1000 resultados para polibutilene succinato,copolimerizzazione,biopolimeri,ingegneria tissutale,neopentil glicole
Resumo:
La ricerca presentata è un’ampia esplorazione delle possibili applicazioni di concetti, metodi e procedure della Fuzzy Logic all’Ingegneria dei Materiali. Tale nuovo approccio è giustificato dalla inadeguatezza dei risultati conseguiti con i soli metodi tradizionali riguardo alla reologia ed alla durabilità, all’utilizzo di dati di laboratorio nella progettazione e alla necessità di usare un linguaggio (informatizzabile) che consenta una valutazione congiunta degli aspetti tecnici, culturali, economici, paesaggistici della progettazione. – In particolare, la Fuzzy Logic permette di affrontare in modo razionale l’aleatorietà delle variabili e dei dati che, nel settore specifico dei materiali in opera nel costruito dei Beni Culturali, non possono essere trattati con i metodi statistici ordinari. – La scelta di concentrare l’attenzione su materiali e strutture in opera in siti archeologici discende non solo dall’interesse culturale ed economico connesso ai sempre più numerosi interventi in questo nuovo settore di pertinenza dell’Ingegneria dei Materiali, ma anche dal fatto che, in tali contesti, i termini della rappresentatività dei campionamenti, della complessità delle interazioni tra le variabili (fisiche e non), del tempo e quindi della durabilità sono evidenti ed esasperati. – Nell’ambito di questa ricerca si è anche condotto un ampio lavoro sperimentale di laboratorio per l’acquisizione dei dati utilizzati nelle procedure di modellazione fuzzy (fuzzy modeling). In tali situazioni si è operato secondo protocolli sperimentali standard: acquisizione della composizione mineralogica tramite diffrazione di raggi X (XRD), definizione della tessitura microstrutturale con osservazioni microscopiche (OM, SEM) e porosimetria tramite intrusione forzata di mercurio (MIP), determinazioni fisiche quali la velocità di propagazione degli ultrasuoni e rotoviscosimetria, misure tecnologiche di resistenza meccanica a compressione uniassiale, lavorabilità, ecc. – Nell’elaborazione dei dati e nella modellazione in termini fuzzy, la ricerca è articolata su tre livelli: a. quello dei singoli fenomeni chimico-fisici, di natura complessa, che non hanno trovato, a tutt’oggi, una trattazione soddisfacente e di generale consenso; le applicazioni riguardano la reologia delle dispersioni ad alto tenore di solido in acqua (calci, cementi, malte, calcestruzzi SCC), la correlazione della resistenza a compressione, la gelività dei materiali porosi ed alcuni aspetti della durabilità del calcestruzzo armato; b. quello della modellazione della durabilità dei materiali alla scala del sito archeologico; le applicazioni presentate riguardano i centri di cultura nuragica di Su Monte-Sorradile, GennaMaria-Villanovaforru e Is Paras-Isili; c. quello della scelta strategica costituita dalla selezione del miglior progetto di conservazione considerando gli aspetti connessi all’Ingegneria dei Materiali congiuntamente a quelli culturali, paesaggistici ed economici; le applicazioni hanno riguardato due importanti monumenti (Anfiteatro e Terme a Mare) del sito Romano di Nora-Pula.
Resumo:
Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.
