995 resultados para 1-propanol
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Information on the solvation in mixtures of water, W, and the ionic liquids, ILs, 1-allyl-3-R-imidazolium chlorides; R = methyl, 1-butyl, and 1-hexyl, has been obtained from the responses of the following solvatochromic probes: 2,6-dibromo-4-[(E)-2-(1-R-pyridinium-4-yl)ethenyl] phenolate, R = methyl, MePMBr2; 1-octyl, OcPMBr(2), and the corresponding quinolinium derivative, MeQMBr(2). A model developed for solvation in binary mixtures of W and molecular solvents has been extended to the present mixtures. Our objective is to assess the relevance to solvation of hydrogen-bonding and the hydrophobic character of the IL and the solvatochromic probe. Plots of the medium empirical polarity, E-T(probe) versus its composition revealed non-ideal behavior, attributed to preferential solvation by the IL and, more efficiently, by the IL-W hydrogen-bonded complex. The deviation from linearity increases as a function of increasing number of carbon atoms in the alkyl group of the IL, and is larger than that observed for solvation by W plus molecular solvents (1-propanol and 2-(1-butoxy)ethanol) that are more hydrophobic than the ILs investigated. This enhanced deviation is attributed to the more organized structure of the ILs proper, which persists in their aqueous solutions. MeQMBr(2) is more susceptible to solvent lipophilicity than OcPMBr(2), although the former probe is less lipophilic. This enhanced susceptibility agrees with the important effect of annelation on the contributions of the quinonoid and zwitterionic limiting structures to the ground and excited states of the probe, hence on its response to both medium composition and lipophilicity of the IL.
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Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.
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The collapse of linear polyelectrolyte chains in a poor solvent: When does a collapsing polyelectrolyte collect its counter ions? The collapse of polyions in a poor solvent is a complex system and is an active research subject in the theoretical polyelectrolyte community. The complexity is due to the subtle interplay between hydrophobic effects, electrostatic interactions, entropy elasticity, intrinsic excluded volume as well as specific counter-ion and co-ion properties. Long range Coulomb forces can obscure single molecule properties. The here presented approach is to use just a small amount of screening salt in combination with a very high sample dilution in order to screen intermolecular interaction whereas keeping intramolecular interaction as much as possible (polyelectrolyte concentration cp ≤ 12 mg/L, salt concentration; Cs = 10^-5 mol/L). This is so far not described in literature. During collapse, the polyion is subject to a drastic change in size along with strong reduction of free counterions in solution. Therefore light scattering was utilized to obtain the size of the polyion whereas a conductivity setup was developed to monitor the proceeding of counterion collection by the polyion. Partially quaternized PVP’s below and above the Manning limit were investigated and compared to the collapse of their uncharged precursor. The collapses were induced by an isorefractive solvent/non-solvent mixture consisting of 1-propanol and 2-pentanone, with nearly constant dielectric constant. The solvent quality for the uncharged polyion could be quantified which, for the first time, allowed the experimental investigation of the effect of electrostatic interaction prior and during polyion collapse. Given that the Manning parameter M for QPVP4.3 is as low as lB / c = 0.6 (lB the Bjerrum length and c the mean contour distance between two charges), no counterion binding should occur. However the Walden product reduces with first addition of non solvent and accelerates when the structural collapse sets in. Since the dielectric constant of the solvent remains virtually constant during the chain collapse, the counterion binding is entirely caused by the reduction in the polyion chain dimension. The collapse is shifted to lower wns with higher degrees of quaternization as the samples QPVP20 and QPVP35 show (M = 2.8 respectively 4.9). The combination of light scattering and conductivity measurement revealed for the first time that polyion chains already collect their counter ions well above the theta-dimension when the dimensions start to shrink. Due to only small amounts of screening salt, strong electrostatic interactions bias dynamic as well as static light scattering measurements. An extended Zimm formula was derived to account for this interaction and to obtain the real chain dimensions. The effective degree of dissociation g could be obtained semi quantitatively using this extrapolated static in combination with conductivity measurements. One can conclude the expansion factor a and the effective degree of ionization of the polyion to be mutually dependent. In the good solvent regime g of QPVP4.3, QPVP20 and QPVP35 exhibited a decreasing value in the order 1 > g4.3 > g20 > g35. The low values of g for QPVP20 and QPVP35 are assumed to be responsible for the prior collapse of the higher quaternized samples. Collapse theory predicts dipole-dipole attraction to increase accordingly and even predicts a collapse in the good solvent regime. This could be exactly observed for the QPVP35 sample. The experimental results were compared to a newly developed theory of uniform spherical collapse induced by concomitant counterion binding developed by M. Muthukumar and A. Kundagrami. The theory agrees qualitatively with the location of the phase boundary as well as the trend of an increasing expansion with an increase of the degree of quaternization. However experimental determined g for the samples QPVP4.3, QPVP20 and QPVP35 decreases linearly with the degree of quaternization whereas this theory predicts an almost constant value.
