469 resultados para Tipografia


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Nesta pesquisa toma-se o livro didático de português como objeto de pesquisa em vista de uma indagação norteadora: O que faz de um livro, um livro didático? Essa pergunta, que a princípio nos causou uma impressão de obviedade, pela opacidade de aspectos singulares à constituição do material, acabou por nos revelar que o livro didático é um objeto multifacetado e complexo, que se situa num campo recente da pesquisa acadêmica. Dentre tantas possibilidades de situar o livro didático no contexto das inquietações humanas, duas se apresentam nesta pesquisa como possibilidade de pensá-lo a partir de um campo próprio de investigação: (i) a que parte da compreensão do livro didático enquanto objeto portador de uma materialidade e uma visualidade, onde elementos como tipografia, espaços de diagramação, uso de cores, escolha de imagens, entre tantos outros, participam do processo de leitura tanto quanto o texto verbal linguisticamente constituído, e (ii) a que toma o livro como objeto portador de uma materialidade textual-discursiva na qual ele responde a muitos lugares e interesses, muitas vezes contraditórios, na tentativa de satisfazer algumas expectativas que ele representa. Neste sentido, podemos pensar que a fabricação do material visa em princípio a um projeto didático – em razão do qual se criam representações de leitura – como também fazer dele importante produto de um mercado promissor e rentável. Essa constatação nos faz pensar no livro como um objeto, atualmente, muito mais de consumo/distribuição do que material de apoio do ensino e da aprendizagem da língua portuguesa. A pesquisa caminha sobre o “chão” da Análise de Discurso de linha francesa, baseando-se nas ideias de autores como Pêcheux, Maingueneau, Possenti, Authier-Revuz; da história da leitura e do livro, com base em Chartier, Fairchild, Choppin, Freitag et al; Oliveira et al entre outros. O corpus da pesquisa constitui-se de uma coleção de livros didáticos de português (séries finais do Ensino Fundamental) que foi a mais escolhida no último PNLD/2011 pelas escolas urbanas do município de Cametá/Pará; caderno de campo com relato de experiências e questionário de perguntas abertas sobre o processo de escolha do livro didático de portuguesa naquelas escolas.

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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In questi ultimi anni il tema della sicurezza sismica degli edifici storici in muratura ha assunto particolare rilievo in quanto a partire soprattutto dall’ordinanza 3274 del 2003, emanata in seguito al sisma che colpì il Molise nel 2002, la normativa ha imposto un monitoraggio ed una classificazione degli edifici storici sotto tutela per quanto riguarda la vulnerabilità sismica (nel 2008, quest’anno, scade il termine per attuare quest’opera di classificazione). Si è posto per questo in modo più urgente il problema dello studio del comportamento degli edifici storici (non solo quelli che costituiscono monumento, ma anche e soprattutto quelli minori) e della loro sicurezza. Le Linee Guida di applicazione dell’Ordinanza 3274 nascono con l’intento di fornire strumenti e metodologie semplici ed efficaci per affrontare questo studio nei tempi previsti. Il problema si pone in modo particolare per le chiese, presenti in grande quantità sul territorio italiano e di cui costituiscono gran parte del patrimonio culturale; questi edifici, composti di solito da grandi elementi murari, non presentano comportamento scatolare, mancando orizzontamenti, elementi di collegamento efficace e muri di spina interni e sono particolarmente vulnerabili ad azioni sismiche; presentano inoltre un comportamento strutturale a sollecitazioni orizzontali che non può essere colto con un approccio globale basato, ad esempio, su un’analisi modale lineare: non ci sono modi di vibrare che coinvolgano una sufficiente parte di massa della struttura; si hanno valori dei coefficienti di partecipazione dei varii modi di vibrare minori del 10% (in generale molto più bassi). Per questo motivo l’esperienza e l’osservazione di casi reali suggeriscono un approccio di studio degli edifici storici sacri in muratura attraverso l’analisi della sicurezza sismica dei cosiddetti “macroelementi” in cui si può suddividere un edificio murario, i quali sono elementi che presentano un comportamento strutturale autonomo. Questo lavoro si inserisce in uno studio più ampio iniziato con una tesi di laurea dal titolo “Analisi Limite di Strutture in Muratura. Teoria e Applicazione all'Arco Trionfale” (M. Temprati), che ha studiato il comportamento dell’arco trionfale della chiesa collegiata di Santa Maria del Borgo a San Nicandro Garganico (FG). Suddividere un edificio in muratura in più elementi è il metodo proposto nelle Linee Guida, di cui si parla nel primo capitolo del presente lavoro: la vulnerabilità delle strutture può essere studiata tramite il moltiplicatore di collasso quale parametro in grado di esprimere il livello di sicurezza sismica. Nel secondo capitolo si illustra il calcolo degli indici di vulnerabilità e delle accelerazioni di danno per la chiesa di Santa Maria del Borgo, attraverso la compilazione delle schede dette “di II livello”, secondo quanto indicato nelle Linee Guida. Nel terzo capitolo viene riportato il calcolo del moltiplicatore di collasso a ribaltamento della facciata della chiesa. Su questo elemento si è incentrata l’attenzione nel presente lavoro. A causa della complessità dello schema strutturale della facciata connessa ad altri elementi dell’edificio, si è fatto uso del codice di calcolo agli elementi finiti ABAQUS. Della modellazione del materiale e del settaggio dei parametri del software si è discusso nel quarto capitolo. Nel quinto capitolo si illustra l’analisi condotta tramite ABAQUS sullo stesso schema della facciata utilizzato per il calcolo manuale nel capitolo tre: l’utilizzo combinato dell’analisi cinematica e del metodo agli elementi finiti permette per esempi semplici di convalidare i risultati ottenibili con un’analisi non-lineare agli elementi finiti e di estenderne la validità a schemi più completi e più complessi. Nel sesto capitolo infatti si riportano i risultati delle analisi condotte con ABAQUS su schemi strutturali in cui si considerano anche gli elementi connessi alla facciata. Si riesce in questo modo ad individuare con chiarezza il meccanismo di collasso di più facile attivazione per la facciata e a trarre importanti informazioni sul comportamento strutturale delle varie parti, anche in vista di un intervento di ristrutturazione e miglioramento sismico.

