952 resultados para PS II


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PS I, PS II and light-harvesting complexes (LHC) in oxygen evolving photosynthetic organisms were reviewed. These organisms include cyanobacteria, red algae, brown algae, diatoms, chrysophytes, dinophytes, xanthophytes, crypophytes, green algae and green plants. The diversity of pigment-protein complexes that fuel the conversion of radiant energy to chemical bond energy was highlighted, and the evolutionary relationships among the LHC structural polypeptides and the characteristics of the fluorescence emission of PS I at 77 K was discussed.

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Tese apresentada à Universidade Fernando Pessoa como parte dos requisitos para obtenção do grau de Doutor em Ciências Sociais, especialidade em Relações Internacionais

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Tese de doutoramento, História e Filosofia das Ciências, Universidade de Lisboa, Faculdade de Ciências, 2014

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Tese de doutoramento, Geografia (Geografia Humana), Universidade de Lisboa, Instituto de Geografia e Ordenamento do Território, 2015

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Photosynthetic state transitions were investigated in the cyanobacterium Synechococcus sp. PCC 6301 by studying fluorescence emission, heat loss, and PS I activity in intact cells brought to state 1 and state 2. 77K fluorescence emission spectra were modelled with a sum of 6 components corresponding to PBS, PS II, and PS I emissions. The modelled data showed a large decrease in PS II fluorescence accompanied with a small increase in the PS I fluorescence upon transition to state 2 for excitation wavelengths absorbed by both PBS and ChI ll.. The fluorescence changes seen with ChI .a. excitations do not support the predictions of the mobile PBS model of state transition in PBS-containing organisms. Measurements of heat loss from intact cells in the two states were similar for both ChI it. and PBS excitations over three orders of magnitude of laser flash intensity. This suggests that the PBS does not become decoupled from PS II in state 2 as proposed by the PBS detachment model of state transition in PBS-containing organisms. PS I activity measurements done on intact cells showed no difference in the two states, in contrast with the predictions of all of the existing models of state transitions. Based on these results a model for state transition In PBScontaining organisms is proposed, with a PS II photoprotectory function.

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Esta dissertação trata da formação da dívida externa brasileira, no período 1969-82, como conseqüência do sistema financeiro desregulamentado (euromercado) em operação. Este sistema formou-se e estruturou-se no pós II Guerra Mundial. Até o final da década de 1960, o euromercado acumulou grande quantidade de dólares fora dos Estados Unidos (eurodólares) e criou instrumentos e estruturas para a captação de dinheiro expatriado. A partir de 1970, atuou ativamente oferecendo empréstimos, sem condicionalidades, mas com taxas de juros flutuantes, que deram origem à dívida externa internacional e, especialmente, à brasileira. Esta formou-se, no período estudado, em três etapas: a primeira, 1969-73, foi predominantemente para acumular reservas internacionais, sendo, por isso, especulativa; a segunda, 1974-78, consumiu-se em custos crescentes da dívida, principalmente custos financeiros crescentes, e acumulou-se parcialmente em reservas internacionais, constituindo-se, assim, numa etapa transitória para o endividamento só para cobrir custos financeiros da dívida; na última etapa, 1979-82, formou-se dívida só para pagar juros da dívida e, por isso, foi puramente financeira. A dívida externa brasiliera formou-se, assim, predominantemente em função dos interesses do sistema financeiro desregulamentado, sendo, portanto, uma conseqüência da ação do mesmo.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Pós-graduação em Agronomia (Agricultura) - FCA

