36 resultados para Biocompatibilité


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Le polyhydroxybutyrate (PHB) est un biopolymère intracellulaire synthétisé par fermentation bactérienne. Il présente de nombreux avantages (propriétés thermiques et mécaniques comparables à celles de polyoléfines, haute hydrophobie, biocompatibilité, biodégradabilité, industrialisable) et de nombreux inconvénients significatifs (mauvaise stabilité thermique et fragilité). Cette mauvaise stabilité est due à un phénomène de dégradation thermique proche du point de fusion du PHB. Ceci conduit à une réduction du poids moléculaire par un procédé de scission de chaîne aléatoire, modifiant alors irréversiblement les propriétés cristallines et rhéologiques de manière. Ainsi, les températures de fusion et de cristallisation du PHB diminuent drastiquement et la cinétique de cristallisation est ralentie. Par ailleurs, un second phénomène d'autonucléation intervient à proximité du point de fusion. En effet, une certaine quantité d'énergie est nécessaire pour effacer toute présence de résidus cristallins dans la matière à l’état fondu. Ces résidus peuvent agir comme nucléides pendant le processus de cristallisation et y influencer de manière significative la cinétique de cristallisation du PHB. Ce mémoire vise à montrer l'effet des processus de dégradation thermique et d’autonucléation du PHB sur sa cinétique de cristallisation. Pour cela, trois protocoles thermiques spécifiques ont été proposés, faisant varier la température maximum de chauffe (Th) et le temps de maintien à cette température (th) afin apporter une nouvelle approche de effet du traitement thermique sur la cristallisation, l’autonucléation, la dégradation thermique et la microstructure du PHB en utilisant respectivement la calorimétrie différentielle à balayage (DSC) dans des conditions cristallisation non-isotherme et isotherme, la diffraction de rayon X (WAXD), la spectroscopie infrarouge (FT-IR) et la microscopie optique. Th a été varié entre 167 et 200 °C et th entre 3 et 10 min. À Th ≥185°C, le phénomène de scission de chaine est le seul phénomène qui influence de cinétique de cristallisation alors qu’à Th < 180°C le processus de nucléation homogène est favorisé par la présence de résidus cristallins est prédomine sur le phénomène de dégradation. En ce qui concerne l'effet du temps de maintien, th, il a été mis en évidence le phénomène de dégradation thermique est sensible à la variation de ce paramètre, ce qui n’est pas le cas du processus d’autonucléation. Finalement, il a été montré que la morphologie cristalline est fortement affectée par les mécanismes de dégradation thermique et d'auto-nucléation.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Depuis trente ans, des efforts ont été menés dans le domaine de l’ingénierie des matériaux afin de concevoir des appareils médicaux pouvant être en contact avec les tissus humains. Néanmoins l’interaction entre la surface du matériau et l’environnement physiologique entraine la plupart du temps des complications. Le laboratoire d’ingénierie des surfaces est spécialisé dans l’élaboration de surfaces biomimétiques capables d’interagir de manière proactive avec leur environnement. Pour des applications cardiovasculaires, une des stratégies consiste à utiliser des protéines de la matrice extracellulaire, comme la fibronectine, connue pour la promotion de l’adhésion des cellules endothéliales. Dans ce contexte, parce que la bioactivité de la fibronectine est fortement liée à sa conformation, l’objectif est de comparer différentes stratégies d’immobilisation en caractérisant la quantité de fibronectine immobilisée ainsi que son activité biologique. Les précédentes études menées au laboratoire ont souligné le fait que la fibronectine immobilisée par les cystéines présente une meilleur bioactivité que lorsque celle-ci est immobilisée par les groupements lysines qu’elle contient. L’actuel projet porte sur l’étude de l’influence de l’utilisation d’un bras d’ancrage hydrophile ou hydrophobe entre la protéine et la surface sur la bioactivité de la protéine. Les résultats ont d’une part montré l’efficacité des bras d’ancrage dans l’immobilisation de la fibronectine et d’autre part les limites de leur utilisation pour une étude comparative portant sur la quantification et la bioactivité de la protéine.