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La tesi di dottorato di Carlo Antonio Gobbato prende in considerazione e sviluppa, secondo una prospettiva rigorosamente sociologica, i temi e i problemi che discendono dai progressi delle bioscienze e delle biotecnologie con particolare riferimento alla programmazione degli esseri umani con precise caratteristiche. Muovendo dalla riflessione di Jurgen Habermas sui caratteri della genetica liberale, sono stati, innanzi tutto, ripresi alcuni temi fondamentali della storia del pensiero politico e giuridico sviluppatisi in età moderna, considerando con particolare attenzione la ricostruzione epistemologica operata da Michel Foucault in merito alla nozione di biopolitica, ovvero sia al modo con cui si è cercato, a partire dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti dalla pratica governamentale nei confronti delle persone (pratiche concernenti la salute, il controllo sociale, l’igiene, la mortalità, le razze, ecc.). La biopolitica è una categoria gnoseologica di spiegazione dell’idea di sviluppo presente nell’età moderna, dove sono iscritti vari saperi e pratiche governamentali, risultando così un concetto storicamente determinato da costruzioni produttive e tecnologiche che consentono, oppure obbligano, la vita ad entrare nella storia. D’altra parte, la biopolitica non produce letteralmente la vita, ma interviene direttamente sulla vita consentendone le condizioni di mantenimento e sviluppo. Se la biopolitica ha determinato l’instaurazione del dominio della specie umana sulla materia inerte, la rivoluzione scientifica in atto, anche in ragione dell’intensità con cui procede lo sviluppo delle bioscienze e delle biotecnologie, sta determinando l’affermazione del dominio sulla materia vivente Il progressivo affrancamento delle bioscienze e delle biotecnologie dal sistema sociale e dal sotto sistema sanitario sta comportando un’intensa proliferazione legislativa e normativa di cui la bioetica è parte, assieme alla costituzione ed allo sviluppo di un polo di apparati tendenzialmente autonomo, anche in ragione delle grandi quantità di trasferimenti finanziari, pubblici e privati, specificatamente dedicati e del nuovo mercato dei brevetti sulla vita. Sono evidenti le preoccupazioni degli organismi internazionali e nazionali, ai loro massimi livelli, per un fenomeno emergente, reso possibile dai rapidi progressi delle bioscienze, che consente la messa a disposizione sul mercato globale di “prodotti” ricavati dal corpo umano impossibili da reperire se tali progressi non si fossero verificati. Si tratta di situazioni che formano una realtà giuridica, sociale e mercantile che sempre più le bioscienze contribuiscono, con i loro successi, a rappresentare e costruire, anche se una parte fondamentale nell’edificazione, cognitiva ed emozionale, di tali situazioni, che interagiscono direttamente con l’immaginario soggettivo e sociale, è costituita dal sistema dell’informazione, specializzata e non, che sta con intensità crescente offrendo notizie e riproduzioni, vere o verosimili, scientificamente fondate oppure solo al momento ipotizzate, ma poste e dibattute, che stanno oggettivamente alimentando nuove attese individuali e sociali in grado di generare propensioni e comportamenti verso “oggetti di consumo” non conosciuti solo fino a pochi anni fa. Propensioni e comportamenti che possono assumere, in ragione della velocità con cui si succedono le scoperte delle bioscienze e la frequenza con cui sono immessi nel mercato i prodotti biotecnologici (indipendentemente dalla loro vera o presunta efficacia), anche caratteri di effervescenza anomica, fino alla consumazione di atti gravemente delittuosi di cui la stessa cronaca e le inchieste giudiziarie che si stanno aprendo iniziano a dare conto. La tesi considera criticamente la nuova realtà che emerge dai progressi delle bioscienze e, dopo aver identificato nella semantica dell’immunità e nel dominio sul movimento del corpo gli orientamenti concettuali che forniscono il significato essenziale alla biopolitica di Foucault, cerca di definire secondo una prospettiva propriamente sociologica la linea di separazione fra le pratiche immunitarie ed altre pratiche che non possono essere fatte rientrare nelle prime o, anche, il limite del discorso di Foucault davanti alle questioni poste da Habermas ed inerenti la programmazione genetica degli esseri viventi. Le pratiche genetiche, infatti, non sono propriamente immunitarie e, anzi, la stessa logica discorsiva intorno al gene non ha carattere immunitario, anche se può apportare benefici immunitari. La logica del gene modifica la forma del corpo, è generativa e rigenerativa, può ammettere ed includere, ma anche negare, la semantica biopolitica, i suoi oggetti e i suoi nessi. Gli oggetti della biopolitica sono ogni giorno di più affiancati dagli oggetti di questa dimensione radicalmente originale, per significati e significanti, dimensione che, con un neologismo, si può definire polisgenetica, ovvero sia una pratica governamentale sui generis, con importanti riflessi sul piano socio – criminologico. L’ultima parte della tesi riporta i risultati di recenti ricerche sociologiche sulla percezione sociale dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie, nonché presenta i risultati dell’elaborazione delle interviste effettuate per la tesi di ricerca.
