Lo studio si conclude con un selettivo confronto con le cantate e le serenate scritte negli stessi anni a Roma da Alessandro Scarlatti.
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La ricerca ha come oggetto l’edizione critica di circa tremila regesti di documenti di area bolognese datati al X-XII secolo. I documenti sono stati trascritti tra il XVII e XVIII secolo in undici cartulari ecclesiastici, conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna. Il lavoro s’inserisce nel progetto di edizione delle carte bolognesi di epoca medievale in corso presso la cattedra di Paleografia latina e Diplomatica dell’Università di Bologna, attualmente incentrata sull’edizione delle carte del secolo XII. La ricerca si propone come strumento di supporto a tale progetto e come completamento delle carte già pubblicate: i cartulari, infatti, offrono spesso copie di documenti mancanti dell’originale o in cattivo stato di conservazione, e costituiscono l’unica traccia di una memoria storica altrimenti perduta. Le raccolte esaminate si collocano a ridosso del periodo napoleonico, quando la maggior parte degli enti ecclesiastici venne soppressa e i loro beni incamerati dallo Stato; esse quindi rispecchiano la condizione dei principali archivi ecclesiastici cittadini dei primi secoli del Medioevo bolognese. La ricerca è strutturata in una prima parte volta a definire in termini storico-diplomatistici la tipologia di fonte esaminata: oggi i cartulari non sono più intesi come semplici raccoglitori di documenti, ma come sistema organico di fonti in grado di far luce su aspetti importanti della storia dell’ente che li ha prodotti. L’indagine del loro contesto di produzione permette di comprenderne meglio le finalità, la forma e il valore giuridico. Parte della ricerca è stata poi incentrata sullo studio delle ragioni che hanno portato gli istituti religiosi bolognesi alla redazione dei cartulari: a tal fine è stata esaminata la legislazione ecclesiastica cinque-settecentesca in materia di conservazione della documentazione e il rapporto della legislazione stessa con la prassi archivistica. Infine è stata realizzata l’edizione critica vera e propria dei regesti, mirante a descrivere le caratteristiche principali di ciascun cartulario.
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Agostino Mitelli (1609-1660) è una figura centrale nella vicenda artistica bolognese. Rinnova profondamente la quadratura, genere in cui opera maggiormente, e diventa il principale riferimento per le generazioni successive. Infatti ha un grande numero di allievi che si fanno interpreti del suo stile e le sue opere continuano ad essere studiate fino a Settecento inoltrato. Nel suo lavoro accorda una grande importanza al mezzo grafico, in cui eccelle e che considera strumento di verifica ed esercizio. Questa predilezione influenza anche i suoi seguaci: dopo la sua morte i suoi disegni diventano molto ricercati e vengono impiegati come repertori di soluzioni di quadratura ed elementi decorativi. Sono essi stessi strumento di studio e infatti ci è pervenuto un grande numero di copie ed esercizi in stile mitelliano. L'analisi sistematica di questo materiale anonimo e poco studiato mi ha permesso di individuare alcune delle personalità di maggiore spicco tra i suoi seguaci, quali Domenico Santi, Giacomo Antonio Mannini e Marc'Antonio Chiarini. Per valutare l'influenza dell'opera di Agostino presso le generazioni successive è centrale anche la produzione calcografica che analizzo a partire dalle quattro serie di elementi di ornato che egli stesso dà alle stampe e che riscuotono molto successo, come provano le numerose ristampe, anche francesi. Dopo la sua morte vengono incise diverse imprese che si riallacciano al suo operato: la prima è quella del figlio Giuseppe Maria Mitelli che pubblica alcuni suoi disegni. Seguono le serie di Santi, Buffagnotti, Mannini, Chiarini e diversi altri che comprendono anche quadratura e veduta e che spesso sono state riassemblate da editori e collezionisti. Anche le fonti affrontano la questione della dipendenza delle successive generazioni dagli stilemi di Agostino Mitelli, oltre a quelle a stampa ho studiato approfonditamente i manoscritti inediti dell'altro figlio di Agostino, Giovanni Mitelli, che forniscono molte nuove notizie.
