602 resultados para ADP-ribosylation


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[EN] Information about anaerobic energy production and mechanical efficiency that occurs over time during short-lasting maximal exercise is scarce and controversial. Bilateral leg press is an interesting muscle contraction model to estimate anaerobic energy production and mechanical efficiency during maximal exercise because it largely differs from the models used until now. This study examined the changes in muscle metabolite concentration and power output production during the first and the second half of a set of 10 repetitions to failure (10RM) of bilateral leg press exercise. On two separate days, muscle biopsies were obtained from vastus lateralis prior and immediately after a set of 5 or a set of 10 repetitions. During the second set of 5 repetitions, mean power production decreased by 19% and the average ATP utilisation accounted for by phosphagen decreased from 54% to 19%, whereas ATP utilisation from anaerobic glycolysis increased from 46 to 81%. Changes in contraction time and power output were correlated to the changes in muscle Phosphocreatine (PCr; r = -0.76; P<0.01) and lactate (r = -0.91; P<0.01), respectively, and were accompanied by parallel decreases (P<0.01-0.05) in muscle energy charge (0.6%), muscle ATP/ADP (8%) and ATP/AMP (19%) ratios, as well as by increases in ADP content (7%). The estimated average rate of ATP utilisation from anaerobic sources during the final 5 repetitions fell to 83% whereas total anaerobic ATP production increased by 9% due to a 30% longer average duration of exercise (18.4 +/- 4.0 vs 14.2 +/- 2.1 s). These data indicate that during a set of 10RM of bilateral leg press exercise there is a decrease in power output which is associated with a decrease in the contribution of PCr and/or an increase in muscle lactate. The higher energy cost per repetition during the second 5 repetitions is suggestive of decreased mechanical efficiency.

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[EN] Vaults are evolutionary highly conserved ribonucleoproteins particles with a hollow barrel-like structure. The main component of vaults represents the 110 kDa major vault protein (MVP), whereas two minor vaults proteins comprise the 193 kDa vault poly(ADP-ribose) polymerase (vPARP) and the 240 kDa telomerase-associated protein-1 (TEP-1). Additionally, at least one small and untranslated RNA is found as a constitutive component. MVP seems to play an important role in the development of multidrug resistance. This particle has also been implicated in the regulation of several cellular processes including transport mechanisms, signal transmission and immune responses. Vaults are considered a prognostic marker for different cancer types. The level of MVP expression predicts the clinical outcome after chemotherapy in different tumour types. Recently, new roles have been assigned to MVP and vaults including the association with the insulin-like growth factor-1, hypoxia-inducible factor-1alpha, and the two major DNA double-strand break repair machineries: non-homologous endjoining and homologous recombination. Furthermore, MVP has been proposed as a useful prognostic factor associated with radiotherapy resistance. Here, we review these novel actions of vaults and discuss a putative role of MVP and vaults in the response to radiotherapy.

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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.

