999 resultados para Satira,Politica,Maurizio Crozza,Storia
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Utilizzando fonti della più diversa tipologia (liturgiche, agiografiche, storiche, letterarie, archeologiche ed epigrafiche), lo studio condotto sulla Passio s. Prisci e sulla Vita s. Castrensis, entrambe con ogni probabilità composte da monaci benedettini a Capua tra X e XI secolo, si concentra innanzitutto sulle vicende che in quell'arco di tempo resero possibile la permanenza delle comunità di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno nel centro campano e sul riflesso che la loro presenza ebbe sulla vita politica e culturale della città. La Passio s. Prisci acquista una valenza non solo religiosa ma anche politica se messa in relazione con la quasi contemporanea istituzione della metropolia capuana; la Vita s. Castrensis, per la netta prevalenza dell'elemento fantastico e soprannaturale che la caratterizza, appare meno legata alle contingenze storico-politiche e più vicina ai topoi della tradizione agiografica e popolare. I capitoli centrali della tesi sono dedicati alla figura di Quodvultdeus, vescovo cartaginese esiliato dai Vandali nel V secolo, la cui vicenda, narrata da Vittore di Vita nell'Historia persecutionis africanae provinciae ha funto da modello per le agigrafie campane. La ricerca prende dunque in considerazione le fonti letterarie, i ritrovamenti archeologici e le testimonianze epigrafiche che confermerebbero la testimonianza di Vittore, riflettendo inoltre sui rapporti di natura commerciale che nel V secolo intercorsero tra Africa e Campania e sul forte legame esistente, già a partire dal secolo precedente, tra le Chiese delle due regioni, fattori che potrebbero aver facilitato l'arrivo degli esuli cartaginesi a Napoli. L'ultima parte del lavoro è volta a rintracciare le ragioni storiche e letterarie che possono aver spinto gli autori dei testi a trasformare due santi di sicura origine campana in vescovi africani venuti dal mare, favorendo la diffusione del topos nell'agiografia campana medievale.
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La tesi di dottorato ivi presentata si pone come obbiettivo la ricostruzione come questo sapere scientifico (la scoperta del cambiamento climatico antropico sostanziata dalla comunità scientifica di 190 paesi) ha influenzato la ricerca, la politica e il discorso pubblico nel nostro paese, l'italia. Il titolo è indicativo quando riassuntivo: Il cambiamento climatico in Italia. Istituzioni scientifiche, politica e discorso pubblico (1988-2012). Esso definisce in maniera puntuale i temi che si tratteranno: una genealogia di fenomeni storici, politici, culturali nati in nuce alla scoperta di questo cambiamento che influenzerà in maniera determinante il modo in cui viviamo, l'ambiente intorno a noi, i modelli di sviluppo, la sicurezza del nostro abitare, la forma delle nostre città. In ogni paese questa complessa scoperta ha avuto impatti differenti, un portato differente sulla ricerca e sullo sviluppo economico. Quello che in queste pagine si tenta di analizzare è come l'Italia ha assimilato il discorso del cambiamento climatico , in continua evoluzione date le sue infinite ramificazioni, e come ha reagito a livello politico e di ricerca.
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Questa tesi di dottorato, partendo dall’assunto teorico secondo cui lo sport, pur essendo un fenomeno periferico e non decisivo del sistema politico internazionale, debba considerarsi, in virtù della sua elevata visibilità, sia come un componente delle relazioni internazionali sia come uno strumento di politica estera, si pone l’obiettivo di investigare, con un approccio di tipo storico-politico, l’attività internazionale dello sport italiano nel decennio che va dal 1943 al 1953. Nello specifico viene dedicata una particolare attenzione agli attori e alle istituzioni della “politica estera sportiva”, al rientro dello sport italiano nel consesso internazionale e alla sua forza legittimante di attrazione culturale. Vengono approfonditi altresì alcuni casi relativi a «crisi politiche» che influirono sullo sport e a «crisi sportive» che influenzarono la politica. La ricerca viene portata avanti con lo scopo primario di far emergere, da un lato se e quanto coscientemente lo sport sia stato usato come strumento di politica estera da parte dei governi e della diplomazia dell’Italia repubblicana, dall’altro quanto e con quale intensità lo sviluppo dell’attività internazionale dello sport italiano abbia avuto significative ripercussioni sull’andamento e dai rapporti di forza della politica internazionale.