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El aumento progresivo de la temperatura media anual y el déficit hídrico están provocando importantes cambios en la composición y la maduración de la uva, que repercuten directamente sobre el proceso fermentativo y, por ende, sobre la calidad del vino elaborado. En este trabajo se evalúan diferentes estrategias para la reducción del grado alcohólico, la mejora del color del vino y su estabilidad, y el incremento y la persistencia aromática. Mediante el empleo de levaduras con ineficiencia glicolítica se lograron reducciones medias en el grado alcohólico de entre 0.3 y 1.7 % v/v, mientras que con las fermentaciones secuenciales la máxima reducción lograda fue de 3.3 y 3.4 % v/v al combinar las cepas 938 (Schizosaccharomyces pombe) y 7013 (Torulaspora delbrueckii) con la 7VA (Saccharomyces cerevisiae). Al aplicar un tratamiento térmico sobre el inóculo, la TP2A(16) mostró una reducción media significativa en el grado alcohólico de 1 % v/v. El principal inconveniente en todas las técnicas empleadas para reducir el grado alcohólico fue la falta de repetibilidad en los resultados obtenidos. Por otra parte, la aplicación de altas presiones sobre uva despalillada resultó efectiva como tratamiento de pasteurización y como potenciador de la extracción de polifenoles, logrando un incremento en el contenido medio de antocianos totales del 12.4-18.5 %. La adición de flavonoides al mosto estimuló la formación de pigmentos estables como resultado de su condensación con antocianos mediada por acetaldehído. Con el empleo de Torulaspora delbrueckii en fermentación secuencial fue posible incrementar la producción de diacetilo y acetato de 2-feniletilo, además de la síntesis de un nuevo compuesto, el 3-etoxi-1-propanol. Sin embargo, su aportación sobre el color fue nula, así que debería combinarse con una cepa de Saccharomyces cerevisiae con buena formación de pigmentos piranoantociánicos. El empleo de Schizosaccharomyces pombe (938, V1) y Torulaspora delbrueckii (1880) en fermentaciones secuenciales y mixtas con Saccharomyces cerevisiae permitió mejorar el perfil sensorial del vino tinto mediante la mayor síntesis de polioles y la potenciación de aromas frutales, florales y herbáceos, e incrementar la estabilidad de la materia colorante al favorecer la formación de vitisinas y piranoantocianos vinilfenólicos. La crianza sobre lías en barrica a partir de levaduras seleccionadas, puede mejorar la complejidad y persistencia aromática del vino tinto, aunque sin grandes cambios en el color. ABSTRACT The progressive increase in annual average temperature, along with water deficit, is causing significant changes in grape composition and in its maturation, which directly affects the fermentative process and hence alters wine quality. In this work, different strategies for reducing the alcoholic strength, improve wine color and its stability, and increase aromatic complexity and its persistence, are evaluated. By using yeasts with glycolytic inefficiency, it was possible to achieve mean reductions between 0.3 and 1.7 % v/v in the alcoholic strength, while sequential fermentations allowed a maximum reduction of 3.3 and 3.4 % v/v by combining strains 938 (Schizosaccharomyces pombe) and 7013 (Torulaspora delbrueckii) with 7VA (Saccharomyces cerevisiae). When applying a heat shock treatment on the inoculum, only TP2A(16) strain showed a significant mean reduction of 1 % v/v in the alcohol content, compared with the control. The main drawback in all the techniques used to reduce the alcohol content was the lack of repeatability in the results. Moreover, the application of high pressures on destemmed grapes was effective as pasteurization treatment and also as enhancer of polyphenol extraction, achieving an increase of 12.4-18.5% in the average content of total anthocyanins. As expected, addition of flavonoids to the must, stimulated the formation of stable pigments, mainly as a result of condensation reactions between anthocyanins and flavanols mediated by acetaldehyde. With the use of Torulaspora delbrueckii strains in sequential fermentation with Saccharomyces cerevisiae, it was possible to increase the production of diacetyl and 2-phenylethyl acetate, besides the synthesis of a new compound: 3-ethoxy-1-propanol. The use of Schizosaccharomyces pombe (938, V1) and Torulaspora delbrueckii (1880) strains in sequential and mixed fermentations with Saccharomyces cerevisiae improved the sensory profile of red wine by increasing polyols synthesis and enhancing fruity, floral and herbaceous aromas, and it also increased the stability of the coloring matter by favouring vitisins and vinylphenolic pyranoanthocyanins formation. Ageing on lees in barrels from selected yeasts can improve the complexity and aromatic persistence of red wine, without major changes in the color.