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In a global and increasingly competitive fresh produce market, more attention is being given to fruit quality traits and consumer satisfaction. Kiwifruit occupies a niche position in the worldwide market, when compared to apples, oranges or bananas. It is a fruit with extraordinarily good nutritional traits, and its benefits to human health have been widely described. Until recently, international trade in kiwifruit was restricted to a single cultivar, but different types of kiwifruit are now becoming available in the market. Effective programmes of kiwifruit improvement start by considering the requirements of consumers, and recent surveys indicate that sweeter fruit with better flavour are generally preferred. There is a strong correlation between at-harvest dry matter and starch content, and soluble solid concentration and flavour when fruit are eating ripe. This suggests that carbon accumulation strongly influences the development of kiwifruit taste. The overall aim of the present study was to determine what factors affect carbon accumulation during Actinidia deliciosa berry development. One way of doing this is by comparing kiwifruit genotypes that differ greatly in their ability to accumulate dry matter in their fruit. Starch is the major component of dry matter content. It was hypothesized that genotypes were different in sink strength. Sink strength, by definition, is the effect of sink size and sink activity. Chapter 1 reviews fruit growth, kiwifruit growth and development and carbon metabolism. Chapter 2 describes the materials and methods used. Chapter 3, 4, 5 and 6 describes different types of experimental work. Chapter 7 contains the final discussions and the conclusions Three Actinidia deliciosa breeding populations were analysed in detail to confirm that observed differences in dry matter content were genetically determined. Fruit of the different genotypes differed in dry matter content mainly because of differences in starch concentrations and dry weight accumulation rates, irrespective of fruit size. More detailed experiments were therefore carried out on genotypes which varied most in fruit starch concentrations to determine why sink strengths were so different. The kiwifruit berry comprises three tissues which differ in dry matter content. It was initially hypothesised that observed differences in starch content could be due to a larger proportion of one or other of these tissues, for example, of the central core which is highest in dry matter content. The study results showed that this was not the case. Sink size, intended as cell number or cell size, was then investigated. The outer pericarp makes up about 60% of berry weight in ‘Hayward’ kiwifruit. The outer pericarp contains two types of parenchyma cells: large cells with low starch concentration, and small cells with high starch concentration. Large cell, small cell and total cell densities in the outer pericarp were shown to be not correlated with either dry matter content or fruit size but further investigation of volume proportion among cell types seemed justified. It was then shown that genotypes with fruit having higher dry matter contents also had a higher proportion of small cells. However, the higher proportion of small cell volume could only explain half of the observed differences in starch content. So, sink activity, intended as sucrose to starch metabolism, was investigated. In transiently starch storing sinks, such as tomato fruit and potato tubers, a pivotal role in carbon metabolism has been attributed to sucrose cleaving enzymes (mainly sucrose synthase and cell wall invertase) and to ADP-glucose pyrophosphorylase (the committed step in starch synthesis). Studies on tomato and potato genotypes differing in starch content or in final fruit soluble solid concentrations have demonstrated a strong link with either sucrose synthase or ADP-glucose pyrophosphorylase, at both enzyme activity and gene expression levels, depending on the case. Little is known about sucrose cleaving enzyme and ADP-glucose pyrophosphorylase isoforms. The HortResearch Actinidia EST database was then screened to identify sequences putatively encoding for sucrose synthase, invertase and ADP-glucose pyrophosphorylase isoforms and specific primers were designed. Sucrose synthase, invertase and ADP-glucose pyrophosphorylase isoform transcript levels were anlayzed throughout fruit development of a selection of four genotypes (two high dry matter and two low dry matter). High dry matter genotypes showed higher amounts of sucrose synthase transcripts (SUS1, SUS2 or both) and higher ADP-glucose pyrophosphorylase (AGPL4, large subunit 4) gene expression, mainly early in fruit development. SUS1- like gene expression has been linked with starch biosynthesis in several crop (tomato, potato and maize). An enhancement of its transcript level early in fruit development of high dry matter genotypes means that more activated glucose (UDP-glucose) is available for starch synthesis. This can be then correlated to the higher starch observed since soon after the onset of net starch accumulation. The higher expression level of AGPL4 observed in high dry matter genotypes suggests an involvement of this subunit in drive carbon flux into starch. Changes in both enzymes (SUSY and AGPse) are then responsible of higher starch concentrations. Low dry matter genotypes showed generally higher vacuolar invertase gene expression (and also enzyme activity), early in fruit development. This alternative cleavage strategy can possibly contribute to energy loss, in that invertases’ products are not adenylated, and further reactions and transport are needed to convert carbon into starch. Although these elements match well with observed differences in starch contents, other factors could be involved in carbon metabolism control. From the microarray experiment, in fact, several kinases and transcription factors have been found to be differentially expressed. Sink strength is known to be modified by application of regulators. In ‘Hayward’ kiwifruit, the synthetic cytokinin CPPU (N-(2-Chloro-4-Pyridyl)-N-Phenylurea) promotes a dramatic increase in fruit size, whereas dry matter content decreases. The behaviour of CPPU-treated ‘Hayward’ kiwifruit was similar to that of fruit from low dry matter genotypes: dry matter and starch concentrations were lower. However, the CPPU effect was strongly source limited, whereas in genotype variation it was not. Moreover, CPPU-treated fruit gene expression (at sucrose cleavage and AGPase levels) was similar to that in high dry matter genotypes. It was therefore concluded that CPPU promotes both sink size and sink activity, but at different “speeds” and this ends in the observed decrease in dry matter content and starch concentration. The lower “speed” in sink activity is probably due to a differential partitioning of activated glucose between starch storage and cell wall synthesis to sustain cell expansion. Starch is the main carbohydrate accumulated in growing Actinidia deliciosa fruit. Results obtained in the present study suggest that sucrose synthase and AGPase enzymes contribute to sucrose to starch conversion, and differences in their gene expression levels, mainly early in fruit development, strongly affect the rate at which starch is therefore accumulated. This results are interesting in that starch and Actinidia deliciosa fruit quality are tightly connected.

