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Resumo:
L’attenzione dei pochi automobilisti che oggi passano velocemente per via Cavalli, nella frazione di Santa Maria Nuova, sotto il comune di Bertinoro (FC), non viene attirata dal palazzo settecentesco seminascosto dalla vegetazione che cresce incolta. L’edificio potrebbe passare per un casolare di campagna abbandonato, senza alcuna pretesa di bellezza, mutilato dei suoi terreni. Solo salendo lo scalone dissestato si può scoprire la ricchezza delle decorazione interne, stucchi baroccheggianti con maschere di volti provenienti da terre lontane e abbondanti cornucopie che circondano lo stemma della famiglia Cavalli. La piccola cappella della villa, in perfetto stato di conservazione, mostra, con un trionfo di stucchi, l’assunzione della Vergine al cielo, osservata dai santi Pietro e Paolo. Le quattro stanze centrali del piano nobile sono finemente dipinte con paesaggi marini e lacustri, stanze sepolcrali egizie e atrii di templi antichi. La ravennate famiglia dei marchesi Cavalli, una delle più ricche della zona nel XVIII e XIX secolo, utilizzava la villa come luogo di villeggiatura e come casino per la caccia. Testimonianze della loro presenza sono conservate nelle mappe storiche all’Archivio del Comune di Bertinoro e nell’Archivio parrocchiale di Santa Maria Nuova, dove si trovano descrizioni della ricchezza sia dell’edificio che delle terre possedute dai marchesi. Il complesso di villa Cavalli ha subito numerosi passaggi di proprietà dal 1900 ad oggi, è stato utilizzato come magazzino, pollaio, essiccatoio per il tabacco e le sue proprietà sono state frazionate fino a ridursi al piccolo parco presente oggi. Poiché gli attuali proprietari non possono garantire né la manutenzione ordinaria né quella straordinaria e il complesso è tutelato dal D. Lgs. 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio è stato messo all’asta per tre volte, l’ultima nel dicembre 2011, senza risultato. La tesi sviluppa un’analisi dello stato di fatto della villa e del parco, partendo dal suo inserimento nel territorio fino allo studio dei dettagli costruttivi, per giungere ad un’ipotesi di progetto che vede il complesso strettamente legato a Santa Maria Nuova e alla sua gente. L’edificio fungerà da centro culturale, con mostre permanenti e temporanee, laboratori didattici, ludoteca per bambini e ospiterà la sede distaccata della biblioteca del comune di Bertinoro, ora inserita in un edificio di Santa Maria Nuova ma con dimensioni estremamente limitate. Si intendono effettuare interventi di consolidamento strutturale su tutti i solai della villa, su volte e copertura, con un atteggiamento di delicatezza verso il piano nobile, agendo dal piano inferiore e da quello superiore. Capitoli specifici trattano il restauro delle finiture e delle superfici dipinte e stuccate, per finire con l’intervento di adeguamento impiantistico e di valorizzazione del parco.
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Photovoltaic (PV) conversion is the direct production of electrical energy from sun without involving the emission of polluting substances. In order to be competitive with other energy sources, cost of the PV technology must be reduced ensuring adequate conversion efficiencies. These goals have motivated the interest of researchers in investigating advanced designs of crystalline silicon solar (c-Si) cells. Since lowering the cost of PV devices involves the reduction of the volume of semiconductor, an effective light trapping strategy aimed at increasing the photon absorption is required. Modeling of solar cells by electro-optical numerical simulation is helpful to predict the performance of future generations devices exhibiting advanced light-trapping schemes and to provide new and more specific guidelines to industry. The approaches to optical simulation commonly adopted for c-Si solar cells may lead to inaccurate results in case of thin film and nano-stuctured solar cells. On the other hand, rigorous solvers of Maxwell equations are really cpu- and memory-intensive. Recently, in optical simulation of solar cells, the RCWA method has gained relevance, providing a good trade-off between accuracy and computational resources requirement. This thesis is a contribution to the numerical simulation of advanced silicon solar cells by means of a state-of-the-art numerical 2-D/3-D device simulator, that has been successfully applied to the simulation of selective emitter and the rear point contact solar cells, for which the multi-dimensionality of the transport model is required in order to properly account for all physical competing mechanisms. In the second part of the thesis, the optical problems is discussed. Two novel and computationally efficient RCWA implementations for 2-D simulation domains as well as a third RCWA for 3-D structures based on an eigenvalues calculation approach have been presented. The proposed simulators have been validated in terms of accuracy, numerical convergence, computation time and correctness of results.
