394 resultados para Ressincronizacao cardiaca
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Introduccion: El canal lumbar estrecho es un motivo de consulta frecuente en el servicio de columna de la Fundación Santa Fe de Bogotá. Derivado del tratamiento quirurgico se pueden generar múltiples complicaciones, entre las que se encuentra la transfusión sanguínea. Objetivo: Identificar los factores sociodemográficos, antecedentes personales y factores quirúrgicos asociados a transfusión sanguínea en cirugía canal lumbar estrecho en la Fundación Santa Fe de Bogotá 2003- 2013. Materiales y métodos: Se aplicó en diseño de estudio observacional analítico transversal. Se incluyeron 367 pacientes sometidos a cirugía de canal lumbar estrecho a quienes se les analizaron variables de antecedentes personales, características sociodemograficas y factores quirúrgicos. Resultados: La mediana de la edad fue de 57 años y la mayoría de pacientes fueron mujeres (55,6%). La mediana del Índice de Masa Corporal (IMC) fue de 24,9 clasificado como normal. Entre los antecedentes patológicos, la hipertensión arterial fue el más común (37,3%). La mayoría de pacientes (59,1%) presentaron clasificación ASA de II. El tipo de cirugía más prevalente fue el de descompresión (55,6%). En el 79,8% de los pacientes se intervinieron 2 niveles. Se realizó transfusión de glóbulos rojos en 26 pacientes correspondiente a 7,1% del total. En la mayoría de procedimientos quirúrgicos (42,5%) el sangrado fue clasificado como moderado (50-500 ml). En el modelo explicativo transfusión sanguínea en cirugía de canal lumbar estrecho se incluyen: antecedente de cardiopatía (OR 4,68, P 0,034, IC 1,12 – 19,44), Sangrado intraoperatorio >500ml (OR 6,74, p 0,001, 2,09 – 21,74) y >2 niveles intervenidos (OR 3,97, p 0,023, IC 1,20 – 13,09). Conclusión: Como factores asociados a la transfusión sanguínea en el manejo quirúrgico del canal lumbar estrecho a partir de la experiencia de 10 años en la Fundación Santa Fe de Bogotá se encontraron: enfermedad cardiaca, sangrado intraoperatorio mayor de 500ml y más de dos niveles intervenidos.
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Introducción: En Colombia existe un protocolo de manejo para pacientes con hemofilia A severa sin inhibidores que recomienda el manejo de profilaxis primaria y secundaria con FVIII. Objetivos: Estimar la relación incremental de costo-efectividad (RICE) de la profilaxis con Factor VIII vs tratamiento a demanda para prevenir sangrados articulares en pacientes con hemofilia A moderada y severa de una aseguradora en Colombia. Materiales y Métodos: Se adaptó un modelo de Markov desde la perspectiva del tercer pagador. Las probabilidades de transición se ajustaron mediante un modelo de regresión logística multinomial explicadas por la edad y el peso. Las tasas de eventos son anuales. Las efectividades se extrajeron de la cohorte de la aseguradora y de la literatura. Los costos incluyeron el FVIII, medicamentos, hospitalización, procedimientos quirúrgicos, apoyo diagnóstico y consultas médicas. La tasa de descuento fue del 3%. Resultados: En pacientes con hemofilia A moderada y severa la profilaxis con FVIII evitará en promedio 7 sangrados articulares, el RICE para el sangrado articular es de $303.457. Conclusiones: La profilaxis con Factor VIII es una estrategia costo-efectiva en el manejo de pacientes con hemofilia A moderada y severa para la aseguradora, disminuyendo el número de sangrados articulares al año.