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Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.

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Famille de pasteurs, politiciens et entrepreneurs de Zofingue, attestée pour la première fois en 1527, lorsque leur aïeul Jean, tonnelier originaire de Nîmes, obtint la bourgeoisie de Zofingue. Michael (1521-1605), avoyer, l'un de ses cinq fils, est l'ancêtre de la branche des imprimeurs et éditeurs. Après lui, de nombreux R. consolidèrent durablement l'influence de la famille. A partir du XVIIIe s., divers membres firent des carrières politiques, tels Samuel (1706-1786), avoyer, et Rudolf Friedrich (1805-1886), président de la ville. Les R. furent aussi très liés à l'Eglise. Le fils de Michael, Moritz (1557-1615), fut pasteur et doyen à Zofingue. Jusqu'au XIXe s., la famille compta une trentaine d'ecclésiastiques, essentiellement des pasteurs officiant sur le territoire bernois, tels Johann Heinrich ( -> 3) et Michael ( -> 8). Les conseillers Beat (1712-1778) et Niklaus (1734-1766) furent les premiers R. actifs dans la production protoindustrielle de drap. D'autres négociants suivirent jusqu'au milieu du XIXe s. L'architecte Niklaus Emanuel (1744-1815) construisit l'hôtel de ville de Zofingue (1792-1795) de style baroque tardif. Johann Rudolf ( -> 4) se distingua sous la République helvétique (1798-1803). Samuel (1767-1826), conseiller municipal de Zofingue, créa les armoiries du canton d'Argovie en 1803. Les R. s'affirmèrent sur le plan cantonal avec Karl Ludwig ( -> 6), chancelier, et Arnold ( -> 1), conseiller d'Etat et plusieurs fois landamman, et sur le plan fédéral avec Johann Rudolf ( -> 5), conseiller national, et Gottlieb ( -> 2), conseiller aux Etats et chancelier de la Confédération. Johann Rudolf (1803-1874) fonda, en 1833, l'imprimerie Ringier à Zofingue, reprise par son fils Franz Emil (1837-1898). A partir de 1898, Paul August ( -> 9), représentant de la troisième génération d'imprimeurs, agrandit l'entreprise dont il fit la principale imprimerie et maison d'édition de Suisse. Cette expansion se poursuivit après 1960 sous son fils Hans (1906-2003). Avec les fils de celui-ci, Christoph (naissance1941, dans la firme jusqu'en 1991) et Michael (naissance1949), Ringier devint, à partir de 1985, une entreprise multinationale et multimédia. Bibliographie – F. Schoder, Ortsbürger von Zofingen, 1962 – P. Meier, T. Häussler, Zwischen Masse, Markt und Macht, 2009

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Gruppo mediatico di proprietà della fam. omonima, le cui origini risalgono alla tipografia fondata nel 1833 a Zofingen da Johann Rudolf (1803-1874). Nel 1898 Paul August Ringier, esponente della terza generazione, rilevò l'azienda, che ampliò fino a farne un'impresa tipografica industriale e una delle principali case editrici della Svizzera. Nel 1932 la Ringier fu trasformata in un gruppo, divenne una soc. anonima e fu fondata la holding. Fino al 1938 pubblicò nove riviste illustrate per fam., di intrattenimento e dedicate ai programmi radiofonici, con una tiratura complessiva di 680'000 copie; nel 1959 diede vita al Blick. Dal 1960 con Hans (1906-2003), figlio di Paul August, e dal 1985 con i suoi figli Christoph (nascita 1941; in azienda fino al 1991) e Michael (nascita 1949), l'impresa divenne il più grande gruppo mediatico della Svizzera. Dal 1980 si è espansa in Germania, Asia e negli Stati Uniti e dal 1992 nell'Europa orientale. Nel 2008 impiegava in tutto il mondo 8129 persone e la cifra d'affari ammontava a oltre 1,535 miliardi di frs. Bibliografia – P. Meier, T. Häussler, Zwischen Masse, Markt und Macht, 2009

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Notizia di M. Steinschneider

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Hay un ejemplar encuadernado con: Origines typographicae (XVIII/1232).

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