872 resultados para Hypergraphs and metric spaces.
Resumo:
Pós-graduação em Geografia - IGCE
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The scope of this paper is to validate proposals used to qualify hospital food by the Brazilian scientific community. An electronic questionnaire was applied to clinical nutrition professionals registered on the Lattes Platform (Brazilian database of institutions and researchers' curricula in the areas of Science and Technology). The questionnaire incorporated a Likert scale and had spaces for comments. The themes dealt with patient participation, the nutritional and sensory quality of hospital diets, and planning and goals of the Hospital Food and Nutrition Service (HFNS). The questionnaire also asked for the top five priorities for a HFNS. Proposals with total or partial adherence equal to or greater than 70% were considered to be approved. All proposals had total adherence equal to or greater than 70%. The proposal that had minimal adherence (70%) was the one that proposed that nutritional intervention must be arranged by mutual agreement with the patient. The proposal that had maximal adherence (93%) was the one advocating that there must be statistical control on diets prescribed by the HFNS. The most cited priorities referred to infrastructure and training of human resources (40%), the quality of hospital food (27%) and the nutritional status of the patient.
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Smilax L. in Brazil is represented by 32 taxa and it is a taxonomically difficult genus because the plants are dioecious and show wide phenotypic variation. The analysis and use of leaf anatomy characters is recognized as a frequently successful taxonomic method to distinguish between individual taxon, when floral material is absent or minute differences in flowers and foliage exist such as in Smilax. The aim of this study was to characterize the anatomical features of the aerial organs in Smilax syphilitica collected from the Atlantic Rainforest, in Santa Teresa-ES and the Smilax aff syphilitica from the Amazon Rainforest, in Manaus, Brazil. For this, a total of three samples of Smilax were collected per site. Sample leaves and stems were fixed with FAA 50, embedded in historesin, sectioned on a rotary microtome, stained and mounted in synthetic resin. Additionally, histochemical tests were performed and cuticle ornamentation was analyzed with standard scanning electron microscopy. S. syphilitica and S. aff syphilitica differed in cuticle ornamentation, epidermal cell arrangement and wall thickness, stomata type and orientation, calcium oxalate crystal type, and position of stem thorns. Leaf blades of S. syphilitica from the Amazon Rainforest have a network of rounded ridges on both sides, while in S. aff syphilitica, these ridges are parallel and the spaces between them are filled with numerous membranous platelets. Viewed from the front, the epidermal cells of S. syphilitica have sinuous walls (even more pronounced in samples from the Amazon); while in S. aff syphilitica, these cells are also sinuous but elongated in the cross-section of the blade and arranged in parallel. Stomata of S. syphilitica are paracytic, whereas in S. aff syphilitica, are both paracytic and anisocytic, and their polar axes are directed towards the mid-vein. Calcium oxalate crystals in S. syphilitica are prisms, whereas in S. aff syphilitica, crystal sand. Thorns occur in nodes and internodes in S. syphilitica but only in internodes in S. aff syphilitica. These features have proven to be of diagnostic value and may support a separation into two species, but future studies are needed to confirm that S. aff syphilitica is indeed a new taxon. Rev. Biol. Trop. 60(3): 1137-1148. Epub 2012 September 01.
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This paper studies the asymptotic optimality of discrete-time Markov decision processes (MDPs) with general state space and action space and having weak and strong interactions. By using a similar approach as developed by Liu, Zhang, and Yin [Appl. Math. Optim., 44 (2001), pp. 105-129], the idea in this paper is to consider an MDP with general state and action spaces and to reduce the dimension of the state space by considering an averaged model. This formulation is often described by introducing a small parameter epsilon > 0 in the definition of the transition kernel, leading to a singularly perturbed Markov model with two time scales. Our objective is twofold. First it is shown that the value function of the control problem for the perturbed system converges to the value function of a limit averaged control problem as epsilon goes to zero. In the second part of the paper, it is proved that a feedback control policy for the original control problem defined by using an optimal feedback policy for the limit problem is asymptotically optimal. Our work extends existing results of the literature in the following two directions: the underlying MDP is defined on general state and action spaces and we do not impose strong conditions on the recurrence structure of the MDP such as Doeblin's condition.