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La fibrillazione atriale (FA) è la forma di aritmia cardiaca più diffusa nella pratica clinica. Attualmente, sono più di 30 milioni le persone affette da FA e si prevede una forte crescita di tale numero, conseguentemente al progressivo invecchiamento della popolazione. Ad oggi, la terapia anticoagulante orale è la principale strategia impiegata per la prevenzione di ictus ischemico. Nonostante l’efficacia degli anticoagulanti, un numero rilevante di pazienti non possono assumerli, a causa di un aumentato rischio emorragico e della pericolosa interazione con altri farmaci. È stato dimostrato che nel 90% dei casi la formazione dei trombi intracardiaci in pazienti con FA avviene in un punto ben preciso dell’atrio sinistro, ossia nell’auricola. Ciò è dovuto al fatto che essa, avendo una particolare morfologia, in condizioni non fisiologiche (emodinamica rallentata), tende a favorire la stasi del sangue al suo interno. Di conseguenza, la chiusura meccanica dell’auricola è emersa come alternativa clinica alla prevenzione farmacologica. I risultati relativi a recenti trials hanno suggerito che la chiusura percutanea della LAA attraverso l’impianto di opportuni occlusori è una terapia sicura, con un’efficacia non inferiore alla terapia di anticoagulanti orali nella prevenzione dell’ictus. L’obiettivo di questo elaborato di tesi è valutare in simulazione l’effetto dell’occlusione dell’auricola sinistra e di un eventuale dislocazione del dispositivo sulla fluidodinamica atriale in pazienti affetti da FA. Sono stati realizzati modelli 3D che simulano sia il risultato della procedura di LAAO con i dispositivi Amulet e Watchman, sia l’effetto della dislocazione dell’occlusore. Successivamente, sono state effettuate le simulazioni fluidodinamiche CFD sui modelli di atrio intero, sui modelli occlusi (privi di auricola) e sui modelli parzialmente occlusi (dislocazione Amulet) per studiare e valutare i parametri fluidodinamici (velocità, vorticità e stasi).
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La stenosi valvolare aortica è la più frequente patologia valvolare cardiaca nei paesi sviluppati come diretta conseguenza dell’aumentata aspettativa di vita. In Europa si stima che il numero di soggetti sintomatici per stenosi valvolare aortica aumenterà da 1.3 milioni nel 2025 a 2.1 milioni in 2050. Di conseguenza la stenosi aortica ha e avrà un forte impatto sulla salute pubblica e sui costi che ne determina, poiché spesso associata a un declino funzionale dei pazienti ed aumentata incidenza di ospedalizzazione. D’altra parte è noto che la stenosi valvolare aortica severa non trattata si associa a prognosi infausta con una sopravvivenza del 50% a 2 anni dall’insorgenza dei sintomi e del 20% a 5 anni. Ad oggi non esiste una terapia medica efficace per la stenosi valvolare aortica in quanto andando a costituire un’ostruzione meccanica, resta di competenza del cardiochirurgo o del cardiologo interventista. La sostituzione valvolare aortica, sia essa chirurgica o percutanea, resta pertanto il solo trattamento definitivo per la stenosi valvolare aortica. Nel tempo il rischio operatorio è estremamente diminuito e i vantaggi in termini di miglioramento della qualità di vita sono evidenti. Questo progetto di ricerca prevede pertanto un’analisi delle più recenti tecnologie per il trattamento chirurgico della stenosi valvolare aortica a partire dalla tipologia di approccio chirurgico, se mini-invasivo o tradizionale, fino all’utilizzo delle più recenti protesi biologiche sutureless studiandone i vantaggi, svantaggi e risultati. Prima ancora, tuttavia, saranno analizzati i meccanismi di biologia molecolare alla base dell’eziologia della stenosi aortica al fine di poter identificare precocemente i pazienti, di prevedere l’andamento della patologia e forse, in futuro, anche di ipotizzare una terapia farmacologica mirata.
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Negli ultimi decenni, l’outcome dei pazienti sottoposti a chirurgia dell’aorta toracica è migliorato grazie ai progressi ottenuti nella gestione della circolazione extracorporea, della protezione miocardica e cerebrale e del monitoraggio intra- e postoperatorio dei pazienti. Malgrado questo però, la chirurgia dell’arco aortico è ancora gravata da una significativa mortalità e morbilità dovute principalmente alle complicanze neurologiche conseguenti all’interruzione temporanea della circolazione cerebrale. Nel presente studio sono stati analizzati 364 pazienti trattati per sostituzione dell’arco aortico con l’ausilio della perfusione cerebrale selettiva anterograda, presso l’Unità Operativa di Cardiochirurgia dell’Ospedale di Sant’Orsola di Bologna dal 1° gennaio 2015 al 31 maggio 2020.Le disfunzioni neurologiche permanenti sono state diagnosticate in 33 dei 364 pazienti (9.1%) operati, utilizzando la perfusione cerebrale selettiva anterograda come tecnica di perfusione cerebrale. Pertanto abbiamo confrontato due gruppi