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Questo lavoro nasce dalla mia curiosità di comprendere le vicende che hanno sconvolto Hong Kong da settembre 2014 fino ad oggi con l’obiettivo di cogliere le cause principali che hanno innescato le proteste degli abitanti dell’isola. Il mio elaborato è composto da due capitoli: il primo, riguardante la storia di Hong Kong, ne ripercorre tutte le fasi principali: dalla scoperta dell’isola da parte delle navi inglesi fino alla cosiddetta “Rivoluzione degli Ombrelli”, passando per il 1997, anno in cui Hong Kong ritorna alla Cina; il secondo capitolo è dedicato all’analisi terminologica condotta su un corpus di 177,671 token e 15,832 types creato il 5 Maggio 2015 utilizzando i software BootCat e Antconc. L’analisi terminologica ha come scopo quello di analizzare espressioni e termini riguardanti le proteste di Hong Kong, scoppiate il 28 Settembre 2014, per osservare in che modo il linguaggio politico e i simboli della protesta abbiano condizionato la percezione di questi avvenimenti da parte dell’opinione pubblica cinese ed internazionale. Infine, ho organizzato i termini più significativi in schede terminologiche che ho inserito nell’appendice. Gli obiettivi del mio elaborato sono quelli di presentare le recenti rivolte di Hong Kong che, a mio avviso, non hanno avuto una grande risonanza nel nostro paese, cercando di approfondirne gli aspetti più salienti. Inoltre ho scelto di trattare questo argomento perché analizzare le relazioni tra la Cina e una delle proprie “aree periferiche” permette di osservare la politica, la società e la cultura cinese da un punto di vista affascinante e inusuale.
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La ricerca punta a ricostruire il complesso e travagliato processo decisionale che porta alla realizzazione del quarto centro siderurgico di Taranto. Il grande stabilimento viene progettato nel 1955, approda sui tavoli del comitato di Presidenza della Finsider nel settembre del 1956 e dopo quasi quattro anni di dibattiti e dietrofront ottiene il via libera dal consiglio dei Ministri il 9 giugno del 1959. La prima pietra del centro verrà posta il 10 luglio del 1960, il primo settore (un tubificio) inaugurato nel 1961, mentre il resto del complesso entrerà in funzione nel 1964. Ispiratore del centro è Pasquale Saraceno e gli uomini dell'associazione Svimez, convinti sostenitori dell'industrializzazione dell'Italia Meridionale. Il progetto sostenuto apertamente dalla Democrazia Cristiana a partire dal 1956 e in seguito da tutte le forze politiche, viene convintamente osteggiato dall'Impresa Pubblica, Finsider in testa, che vede messa a repentaglio l'autonomia imprenditoriale del gruppo e i propri equilibri economici. Il centro meridionale è considerato strategicamente penalizzante ed economicamente sconveniente, dato che i maggiori centri industriali italiani del tempo si trovano nell'Italia Settentrionale (quindi una localizzazione meridionale comporterebbe un aggravio di costi per le operazioni di trasporto dell'acciaio). L'Impresa pubblica opterebbe su una politica imprenditoriale più prudente, incentrata sul potenziamento graduale dei centri già esistenti. Non così la Politica decisa ad attuare una svolta in grado di realizzare evidenti progressi nell'economia meridionale. La nostra ricerca ha cercato di ricostruire l'impegno e le manovre dei principali partiti politici e parallelamente le strategie e le ragioni dell'Impresa pubblica tenendo anche conto del grande dibattito sorto sulla stampa nazionale tra favorevoli e contrari al progetto e al coinvolgimento dell'opinione pubblica meridionale in particolare pugliese. La ricerca si divide in tre parti (dedicate alle origini del progetto (1954-1955), gli sviluppi della vicenda (1957-1958), il via libera al centro (1959-1960) e si articola in sei capitoli (Meridione e industrializzazione: verso il quarto centro siderurgico; La siderurgia italiana verso il boom: il progetto del IV centro a ciclo integrale; La polemica Iri – Dc: uno scontro istituzionale; Il Pci e il centro siderurgico di Taranto; La vicenda Vado Ligure e la posizione dell'impresa privata; L'approvazione del progetto). La tesi cerca di mettere a fuoco la posizione della Politica (Dc e Pci su tutti), della Tecnica (Iri e Finsider ma anche progetti e impegno dei privati, quali la Fiat e la Falck) e della società civile (soprattutto quella tarantina dedicando una certa attenzione al mondo cattolico). La ricerca si è svolta su più livelli. Nel primo anno si è compiuta un'approfondito studio presso l'archivio dell'Iri (conservato presso l'Archivio Centrale dello Stato a Roma), della Dc (Istituto Sturzo, Roma), del Pci (Istituto Gramsci Roma). Il secondo ha permesso di soffermarsi sulle vicende di Taranto (Archivio dell'Arcidiocesi, Archivio del Comune, Biblioteca Comunale). Il terzo è stato focalizzato ancora su vicende politiche e finanziarie (Archivio Storico Banca d'Italia, Archivio Giulio Andreotti, Archivio storico del Senato, tutti con sede a Roma). L'esame dei verbali dei Comitati esecutivi della Finsider per gli anni 1954 -1959 rivela una chiara direzione: la Finsider studia con grande rigore la situazione del mercato italiano, delle varie aziende e dei centri produttivi del Gruppo. Un rigore finalizzato alla chiusura dei centri ritenuti antiquati e poco funzionali e al potenziamento di quelli più moderni e dalle dimensioni imponenti. Un'azione tesa ad incrementare la produzione, essere competitivi sul mercato internazionale e salvaguardare il vero faro dell'azienda in quegli anni: l'economicità. Cioè ottenere il più possibile tutelando gli equilibri finanziari del Gruppo. E' per questo che per ben due anni, i funzionari dell'azienda avanzano progetti complementari, come quello del piccolo centro di Apuania, ma il Comitato esecutivo pur considerando l'investimento indispensabile e conveniente, decide di rinviarne la realizzazione. Gli elementi più rilevanti sono emersi per l'anno 1957. E' noto come il centro siderurgico meridionale fosse messo a rischio da un altro progetto avanzato dalla Fiat, decisa a realizzare un proprio stabilimento nell'Italia settentrionale, a Vado Ligure. Il centro avrebbe dovuto rifornire di acciaio gli stabilimenti della casa automobilistica rendendola indipendente dall'Industria di Stato. Nel caso si fosse realizzato il centro di Vado (al quale la Fiat rinuncerà nel 1957) sarebbe risultato impossibile realizzarne un altro nel Meridione (a quel punto la produzione avrebbe superato i consumi). Dai dati esaminati emerge una trattativa finora inedita che vede il coinvolgimento della Finsider e di privati stranieri.
Il valore del voto: Italia e Spagna nel dibattito sulla rappresentanza politica liberale (1860-1870)
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During the 1860's and 1870's, Spain and Italy experienced a convergence of debates on the significance of political representation in the framework of Liberal State. Spain suffered a political and social crisis, ending with the Revolution of 1868 and the adoption of male universal suffrage in 1878. Its coeval Italy began to build its new Kingdom, anxious about state building, as well as the relevance of electoral processes in the Constitutional scheme. Although members of parliament and essayists of both countries well knew their neighbour's political reality, a dialogue on representation didn't occur. Nonetheless, we believe it is useful to analyse the survey drawn by the Italian publicist in the light of current knowledge of the opinions that prevailed in Spain. What sense did they give to the general election? How did they understand the value of the vote? Who were considered eligible voters? These questions comprise the main subjects of the essay.