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The H+/ATP ratio in the catalysis of ATP synthase has generally been considered a fixed parameter. However, Melandri and coworkers have recently shown that, in the ATP synthase of the photosynthetic bacterium Rb.capsulatus, this ratio can significantly decrease during ATP hydrolysis when the concentration of either ADP or Pi is maintained at a low level (Turina et al., 2004). The present work has dealt with the ATP synthase of E.coli, looking for evidence of this phenomenon of intrinsic uncoupling in this organism as well. First of all, we have shown that the DCCD-sensitive ATP hydrolysis activity of E.coli internal membranes was strongly inhibited by ADP and Pi, with a half-maximal effect in the submicromolar range for ADP and at 140 µM for Pi. In contrast to this monotonic inhibition, however, the proton pumping activity of the enzyme, as estimated under the same conditions by the fluorescence quenching of the ΔpH-sensitive probe ACMA, showed a clearly biphasic progression, both for Pi, increasing from 0 up to approximately 200 µM, and for ADP, increasing from 0 up to a few µM. We have interpreted these results as indicating that the occupancy of ADP and Pi binding sites shifts the enzyme from a partially uncoupled state to a fully coupled state, and we expect that the ADP- and Pi-modulated intrinsic uncoupling is likely to be a general feature of prokaryotic ATP synthases. Moreover, the biphasicity of the proton pumping data suggested that two Pi binding sites are involved. In order to verify whether the same behaviour could be observed in the isolated enzyme, we have purified the ATP synthase of E.coli and reconstituted it into liposomes. Similarly as observed in the internal membrane preparation, in the isolated and reconstituted enzyme it was possible to observe inhibition of the hydrolytic activity by ADP and Pi (with half-maximal effects at few µM for ADP and at 400 µM for Pi) with a concomitant stimulation of proton pumping. Both the inhibition of ATP hydrolysis and the stimulation of proton pumping as a function of Pi were lost upon ADP removal by an ADP trap. These data have made it possible to conclude that the results obtained in E.coli internal membranes are not due to the artefactual interference of enzymatic activities other than the ones of the ATP synthase. In addition, data obtained with liposomes have allowed a calibration of the ACMA signal by ΔpH transitions of known extent, leading to a quantitative evaluation of the proton pumping data. Finally, we have focused our efforts on searching for a possible structural candidate involved in the phenomenon of intrinsic uncoupling. The ε-subunit of the ATP-synthase is known as an endogenous inhibitor of the hydrolysis activity of the complex and appears to undergo drastic conformational changes between a non-inhibitory form (down-state) and an inhibitory form (up-state)(Rodgers & Wilce, 2000; Gibbons et al., 2000). In addition, the results of Cipriano & Dunn (2006) indicated that the C-terminal domain of this subunit played an important role in the coupling mechanism of the pump, and those of Capaldi et al. (2001), Suzuki et al. (2003) were consistent with the down-state showing a higher hydrolysis-to-synthesis ratio than the up-state. Therefore, we decided to search for modulation of pumping efficiency in a C-terminally truncated ε mutant. A low copy number expression vector has been built, carrying an extra copy of uncC, with the aim of generating an ε-overexpressing E.coli strain in which normal levels of assembly of the mutated ATP-synthase complex would be promoted. We have then compared the ATP hydrolysis and the proton pumping activity in membranes prepared from these ε-overexpressing E.coli strains, which carried either the WT ε subunit or the ε88-stop truncated form. Both strains yielded well energized membranes. Noticeably, they showed a marked difference in the inhibition of hydrolysis by Pi, this effect being largely lost in the truncated mutant. However, pre-incubation of the mutated enzyme with ADP at low nanomolar concentrations (apparent Kd = 0.7nM) restored the hydrolysis inhibition, together with the modulation of intrinsic uncoupling by Pi, indicating that, contrary to wild-type, during membrane preparation the truncated mutant had lost the ADP bound at this high-affinity site, evidently due to a lower affinity (and/or higher release) for ADP of the mutant relative to wild type. Therefore, one of the effects of the C-terminal domain of ε appears to be to modulate the affinity of at least one of the binding sites for ADP. The lack of this domain does not appear so much to influence the modulability of coupling efficiency, but instead the extent of this modulation. At higher preincubated ADP concentrations (apparent Kd = 117nM), the only observed effects were inhibition of both hydrolysis and synthesis, providing a direct proof that two ADP-binding sites on the enzyme are involved in the inhibition of hydrolysis, of which only the one at higher affinity also modulates the coupling efficiency.

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ZusammenfassungDie ATP-Synthase koppelt im Energiestoffwechsel der Zellen den Protonentransport über die biologische Membran mit der Synthese des energiespeichernden Moleküls ATP aus ADP und Phosphat. ATP-Synthasen bestehen aus 2 Subkomplexen, wobei der katalytische F1-Teil von der membranständigen Domäne abgelöst werden kann und nur zur ATP-Hydrolyse fähig ist. Der hochkooperative Reaktionsmechanismus der dreizentrigen ATP-Synthasen ist weitgehend unklar.Im Rahmen dieser Arbeit wurde der ATP-Synthasekomplex und ihr wasserlösliches katalytisches F1-Fragment aus Micrococcus luteus in präparativem Maßstab mittels chromatographischer Trennmethoden isoliert. Die Überprüfung der Funktionalität beider Enzyme erfolgte mit enzymatischen Methoden. Durch zeitaufgelöste Röntgenkleinwinkelstreuung wurde die Strukturdynamik der arbeitenden ATP-Synthase und ihres F1-Fragmentes aus Micrococcus luteus im Laufe des ATP-Hydrolysezyklus untersucht. Diese Methode diente zum Nachweis weiträumiger Konformationsänderungen innerhalb der arbeitenden Enzyme unter nativen physiologischen Bedingungen. Die zeitaufgelösten Streuexperimente fanden an der ESRF (Europäische Synchrotronstrahlungsquelle) in Grenoble (F) statt. Dort wurden für beide Enzyme im Laufe des ATP-Hydrolysezykus molekulare Bewegungen nachgewiesen. Als Referenz zu den zeitaufgelösten Messungen dienten statische Messungen zur Strukturuntersuchung der Proteine am schwächeren DESY. Anhand dieser Strukturdaten wurden Molekülmodelle der F1-ATPase und ATP-Synthase aus Micrococcus luteus konstruiert. Das Molekülmodell der F1-ATPase war die Grundlage zur Modellierung einzelner Teilschritte des ATP-Hydrolysezyklus bei 20°C. Die experimentellen Daten wurden mit einer Kippbewegung der membranseitigen Domäne der katalytischen b-Untereinheiten der F1-ATPase während des ATP-Hydrolysezyklus interpretiert.