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Le reti di sensori non cablate producono una grande quantità di informazioni sotto forma di flusso continuo di dati, provenienti da una certa area fisica. Individualmente, ogni sensore è autonomo, dotato di batteria limitata e possiede una piccola antenna per la comunicazione; collettivamente, i sensori cooperano su un’ area più o meno vasta per far giungere i dati gene- rati ad un unità centrale. Poiché la sostituzione delle batterie è spesso un operazione troppo costosa o inattuabile, l’efficienza energetica è considerata una metrica prioritaria durante la progettazione delle reti di sensori non cablate. Si richiede non solo di ridurre le richieste energetiche di ogni singolo nodo, ma anche di massimizzare il tempo di vita dell’intera rete, considerando i costi di comunicazione tra sensori. Ciò ha portato allo studio di come rimuo- vere le inefficienze energetiche sotto ogni aspetto: dalla piattaforma hardware, al software di base, ai protocolli di comunicazione al software applicativo. Nella tesi è illustrata una tecnica per il risparmio energetico che consiste nell’applicare memorie fisiche ad alcuni nodi della rete, in modo da accumulare in esse porzioni dei dati ge- nerati; successivamente le informazioni possono essere recuperate dall’unità centrale tramite interrogazioni. Questo permette di ridurre il numero di dati trasmessi, e conseguentemente diminuire l’assorbimento energetico della rete. Scopo della presente tesi è individuare algo- ritmi per determinare la disposizione ottima delle memorie tra i nodi.
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Lo scheletro è un tessuto dinamico, capace di adattarsi alle richieste funzionali grazie a fenomeni di rimodellamento ed alla peculiare proprietà rigenerativa. Tali processi avvengono attraverso l’azione coordinata di osteoclasti ed osteoblasti. Queste popolazioni cellulari cooperano allo scopo di mantenere l’ equilibrio indispensabile per garantire l’omeostasi dello scheletro. La perdita di tale equilibrio può portare ad una diminuzione della massa ossea e, ad una maggiore suscettibilità alle fratture, come avviene nel caso dell’osteoporosi. E’ noto che, nella fisiopatologia dell’osso, un ruolo cruciale è svolto da fattori endocrini e paracrini. Dati recenti suggeriscono che il rimodellamento osseo potrebbe essere influenzato dal sistema nervoso. L’ipotesi è supportata dalla presenza, nelle vicinanze dell’osso, di fibre nervose sensoriali responsabili del rilascio di alcuni neuro peptidi, tra i quali ricordiamo la sostanza P. Inoltre in modelli animali è stato dimostrato il diretto coinvolgimento del sistema nervoso nel mantenimento dell’omeostasi ossea, infatti ratti sottoposti a denervazione hanno mostrato una perdita dell’equilibrio esistente tra osteoblasti ed osteoclasti. Per tali ragioni negli ultimi anni si è andata intensificando la ricerca in questo campo cercando di comprendere il ruolo dei neuropeptidi nel processo di differenziamento dei precursori mesenchimali in senso osteogenico. Le cellule stromali mesenchimali adulte sono indifferenziate multipotenti che risiedono in maniera predominante nel midollo osseo, ma che possono anche essere isolate da tessuto adiposo, cordone ombelicale e polpa dentale. In questi distretti le MSC sono in uno stato non proliferativo fino a quando non sono richieste per processi locali di riparo e rigenerazione tessutale. MSC, opportunamente stimolate, possono differenziare in diversi tipi di tessuto connettivo quali, tessuto osseo, cartilagineo ed adiposo. L’attività di ricerca è stata finalizzata all’ottimizzazione di un protocollo di espansione ex vivo ed alla valutazione dell’influenza della sostanza P, neuropeptide presente a livello delle terminazioni sensoriali nelle vicinanze dell’osso, nel processo di commissionamento osteogenico.
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La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.