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In v. 3-5 and 7 the general title reads "Storia politica d'Italia ..." Vol. 8 has only special title with added t. p.
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El objetivo del artículo es analizar algunos aspectos de los orígenes de la “política cultural” estadounidense en Argentina. La atención se concentrará en el pasaje desde las declaraciones del presidente Hoover, que contribuyeron a favorecer un clima útil y propicio a la intensificación de los intercambios, a los primeros pasos concretos realizados en el periodo de la presidencia de Roosevelt. Se tratará, en particular, de individualizar las características de la cooperación establecida entre organismos estadounidenses y argentinos para favorecer la proyección cultural estadounidense en el país y el intercambio cultural entre Estados Unidos y Argentina, donde se iba intensificando la difusión de un sentimiento anti-imperialista, y que era entonces objetivo de formas de propaganda particularmente agresivas por parte de los regímenes totalitarios.
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Este artículo reconstruye la evolución del debate político alemán durante la primera edad moderna, poniendo atención en particular en la manera en la que tal debate se fue elaborando y transmitiendo dentro de la comunidad de discurso universitaria que lo produjo. El análisis de las características formales y de las modalidades en las que se desarrolló este debate permite demonstrar que el aristotelismo político no fue sólo una doctrina política, sino también, y sobre todo, un código común que más allá de diferencias específicas, caracterizó todas las experiencias universitarias del Sacro Imperio Romano Germánico desde finales del siglo xvi y durante todo el siglo xvii. Las características esenciales de este código se pondrán de relieve en particular a través del caso de los escritos políticos de Iohannes Althusius, en los que la forma y el contenido de su doctrina política terminan coincidiendo.
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Questa tesi indaga la relazione tra la letteratura anticontadina, fiorente in Italia a partire dalla metà del Trecento, e la realtà dei rapporti tra cittadini e contadini nel basso Medioevo italiano, con un’attenzione particolare all’area padana. Al centro dell’analisi vi sono due stereotipi satirici: il rustico ladro nei campi, che attirava su di sé l’odio feroce della classe padronale, e il villano rozzo, che mangiava alimenti poveri e del tutto estranei alla raffinata cultura alimentare cittadina. L’esame delle fonti giudiziarie, soprattutto bolognesi, conferma che l’immagine del rustico ladro aveva un saldo appiglio nella realtà, ma lo avevano anche i lamenti letterari dei contadini, riguardanti la disonestà dei padroni: vi sono infatti processi in cui i rustici riuscirono a dimostrarsi innocenti da accuse rivelatesi infondate o addirittura false. Inoltre, alcuni processi per ingiurie contro i campagnoli, insieme a episodici riferimenti in epistolari governativi e fonti normative, mostrano come il disprezzo per i villani fosse ben radicato a tutti i livelli della società cittadina. Per quanto riguarda la seconda figura – il rustico rozzo – l’esame dei libri di cucina italiani, unitamente alle descrizioni dei grandi banchetti, mostra chiaramente che non solo i prodotti, ma anche intere ricette associate in letteratura al mondo contadino rientravano nell’alimentazione delle élites: non vi era pertanto una rigida separazione tra l’ambito alimentare cittadino e quello campagnolo. La satira aveva dunque un profondo legame con la realtà, in quanto partiva sempre da un dato reale ed esprimeva un sentimento provato da una larga fascia della cittadinanza. Se ne discostava, tuttavia, quando esasperava la subalternità sociale e culturale dei contadini, negando gli evidenti aspetti di complementarità e integrazione di quel rapporto città-campagna che vedeva la prima in posizione dominante, ma la seconda tutt’altro che passiva o inerme.