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I poriferi rappresentano un importante campo di ricerca anche in ambito applicativo in quanto potenzialmente utili come fonte di metaboliti secondari da impiegarsi in ambito clinico (antitumorali, antibiotici, antivirali, ecc.) e industriale (antifouling). I processi di biosilicificazione interessano invece per aspetti legati alle biotecnologie marine. Questo Phylum ha un importante ruolo strutturale e funzionale nell’ecologia dei popolamenti bentonici, in quanto può essere dominante in numerosi habitat e svolgere un ruolo ecologico fondamentale nelle dinamiche degli ecosistemi marini. Per questo, la variazione spaziale e temporale della loro abbondanza può avere effetti considerevoli su altri membri della comunità. Lo studio delle dinamiche di popolazione e del ciclo riproduttivo dei poriferi potrebbe permettere di valutare come i cambiamenti climatici ne influenzino la crescita e la riproduzione e potrebbe quindi fornire una base per lo sviluppo di corrette tecniche di gestione ambientale. La spugna Axinella polypoides è inserita all’interno delle liste di protezione della Convenzione di Berna e di Barcellona, dove sono elencate le specie da proteggere perché minacciate o in pericolo di estinzione. Questa specie, avendo una morfologia eretta, è fortemente minacciata soprattutto da attività antropiche quali pesca e ancoraggi, ma nonostante questo la letteratura relativa ad essa è scarsa, La sua importanza è legata soprattutto al recente utilizzo come modello per numerosi esperimenti. A. polypoides rappresenta, infatti, il più basso livello nella scala evolutiva in cui sono stati rinvenuti meccanismi biochimici cellulari di reazione all’aumento di temperatura (incremento dell’attività ADP-ribosil ciclasica, sintesi di ossido nitrico) tipici degli organismi superiori. Lo scopo di questa tesi è di aumentare le conoscenze sull’ecologia e sulla biologia di questo porifero, al fine di consentire una migliore predisposizione di eventuali piani di tutela. Dallo studio delle colonie effettuato presso l’Isola Gallinara (SV), emerge una dinamica di crescita lenta ed un ciclo riproduttivo estivo, coerentemente con quanto osservato per altre specie mediterranee del genere Axinella. Le analisi istologiche effettuate hanno mostrato variabilità temporale nella densità e nella dimensione di particolari cellule sferulose, che si ipotizza siano collegate a fenomeni di proliferazione cellulare e rigenerazione in seguito a danni. È stata individuata inoltre la presenza di una particolare tipologia cellulare dendritica la cui funzione si ritiene abbia affinità con le funzioni sensoriali di Phyla superiori. Queste osservazioni, e l’evidente vulnerabilità della specie agli impatti antropici, hanno evidenziato la necessità di sviluppare adeguati piani di monitoraggio e di conservazione.