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Lo scopo della dissertazione “Formazione e pratica del pensiero orchestrale di Hector Berlioz. Caratteri poetici e strategie del suono” è quello di indagare i tratti essenziali del pensiero di Berlioz in merito all’orchestra riprendendo in considerazione gli elementi della sua educazione giovanile. In particolare, le nozioni ricavate dai suoi insegnanti di composizione Le Sueur e Reicha e dai corsi di medicina brevemente frequentati a Parigi sono indagate con approccio rinnovato, alla luce di nuovi filoni di studio indagati dalla musicologia negli anni più recenti. Sono analizzate anche le recensioni di Berlioz, alla ricerca di elementi che aiutino a comprendere la sua musica con le argomentazioni destinate a quella altrui. È analizzato anche il percorso della trattatistica che da un iniziale approccio di tipo pratico tipico del XVIII secolo, giunge con il trattato di Berlioz a una forte connotazione poetica delle risorse strumentali e orchestrali. Nella seconda parte della dissertazione sono analizzate invece alcune opere di Berlioz e alcune questioni generali concernenti il suo modo di scrivere per l’orchestra, specialmente in relazione ad altri parametri musicali. Nella dissertazione notevole attenzione è data al rapporto fra questioni tecniche e poetiche, proponendo un approccio leggermente rinnovato.
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Die politische Rolle der Hofmusik in der ersten Hälfte des 18. Jahrhunderts ist im Kontext der repräsentativen Machtmittel innerhalb des höfischen Kräftefeldes verortet. Die höfischen Zeremonielle bildeten nicht nur den Aufführungsrahmen, sondern legten sämtliche Determinanten für die musikalischen Ereignisse fest. Zu den Aufgaben der Hofkapellmeister im kleinen, aber innerhalb des Reiches nicht ganz unbedeutenden und durchaus paradigmatisch stehenden Fürstentum Hessen-Darmstadt gehörten die musikalischen Umrahmungen der fürstlichen Hochzeiten, Trauerfälle, Geburtstage sowie politischer und kirchenpolitischer Anlässe. Christoph Graupner wirkte hier als Hofkapellmeister zwischen 1709 und 1760; bis zu seiner Erblindung im Jahr 1754 schuf er ein umfangreiches Werk, das die Verhältnisse dieser Landgrafschaft in signifikanter Weise spiegelt. Graupners Musiken zu den Festen der Landgrafen umfassten immer Kirchenkantaten für den Gottesdienst, daneben oft auch weltliche Musik zur Unterhaltung der Gäste. Obwohl die – damals hochmoderne und in der Entwicklung begriffenen – Gattung der Kantate bei weitem überwiegt, sind es auch Bühnenwerke, die diese Funktion erfüllten, aber lediglich im ersten Jahrzehnt von Graupners Dienstzeit in Darmstadt aufgeführt wurden. 83 panegyrische Werke (57 geistliche, 24 weltliche Kantaten, 2 Bühnenwerke) konnten als Zeremonialmusiken systemisch in ihrem Aufführungskontext analysiert werden. Dabei ergaben sich etliche neue Erkenntnisse wie Datierungen, Zuordnungen zu Anlässen, auch Funde von bisher als verschollen geltenden Textdrucken. Der Geheimrat Johann Jacob (von) Wieger konnte als mutmaßlicher Textdichter identifiziert werden. Insbesondere ist deutlich geworden, dass der Bedeutungsverlust höfischer Repräsentation am Ende der absolutistischen Epoche wie in anderen Residenzen auch in Darmstadt die Zeremonialmusik tangierte. Für Graupner blieb vor diesem Hintergrund einerseits die ungebrochene Unterordnung unter die hierarchischen Verhältnisse, was die Huldigung als Form der Pflichterfüllung einschloss. Andererseits jedoch zeigten sich latente Distanzierungsversuche: zum einen die Schaffung musikalischer Subtexte in gewissen panegyrischen Werken, zum anderen aber vor allem die Hinwendung zur Kirchenmusik und damit zu einer Religiosität, die nicht nur die Anmahnung der christlichen Tugenden ermöglichte, sondern auch mit dem “Schaffen zur Ehre Gottes” eine persönliche Rechtfertigung jenseits von allem tagespolitischen Geschehen bot.