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L’enzima IDO interviene nella via di degradazione del triptofano, essenziale per la vita cellulare; l’iperespressione di IDO favorisce la creazione di un microambiente immunotollerante. Nelle LAM IDO è funzionalmente attivo nelle cellule blastiche e determina l’acquisizione di un fenotipo regolatorio da parte delle cellule T alloreattive; l’espressione della proteina aumenta in modo consensuale con l’evoluzione clinica della patologia. Scopo della Tesi è indagare l’esistenza di una correlazione tra l’iperespressione di IDO da parte delle cellule leucemiche, le caratteristiche di rischio alla diagnosi e l’outcome dei pazienti. Sono stati esaminati 45 pazienti adulti affetti da LAM afferiti all’Istituto di Ematologia di Bologna. I pazienti sono stati stratificati a seconda di: età di insorgenza della leucemia, secondarietà a Mielodisplasia o radio chemioterapia, iperleucocitosi, citogenetica, biologia molecolare (sono state valutate le alterazioni a carico dei geni FLT3 ed NPM). I pazienti sono stati analizzati per l’espressione del gene IDO mediante RT-PCR, seguita da Western Blot, allo scopo di stabilire la presenza di una proteina attiva; successivamente si è proceduto a verificare l’esistenza di una correlazione tra l’espressione di IDO e le caratteristiche di rischio alla diagnosi per identificare una relazione tra l’espressione del gene ed un subset di pazienti a prognosi favorevole o sfavorevole. Dei 45 pazienti adulti affetti da LAM il 28,9% è risultato negativo per l’espressione di IDO, mentre il rimanente 71,1% è risultato positivo ed è stato suddiviso in tre ulteriori categorie, in base ai livelli di espressione. I dati non sembrano al momento suggerire l’esistenza di una correlazione tra l’espressione di IDO e le caratteristiche di rischio alla diagnosi. Nel gruppo di pazienti ad elevata espressione di IDO si riscontra un rate di resistenza alla chemioterapia di induzione più elevato, con una quota di pazienti resistenti pari al 71,4%, contro il 23,1% nel gruppo di pazienti IDO-negativi.
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In der vorliegenden Arbeit wurden Blutlymphozyten, die aus allogenen, serologisch HLA (humanes Leukozytenantigen)-identischen gesunden Geschwisterspendern von Nierenzellkarzinom (RCC, engl. renal cell carcinoma)-Patienten isoliert wurden, auf ihre antitumorale Reaktivität in vitro untersucht. Dazu war die vorangehende Generierung von stabil in vitro wachsenden Tumorzelllinien der Patienten zwingende Voraussetzung. Insgesamt wurden aus primärem Tumorgewebe von 65 Nierenzellkarzinom-Patienten Tumorzellen isoliert und daraus Zellkulturen angelegt. In 28 % der Fälle gelang es, eine konstant in Zellkultur wachsende Tumorzelllinie zu etablieren. Daneben wurden aus 56 Tumorpatienten auch die aus dem angrenzenden Nierengewebe gewonnenen nicht-malignen Nierenzellen über wenige Zellkultur-Passagen expandiert. In vier Patienten mit stabil in vitro wachsender Tumorzelllinie war ein allogener HLA-identischer Geschwisterspender verfügbar. In diesen Modellsystemen wurden in gemischten Lymphozyten-Tumorzell-Kulturen (MLTCs, engl. mixed lymphocyte tumor cell cultures) die Blutlymphozyten der Patienten und der gesunden Geschwisterspender mit der jeweiligen Nierenzellkarzinom-Zelllinie stimuliert und tumorreaktive CD8+ zytotoxische T-Lymphozyten (CTLs, engl. cytotoxic T-lymphocytes) generiert. Wenn möglich wurden aus den so gewonnenen „Responder“-Massenkulturen CD8+ T-Zellklone isoliert und hinsichtlich ihrer Funktionalität in IFN-γ-ELISpot-Assays und 51Chrom-Zytotoxizitätstests untersucht. Durch Blockade der HLA-Moleküle mit monoklonalen Antikörpern wurden die HLA-Restriktionselemente sowie weitere an der Erkennung beteiligte Oberflächenmoleküle analysiert. Kreuzreaktivitätsuntersuchungen mit einem breiten Zielzell-„Panel“ gaben Aufschluss über die Reaktivität der CTLs gegen RCC, nicht-maligne Nierenzellen, hämatopoetische Zielzellen von Patient und Geschwisterspender und weitere Tumorzelllinien aus Nierenzellkarzinomen und anderen Tumorentitäten. Interessanterweise zeigten die