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Zusammenfassung In der vorliegenden Arbeit wurden im Zuge derAjmalinbiosynthese in Rauvolfia serpentina die NADPH2abhängigen Reduktionsschritte des Alkaloids Vomilenin zu 17O Acetylnorajmalin genauer untersucht.Dabei konnte erstmals die exakte Reaktionsreihenfolgeaufgedeckt und die daran beteiligten Enzyme ausPflanzenzellsuspensionskulturen isoliert und aufgereinigtwerden. Die ausgearbeiteten, optimierten Reinigungsprotokolleführten in wenigen Stufen gezielt zu den voneinandergetrennten Reduktase Fraktionen. Durch die Trennung derReduktase Aktivitäten war der Grundstein gelegt, dasZwischenprodukt der Reaktion anzureichern und mitverschiedenen analytischen Verfahren als 2?-(R)-1.2Dihydrovomilenin zu identifizieren. Die daraufhin vergebenenBezeichnungen Vomilenin Reduktase (EC.1.5.1.32) und 1.2Dihydrovomilenin Reduktase (EC.1.3.1.73) zielen auf dasumzusetzende Substrat ab.Für die Vomilenin Reduktase konnte eine 4 stufige Reinigungüber (NH4)2SO4 Fällung, Anionen-austauschchromatographie mitSOURCE 30Q, Hydrophobe Interaktionschromatographie an SOURCE15Phe und Affinitätschromatographie mit 2’,5’ ADP Sepharoseausgearbeitet werden. Hierbei konnte die 1.2Dihydrovomilenin Reduktase schon nach dem erstensäulenchromatogra-phischen Schritt (S 30Q) abgetrenntwerden. Das am Ende der Proteinreinigung angefertigte SDSGel zeigte nur noch 3 Banden, von denen die beiden bei ca.40 und 43 kDa gelegenen Banden mit dem Aktivitätsverlaufder Vomilenin Reduktase korrelierten. Diese wurden einempartiellen Verdau mit der Endoproteinase LysC unterworfen,wobei jeweils 2 Spaltpeptide erhalten werden konnten.Die 1.2 Dihydrovomilenin Reduktase Reinigung umfaßte 6Reinigungsschritte mit (NH4)2SO4-Fällung, SOURCE 30QAnionenaustauschchromatographie, HydroxylapatitChromatographie, 2’,5’ ADP Sepharose-Chromatographie,Anionenaustausch an DEAE Sepharose und abschließen-denAnionenaustausch über MonoQ. Die resultierendeProteinfraktion wies eine ca. 200 fache Anreicherung an 1.2Dihydrovomilenin Reduktase auf. Auch hierbei wurde die nachSDS Gelelek-trophorese als 1.2 Dihydrovomilenin Reduktasebestimmte Proteinbande (bei ca. 48 kDa) sequen-ziert. Eskonnten vier Peptidfragmente erhalten werden, die ebenso wiedie sequenzierten Peptidstücke der 40 und 43 kDa Bande einehohe Homologie zu Oxidoreduktasen, im einzelnen zuCinnamoylalcohol- und Mannitol Dehydrogenasen, aufwiesen.Um die Identität der sequenzierten Proteinbanden zubestätigen, wurde über „reverse genetics“ die jeweilscodierende cDNA eruiert. Dafür wurden - ausgehend von denPeptidstücken der Mikro-sequenzierung - degenerierte Primerentwickelt und über PCR Teilbereiche der cDNA amplifiziert.Diese konnten für eine radioaktive Durchmusterung einerRauvolfia cDNA Bank herangezogen werden. Alternativ botallein die Kenntnis der spezifischen Nukleotidabfolge dieMöglichkeit der Gewinnung von 5’ und 3’ Ende derVollängenklone durch RACE PCR.Nach Abschluß dieser Arbeiten konnten für die 40 und 48 kDaBande je ein Vollängenklon und für die 43 kDa Bande 2Vollängenklone (Isoformen) gefunden werden. SämtlicheVollängenklone besitzen einen offenen Leserahmen, der durchnicht zu translatierende Bereiche am 5’ und 3‘ Endeeingefaßt wird. Um die entsprechenden Proteine produzierenzu können, mußten die dafür codierenden cDNA Bereiche dereinzelnen Klone in ein geeignetes Vektor Wirt-System(Expressionssystem) eingebracht werden.Nach erfolgreicher Umklonierung wurde die Expression durchIPTG Zugabe kontrolliert und Proteinrohextrakte aus denBakterienstämmen isoliert. Als Substrate wurden Vomilenin,das strukturisomere Alkaloid Perakin und aufgrund derHomologien zu Cinnamoylalcohol und Mannitol Dehydrogenasen Zimtaldehyd, Dihydrozimtaldehyd und D(-)Fructose getestet. In allen E. coli Stämmen konnte ein unspezifischesReduktionspotential nachgewiesen werden, ohne daß jedochVomilenin reduziert wurde. Die Testung der 1.2Dihydrovomilenin Reduktase Klone mußte wegen Substratmangelentfallen.Die weitere Charakterisierung der pflanzlichen Enzymeerbrachte eine enorm hohe Substratspezifität mit einer sichauf Rauvolfia beschränkenden taxonomischen Verbreitung.Die Molekulargewichtsbestimmung für die Vomilenin Reduktaseergab nach Größenausschluß-chromatographie an Superdex 75ein Gewicht von etwa 43 kDa. Das ebenfalls über Superdex 75ermittelte Molekulargewicht für die 1.2 DihydrovomileninReduktase lag bei ca. 49.8 kDa. Weiterhin wurde eine Metallionenabhängigkeit für dieVomilenin Reduktase aufgezeigt und die Cofaktorspezifitätsowie die pH und Temperatur Optima für beide Reduktasenbestimmt.