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Con lo sviluppo di sorgenti capaci di sostenere scariche di non equilibrio a pressione atmosferica è nato un notevole interesse per le applicazioni biomediche del plasma, data la generazione nella scarica di una varietà di agenti efficaci in più ambiti. I plasmi di questo tipo, caratterizzati principalmente da una temperatura macroscopica vicina a quella ambiente, sono infatti già utilizzati, ad esempio, per la sterilizzazione, per il trattamento di polimeri per migliorarne la biocompatibilità, e per l’accelerazione del processo di coagulazione del sangue. In questo lavoro verrà presentata un’altra possibilità applicativa, sempre nel settore della plasma medicine, ovvero l’utilizzo dei plasmi per il trattamento di cellule cancerose, che sta avendo un particolare successo a causa dei risultati ottenuti dai vari gruppi di ricerca che sottintendono un suo possibile futuro nel trattamento di neoplasie. Verrà presentata una breve introduzione alla fisica del plasma, mostrando alcuni parametri che caratterizzano questo stato della materia, concentrandosi in particolare sui plasmi non termici o di non equilibrio, per poi passare al processo di ionizzazione del gas. Nel secondo capitolo sono approfondite due sorgenti per la generazione di plasmi non termici, la scarica a barriera dielettrica e il plasma jet. Il terzo capitolo fornisce una preliminare spiegazione degli agenti generati nella scarica e il rapporto che hanno con la materia con cui interagiscono. L’ultimo capitolo è il fulcro della ricerca, e comprende risultati ottenuti negli ultimi anni da vari gruppi di ricerca di molte nazionalità, e una breve parte riguardante la sperimentazione originale svolta anche in mia presenza dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, rappresentato principalmente dal professor Carlo Angelo Borghi e dal professor Gabriele Neretti.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

I materiali bioceramici, in base alla loro capacità d’interazione con l’osso e i tessuti del corpo umano, possono essere classificati in bioinerti e bioattivi. I materiali bioinerti, una volta impiantati, formano uno strato fibroso, non aderente, all’interfaccia con l’osso. Tale strato è una forma naturale di protezione che l’organismo adotta per isolare il materiale che viene, inizialmente, percepito come estraneo. Al contrario, i materiali bioattivi, una volta impiantati, mostrano una risposta biologica immediata, creando un legame attivo con l’osso e i tessuti nel quale vengono impiantati, favorendo e velocizzando la guarigione. La zirconia è un materiale ceramico altamente biocompatibile, definito come bioinerte per la sua scarsa capacità d’integrazione con l’osso ed i tessuti dell’organismo umano. Questa sua particolarità può, nel lungo termine, comprometterne la funzione fino ad arrivare, in alcuni casi, al totale malfunzionamento dell’impianto. Negli ultimi anni, diversi studi sono stati condotti con lo scopo di aumentare la capacità di biointegrazione della zirconia ed alcuni brevetti sono stati depositati. L’obiettivo del presente lavoro è quello di condurre un’analisi bibliografica ed una ricerca brevettuale sul tema dei coating bioattivi su zirconia per impianti dentali ed ortopedici. La necessità di condurre questo studio deriva dalla crescente richiesta di utilizzo della zirconia, in particolare, nel settore dentale. La zirconia rappresenta, infatti, ad oggi, il migliore candidato per la sostituzione dei metalli negli impianti dentali. Le buone proprietà meccaniche, l’eccellente biocompatibilità e l’aspetto estetico molto simile a quello dei denti naturali, rendono questo materiale particolarmente adatto a questo genere di applicazioni. La possibilità di rendere la sua superficie bioattiva rappresenta un importante miglioramento delle prestazioni in termini di biointegrazione, durabilità, sicurezza ed affidabilità.