Geschwister-MLTC-„Responder“-Lymphozyten im Vergleich zu den autologen MLTC-„Responder“-Lymphozyten eine stärkere Proliferation und Zytotoxizität nach Stimulation mit Tumorzellen. Die allogenen tumorreaktiven „Responder“-Lymphozyten entstammten der CD8+ CD62L(high)+ Subpopulation, die naive Vorläufer- und „central memory“-T-Zellen enthält. Im Gegensatz zu autologen MLTC-Lymphozyten und tumorinfiltrierenden Lymphozyten konnte aus nahezu allen allogenen MLTCs mithilfe des Grenzverdünnungsverfahrens ein breites Spektrum an tumorreaktiven CTL-Klonen expandiert werden. Diese lysierten entweder ausschließlich die autologe RCC-Zelllinie oder kreuzreagierten mit autologen nicht-malignen Nierenzellen. Eine Minderheit der CTL-Klone erkannte außerdem hämatopoetische Zellen des Patienten oder allogene Tumorzellen. Als HLA-Restriktionselemente der allogenen tumorreaktiven CD8+ CTL-Klone wurden HLA-A2, -A3, -A11, -A24 und -B7 identifiziert. Weiterhin wurden in einem Modellsystem bisher unbekannte, stark proliferierende CD3+ CD16+ CD57+ CTL-Klone mit nicht-HLA-restringierter Tumorreaktivität isoliert. Zusammenfassend zeigt diese Arbeit erstmals, dass allogene Blutlymphozyten von HLA-identischen gesunden Geschwistern eine Vielfalt von tumorreaktiven CD8+ CTL-Klonen enthalten. Im direkten Vergleich mit autologen Blutlymphozyten der betroffenen Patienten besitzen allogene Blutlymphozyten der Geschwister eine stärkere proliferative und zytotoxische Tumorreaktivität. Die Ergebnisse dieser Arbeit ermutigen weitere Bemühungen, tumorreaktive T-Zellen aus dem Blut von HLA-identischen gesunden Geschwisterspendern in vitro zu generieren. Solche T-Zellen wären in zweierlei Hinsicht von Interesse: Zum einen ermöglichen sie die Identifizierung der Zielantigene, die von T-Zellen aus gesunden Individuen auf Tumoren erkannt werden und als Zielstrukturen von antigenspezifischen Immuntherapien (z. B. Vakzination) dienen könnten. Zum anderen könnten diese T-Zellen möglicherweise für eine adoptive Immuntherapie der betroffenen Tumorpatienten verwendet werden.
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The research activities described in the present thesis have been oriented to the design and development of components and technological processes aimed at optimizing the performance of plasma sources in advanced in material treatments. Consumables components for high definition plasma arc cutting (PAC) torches were studied and developed. Experimental activities have in particular focussed on the modifications of the emissive insert with respect to the standard electrode configuration, which comprises a press fit hafnium insert in a copper body holder, to improve its durability. Based on a deep analysis of both the scientific and patent literature, different solutions were proposed and tested. First, the behaviour of Hf cathodes when operating at high current levels (250A) in oxidizing atmosphere has been experimentally investigated optimizing, with respect to expected service life, the initial shape of the electrode emissive surface. Moreover, the microstructural modifications of the Hf insert in PAC electrodes were experimentally investigated during first cycles, in order to understand those phenomena occurring on and under the Hf emissive surface and involved in the electrode erosion process. Thereafter, the research activity focussed on producing, characterizing and testing prototypes of composite inserts, combining powders of a high thermal conductibility (Cu, Ag) and high thermionic emissivity (Hf, Zr) materials The complexity of the thermal plasma torch environment required and integrated approach also involving physical modelling. Accordingly, a detailed line-by-line method was developed to compute the net emission coefficient of Ar plasmas at temperatures ranging from 3000 K to 25000 K and pressure ranging from 50 kPa to 200 kPa, for optically thin and partially autoabsorbed plasmas. Finally, prototypal electrodes were studied and realized for a newly developed plasma source, based on the plasma needle concept and devoted to the generation of atmospheric pressure non-thermal plasmas for biomedical applications.