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Subendothelial in den Arterienwänden abgelagertes LDL kann einer enzymatischen Modifikation unterliegen, die es in einen cytotoxischen Partikel überführt. In vitro Behandlung von LDL mit Proteasen (Trypsin) und Cholesterinesterase führt zu einem dem läsionalen LDL ähnlichen Produkt. Die Behandlung von humanen Endothelzellen mit enzymatisch verändertem LDL (E-LDL), das einen hohen Gehalt an freiem Cholesterin und freien Fettsäuren aufweist, führt zur Auslösung der Apoptose via ASK1 (apoptosis signal-regulating kinase 1) –abhängiger p38-Phosphorylierung. Durch eine Aktivierung der Effektor-Caspasen-3/-7 kommt es zur Fragmentierung der DNA und zur Spaltung des nukleären Enzyms Poly-(ADP-ribose)-Polymerase. Phosphatidylserin ist an der äußeren Zellmembran mittels Annexin-Bindung detektierbar. Natives oder oxidiertes LDL induziert bei gleicher Konzentration keinen programmierten Zelltod. In Depletions- und Rekonstitutionsexperimenten wurden freie Fettsäuren aus E-LDL als Auslöser der Apoptose identifiziert. In nativem LDL ist der Anteil an freien Fettsäuren gering, deshalb ist das Lipoprotein nicht cytotoxisch. E-LDL induziert weiterhin eine Erhöhung bzw. eine Hemmung der transkriptionellen Aktivität eines AP-1- bzw. NF-κB-Luciferase Reporterplasmids. Die Ausschaltung von ASK1 mittels RNA-Interferenz bzw. die Hemmung von p38 mit dem Inhibitor SB203580 rettet die Zellen vor dem programmierten Zelltod. E-LDL kann in Endothelzellen oxidativen Stress auslösen. Durch Vorbehandlung mit N-Acetyl-Cystein wird die Aktivierung sowohl von ASK1 als auch von p38 unterdrückt.

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Mitochondria have a central role in energy supply in cells, ROS production and apoptosis and have been implicated in several human disease and mitochondrial dysfunctions in hypoxia have been related with disorders like Type II Diabetes, Alzheimer Disease, inflammation, cancer and ischemia/reperfusion in heart. When oxygen availability becomes limiting in cells, mitochondrial functions are modulated to allow biologic adaptation. Cells exposed to a reduced oxygen concentration readily respond by adaptive mechanisms to maintain the physiological ATP/ADP ratio, essential for their functions and survival. In the beginning, the AMP-activated protein kinase (AMPK) pathway is activated, but the responsiveness to prolonged hypoxia requires the stimulation of hypoxia-inducible factors (HIFs). In this work we report a study of the mitochondrial bioenergetics of primary cells exposed to a prolonged hypoxic period . To shine light on this issue we examined the bioenergetics of fibroblast mitochondria cultured in hypoxic atmospheres (1% O2) for 72 hours. Here we report on the mitochondrial organization in cells and on their contribution to the cellular energy state. Our results indicate that prolonged hypoxia cause a significant reduction of mitochondrial mass and of the quantity of the oxidative phosphorylation complexes. Hypoxia is also responsible to damage mitochondrial complexes as shown after normalization versus citrate synthase activity. HIF-1α plays a pivotal role in wound healing, and its expression in the multistage process of normal wound healing has been well characterized, it is necessary for cell motility, expression of angiogenic growth factor and recruitment of endothelial progenitor cells. We studied hypoxia in the pathological status of diabetes and complications of diabetes and we evaluated the combined effect of hyperglycemia and hypoxia on human dermal fibroblasts (HDFs) and human dermal micro-vascular endothelial cells (HDMECs) that were grown in high glucose, low glucose concentrations and mannitol as control for the osmotic challenge.

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Iodide transport is necessary for the synthesis of thyroid hormones following accumulation in the follicular lumen out of thyroid cells, via channels unknown with the exception of pendrin. According to our hypothesis, TMEM16A could be the main molecular identity of the channel mediating iodide efflux in the thyroid gland. TMEM16A is the prior candidate for calcium-activated chloride conductance (CaCC). TMEM16A belongs to the TMEM16/anoctamin family comprising ten members (TMEM16A-K). Higher affinity of TMEM16A for iodide and predicted expression in the thyroid gland suggest its mediation of iodide efflux. The aim of this project was to identify the role of TMEM16A in iodide transport in the thyroid gland, by characterizing its molecular expression and functional properties. We demonstrated that TMEM16F, H, K transcripts are expressed in FRTL-5 thyroid cells, as well as TMEM16A, which is TSH-independent. Tumor tissue from human thyroid maintains TMEM16A expression. Functional in vivo experiments in FRTL-5, stably expressing YFP-H148Q/I152L fluorescent protein as a biosensor, showed that iodide efflux is stimulated by agonists of purinergic receptors with an order of potency of ATP>UTP>ADP (compatible with an involvement of P2Y purinergic receptors), and by agonists of adrenergic receptors (epinephrine, norepinephrine and phenylephrine). Iodide efflux was blocked by α-receptor antagonists prazosin and phentolamine, consistent with a role of α1 adrenergic receptors. Iodide efflux was specifically dependent on calcium mobilized from intracellular compartments and induced by the calcium ionophore ionomycin. CaCC blockers suppressed ionomycin-/ATP-/epinephrine-stimulated iodide efflux. Heterologous expression of TMEM16A in CHO K1 cells induced calcium-activated iodide fluxes. All these results support the hypothesis of the involvement of TMEM16A in calcium-dependent iodide efflux induced by receptor agonists in thyroid cells. TMEM16A may represent a new pharmacological target for thyroid cancer therapy, since its blockade may enhance the retention of radioiodide by tumour cells enhancing the efficacy of radioablative therapy.