di pazienti: un gruppo di 33 pazienti con deficit permanenti con il resto dei pazienti (331) che non aveva alcun deficit. Tra le variabili intraoperatorie, i tipi di cannulazione arteriosa, in particolare la cannulazione dell’arteria femorale (109 [32.9%] vs 17 [51.5%], p-value=0.032) e dell’aorta ascendente (56 [16.9%] vs 0, p-value=0.010), presentano delle differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Per quanto riguarda la perfusione cerebrale selettiva anterograda, i valori del flusso medio (899.63 ± 214.12 vs 952.52 ± 160.72, p-value=0.051) presentano una differenza statisticamente significativa tra i due campioni. All’analisi multivariata, la dissezione aortica di tipo A (p = 0.010), la cannulazione femorale (p = 0.033) e l’arresto di circolo totale (p = 0.046) si confermano dei fattori di rischio statisticamente significativi per l’insorgenza di disfunzioni neurologiche permanenti
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Scopo Confrontare il trattamento transcatetere (TAVI) balloon-expandable con il trattamento chirurgico di sostituzione valvolare aortica (AVR) della stenosi valvolare aortica severa (SVAS) nella pratica clinica real world. Materiali e metodi Nel decennio 2010-2020, 1486 pazienti con SVAS isolata sono stati sottoposti a AVR (n=1049) o TAVI balloon-expandable (n=437) presso Hesperia Hospital Modena. Sono stati analizzati la Mortality nell’intera popolazione e gli episodi di ricovero cardiovascolare nei 5 anni precedenti e durante il follow-up nella popolazione residente in Emilia Romagna (n=1196) al momento della procedura (AVR n=879, TAVI balloon-expandable n=317). Risultati La popolazione TAVI è risultata mediamente più anziana di quella AVR (età media 82.2 vs. 72.7 anni) e maggiormente gravata da comorbidità. L’In-hospital mortality è stata del 1.4% nella AVR e 2.1% nella TAVI (pNS). La sopravvivenza a 5 anni è stata del 85.74% nella AVR e del 59.45% nella TAVI, con la TAVI come fattore predittivo di All-cause mortality (HR 1.44 95%CI 1.14-1.82). La riospedalizzazione per Heart Failure a 5 anni è stata del 20.6% per AVR e 51.3% per TAVI, con dialisi preoperatoria (HR 5.67 95%CI 3.06-10.49) come principale fattore predittivo. Il tasso di All Stroke a 5 anni è stato del 3.7% nella AVR e del 7.5% nella TAVI, con fibrillazione atriale preoperatoria come principale fattore predittivo (HR 1.91 95%CI 1.06-3.45). Il tasso di angioplastica coronarica percutanea (PCI) a 5 anni è stato del 3.1% sia nella AVR che nella TAVI, con previous PCI come principale fattore predittivo (HR 4.86 95%CI 2.57-9.21). L’impianto di pacemaker a 30 giorni è stato del 2.9% nella AVR e 3.4% nella TAVI (pNS). Conclusioni Nella pratica clinica real-world 2010-2020 di un centro cardiochirurgico a medio volume, la TAVI balloon-expandable ha mostrato una eccellente performance a 30 giorni in confronto con la AVR, che invece ha evidenziato una migliore performance durante follow-up.
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Background: The frozen elephant trunk(FET) technique is one of the last evolution in the treatment of complex pathologies of the aortic arch and the descending thoracic aorta.Materials and methods: Between January 2007 and March 2021, a total of 396 patients underwent total aortic arch replacements with the FET technique in our centre.The main indications were thoracic aortic aneurysm(n=104,28.2%), chronic aortic dissection(n=224,53.4%) and acute aortic dissection(n=68, 18.4%). We divided the population in two groups according the position of the distal anastomosis (zone 2 vs zone 3) and the length of the stent graft (< 150 mm vs > 150 mm): conservative group (Zone 2 anastomosis + stent length < 150mm, n. 140 pts) and aggressive group (zone 3 anastomosis + stent length > 150mm, n. 141). Results: The overall 30-day mortality rate was 13%(48/369); the risk factor analysis showed that an aggressive approach was neither a risk factor for major complication (permanent dialysis, tracheostomy, bowel malperfusion and permanent paraplegia) neither for 30-day mortality. The survival rate at 1, 5,10 and 15 years was 87.7%,75%,61.3% and 58.4% respectively. During the follow up, an aortic reintervention was performed in 122 patients (38%), 5 patients received a non-aortic cardiac surgery. Freedom from aortic reintervention at 1-,5- and 10-year was 77%,54% and 44% respectively. The freedom from aortic reintervention was higher in the ‘aggressive’ group (62.5%vs40.0% at 5 years, log-rank=0.056). An aggressive approach was not protective for aortic reintervention at follow up and for death at follow up. Conclusions: The FET technique represents a feasible and efficient option in the treatment of complex thoracic aortic pathologies. An aortic reintervention after FET is very common and the decision-making approach should consider and balance the higher risk of an aggressive approach in terms of post-operative complication versus the higher risk of a second aortic reintervention at follow-up.