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L’obiettivo del presente lavoro è verificare l’affidabilità di una parte di macchina radiologica di Cefla Dentale, nello specifico del gruppo di fissaggio paziente, attraverso la valutazione sperimentale della risposta strutturale della stessa. Partendo dall’analisi dell’architettura e del funzionamento dei singoli sottosistemi del gruppo, sono stati definiti gli obiettivi (in relazione alle prestazioni desiderate) e la tipologia di prova; a seguire, si è passati alla pianificazione dei test, comprendente l’individuazione dei parametri da monitorare per la verifica finale, la definizione dei carichi nominali, del numero di cicli di funzionamento (corrispondenti alla vita utile media) e la definizione di attrezzature idonee allo scopo specifico. L’intento è stato quello di eseguire i test con contrazione dei tempi di prova, utilizzando come fattori di accelerazione la frequenza di funzionamento unitamente all’applicazione di opportuni sovraccarichi, con il duplice scopo di fare emergere eventuali elementi critici ma in un tempo nettamente inferiore a quello reale di funzionamento della macchina.
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TuCSoN (Tuple Centres Spread over the Network) è un modello di coordinazione per processi distribuiti o agenti autonomi. Il modello di TuCSoN viene implementato come un middleware distribuito Java-based, distribuito Open Source sotto la licenza LGPL tramite Googlecode. Il fatto che lo stesso sia Open Source e Java-based ha reso possibile il suo porting su Android, rendendo il noto sistema operativo di Google un possibile agente partecipante ad un sistema TuCSoN. La tesi descrive il percorso che ha portato dallo studio dell'infrastruttura TuCSoN e del sistema Android alla realizzazione dell'applicazione Android, rendendo possibile a qualsiasi dispositivo Android di partecipare ad un sistema TuCSoN. Nel particolare l'obiettivo finale dell'applicazione Android, e di questa tesi, è rendere lo smartphone un nodo TuCSoN funzionante. La tesi non si pone l'obiettivo di analizzare ed esplorare le funzionalità e le possibilitàa delle due tecnologie principali trattate (Android e TuCSoN) nel loro singolo, quanto quello di esplorare le criticità che un porting di questo tipo comporta, quali ad esempio le differenze intrinseche fra la JVM e la DalvikVM e come aggirarle, o le funzionalità di Android e come utilizzarle allo scopo di realizzare un applicazione che funga da server ad una infra- struttura distribuita, oppure le differenze a livello di gestione della GUI fra Android e plain-java, e di analizzare le soluzioni trovate per risolvere (o dove non era possibile risolvere evitare) tali problemi al fine del raggiungimento dell'obiettivo che ci si era prefissati.
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La nanotecnologia è una scienza innovativa che sviluppa e utilizza materiali di dimensioni nanometriche (< 100 nm). Lo sviluppo e il mercato delle nanoparticelle in merito alle loro interessanti proprietà chimico‐fisiche, é accompagnato da una scarsa conoscenza relativa al destino finale e agli effetti che questi nano materiali provocano nell’ ambiente [Handy et al., 2008]. La metodologia LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita) è riconosciuta come lo strumento ideale per valutare e gestire gli impatti ambientali indotti dalle ENPs, nonostante non sia ancora possibile definire, in maniera precisa, un Fattore di Caratterizzazione CF per questa categoria di sostanze. Il lavoro di questa tesi ha l’obbiettivo di stimare il Fattore di Effetto EF per nanoparticelle di Diossido di Titanio (n‐TiO2) e quindi contribuire al calcolo del CF; seguendo il modello di caratterizzazione USEtox, l’EF viene calcolato sulla base dei valori di EC50 o LC50 relativi agli organismi appartenenti ai tre livelli trofici di un ecosistema acquatico (alghe, crostacei, pesci) e assume valore pari a 49,11 PAF m3/Kg. I valori tossicologici utilizzati per il calcolo del Fattore di Effetto derivano sia da un’accurata ricerca bibliografica sia dai risultati ottenuti dai saggi d’inibizione condotti con n‐TiO2 sulla specie algale Pseudokirchneriella Subcapitata. La lettura dei saggi è stata svolta applicando tre differenti metodi quali la conta cellulare al microscopio ottico (media geometrica EC50: 2,09 mg/L, (I.C.95% 1,45‐ 2,99)), l’assorbanza allo spettrofotometro (strumento non adatto alla lettura di test condotti con ENPs) e l’intensità di fluorescenza allo spettrofluorimetro (media geometrica EC50: 3,67 mg/L (I.C.95% 2,16‐6,24)), in modo tale da confrontare i risultati e valutare quale sia lo strumento più consono allo studio di saggi condotti con n‐TiO2. Nonostante la grande variabilità dei valori tossicologici e la scarsa conoscenza sui meccanismi di tossicità delle ENPs sulle specie algali, il lavoro sperimentale e la ricerca bibliografica condotta, hanno permesso di individuare alcune proprietà chimico‐fisiche delle nanoparticelle di Diossido di Titanio che sembrano essere rilevanti per la loro tossicità come la fase cristallina, le dimensioni e la foto attivazione [Vevers et al., 2008; Reeves et al., 2007]. Il lavoro sperimentale ha inoltre permesso di ampliare l’insieme di valori di EC50 finora disponibile in letteratura e di affiancare un progetto di ricerca dottorale utilizzando il Fattore di Effetto per n‐ TiO2 nel calcolo del Fattore di Caratterizzazione.