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The human malaria parasite Plasmodium falciparum contains sphingomyelin synthase in its Golgi apparatus and in a network of tubovesicular membranes in the cytoplasm of the infected erythrocyte. Palmitoyl and decanoyl analogues of 1-phenyl-2-acylamino-3-morpholino-1-propanol inhibit the enzyme activity in infected erythrocytes. An average of 35% of the activity is extremely sensitive to these drugs and undergoes a rapid, linear decrease at drug concentrations of 0.05-1 microM. The remaining 65% suffers a slower linear inhibition at drug concentrations ranging from 25 to 500 microM. Evidence is presented that inhibition of the sensitive fraction alone selectively disrupts the appearance of the interconnected tubular network in the host cell cytoplasm, without blocking secretory development at the parasite plasma membrane or in organelles within the parasite, such as the Golgi and the digestive food vacuole. This inhibition also blocks parasite proliferation in culture, indicating that the sensitive sphingomyelin synthase activity as well as the tubovesicular network may provide rational targets for drugs against malaria.
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Detoxication (phase 2) enzymes, such as glutathione S-transferases (GSTs), NAD(P)H:(quinone-acceptor) oxidoreductase (QR), and UDP-glucuronsyltransferase, are induced in animal cells exposed to a variety of electrophilic compounds and phenolic antioxidants. Induction protects against the toxic and neoplastic effects of carcinogens and is mediated by activation of upstream electrophile-responsive/antioxidant-responsive elements (EpRE/ARE). The mechanism of activation of these enhancers was analyzed by transient gene expression of growth hormone reporter constructs containing a 41-bp region derived from the mouse GST Ya gene 5'-upstream region that contains the EpRE/ARE element and of constructs in which this element was replaced with either one or two consensus phorbol 12-tetradecanoate 13-acetate (TPA)-responsive elements (TREs). When these three constructs were compared in Hep G2 (human) and Hepa 1c1c7 (murine) hepatoma cells, the wild-type sequence was highly activated by diverse inducers, including tert-butylhydroquinone, Michael reaction acceptors, 1,2-dithiole-3-thione, sulforaphane,2,3-dimercapto-1-propanol, HgCl2, sodium arsenite, and phenylarsine oxide. In contrast, constructs with consensus TRE sites were not induced significantly. TPA in combination with these compounds led to additive or synergistic inductions of the EpRE/ARE construct, but induction of the TRE construct was similar to that induced by TPA alone. Transfection of the EpRE/ARE reporter construct into F9 cells, which lack endogenous TRE-binding proteins, produced large inductions by the same compounds, which also induced QR activity in these cells. We conclude that activation of the EpRE/ARE by electrophile and antioxidant inducers is mediated by EpRE/ARE-specific proteins.
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Isobaric vapor-liquid equilibria of binary mixtures of isopropyl acetate plus an alkanol (1-propanol, 2-propanol, 1-butanol, or 2-butanol) were measured at 101.32 kPa, using a dynamic recirculating still. An azeotropic behavior was observed only in the mixtures of isopropyl acetate + 2-propanol and isopropyl acetate + 1-propanol. The application of four thermodynamic consistency tests (the Herington test, the Van Ness test, the infinite dilution test, and the pure component test) showed the high quality of the experimental data. Finally, both NRTL and UNIQUAC activity coefficient models were successfully applied in the correlation of the measured data, with the average absolute deviations in vapor phase composition and temperature of 0.01 and 0.16 K, respectively.
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Swelling properties of four commercial anion-exchange membranes with different structure have been analyzed in several hydro-organic media. With this target, the liquid uptake and the surface expansion of the membranes in contact with different pure liquids, water and alcohols (methanol, ethanol and 1-propanol), and with water alcohol mixtures with different concentrations have been experimentally determined in presence and in absence of an alkaline medium (LiOH, NaOH and KOH of different concentrations). The alkali-metal doping effect on the membrane water uptake has also been investigated, analyzing the influence of the hydroxide concentration and the presence of an alcohol in the doping solution. The results show that the membrane structure plays an essential role in the influence that alcohol nature and alkaline media has on the selective properties of the membrane. The heterogeneous membranes, with lower density, show higher liquid uptakes and dimensional changes than the homogeneous membranes, regardless of the doping conditions. (C) 2016 Hydrogen Energy Publications LLC. Published by Elsevier Ltd. All rights reserved.
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195 p.