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In questa tesi è stato studiato l’effetto dell’esposizione della diatomea Skeletonema marinoi, una specie molto comune nel Nord Adriatico e importante per il suo annuale contributo alla produzione primaria, agli erbicidi maggiormente utilizzati nella pianura Padana e riscontrati in acque dolci e salmastre di zone limitrofe al mare Adriatico. Gli erbicidi scelti consistono in terbutilazina e metolachlor, i più frequentemente riscontrati sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee dell’area Padana, noti per avere un effetto di inibizione su vie metaboliche dei vegetali; inoltre è stato valutato anche l’effetto di un prodotto di degradazione della terbutilazina, la desetilterbutilazina, presente anch’esso in concentrazioni pari al prodotto di origine e su cui non si avevano informazioni circa la tossicità sul fitoplancton. L’esposizione delle microalghe a questi erbicidi può avere effetti che si ripercuotono su tutto l’ecosistema: le specie fitoplanctoniche, in particolare le diatomee, sono i produttori primari più importanti dell’ecosistema: questi organismi rivestono un ruolo fondamentale nella fissazione del carbonio, rappresentando il primo anello della catena alimentari degli ambienti acquatici e contribuendo al rifornimento di ossigeno nell’atmosfera. L’effetto di diverse concentrazioni di ciascun composto è stato valutato seguendo l’andamento della crescita e dell’efficienza fotosintetica di S. marinoi. Per meglio determinare la sensibilità di questa specie agli erbicidi, l’effetto della terbutilazina è stato valutato anche al variare della temperatura (15, 20 e 25°C). Infine, dal momento che gli organismi acquatici sono solitamente esposti a una miscela di composti, è stato valutato l’effetto sinergico di due erbicidi, entrambi somministrati a bassa concentrazione. Le colture di laboratorio esposte a concentrazioni crescenti di diversi erbicidi e, in un caso, anche a diverse temperature, indicano che l’erbicida al quale la microalga mostra maggiore sensibilità è la Terbutilazina. Infatti a parità di concentrazioni, la sensibilità della microalga alla Terbutilazina è risultata molto più alta rispetto al suo prodotto di degradazione, la Desetilterbutilazina e all’erbicida Metolachlor. Attraverso l’analisi di densità algale, di efficienza fotosintetica, di biovolume e di contenuto intracellulare di Carbonio e Clorofilla, è stato dimostrato l’effetto tossico dell’erbicida Terbutilazina che, agendo come inibitore del trasporto degli elettroni a livello del PS-II, manifesta la sua tossicità nell’inibizione della fotosintesi e di conseguenza sulla crescita e sulle proprietà biometriche delle microalghe. E’ stato visto come la temperatura sia un parametro ambientale fondamentale sulla crescita algale e anche sugli effetti tossici di Terbutilazina; la temperatura ideale per la crescita di S. marinoi è risultata essere 20°C. Crescendo a 15°C la microalga presenta un rallentamento nella crescita, una minore efficienza fotosintetica, variazione nei valori biometrici, mostrando al microscopio forme irregolari e di dimensioni inferiori rispetto alle microalghe cresciute alle temperature maggiori, ed infine incapacità di formare le tipiche congregazioni a catena. A 25° invece si sono rivelate difficoltà nell’acclimatazione: sembra che la microalga si debba abituare a questa alta temperatura ritardando così la divisione cellulare di qualche giorno rispetto agli esperimenti condotti a 15° e a 20°C. Gli effetti della terbutilazina sono stati maggiori per le alghe cresciute a 25°C che hanno mostrato un calo più evidente di efficienza fotosintetica effettiva e una diminuzione di carbonio e clorofilla all’aumentare delle concentrazioni di erbicida. Sono presenti in letteratura studi che attestano gli effetti tossici paragonabili dell’atrazina e del suo principale prodotto di degradazione, la deetilatrazina; nei nostri studi invece non sono stati evidenziati effetti tossici significativi del principale prodotto di degradazione della terbutilazina, la desetilterbutilazina. Si può ipotizzare quindi che la desetilterbutilazina perda la propria capacità di legarsi al sito di legame per il pastochinone (PQ) sulla proteina D1 all’interno del complesso del PSII, permettendo quindi il normale trasporto degli elettroni del PSII e la conseguente sintesi di NADPH e ATP e il ciclo di riduzione del carbonio. Il Metolachlor non evidenzia una tossicità severa come Terbutilazina nei confronti di S. marinoi, probabilmente a causa del suo diverso meccanismo d’azione. Infatti, a differenza degli enzimi triazinici, metolachlor agisce attraverso l’inibizione delle elongasi e del geranilgeranil pirofosfato ciclasi (GGPP). In letteratura sono riportati casi studio degli effetti inibitori di Metolachlor sulla sintesi degli acidi grassi e di conseguenza della divisione cellulare su specie fitoplanctoniche d’acqua dolce. Negli esperimenti da noi condotti sono stati evidenziati lievi effetti inibitori su S. marinoi che non sembrano aumentare all’aumentare della concentrazione dell’erbicida. E’ interessante notare come attraverso la valutazione della sola crescita non sia stato messo in evidenza alcun effetto mentre, tramite l’analisi dell’efficienza fotosintetica, si possa osservare che il metolachlor determina una inibizione della fotosintesi.