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Nell'era di Internet e della digitalizzazione, anche la telefonia ha avuto la possibilità di evolversi, e grazie alle tecnologie Voice-over-IP è stato possibile realizzare servizi di comunicazione avanzata su reti di dati. Anche se la comunicazione vocale è l'aspetto chiave di questi sistemi, le reti VoIP supportano altri tipi di servizi, tra cui video, messaggistica istantanea, condivisione di file, ecc. Il successo di questa nuova tipologia di rete è dovuto ad una migliore flessibilità rispetto ai vecchi sistemi analogici, grazie ad architetture aperte e implementazioni a livello software, e soprattutto ad un minor costo legato alle apparecchiature ed ai collegamenti utilizzati, ed ai nuovi modelli di business e di consumo sempre più orientati allo sfruttamento della connettività a banda larga. Tuttavia, l'implementazione dei sistemi VoIP rappresenta anche un grado di complessità maggiore in termini di architetture di rete, di protocolli, e di implementazione, e con questo ne segue un incremento delle possibili vulnerabilità. Una falla nella sicurezza in questi sistemi può portare a disservizi e violazione della privacy per gli utenti con conseguenti ripercussioni economiche per i relativi gestori. La tesi analizza la sicurezza delle reti VoIP concentrandosi sul protocollo che sta alla base dei servizi multimediali, il protocollo SIP. SIP è un protocollo di livello applicativo realizzato per creare, modificare e terminare delle sessioni multimediali tra due o più utenti. Dopo un'introduzione alle generalità del protocollo, vengono esaminate le classi di vulnerabilità delle reti VoIP e gli attacchi a SIP, e vengono presentate alcune contromisure attuabili. Viene mostrato un esempio di come vengano attuati alcuni dei principali attacchi a SIP tramite l'utilizzo di appositi strumenti. L'eborato conclude con alcune considerazioni sulle minacce al protocollo e sugli obiettivi futuri che la comunità scientifica dovrebbe perseguire.
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Numerosi studi mostrano che gli intervalli temporali sono rappresentati attraverso un codice spaziale che si estende da sinistra verso destra, dove gli intervalli brevi sono rappresentati a sinistra rispetto a quelli lunghi. Inoltre tale disposizione spaziale del tempo può essere influenzata dalla manipolazione dell’attenzione-spaziale. La presente tesi si inserisce nel dibattito attuale sulla relazione tra rappresentazione spaziale del tempo e attenzione-spaziale attraverso l’uso di una tecnica che modula l’attenzione-spaziale, ovvero, l’Adattamento Prismatico (AP). La prima parte è dedicata ai meccanismi sottostanti tale relazione. Abbiamo mostrato che spostando l’attenzione-spaziale con AP, verso un lato dello spazio, si ottiene una distorsione della rappresentazione di intervalli temporali, in accordo con il lato dello spostamento attenzionale. Questo avviene sia con stimoli visivi, sia con stimoli uditivi, nonostante la modalità uditiva non sia direttamente coinvolta nella procedura visuo-motoria di AP. Questo risultato ci ha suggerito che il codice spaziale utilizzato per rappresentare il tempo, è un meccanismo centrale che viene influenzato ad alti livelli della cognizione spaziale. La tesi prosegue con l’indagine delle aree corticali che mediano l’interazione spazio-tempo, attraverso metodi neuropsicologici, neurofisiologici e di neuroimmagine. In particolare abbiamo evidenziato che, le aree localizzate nell’emisfero destro, sono cruciali per l’elaborazione del tempo, mentre le aree localizzate nell’emisfero sinistro sono cruciali ai fini della procedura di AP e affinché AP abbia effetto sugli intervalli temporali. Infine, la tesi, è dedicata allo studio dei disturbi della rappresentazione spaziale del tempo. I risultati ci indicano che un deficit di attenzione-spaziale, dopo danno emisferico destro, provoca un deficit di rappresentazione spaziale del tempo, che si riflette negativamente sulla vita quotidiana dei pazienti. Particolarmente interessanti sono i risultati ottenuti mediante AP. Un trattamento con AP, efficace nel ridurre il deficit di attenzione-spaziale, riduce anche il deficit di rappresentazione spaziale del tempo, migliorando la qualità di vita dei pazienti.