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La tesi ricostruisce la genesi concettuale dell'ordoliberalismo a partire dalla crisi economica, politica e sociale della Repubblica di Weimar, indagando il rapporto della teoria ordoliberale con il laboratorio concettuale tedesco e con alcuni dei suoi autori più influenti (Schmitt, Schumpeter, Sombart, Sinzheimer, Schmoller, Savigny, Riehl). La ricostruzione dei concetti ordoliberali di economia, Stato e società consente di interpretare l'ordoliberalismo come uno degli ultimi eredi delle scienze sociali tedesche. La critica a queste ultime e la loro rifondazione disciplinare costituisce il principale sforzo teorico dell'ordoliberalismo, di cui qui si intende rendere conto.
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La ricerca di dottorato riguarda i banchetti tenuti dall'imperatore Taizong di Tang durante i suoi 23 anni di regno (dal 626 al 649 d.C.) e a partire da essi ho esaminato la costruzione delle istituzioni politiche e dell'ordine sociale dello Stato cinese dell'epoca, per scoprire come queste attività contribuissero, in una certa misura, alla legittimazione e all'affermazione del potere dell'imperatore stesso. Da questa premessa, sorgono una serie di domande che riguardano vari aspetti: ad esempio, cosa spinse Taizong a puntare su questi banchetti per la costruzione del suo ordine politico? Quando furono organizzati? In quali luoghi? Chi vi partecipava? E come venivano organizzati? Studiando questo tipo di attività ricreative a cui partecipavano Taizong e la sua corte, esplorerò l'evoluzione e i cambiamenti della cultura politica nella dinastia Tang (618-907 d.C.). Analizzerò come il sovrano utilizzasse i banchetti per promuovere lo sviluppo della politica statale e i rituali di corte al fine di mantenere la stabilità sociale all'interno della governance della macchina statale. Esaminerò e metterò a fuoco la relazione dinamica e simbiotica tra cibo e politica nell'antica Cina, anche facendo riferimento a semplici frammenti di cronaca relativi ai resoconti dei banchetti stessi, oltre che a concetti storiografici più generali.
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Attraverso l’analisi di riviste femminili, d’attualità e di intrattenimento, fonti raccolte in archivi d’impresa (Eni e Fiat) e fonti legate al mondo pubblicitario, questa tesi vuole indagare il rapporto tra politica e consumo in Italia durante gli anni Settanta. L’analisi è partita dallo studio della crisi petrolifera del 1973, le politiche di austerità e le loro conseguenze sui costumi e i consumi, per poi estendere lo sguardo fino agli anni Ottanta, il decennio definito della “svolta edonistica”. L’analisi delle fonti ha fatto emergere come la sfera del consumo fosse un campo di confronto politico per diverse componenti della società italiana, che appoggiarono o misero in discussione, con modalità e gradi di radicalità differenti, le valutazioni sull’accesso ai consumi proprie della classe politica. I casi studio hanno fatto emergere come sui temi dell’educazione al consumo e l’accesso all’informazione ci sia stato un confronto risultato in una formalizzazione istituzionale, diventata dominante, dell’azione e dei diritti di consumatori e consumatrici. Analizzare questi meccanismi ci permette di complicare la lettura evitando una polarizzazione che veda il consumatore o come totalmente passivo e senza autonomia di pensiero o come investito di un’eccessiva possibilità di azione e di una idealizzata carica progressista. Nel corso degli anni Settanta, infatti, le visioni e prospettive sulla sfera del consumo erano molteplici e complesse e si intrecciavano con l’attualità politica, sia per quel che riguardava gli scandali e le polemiche legate alla élite politica ed economica, sia per quel che concerneva dibattiti come quello sul ruolo della donna nella società e sulla questione ambientale. L’analisi di alcune di queste narrazioni sia problematizza il rapporto tra democrazia e benessere, sia mostra alcune tappe del percorso che ha portato alle definizioni odierne di consumo e consumatore, che sono ancora oggi centrali nel rapporto tra sfera politica e sfera del consumo.