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Tanchirasi (TNKS) è un membro della superfamiglia delle PARP (Poli ADP-Ribosio Polimerasi). TNKS è coinvolta nella stabilizzazione della subunità catalitca del complesso proteico DNA-PK (protein chinasi DNA-dipendente), la DNA-PKcs. Questa proteina è fondamentale per il corretto funzionamento del meccanismo di riparo del DNA chiamato "Saldatura Non Omologa delle Estremità" (NHEJ). La deplezione di TNKS induce una degradazione della DNA-PKcs e una maggiore sensibilità alle radiazioni ionizzanti (RI). TNKS è inoltre un regolatore negativo di axina e di conseguenza un attivatore del pathway di WNT; l'inibizione quindi di TNKS induce anche una inibizione del pathway di WNT. Alterazioni in questo signalling si riscontrano frequentemente nel Medulloblastoma (MB), il tumore cerebrale embrionale più comune dell'infanzia. La radioterapia post-operatoria risulta essere molto efficacia in questa neoplasia, ma causa gravi effetti collaterali e un terzo dei pazienti presenta radioresistenza intrinseca. Un'importante sfida per la ricerca è quindi l'aumento della radiosensibilità tumorale. In questo lavoro, abbiamo studiato gli effetti dell'inibizione farmacologica di TNKS in linee cellulari di MB umano, mediante la small molecule XAV939, potente e specifico inibitore di TNKS. Il trattamento con XAV939 induce una consistente inibizione della capacità proliferativa e clonogenica, non correlata ad un aumento della mortalità cellulare, indicando una bassa tossicità legata alla molecola. Il co-trattamento di XAV939 e RI (γ-ray, dose 2 Gy) causa una ulteriore inibizione della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie. Abbiamo inoltre constatato, mediante Neutral Comet Assay, una minore efficacia nel riparo del DNA in cellule irradiate trattate con XAV939, indicando un effettivo aumento della radiosensibilità in cellule di MB trattate con l'inibitore di TNKS. L'aumentata mortalità cellulare in cellule tumorali trattate con XAV939 e RI ha confermato la nostra ipotesi. Il nostro studio in vitro indica come TNKS possa essere un utile target terapeutico per rendere più efficace l'attuale terapia contro il MB.

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Weltweit existiert keine zum Tierversuch alternative Methode, um adsorbierte Pertussis-Impfstoffe auf restliche Toxin-Aktivität hin zu untersuchen. Der im Europäischen Arzneibuch vorgeschriebene Tierversuch besitzt nach Erfahrungen der Industrie, internationaler Prüfbehörden sowie des Paul-Ehrlich-Institutes eine schlechte Aussagekraft. Er ist wenig standardisierbar und weist häufig ein zweifelhaftes Ergebnis auf, so dass Wiederholungen und damit einhergehend ein hoher Verbrauch an Versuchstieren unumgänglich sind. Enthält der Impfstoff Reste von nicht-inaktiviertem Pertussis-Toxin (PTx), muss mit schweren und schwersten Nebenwirkungen bei den Impflingen gerechnet werden. In dieser Arbeit wurde ein In vitro-Nachweis für aktives PTx entwickelt. rnAngeregt durch Publikationen, wonach Pertussis-Toxin humane Monozyten aktiviert, wurde zunächst versucht, diesen Effekt zum Toxin-Nachweis auszunutzen. Die vorliegende Arbeit zeigt jedoch eindeutig, dass Pertussis-Toxin selbst nicht zur Stimulation humaner Monozyten führt. Vielmehr konnte nachgewiesen werden, dass die Aktivierung dieser Immunzellen auf Kontaminationen durch Lipopolysaccharide zurückzuführen ist. Damit wurden die Aussagen in den oben erwähnten Veröffentlichungen widerlegt. Dieses Ergebnis wurde bereits zur Publikation eingereicht.rnNunmehr wurden verschiedene Ansätze zum Nachweis von Pertussis-Toxin entwickelt, welche seine enzymatischen Aktivitäten als NAD-Glycohydrolase und ADP-Ribosyltransferase ausnutzen. Zunächst wurde versucht, die Hydrolyse von NAD zu ADP-Ribose und Nicotinamid photometrisch nachzuweisen. Wegen unbefriedigender Sensitivität wurde dieses Verfahren zu einem fluorometrischen Nachweis weiterentwickelt. Verwendet wurde hier fluorogenes etheno-NAD, welches von Pertussis-Toxin als Substrat akzeptiert wird. Letzteres Prinzip ist zum In vitro-Nachweis von Pertussis-Toxin geeignet, wird jedoch durch das in Impfstoffen häufig verwendete Adsorbens Aluminiumhydroxid gestört. Deshalb wurde dieser Ansatz aufgegeben und ein neuer Weg verfolgt, welcher am Energiestoffwechsel von humanen Zellen ansetzt. Eine Konsequenz des Angriffs von Pertussis-Toxin auf seine Zielzellen im Respirationstrakt besteht – nach komplexen Reaktionen des Signaltransduktionsweges – im Absenken des ATP-Gehaltes. Als menschliche Surrogat-Zellen wurden frisch isolierte periphere mononukleäre Zellen (PBMCs) sowie die permanente Lymphozyten-Zelllinie Jurkat eingesetzt und deren ATP-Gehalt mittels Luziferin-Luziferase-Lumineszenz gemessen. Der Test wird nicht durch Lipopolysaccharid gestört und auch Aluminiumhydroxid übt erst nach mehreren Stunden Inkubation einen interferierenden Einfluss aus. Ebenso konnte aktives Pertussis-Toxin mit Hilfe kryokonservierter PBMCs detektiert werden, auch in orientierenden Versuchen mit komplexen Impfstoffen. Der Pertussis-ATP-Test kommt der In vivo-Situation in der Zelle sehr nahe, weil beide Untereinheiten des Toxins in einem Test überprüft werden. Demnach soll er Bestandteil einer geplanten internationalen Studie zu alternativen Pertussis-Toxin-Testungen sein.