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Self-organisation is increasingly being regarded as an effective approach to tackle modern systems complexity. The self-organisation approach allows the development of systems exhibiting complex dynamics and adapting to environmental perturbations without requiring a complete knowledge of the future surrounding conditions. However, the development of self-organising systems (SOS) is driven by different principles with respect to traditional software engineering. For instance, engineers typically design systems combining smaller elements where the composition rules depend on the reference paradigm, but typically produce predictable results. Conversely, SOS display non-linear dynamics, which can hardly be captured by deterministic models, and, although robust with respect to external perturbations, are quite sensitive to changes on inner working parameters. In this thesis, we describe methodological aspects concerning the early-design stage of SOS built relying on the Multiagent paradigm: in particular, we refer to the A&A metamodel, where MAS are composed by agents and artefacts, i.e. environmental resources. Then, we describe an architectural pattern that has been extracted from a recurrent solution in designing self-organising systems: this pattern is based on a MAS environment formed by artefacts, modelling non-proactive resources, and environmental agents acting on artefacts so as to enable self-organising mechanisms. In this context, we propose a scientific approach for the early design stage of the engineering of self-organising systems: the process is an iterative one and each cycle is articulated in four stages, modelling, simulation, formal verification, and tuning. During the modelling phase we mainly rely on the existence of a self-organising strategy observed in Nature and, hopefully encoded as a design pattern. Simulations of an abstract system model are used to drive design choices until the required quality properties are obtained, thus providing guarantees that the subsequent design steps would lead to a correct implementation. However, system analysis exclusively based on simulation results does not provide sound guarantees for the engineering of complex systems: to this purpose, we envision the application of formal verification techniques, specifically model checking, in order to exactly characterise the system behaviours. During the tuning stage parameters are tweaked in order to meet the target global dynamics and feasibility constraints. In order to evaluate the methodology, we analysed several systems: in this thesis, we only describe three of them, i.e. the most representative ones for each of the three years of PhD course. We analyse each case study using the presented method, and describe the exploited formal tools and techniques.
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Nell’ambito di questa Tesi sono state affrontate le fasi di progettazione, sviluppo e caratterizzazione di materiali biomimetici innovativi per la realizzazione di membrane e/o costrutti 3D polimerici, come supporti che mimano la matrice extracellulare, finalizzati alla rigenerazione dei tessuti. Partendo dall’esperienza di ISTEC-CNR e da un’approfondita conoscenza chimica su polimeri naturali quali il collagene, è stata affrontata la progettazione di miscele polimeriche (blends) a base di collagene, addizionato con altri biopolimeri al fine di ottimizzarne i parametri meccanici e la stabilità chimica in condizioni fisiologiche. I polimeri naturali chitosano ed alginato, di natura polisaccaridica, già noti per la loro biocompatibilità e selezionati come additivi rinforzanti per il collagene, si sono dimostrati idonei ad interagire con le catene proteiche di quest’ultimo formando blends omogenei e stabili. Al fine di ottimizzare l’interazione chimica tra i polimeri selezionati, sono stati investigati diversi processi di blending alla base dei quali è stato applicato un processo complesso di co-fibrazione-precipitazione: sono state valutate diverse concentrazioni dei due polimeri coinvolti e ottimizzato il pH dell’ambiente di reazione. A seguito dei processi di blending, non sono state registrate alterazioni sostanziali nelle caratteristiche chimiche e nella morfologia fibrosa del collagene, a riprova