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We investigate the changes of extreme European winter (December-February) precipitation back to 1700 and show for various European regions that return periods of extremely wet and dry winters are subject to significant changes both before and after the onset of anthropogenic influences. Generally, winter precipitation has become more extreme. We also examine the spatial pattern of the changes of the extremes covering the last 300 years where data quality is sufficient. Over central and Eastern Europe dry winters occurred more frequently during the 18th and the second part of the 19th century relative to 1951–2000. Dry winters were less frequent during both the 18th and 19th century over the British Isles and the Mediterranean. Wet winters have been less abundant during the last three centuries compared to 1951–2000 except during the early 18th century in central Europe. Although winter precipitation extremes are affected by climate change, no obvious connection of these changes was found to solar, volcanic or anthropogenic forcing. However, physically meaningful interpretation with atmospheric circulation changes was possible.
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High-resolution reconstructions of climate variability that cover the past millennia are necessary to improve the understanding of natural and anthropogenic climate change across the globe. Although numerous records are available for the mid- and high-latitudes of the Northern Hemisphere, global assessments are still compromised by the scarcity of data from the Southern Hemisphere. This is particularly the case for the tropical and subtropical areas. In addition, high elevation sites in the South American Andes may provide insight into the vertical structure of climate change in the mid-troposphere. This study presents a 3000 yr-long austral summer (November to February) temperature reconstruction derived from the 210Pb- and 14C-dated organic sediments of Laguna Chepical (32°16' S, 70°30' W, 3050 m a.s.l.), a high-elevation glacial lake in the subtropical Andes of central Chile. Scanning reflectance spectroscopy in the visible light range provided the spectral index R570/R630, which reflects the clay mineral content in lake sediments. For the calibration period (AD 1901–2006), the R570/R630 data were regressed against monthly meteorological reanalysis data, showing that this proxy was strongly and significantly correlated with mean summer (NDJF) temperatures (R3 yr = −0.63, padj = 0.01). This calibration model was used to make a quantitative temperature reconstruction back to 1000 BC. The reconstruction (with a model error RMSEPboot of 0.33 °C) shows that the warmest decades of the past 3000 yr occurred during the calibration period. The 19th century (end of the Little Ice Age (LIA)) was cool. The prominent warmth reconstructed for the 18th century, which was also observed in other records from this area, seems systematic for subtropical and southern South America but remains difficult to explain. Except for this warm period, the LIA was generally characterized by cool summers. Back to AD 1400, the results from this study compare remarkably well to low altitude records from the Chilean Central Valley and southern South America. However, the reconstruction from Laguna Chepical does not show a warm Medieval Climate Anomaly during the 12–13th century, which is consistent with records from tropical South America. The Chepical record also indicates substantial cooling prior to 800 BC. This coincides with well-known regional as well as global glacier advances which have been attributed to a grand solar minimum. This study thus provides insight into the climatic drivers and temperature patterns in a region for which currently very few data are available. It also shows that since ca. AD 1400, long-term temperature patterns were generally similar at low and high altitudes in central Chile.