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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.
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The present doctoral dissertation deals with two significant case studies of Italian holiday camps which appear as interesting architectural experiences that reflect both the pedagogic and educational programmes of the fascist regime, and the discussion on the constructive and expressive principles that characterize the Italian architecture during the Thirties. The research explains the colony "XXVIII October for the sons of the Italian workers living abroad", today known as "Le Navi" ("The Ships"), built in Cattolica in 1934 and projected by the Roman architect Clemente Busiri Vici, and the feminine colony "for the sons of the Italian workers living abroad" built in 1934 in Tirrenia and projected by the architects Mario Paniconi and Giulio Pediconi. These holiday camps are the sole buildings commissioned directly by the Department in the Italian Foreign Office with the aim of offering a seaside stay to the sons of the Italians living in the colonies who, probably, could visit Italy only one time in their life. Firstly, the work illustrates the most relevant themes concerning these holiday camps, such as the representative intents that the buildings evoked to the children attending the places. Sun-bathing and group gymnastics were some of the rituals in the communal life, where order and discipline gave a precise internal organization to the spaces. Over the correspondence to practical functions, the figures and the forms of the different spaces of the buildings involve the children in an educational dimension. Subsequently, the function of the Department in the Italian Foreign Office and the planning and constructive ideas of the two colonies will be introduced. These colonies were conceived by a precise social project with educational, welfare and therapeutic aims. The elements, the spaces and the volumes create a fixed and theatrical scene of the life, full of ideological, political and celebratory overtones. Finally, the research shows that the relation between the architectural shape of the buildings and the rituals performed by fascist tutors produces an ideal space, extraneous to the external world that could influence the behavior of the children. The plan is to transmit to the children an image of Italy that will remain engraved in their minds once they have returned to their countries. In these projects there is the intent to transmit the image of "italianity" abroad. The way to do this was to plan for them a scenery which contains all the architectural elements of Italian cities. The holiday camps are proposed a sort of microcosm that appears as an "evocation" of the places and the spaces of Italian cities. The buildings appear as veritable "cities of childhood".
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Il lavoro presentato ha come oggetto la ricostruzione tridimensionale della città di Bologna nella sua fase rinascimentale. Tale lavoro vuole fornire un modello 3D delle architetture e degli spazi urbani utilizzabile sia per scopi di ricerca nell’ambito della storia delle città sia per un uso didattico-divulgativo nel settore del turismo culturale. La base del lavoro è una fonte iconografica di grande importanza: l’affresco raffigurante Bologna risalente al 1575 e situato in Vaticano; questa è una veduta a volo d’uccello di grandi dimensioni dell’intero tessuto urbano bolognese all’interno della terza cerchia di mura. In esso sono rappresentate in maniera particolareggiata le architetture civili e ecclesiastiche, gli spazi ortivi e cortilivi interni agli isolati e alcune importanti strutture urbane presenti in città alla fine del Cinquecento, come l’area portuale e i canali interni alla città, oggi non più visibili. La ricostruzione tridimensionale è stata realizzata tramite Blender, software per la modellazione 3D opensource, attraverso le fasi di modellazione, texturing e creazione materiali (mediante campionamento delle principali cromie presenti nell’affresco), illuminazione e animazione. Una parte della modellazione è stata poi testata all’interno di un GIS per verificare l’utilizzo delle geometrie 3D come elementi collegabili ad altre fonti storiche relative allo sviluppo urbano e quindi sfruttabili per la ricerca storica. Grande attenzione infine è stata data all’uso dei modelli virtuali a scopo didattico-divulgativo e per il turismo culturale. La modellazione è stata utilizzata all’interno di un motore grafico 3D per costruire un ambiente virtuale interattivo nel quale un utente anche non esperto possa muoversi per esplorare gli spazi urbani della Bologna del Cinquecento. In ultimo è stato impostato lo sviluppo di un’applicazione per sistemi mobile (Iphone e Ipad) al fine di fornire uno strumento per la conoscenza della città storica in mobilità, attraverso la comparazione dello stato attuale con quello ricostruito virtualmente.