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Il primo capitolo di questo lavoro è dedicato all’opera svolta dagli amministratori locali e da un ente governativo come la Camera di commercio per arrivare a decifrare le effettive caratteristiche del quadro locale dal punto di vista economico, sociale, della percezione e del significato che assumono i consumi e gli spazi urbani ad essi dedicati. La caratteristica più originale rilevata dagli amministratori (che contano tra le proprie fila studiosi come Ardigò, Zangheri e Bellettini) è quella di una notevole omogeneità politica e culturale del quadro sociale. E questo, nonostante le massicce immigrazioni che sono, in proporzione, seconde solo quelle di Milano, ma per la stragrande maggioranza provenienti dalla stessa provincia o, al massimo, dalla regione e da analoghi percorsi di socializzazione e di formazione. Fondando essenzialmente su questa omogeneità (capitolo secondo), gli enti bolognesi cercarono di governare la trasformazione della città e anche l’espansione dei consumi che appariva colpita da eccessi e distorsioni. Facendo leva sulle pesanti crisi del 1963-1965 e del 1973-1977, gli amministratori locali puntarono ad ottenere la propria legittimazione fondandola proprio sui consumi, sulla base di una precisa cognizione del nuovo che arrivava, ma schierandosi decisamente a contenerne gli effetti dirompenti sul tessuto locale e indirizzando gli sforzi acquisitivi dei bolognesi sulla base di una temperante razionalizzazione nutrita di pianificazione urbanistica. Ritardi, spinte dal basso, ostacoli burocratici e legislativi resero questi percorsi difficili, o comunque assai poco lineari; fino a che l’ingresso negli anni Ottanta non ne modificò sensibilmente il corso. Ma questo, allo stato attuale delle conoscenze, è già tema per nuova ricerca. Il terzo capitolo è dedicato alla visualizzazione cartografica (GIS) dell’espansione degli spazi commerciali urbani durante le fasi più significative del miracolo.
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Inflammation is thought to contribute to the pathogenesis of neurodegenerative diseases. Among the resident population of cells in the brain, astroglia have been suggested to actively participate in the induction and regulation of neuroinflammation by controlling the secretion of local mediators. However, the initial cellular mechanisms by which astrocytes react to pro-inflammatory molecules are still unclear. Our study identified mitochondria as highly sensitive organelles that rapidly respond to inflammatory stimuli. Time-lapse video microscopy revealed that mitochondrial morphology, dynamics and motility are drastically altered upon inflammation, resulting in perinuclear clustering of mitochondria. These mitochondrial rearrangements are accompanied by an increased formation of reactive oxygen species and a recruitment of autophagic vacuoles. 24 to 48 hours after the acute inflammatory stimulus, however, the mitochondrial network is re-established. Strikingly, the recovery of a tubular mitochondrial network is abolished in astrocytes with a defective autophagic response, indicating that activation of autophagy is required to restore mitochondrial dynamics. By employing co-cultivation assays we observed that primary cortical neurons undergo degeneration in the presence of inflamed astrocytes. However, this effect was not observed when the primary neurons were grown in conditioned medium derived from inflamed astrocytes, suggesting that a direct contact between astrocytes and neurons mediates neuronal dysfunction upon inflammation. Our results suggest that astrocytes react to inflammatory stimuli by transiently rearranging their mitochondria, a process that involves the autophagic machinery.