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Knowledge taught at schools, everyday skills and practical know-how. The relevancy of formation for local elites and the corporative self-government of Early Modern Switzerland Daniel Schläppi, Bern There were different kinds of rural elites in Early Modern Switzerland. The diverse parts of the country developed in very dissimilar ways politically and economically. Some regions were dominated by traditional types of agriculture. Some territories were ruled by major cities. In some of the rural Cantons like Uri, Schwyz, Unterwalden, Glarus and Zug a political elite took control over generations and practiced a cultural lifestyle comparable to the famous aristocracies in cities like Bern, Basel, Freiburg, Luzern, Solothurn and Zurich. Intense proto-industrialization formed a completely different sort of elite with strong affinities to industry and trade in other regions. Meanwhile the habitants of the valley close-by stayed farmers like their ancestors (like in Appenzell). In the most conservative parts of the country mercenary business played an important role till the very end of the Ancien Regime and even furthermore. In summery the variety of historical circumstances caused heterogeneous elites all over. Such socio-political diversity provoked a variety of educational backgrounds. I an academic understanding of the term we know only little about literacy in local rural elites. But there is strong evidence that a lively culture of reading and story-telling existed. This means that even simple countrymen seem to have been in possession of some books. The organisation and capacity of the school system is subject of controversial discussions among up to date researchers. The state of research makes us suppose that the people designed to political careers learned their essential skills not only in school but also in everyday life or on the job. Based on the fact that every community and countless public corporations managed their affairs by their own it’s evident that the local elite’s key-players had a large repertoire of techniques and skills like writing, calculating, strategic thinking or knowledge of oral tradition, old usage or important rituals. Unfortunately the historical actors left not that many sources that would tell us precisely how knowledge and know-how were transferred in former times. Hardly any private account books or common correspondence have been conserved. But a huge bunch of sources that originate from corporative self-administration shows us that most local elites were well-educated and had the necessary skills anyway. Above all other sources like for instance the «Topographische Beschreibungen» (topographic descriptions) that were initiated by the «Ökonomische Gesellschaft» of Berne since the sixties of the 18th century provide an insight into pre-modern classrooms. More important information on the historical formation-reality can be gained by the autobiography of the famous poor peasant Ulrich Bräker (1735‒1798) or some of the novels by Albert Bitzius (1797‒1854, better known as Jeremias Gotthelf). The pedagogic writings by Johann Heinrich Pestalozzi (1746‒1827) and the influences by his mentors Johann Rudolf Tschiffeli (1716‒1780) or Philipp Emanuel von Fellenberg (1771‒1884) are quite illustrative as well.
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Here, by the example of the transfer of cultivated plants in the context of the correspondence networks of Albrecht von Haller and the Economic Society, a multi-level network analysis is suggested. By a multi-level procedure, the chronological dynamics, the social structure, the spatial distribution and the functional networking are analyzed one after the other. These four levels of network analysis do not compete with each other but are mutually supporting. This aims at a deeper understanding of how these networks contributed to an international transfer of knowledge in the 18th century.
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The Capuchins of the Rhaetic Missions had to deal with local forms of catholic piety, which for them were almost as exotic as the religious practices of non-Christian communities in Asia or America. Therefore they regarded it as their task to propagate the true faith among the “schismatic” Catholics from the Grisons. For this purpose, the Capuchins developed a particular pattern of interpretation: They created a sacred territory in which the divine grace can be experienced by the faithful. Hence the missionaries built new churches and chapels, decorated the old ones in baroque style and brought numerous of holy relics from Italy. Thus, they enforced the sacralisation of the alpine space. Recent developments in cultural studies and social sciences make it possible to capture such processes of spacing more precisely. In the course of the “spatial turn”, space is no longer conceived as a physical entity but now is regarded as a human construct. The paper discusses possibilities and limitations of “space” as an analytical category for the study of mission within Catholicism. The sociological concept of space developed by Martina Löw (2001) is used as starting point. This allows the simultaneous consideration of social interactions and cultural contexts in construction of “sacred space”.
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Vierbändiger, gedruckter Katalog zur Kartensammlung Ryhiner. Die Kartensammlung Ryhiner zählt zu den wertvollsten und bedeutendstenden der Welt. Sie umfasst ca. 16'000 Landkarten, Pläne und Ansichten aus dem 16. bis frühen 19. Jahrhundert, wobei die Bestände den ganzen Erdball abdecken. Zusammen mit den 20'000 Manuskriptkarten des Staatsarchivs verfügt Bern damit über ein weltweites geographisches Gedächtnis. Karto-bibliographischer Katalog der Sammlung Ryhiner in vier Bänden mit 1786 Seiten und 16258 Katalognummern (ohne Illustrationen).