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Considerando l'elevato grado di inquinamento del pianeta e la forte dipendenza delle attività antropiche dai combustibili fossili, stanno avendo notevole sviluppo e incentivazione gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, la digestione anaerobica è in grande diffusione in Italia. Lo studio in oggetto si prefigge l'obiettivo di determinare, mediante analisi di Life Cycle Assessment (LCA), i carichi ambientali di un impianto di digestione anaerobica, e della sua filiera, per valutarne l'effettiva ecosostenibilità. L'analisi considera anche gli impatti evitati grazie all'immissione in rete dell'energia elettrica prodotta e all'utilizzo del digestato in sostituzione dell'urea. Lo studio analizza sei categorie d'impatto: Global warming potential (GWP), Abiotic depletion potential (ADP), Acidification potential (AP), Eutrophication potential (EP), Ozone layer depletion potential (ODP) e Photochemical oxidant formation potential (POFP). I valori assoluti degli impatti sono stati oggetto anche di normalizzazione per stabilire la loro magnitudo. Inoltre, è stata effettuata un'analisi di sensitività per investigare le variazioni degli impatti ambientali in base alla sostituzione di differenti tecnologie per la produzione di energia elettrica: mix elettrico italiano, carbone e idroelettrico. Infine, sono stati analizzati due scenari alternativi all'impianto in esame che ipotizzano la sua conversione ad impianto per l'upgrading del biogas a biometano. I risultati mostrano, per lo scenario di riferimento (produzione di biogas), un guadagno, in termini ambientali, per il GWP, l'ADP e il POFP a causa dei notevoli impatti causati dalla produzione di energia elettrica da mix italiano che la filiera esaminata va a sostituire. I risultati evidenziano anche quanto gli impatti ambientali varino in base alla tipologia di alimentazione del digestore anaerobica: colture dedicate o biomasse di scarto. I due scenari alternativi, invece, mostrano un aumento degli impatti, rispetto allo scenario di riferimento, causati soprattutto dagli ulteriori consumi energetici di cui necessitano sia i processi di purificazione del biogas in biometano sia i processi legati alla digestione anaerobica che, nel caso dello scenario di riferimento, sono autoalimentati. L'eventuale conversione dell'attuale funzione dell'impianto deve essere fatta tenendo anche in considerazione i benefici funzionali ed economici apportati dalla produzione del biometano rispetto a quella del biogas.

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Laterally loaded piles are a typical situation for a large number of cases in which deep foundations are used. Dissertation herein reported, is a focus upon the numerical simulation of laterally loaded piles. In the first chapter the best model settings are largely discussed, so a clear idea about the effects of interface adoption, model dimension, refinement cluster and mesh coarseness is reached. At a second stage, there are three distinct parametric analyses, in which the model response sensibility is studied for variation of interface reduction factor, Eps50 and tensile cut-off. In addition, the adoption of an advanced soil model is analysed (NGI-ADP). This was done in order to use the complex behaviour (different undrained shear strengths are involved) that governs the resisting process of clay under short time static loads. Once set a definitive model, a series of analyses has been carried out with the objective of defining the resistance-deflection (P-y) curves for Plaxis3D (2013) data. Major results of a large number of comparisons made with curves from API (America Petroleum Institute) recommendation are that the empirical curves have almost the same ultimate resistance but a bigger initial stiffness. In the second part of the thesis a simplified structural preliminary design of a jacket structure has been carried out to evaluate the environmental forces that act on it and on its piles foundation. Finally, pile lateral response is studied using the empirical curves.