del fatto che non hanno avuto luogo fenomeni di denaturazione della sua struttura nativa. D’altro canto entrambe le tipologie di compositi realizzati, possiedano proprietà chimico-fisiche peculiari, simili ma non identiche a quelle dei polimeri di partenza, risultanti di una reale interazione chimica tra le due molecole costituenti il blending. Per entrambi i compositi, è stato osservato un incremento della resistenza all’attacco dell’enzima collagenasi ed elevato grado di swelling, quest’ultimo lievemente inferiore per il dispositivo contenente chitosano. Questo aspetto, negativo in generale per quanto concerne la progettazione di impianti per la rigenerazione dei tessuti, può avere aspetti positivi poiché la minore permeabilità nei confronti dei fluidi corporei implica una maggiore resistenza verso enzimi responsabili della degradazione in vivo. Studi morfologici al SEM hanno consentito di visualizzare le porosità e le caratteristiche topografiche delle superfici evidenziando in molti casi morfologie ibride che confermano il buon livello d’interazione tra le fasi; una più bassa omogeneità morfologica si è osservata nel caso dei composti collagene-alginato e solo dopo reidratazione dello scaffold. Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, valutate in termini di elasticità e resistenza a trazione, sono state rilevate variazioni molto basse e spesso dentro l’errore sperimentale per quanto riguarda il modulo di Young; discorso diverso per la resistenza a trazione, che è risultata inferiore per i campione di collagene-alginato. Entrambi i composti hanno comunque mostrato un comportamento elastico con un minore pre-tensionamento iniziale, che li rendono promettenti nelle applicazioni come impianti per la rigenerazione di miocardio e tendini. I processi di blending messi a punto nel corso della ricerca hanno permesso di ottenere gel omogenei e stabili per mezzo dei quali è stato possibile realizzare dispositivi con diverse morfologie per diversi ambiti applicativi: dispositivi 2D compatti dall’aspetto di membrane semitrasparenti idonei per rigenerazione del miocardio e ligamenti/tendini e 3D porosi, ottenuti attraverso processi di liofilizzazione, con l’aspetto di spugne, idonei alla riparazione/rigenerazione osteo-cartilaginea. I test di compatibilità cellulare con cardiomioblasti, hanno dimostrato come entrambi i materiali compositi realizzati risultino idonei a processi di semina di cellule differenziate ed in grado di promuovere processi di proliferazione cellulare, analogamente a quanto avviene per il collagene puro.
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Lo scopo di questa tesi di dottorato di ricerca consiste nel fornire la giusta collocazione della manutenzione fra le discipline dell'ingegneria, raccogliendo e formalizzando le metodologie di analisi di affidabilità e di pianificazione degli interventi all'interno di un unico processo di progettazione e di controllo. In linea di principio, un processo di analisi dei guasti e di programmazione della manutenzione deve essere in grado di fornire chiare e sicure risposte ai seguenti interrogativi: Quali sono le funzioni richieste e con quali criteri di prestazioni il sistema è chiamato ad assolverle? Qual'è l'andamento della disponibilità del sistema in funzione del tempo? Quanti guasti e di quale tipo si possono verificare durante la vita del sistema? Quali possono essere le conseguenze che ledono la sicurezza e la protezione ambientale? Quanti pezzi di ricambio sono necessari? Che tipo di interventi di manutenzione preventiva risultano tecnicamente fattibili? A quali scadenze devono essere programmati? A quanto ammonta la previsione del costo di esercizio del sistema? Quante squadre di manutenzione devono essere assegnate al sistema? Come deve essere organizzata la logistica di manutenzione? Con quali tecniche si prevede di riconoscere i guasti e quali procedure devono essere attivate per farvi fronte? E' possibile implementare tecniche di `condition monitoring' delle macchine? Su quali tempi di preavviso sui guasti si può contare? In tal senso, la manutenzione necessita delle tecniche e degli opportuni strumenti che siano in grado di misurarne l'efficacia e l'efficienza. L'efficacia in primo luogo, in quanto l'obiettivo principe consiste nel garantire che il sistema oggetto di