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Untersucht werden in der vorliegenden Arbeit Versionen des Satzes von Michlin f¨r Pseudodiffe- u rentialoperatoren mit nicht-regul¨ren banachraumwertigen Symbolen und deren Anwendungen a auf die Erzeugung analytischer Halbgruppen von solchen Operatoren auf vektorwertigen Sobo- levr¨umen Wp (Rn
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Il lavoro che presento propone un’analisi di una chiesa africana indipendente in Italia, la Celestial Church Of Christ Worldwide (CCCW), cercando di mettere in luce il nesso tra religione, migrazione e il processo di ‘plunting churches’ (Kooning 2009) nel contesto italiano. Attraverso una ricerca sul campo, sono stati indagati i percorsi personali, familiari e comunitari dei membri di una ‘Celestial Parish’ presente nel comune di Brescia, ‘Ileri Oluwa Parish’, al fine di comprendere la natura dei processi identitari coinvolti nell’organizzazione della CCC in Italia. ‘Ileri Oluwa Parish’, in quanto luogo che denota una ‘chiesa individuale collegata ad una Diocesi’ (CCC Constitution (CCC Constitution, 107 (d) si rivela, nella materialità delle sue forme e dei ‘Devotional Services’ che in essa si svolgono, a ‘field of action’ (Lefebvre, 1991). La storia della chiesa, i fondamenti della sua dottrina e i significati comunicati attraverso le forme rituali e religiose che la stessa promuove, sono stati contestualizzati alla luce delle tensioni e delle strategie di potere che strutturano il campo. Le storie dei membri della parrocchia, percorsi di migrazione e mobilità in itinere, rappresentano la lente attraverso cui si è guardato alle relazioni vissute nel nome dello ‘Spirito’, e alla percezione stessa di ciò che gli stessi Celestians definiscono sacro, santo, puro e impuro. Lo sguardo fisso alla vita ordinaria di una Celestial parish in Italia, esteso nell’ultima parte dell’elaborato alla Celestial parish londinese, è stato fondamentale per capire l’intreccio di relazioni spirituali, reti familiari e mobilità degli individui sul territorio italiano ed europeo, processo che ribalta la condizione diasporica della CCC, trasformando una condizione di dispersione in un valore aggiunto, nella possibilità di nuove traiettorie territoriali e spazi di presenza religiosa e socioeconomica.
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All currently available human skeletal remains from the Wadi Howar (Eastern Sahara, Sudan) were employed in an anthropological study. The study’s first aim was to describe this unique 5th to 2nd millennium BCE material, which comprised representatives of all three prehistoric occupation phases of the region. Detecting diachronic differences in robusticity, occupational stress levels and health within the spatially, temporally and culturally heterogeneous sample was its second objective. The study’s third goal was to reveal metric and non-metric affinities between the different parts of the series and between the Wadi Howar material and other relevant prehistoric as well as modern African populations. rnThe reconstruction and comprehensive osteological analysis of 23 as yet unpublished individuals, the bulk of the Wadi Howar series, constituted the first stage of the study. The analyses focused on each individual’s in situ position, state of preservation, sex, age at death, living height, living weight, physique, biological ancestry, epigenetic traits, robusticity, occupational stress markers, health and metric as well as morphological characteristics. Building on the results of these efforts and the re-examination of the rest of the material, the Wadi Howar series as a whole, altogether 32 individuals, could be described. rnA wide variety of robusticity, occupational stress and health variables was evaluated. The pre-Leiterband (hunter-gatherer-fisher/hunter-gatherer-fisher-herder) and the Leiterband (herder-gatherer) data of over a third of these variables differed statistically significantly or in tendency from each other. The Leiterband sub-sample was characterised by higher enamel hypoplasia frequencies, lower mean ages at death and less pronounced expressions of occupational stress traits. This pattern was interpreted as evidence that the adoption and intensification of animal husbandry did probably not constitute reactions to worsening conditions. Apart from that, the relevant observations, noteworthy tendencies and significant differences were explained as results of a broader spectrum of pre-Leiterband subsistence activities and the negative side effects of the increasingly specialised herder-gatherer economy of the Leiterband phase. rnUsing only the data which could actually be collected from it, multiple, separate, individualised discriminant function analyses were carried out for each Wadi Howar skeleton to determine which prehistoric and which modern comparative sample it was most similar to. The