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Background L’incidenza di malattie valvolari aortiche è in costante aumento. La terapia definitiva è chirurgica o interventistica, determinando un evidente miglioramento della qualità di vita, a fronte di un rischio operatorio ormai estremamente basso. Le linee guida internazionali più recenti pongono in classe I entrambe le procedure nella fascia di età fra 65 e 80 anni. Materiali e metodi È stata effettuata un’analisi retrospettiva dei pazienti di età compresa fra 65 e 80 anni, sottoposti a sostituzione valvolare aortica isolata chirurgica con bioprotesi sutureless (gruppo SU-AVR), oppure trans-catetere (gruppo TAVR), presso Maria Cecilia Hospital tra gennaio 2011 e dicembre 2021. Mediante propensity score matching sono stati analizzati, nei due gruppi risultanti, gli outcomes di mortalità e complicanze intraospedaliere, a 30 giorni, ad un anno e attuariale. Risultati Sono stati inclusi nello studio 638 pazienti, di cui 338 (52.98%) nel gruppo SU-AVR e 300 (47.02%) nel gruppo TAVR. Dopo propensity score matching, sono stati ottenuti due gruppi di pazienti (124 per gruppo) senza differenze statisticamente significative nelle comorbidità preoperatorie. La mortalità a 30 giorni è risultata sovrapponibile nei 2 gruppi. Il gruppo TAVR ha mostrato un’incidenza significativamente maggiore di impianto di pacemaker definitivo e di danni vascolari maggiori, mentre il gruppo SU-AVR ha mostrato una maggior incidenza di fibrillazione atriale, di trasfusioni e di insufficienza renale. La mortalità per tutte le cause a un anno è risultata significativamente maggiore per il gruppo TAVR e il divario continua ad aumentare con il tempo. Conclusioni La sostituzione valvolare aortica trans-catetere (TAVR) mostra risultati molto buoni nel breve termine nei pazienti fra 65 e 80 anni di età. Al follow-up a medio termine, tuttavia, i risultati preliminari mostrano un miglior outcome dei pazienti sottoposti a sostituzione valvolare chirurgica, sia in termini di mortalità per qualsiasi causa che di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori.
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Objective: To investigate the association between the four traditional coronary heart disease (CHD) risk factors (hypertension, smoking, hypercholesterolemia, and diabetes) and outcomes of first ACS. Methods: Data were drawn from the ISACS Archives. The study participants consisted of 70953 patients with first ACS, but without prior CHD. Primary outcomes were patient’ age at hospital presentation and 30-day all-cause mortality. The risk ratios for mortality among subgroups were calculated using a balancing strategy by inverse probability weighting. Trends were evaluated by Pearson's correlation coefficient (r). Results: For fatal ACS (n=6097), exposure to at least one traditional CHD-risk factor ranged from 77.6% in women to 74.5% in men. The presence of all four CHD-risk factors significantly decreased the age at time of ACS event and death by nearly half a decade compared with the absence of any traditional risk factors in both women (from 67.1±12.0 to 61.9±10.3 years; r=-0.089, P<0.001) and men (from 62.8±12.2 to 58.9±9.9 years; r=-0.096, P<0.001). By contrast, there was an inverse association between the number of traditional CHD-risk factors and 30-day mortality. The mortality rates in women ranged from 7.7% with four traditional CHD-risk factors to 16.3% with no traditional risk factors (r=0.073, P<0.001). The corresponding rates in men were 4.8% and 11.5% (r=0.078, P<0.001), respectively. The risk ratios among individuals with at least one CHD-risk factors vs. those with no traditional risk factors were 0.72 (95%CI:0.65-0.79) in women and 0.64 (95%CI:0.59-0.70) in men. This association was consistent among patient subgroups managed with guideline-recommended therapeutic options. Conclusions: The vast majority of patients who die for ACS have traditional CHD-risk factor exposure. Patients with CHD-risk factors die much earlier in life, but they have a lower relative risk of 30-day mortality than those with no traditional CHD-risk factors, even in the context of equitable evidence‐based treatments after hospital admission.