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In der vorliegenden Arbeit wurden die bioinformatischen Methoden der Homologie-Modellierung und Molekularen Modellierung dazu benutzt, die dreidimensionalen Strukturen verschiedenster Proteine vorherzusagen und zu analysieren. Experimentelle Befunde aus Laborversuchen wurden dazu benutzt, die Genauigkeit der Homologie-Modelle zu erhöhen. Die Ergebnisse aus den Modellierungen wurden wiederum dazu benutzt, um neue experimentelle Versuche vorzuschlagen. Anhand der erstellten Modelle und bekannten Kristallstrukturen aus der Protein-Datenbank PDB wurde die Struktur-Funktionsbeziehung verschiedener Tyrosinasen untersucht. Dazu gehörten sowohl die Tyrosinase des Bakteriums Streptomyces als auch die Tyrosinase der Hausmaus. Aus den vergleichenden Strukturanalysen der Tyrosinasen resultierten Mechanismen für die Monophenolhydroxylase-Aktivität der Tyrosinasen sowie für den Import der Kupferionen ins aktive Zentrum. Es konnte der Beweis geführt werden, daß die Blockade des CuA-Zentrums tatsächlich der Grund für die unterschiedliche Aktivität von Tyrosinasen und Catecholoxidasen ist. Zum ersten Mal konnte mit der Maus-Tyrosinase ein vollständiges Strukturmodell einer Säugetier-Tyrosinase erstellt werden, das dazu in der Lage ist, die Mechanismen bekannter Albino-Mutationen auf molekularer Ebene zu erklären. Die auf der Basis des ermittelten 3D-Modells gewonnenen Erkenntnisse über die Wichtigkeit bestimmter Aminosäuren für die Funktion wurde durch gerichtete Mutagenese an der rekombinant hergestellten Maus-Tyrosinase getestet und bestätigt. Weiterhin wurde die Struktur der Tyrosinase des Krebses Palinurus elephas durch eine niedrigaufgelöste 3D-Rekonstruktion aus elektronenmikroskopischen Bildern aufgeklärt. Der zweite große Themenkomplex umfasst die Strukturanalyse der Lichtsammlerkomplexe LHCI-730 und LHCII. Im Falle des LHCII konnte der Oligomerisierungszustand der LHCMoleküle mit diskreten Konformationen des N-Terminus korreliert werden. Auch hier kam eine Kombination von Homologie-Modellierung und einer experimentellen Methode, der Elektronen-Spin-Resonanz-Messung, zum Einsatz. Die Änderung des Oligomerisierungszustands des LHCII kontrolliert den Energiezufluß zu den Photosystemen PS I und PS II. Des Weiteren wurde ein vollständiges Modell des LHCI-730 erstellt, um die Auswirkungen gerichteter Mutagenese auf das Dimerisierungsverhalten zu untersuchen. Auf Basis dieses Modells wurden die Wechselwirkungen zwischen den Monomeren Lhca1 und Lhca4 evaluiert und potentielle Bindungspartner identifiziert.