studio continui a svolgere le proprie funzioni nei limiti di prestazioni accettabili, secondo le specifiche richieste degli utilizzatori. L'efficienza in secondo luogo, ma non per questo di minore importanza, in quanto perseguendo l'obiettivo di cui sopra, occorre impegnare il minimo di risorse possibili, organizzando con razionalità il supporto logistico del sistema al fine di raggiungere i massimi livelli di rendimento di gestione. La migliore strategia di manutenzione può essere pianificata, a priori, solo se si è in grado di prevedere con la necessaria precisione l'evoluzione del sistema nel suo contesto operativo futuro. E' allora possibile formulare un modello matematico del sistema, studiarne la dinamica ed osservare le reazioni alla simulazione di eventuali stimoli esterni. I metodi ed i modelli noti dell'ingegneria dei sistemi possono essere molto utili per la risoluzione di casi semplici, ma sovente richiedono la formulazione di ipotesi troppo restrittive che aumentano in modo inaccettabile la distanza del modello dalla realtà. Una strada alternativa ed affascinante, che ho percorso con entusiasmo durante questi tre anni di studi e ricerca, consiste nella simulazione numerica della vita del sistema, utilizzando il metodo Monte Carlo per la gestione dei processi stocastici di guasto e per l'esecuzione degli interventi di manutenzione. Ho quindi messo a punto il codice di simulazione RAMSES, perseguendo l'idea di costruire uno strumento di misura dell'efficacia e dell'efficienza di una politica di manutenzione simulata al calcolatore. Nella tesi si presentano i concetti di base dell'ingegneria dei sistemi applicata al caso della manutenzione e si introduce il formalismo della Reliability Centred Maintenance come miglior guida nella pianificazione delle schede di manutenzione. Si introducono le nozioni di base per fornire una struttura solida e corretta alla simulazione numerica dei sistemi riparabili e si presenta il codice RAMSES corredando le informazioni tecniche con i dovuti esempi ed applicazioni pratiche. Si conclude il lavoro, infine, con la presentazione di un modello di massima verosimiglianza particolarmente utile per le analisi dei dati sperimentali di guasto dei componenti.
Resumo:
Gli argomenti trattati all’interno di questa tesi di dottorato riguardano la sintesi e la modifica di polimeri ottenuti a partire da fonti rinnovabili. L’acido polilattico (PLA) è stato modificato per ottenere film estensibili per uso alimentare. La scelta del materiale si è basata sull’analisi del suo ciclo di vita e perché è riconosciuto come sicuro per l’utilizzo nel campo alimentare. Le formulazioni testate, a base di PLA, sono state preparate con l’aggiunta di una serie di additivi utilizzati per migliorare le proprietà meccaniche del materiale. La lavorazione è stata eseguita mediante estrusione, ottenendo dei pellet a composizione omogenea successivamente lavorati nell’estrusore a bolla, modalità industriale di produzione dei film estensibili. È stata poi effettuata la sintesi diretta di nuovi poliesteri insaturi a base di dimetil succinato e 1,6-esandiolo. L’insaturazione della catena è stata ottenuta mediante l’uso, durante la sintesi, di derivati dell’olio di ricino, l’acido ricinoleico e il suo derivato insaturo metil undecenoato. Un’altra molecola insatura utilizzata è stata il citronellolo, scelto tra i terpeni. I polimeri così ottenuti sono stati modificati tramite reazioni radicaliche indotte con radiazioni UV utilizzando sostanze antibatteriche (sale 3-esadecil-1-vinilimidazolo bromuro) al fine di ottenere materiali con attività biocida a lungo termine e senza rilascio. Si è proceduto inoltre alla polimerizzazione reversibile di monomeri furanici con oli vegetali utilizzando una strategia di tipo double click. Si è partiti dalla sintesi di monomeri derivanti da oli vegetali contenenti eterocicli furanici attaccati mediante addizione tiol-enica (prima reazione click chemistry) e si è proseguito con la loro successiva polimerizzazione attraverso una reazione di tipo Diels-Alder con molecole con gruppi maleimmidici (seconda reazione click chemistry). I polimeri così ottenuti sono materiali potenzialmente auto-riparanti, grazie alla possibilità di spostare l’equilibrio verso i prodotti o i reagenti semplicemente variando le condizioni di temperatura.