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Questa tesi si inserisce nel campo della Bioelettronica Organica con lo scopo di utilizzare dei transistor elettrochimici (OECT) organici basati sul polimero conduttivo PEDOT:PSS per rilevare l’integrità di un tessuto cellulare e come biosensori di analiti in soluzione. Nella prima parte dell’elaborato, si spiegano le proprietà ed il trasporto di carica dei polimeri coniugati concentrandosi sulle caratteristiche fisico chimiche del PEDOT:PSS, seguito da una trattazione analitica del principio di funzionamento di un OECT. La seconda parte, si concentra sul lavoro sperimentale partendo da una descrizione dei processi di fabbricazione degli OECT, dei metodi di caratterizzazione utilizzati e della progettazione del set-up sperimentale per permettere le misure elettriche nell’incubatore cellulare. In seguito, viene dimostrato l’uso di un OECT completamente a base di PEDOT:PSS come sensore di un neurotrasmettitore (dopamina). In parallelo, il lavoro si è concentrato sull’ottimizzazione dei transistor in termini di formulazione di PEDOT:PSS e di geometria del dispositivo per ottenere tempi di spegnimento veloci compatibili con le risposte cellulari (<300ms). In fase di preparazione alle misure con le cellule si è valutato la funzionalità dell’OECT nelle condizioni di coltura cellulare dimostrando una buona stabilità dei dispositivi. Inoltre, sono stati progettati degli studi di simulazione tramite una membrana porosa per prevedere le risposte dei transistor in presenza di un tessuto cellulare. Partendo dall’esito positivo dei test preliminari, il lavoro si è concluso con il primo esperimento con le cellule tumorali HeLa, in cui si è monitorata la crescita cellulare con immagini ottiche correlate alle misure elettriche. I primi risultati confermano la biocompatibilità dei dispositivi e una risposta elettrica degli OECTs alla presenza delle cellule, aprendo la possibilità di utilizzare questi dispositivi per futuri esperimenti anche con diversi tipi di cellule.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Les biofilms bactériens sont composés d’organismes unicellulaires vivants au sein d’une matrice protectrice, formée de macromolécules naturelles. Des biofilms non désirés peuvent avoir un certain nombre de conséquences néfastes, par exemple la diminution du transfert de chaleur dans les échangeurs de chaleurs, l’obstruction de membranes poreuses, la contamination des surfaces coques de navires, etc. Par ailleurs, les bactéries pathogènes qui prolifèrent dans un biofilm posent également un danger pour la santé s’ils croissent sur des surfaces médicales synthétiques comme des implants biomédicaux, cathéters ou des lentilles de vue. De plus, la croissance sur le tissu naturel par certaines souches des bactéries peut être fatale, comme Pseudomonas aeruginosa dans les poumons. Cependant, la présence de biofilms reste difficile à traiter, car les bactéries sont protégées par une matrice extracellulaire. Pour tenter de remédier à ces problèmes, nous proposons de développer une surface antisalissure (antifouling) qui libère sur demande des agents antimicrobiens. La proximité et la disposition du système de relargage placé sous le biofilm, assureront une utilisation plus efficace des molécules antimicrobiennes et minimiseront les effets secondaires de ces dernières. Pour ce faire, nous envisageons l’utilisation d’une couche de particules de silice mésoporeuses comme agents de livraison d’agents antimicrobiens. Les nanoparticules de silice mésoporeuses (MSNs) ont démontré un fort potentiel pour la livraison ciblée d’agents thérapeutiques et bioactifs. Leur utilisation en nano médecine découle de leurs propriétés de porosité intéressantes, de la taille et de la forme ajustable de ces particules, de la chimie de leur surface et leur biocompatibilité. Ces propriétés offrent une flexibilité pour diverses applications. De plus, il est possible de les charger avec différentes molécules ou biomolécules (de tailles variées, allant de l’ibuprofène à l’ARN) et d’exercer un contrôle précis des paramètres d’adsorption et des cinétiques de relargage (désorption). Mots Clés : biofilms, nanoparticules de silice mésoporeuses, microfluidique, surface antisalissure.