results of all individual analyses were then summarised and examined as a whole. Thus it became possible to draw conclusions about the affinities the Wadi Howar material shared with prehistoric as well as modern populations and to answer questions concerning the diachronic links between the Wadi Howar’s prehistoric populations. When the Wadi Howar remains were positioned in the context of the selected prehistoric (Jebel Sahaba/Tushka, A-Group, Malian Sahara) and modern comparative samples (Southern Sudan, Chad, Mandinka, Somalis, Haya) in this fashion three main findings emerged. Firstly, the series as a whole displayed very strong affinities with the prehistoric sample from the Malian Sahara (Hassi el Abiod, Kobadi, Erg Ine Sakane, etc.) and the modern material from Southern Sudan and, to a lesser extent, Chad. Secondly, the pre-Leiterband and the Leiterband sub-sample were closer to the prehistoric Malian as well as the modern Southern Sudanese material than they were to each other. Thirdly, the group of pre-Leiterband individuals approached the Late Pleistocene sample from Jebel Sahaba/Tushka under certain circumstances. A theory offering explanations for these findings was developed. According to this theory, the entire prehistoric population of the Wadi Howar belonged to a Saharo-Nilotic population complex. The Jebel Sahaba/Tushka population constituted an old Nilotic and the early population of the Malian Sahara a younger Saharan part of this complex. The pre-Leiterband groups probably colonised the Wadi Howar from the east, either during or soon after the original Saharo-Nilotic expansion. Unlike the pre-Leiterband groups, the Leiterband people originated somewhere west of the Wadi Howar. They entered the region in the context of a later, secondary Saharo-Nilotic expansion. In the process, the incoming Leiterband groups absorbed many members of the Wadi Howar’s older pre-Leiterband population. The increasing aridification of the Wadi Howar region ultimately forced its prehistoric inhabitants to abandon the wadi. Most of them migrated south and west. They, or groups closely related to them, probably were the ancestors of the majority of the Nilo-Saharan-speaking pastoralists of modern-day Southern Sudan and Eastern Chad.
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The research is a 13-months ethnographic field work on the early operations of a Multi-party alliance active in the global field of indoor positioning. The study aims to understand and investigate empirically the challenges that at the individual and group level influence the organizing principle guiding the alliance operations and evolution. Its contribution rests on the dynamics affecting ecosystems of innovation and collaborative spaces of value co-creation in inter-organizational projects.
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Il tema principale affrontato dalla presente ricerca è quello dell’architettura della città; attraverso lo studio dei progetti urbani redatti dall’architetto Willem Marinus Dudok per la città di Hilversum, la tesi vuole confermare l’ipotesi che la costruzione dei “luoghi urbani” collettivi è il fulcro dell’idea di architettura che porta alla costruzione della città. La ricerca si propone di studiare il contributo dato da Dudok al progetto dello sviluppo urbano della città olandese, considerando un arco temporale che va dal 1915, anno in cui l’architetto viene designato a ricoprire la carica di direttore del locale ufficio Lavori Pubblici, al 1954, anno simbolico della sua nomina a cittadino onorario di Hilversum. Il lavoro di ricerca vuole individuare quelle caratteristiche formali e tipologiche, insite nei quartieri progettati dall’architetto olandese, in grado di definire una struttura urbana capace di sostenere un ragionamento architettonico indipendente dal luogo e dal tempo, un ragionamento impostato sulla definizione della forma urbis. Non desidera certo delineare un modello, vista la consapevolezza che ogni progetto ha un proprio luogo e un proprio tempo, cerca di tratteggiare, piuttosto, uno scenario possibile per il progetto urbano, capace di assurgere ad exemplum per la costruzione della città. I progetti analizzati riguardano edifici residenziali e spazi urbani per la collettività; questi rappresentano veri e propri nuclei aggregativi per la costruzione dei complessi di alloggi popolari, dei quali definiscono la scena fissa delle vicende umane. Lo studio di questi quartieri rappresenta, pertanto, il tentativo di decodificare un “modo” di comporre la città dal quale sia possibile estrapolare temi validi e di carattere generale che permettano di formalizzare una serie di utili insegnamenti, tramite i quali poter pensare alla realizzazione della stessa, nella convinzione che “la qualità del progetto consiste nella qualità dei caratteri del tema e nel loro riconoscimento nelle forme dell’architettura”.