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Die verschiedenen Lichtsammelproteine (Lhc-Proteine) höherer Pflanzen unterscheiden sich im Oligomerisierungsverhalten. Im Photosystem II existieren 6 Lhc-Proteine, die entweder die monomeren Lichtsammelkomplexe (LHC) CP24 (Lhcb6), CP26 (Lhcb5) und CP29 (Lhcb4) oder den trimeren LHCII (Lhcb1, Lhcb2 und Lhcb3) bilden. Im Photosystem I sind laut Kristallstruktur vier Lhc-Proteine lokalisiert, die als Heterodimere organisiert vorliegen. Der schwerpunktmäßig untersuchte LHCI-730 setzt sich aus Lhca1 und Lhca4 zusammen, während der LHCI-680 aus Lhca2 und Lhca3 besteht. Das Ziel der Arbeit bestand in der Identifizierung der für das unterschiedliche Oligomerisierungsverhalten verantwortlichen Proteinbereiche und Aminosäuren. Die für diese Arbeit generierten Consensussequenzalignments verschiedener Lhca- und Lhcb-Proteine vieler Arten unterstützen die Folgerungen aus Strukturdaten und anderen Sequenzalignments, dass den LHCs eine gemeinsame Monomerstruktur zu Grunde liegt. Die Helices 1 und 3 weisen weitgehend sehr hohe Sequenzidentitäten auf, während die N- und C-Termini, die zwei Schleifenregionen und die Helix 2 nur schwach konserviert sind. Falls die Bereiche mit hoher Sequenzübereinstimmung für das Zustandekommen ähnlicher monomerer LHC-Strukturen verantwortlich sind, könnten in den schwach konservierten Domänen die Ursachen für das unterschiedliche Oligomerisierungsverhalten lokalisiert sein. Aufgrund dessen wurden die schwach konservierten Domänen des monomerisierenden Lhcb4, des mit dem Lhca1 dimerisierenden Lhca4 und des Trimere bildenden Lhcb1 gegen die entsprechenden Domänen der anderen Proteine ausgetauscht und bezüglich ihres Oligomerisierungsverhaltens untersucht. Im Lhca4 konnten mit der Helix 2 und der stromalen Schleife zwei für eine Heterodimerisierung essentielle Domänen gefunden werden. Im Lhcb1 waren neben dem N-Terminus auch die 2. Helix und die stromale Schleifendomäne unentbehrlich für eine Trimerisierung. Zusätzlich waren Dimerisierung und Trimerisierung bei Austausch der luminalen Schleife beeinträchtigt. Ein geringer Beitrag zur Lhcb1-Trimerisierung konnte auch für den C-Terminus belegt werden. Ein zusätzliches Ziel der Arbeit sollte der Transfer der Oligomerisierungseigenschaften durch umfangreichen Domänentausch von einem auf ein anderes Protein sein. Der Transfer der Fähigkeit zur Dimerbildung durch Substitution gegen essentielle Lhca4-Domänen (50% luminale Schleife, 100% Helix 2 und 100% stromale Schleife) gelang beim Lhcb4, nicht aber beim Lhcb1. Der Transfer der Trimerisierungsfähigkeit auf Lhca4 und Lhcb4 scheiterte. Eine Lhca1-Mutante mit allen für eine Dimerisierung essentiellen Lhca4-Domänen, die durch Interaktion einzelner Moleküle untereinander multimere LHCs bilden sollte, war bereits in ihrer Monomerbildung beeinträchtigt. Eine Übertragung der Oligomerisierungsfähigkeit auf andere Proteine durch massiven Domänentransfer gestaltete sich somit schwierig, da vermutlich im mutierten Protein immer noch ursprüngliche Tertiärstrukturanteile enthalten waren, die nicht mit den transferierten Proteinbestandteilen kompatibel sind. Bei zukünftigen Experimenten zur Klärung der Transferierbarkeit der Oligomerisierungseigenschaft sollten deswegen neben dem unberücksichtigten 1. Teil der luminalen Schleife auch wenig konservierte Aminosäuren in der 1. und 3. Helix Beachtung finden. Ein weiteres Ziel dieser Arbeit war es, die LHCI-730-Dimerisierung im Detail zu untersuchen. Mutationsanalysen bestätigten den von früheren Untersuchungen bekannten Einfluss des Isoleucins 103 und Histidins 99. Letzteres geht möglicherweise durch sein gebundenes Chlorophyll eine Interaktion mit dem Lhca1 ein. Das Phenylalanin 95 stellte sich ebenfalls als ein wichtiger Interaktionspartner heraus und könnte in Wechselwirkung mit einem zwischen Lhca1 und Lhca4 lokalisierten Phosphatidylglycerin treten. Das ebenfalls an der Dimerbildung beteiligte Serin 88 des Lhca4 könnte auf Grund der räumlichen Nähe bei Modellierungen direkt mit dem am C-Terminus des Lhca1 lokalisierten Glycin 190 interagieren. Darüber hinaus wurde ein in der luminalen Lhca4-Schleife lokalisiertes Phenylalanin 84 als Interaktionspartner des Tryptophans 185 im C-Terminus von Lhca1 identifiziert. Der simultane Austausch des Isoleucins 109 und Lysins 110 in der stromalen Schleife des Lhca4, konnte deren Einfluss auf die Dimerisierung belegen. Nachdem bislang an der Dimerbildung beteiligte Aminosäuren am N- und C-Terminus des Lhca1 und Lhca4 identifiziert werden konnten, wurden in dieser Arbeit viele an einer Dimerbildung beteiligten Proteinbereiche und Aminosäuren in der Helix 2 und den Schleifenregionen des Lhca4 identifiziert. Um alle an der Lhca1-Lhca4-Interaktion beteiligten Aminosäuren aufzuklären, müssten durch Mutationsanalysen die in der stromalen Lhca4-Schleife vermuteten Interaktionspartner des für die Dimerisierung wichtigen Tryptophans 4 am N-Terminus von Lhca1 identifiziert, und die in der Helix 3 des Lhca1 vermuteten Interaktionspartner der Helix 2 des Lhca4 ermittelt werden.