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La memoria pubblica della Sho'ah è inscritta in una quantità proliferante di immagini e spazi memoriali. Ciò è riscontrabile in modo particolare nei principali "siti dello sterminio" assurti a simbolo nel corso degli anni, mentre molti altri "luoghi di memoria" della Deportazione soffrono di una condizione di intrinseca debolezza. Essa è riconducibile in primo luogo alla fragilità del dato materiale, i cui resti ormai privi di eloquenza risultano difficili da interpretare e conservare, in secondo luogo alla sovrapposizione di memorie concorrenti venutesi a determinare in conseguenza dei riusi successivi a cui queste strutture sono spesso andate soggette dopo la guerra, infine alla difficoltà di rendere espressione compiuta alla tragedia della Deportazione. Il caso del campo di Fossoli è paradigmatico: esso interroga la capacità del progetto di "dare forma" al palinsesto delle memorie, rendendo possibile il riconoscimento ed esplicitando una significazione delle tracce, senza aggiungere ulteriori interpretazioni. Lo spazio e il paesaggio, in quanto linguaggi indentitari, possono offrirsi come strumenti da questo punto di vista. Michel De Certeau vi fa riferimento quando afferma che lo spazio coincide con «l’effetto prodotto dalle operazioni che lo orientano, che lo circostanziano, o temporalizzano e lo fanno funzionare come unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali». Lo spazio gioca un ruolo cruciale nel conformare l'esperienza del presente e allo stesso tempo nel rendere visibili le esperienze passate, compresse nella memoria collettiva. Lo scopo di questa ricerca è interrogare le potenzialità spaziali del luogo, considerate sotto il profilo culturale e semantico, come valida alternativa alla forma-monumento nella costruzione di una o più narrazioni pertinenti della memoria.
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Der Beitrag fokussiert die Entwicklung, den Einsatz und die Nutzung von innovativen Technologien zur Unterstützung von Bildungsszenarien in Schule, Hochschule und Weiterbildung. Ausgehend von den verschiedenen Phasen des Corporate Learning, Social Learning, Mobile Learning und Intelligent Learning wird in einem ersten Abschnitt das Nutzungsverhalten von Technologien durch Kinder, Jugendliche und (junge) Erwachsene in Schule, Studium und Lehre betrachtet. Es folgt die Darstellung technologischer Entwicklungen auf Basis des Technology Life Cycle und die Konsequenzen von unterschiedlichen Entwicklungszuständen und Reifegraden von Technologien wie Content Learning Management, sozialen Netzwerken, mobilen Endgeräten, multidimensionalen und -modalen Räumen bis hin zu Anwendungen augmentierter Realität und des Internets der Dinge, Dienste und Daten für den Einsatz und die Nutzung in Bildungsszenarien. Nach der Darstellung von Anforderungen an digitale Technologien hinsichtlich Inhalte, Didaktik und Methodik wie etwa hinsichtlich der Erstellung von Inhalten, deren Wiederverwendung, Digitalisierung und Auffindbarkeit sowie Standards werden methodische Hinweise zur Nutzung digitaler Technologien zur Interaktion von Lernenden, von Lehrenden, sozialer Interaktion, kollaborativem Autorieren, Kommentierung, Evaluation und Begutachtung gegeben. Abschließend werden - differenziert für Schule und Hochschule - Erkenntnisse zu Rahmenbedingungen, Einflussgrößen, hemmenden und fördernden Faktoren sowie Herausförderungen bei der Einführung und nachhaltigen Implementation digitaler Technologien im schulischen Unterricht, in Lehre, Studium und Weiterbildung im Überblick zusammengefasst.