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Bei Wachstum im Dunkeln zeigten sich rudimentäre Thylakoidstrukturen, wobei nach dem Transfer ins Licht ein vollständiges Thylakoidmembransystem erneut ausgebildet wurde. Parallel stieg, der Chlorophyllgehalt pro Zelle und das Verhältnis von Phycobilisomen zu Chlorophyll verschob sich erneut auf die Seite des Chlorophylls. Das bei Wachstum im Dunkeln als Monomer vorliegende PS II, war nicht funktional. Nach dem Transfer ins Licht, war nach etwa acht bis zwölf Stunden ein aktives PS II zu detektieren. Das PS I lag nach der Inkubation im Dunkeln, in geringerer Konzentration aber aktiv als Trimer in den Zellen vor.rnZwei Typ I Signalpeptidasen aus Synechocystis sp. PCC 6803 zeigten Unterschiede im Bezug auf ihre intrazelluläre Lokalisation. Für die Untersuchungen der Lokalisation konnte ein neues System der Fluoreszenzmikroskopie entwickelt und erfolgreich eingesetzt werden. Das LepB1 zeigte einen (auto-) proteolytischen Abbau. Für Untersuchungen zur katalytischen Aktivität wurden Vorläuferproteine als Substrate für LepB2 identifiziert.rnDie Funktionsweise der GrpE-Proteine aus verwandten Cyanobakterien zeigt Unterschiede. Bei beiden GrpE-Proteinen erfolgt der reversible Übergang von einem Dimer hin zu einem Monomer innerhalb eines physiologisch relevanten Temperaturbereichs in einem Schritt. Bei dem Protein aus Synechocystis sp. ist der N-Terminus und bei dem Protein aus dem thermophilen Bakterium Thermosynechococcus der C-Terminus für die Dimerisierung essentiell. rn

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Little is known concerning the effect of CO2 on phytoplankton ecophysiological processes under nutrient and trace element-limited conditions, because most CO2 manipulation experiments have been conducted under elements-replete conditions. To investigate the effects of CO2 and iron availability on phytoplankton ecophysiology, we conducted an experiment in September 2009 using a phytoplankton community in the iron limited, high-nutrient, low-chlorophyll (HNLC) region of the Bering Sea basin . Carbonate chemistry was controlled by the bubbling of the several levels of CO2 concentration (180, 380, 600, and 1000 ppm) controlled air, and two iron conditions were established, one with and one without the addition of inorganic iron. We demonstrated that in the iron-limited control conditions, the specific growth rate and the maximum photochemical quantum efficiency (Fv/Fm) of photosystem (PS) II decreased with increasing CO2 levels, suggesting a further decrease in iron bioavailability under the high-CO2 conditions. In addition, biogenic silica to particulate nitrogen and biogenic silica to particulate organic carbon ratios increased from 2.65 to 3.75 and 0.39 to 0.50, respectively, with an increase in the CO2 level in the iron-limited controls. By contrast, the specific growth rate, Fv/Fm values and elemental compositions in the iron-added treatments did not change in response to the CO2 variations, indicating that the addition of iron canceled out the effect of the modulation of iron bioavailability due to the change in carbonate chemistry. Our results suggest that high-CO2 conditions can alter the biogeochemical cycling of nutrients through decreasing iron bioavailability in the iron-limited HNLC regions in the future.