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Introduzione: L’intervento di Fontan comporta un aumento istantaneo della pressione venosa centrale che causa, nel medio-lungo termine, una forma di epatopatia specifica detta FALD. Il monitoraggio della FALD è complesso ma potrebbe consentire di bloccarne o rallentarne l’insorgenza. Lo studio ha valutato l’efficacia delle modalità di monitoraggio non invasivo. Materiale e metodi: Sei pazienti (età media 24 anni) operati presso l’IRCCS Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna sono stati sottoposti a RMN 4D-Flow e ad Ecodoppler epatico. Sono stati raccolti i dati anagrafici, morfologici, anamnestici e i markers sierologici per il calcolo degli scores MELD-XI, APRI, FIB4, i valori di Shear Stress assiale e circonferenziale e gli indici di pulsatilità e resistenza delle arterie epatica e renale. Risultati: Il tempo trascorso tra la Fontan e lo studio è stato di 17,8 anni. Età media alla Fontan 6,8 anni. Tutti i pazienti avevano un quadro compatibile con epatopatia. I markers sierologici e gli scores MELD-XI,APRI e FIB4 si sono dimostrati di scarsa utilità. All’ecografia tutti i pazienti avevano ecostruttura irregolare, splenomegalia e valori elevati di pulsatilità e resistenza dell’arteria epatica e splenica. La rigidità epatica media è stata di 12,4 Kpa. Alla RMN 4DF lo Shear stress assiale è stato massimo a livello del condotto (0,16 Pa) e minimo a livello delle vene sovra epatiche (0,05 Pa). Lo Shear Stress si è mostrato massimo nei pazienti con emodinamica sfavorevole e peggior quadro ecografico addominale, evidenziando aree di inefficienza energetica. Conclusioni: La combinazione delle diagnostiche di imaging non invasive potrebbe rivelarsi adeguata per il monitoraggio della FALD. In particolare, la RMN 4D Flow potrebbe rivelare aree di inefficienza energetica predisponenti alla FALD. Questo potrebbe indirizzare in modo specifico la terapia dei pazienti operati o addirittura indurre la modifica del disegno della Fontan verso forme più efficienti.
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Background and Aim: Acute cardiac rejection is currently diagnosed by endomyocardial biopsy (EMB), but multiparametric cardiac magnetic resonance (CMR) may be a non-invasive alternative by its capacity for myocardial structure and function characterization. Our primary aim was to determine the utility of multiparametric CMR in identifying acute graft rejection in paediatric heart transplant recipients. The second aim was to compare textural features of parametric maps in cases of rejection versus those without rejection. Methods: Fifteen patients were prospectively enrolled for contrast-enhanced CMR followed by EMB and right heart catheterization. Images were acquired on a 1,5 Tesla scanner including T1 mapping (modified Look-Locker inversion recovery sequence – MOLLI) and T2 mapping (modified GraSE sequence). The extracellular volume (ECV) was calculated using pre- and post-gadolinium T1 times of blood and myocardium and the patient’s hematocrit. Markers of graft dysfunction including hemodynamic measurements from echocardiography, catheterization and CMR were collated. Patients were divided into two groups based on degree of rejection at EMB: no rejection with no change in treatment (Group A) and acute rejection requiring new therapy (Group B). Statistical analysis included student’t t test and Pearson correlation. Results: Acute rejection was diagnosed in five patients. Mean T1 values were significantly associated with acute rejection. A monotonic, increasing trend was noted in both mean and peak T1 values, with increasing degree of rejection. ECV was significantly higher in Group B. There was no difference in T2 signal between two groups. Conclusion: Multiparametric CMR serves as a noninvasive screening tool during surveillance encounters and may be used to identify those patients that may be at higher risk of rejection and therefore require further evaluation. Future and multicenter studies are necessary to confirm these results and explore whether multiparametric CMR can decrease the number of surveillance EMBs in paediatric heart transplant recipients.
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L'incidenza complessiva dell'insufficienza cardiaca a livello globale sta aumentando, sia a causa della crescente aspettativa di vita per i pazienti che ricevono una diagnosi, sia per un progressivo invecchiamento della popolazione. Nonostante i continui progressi clinici, questa patologia continua ad avere una alta mortalità e a causare una forte sintomatologia nei pazienti che ne sono affetti. Per questo motivo e per il forte peso che questa patologia ha sulla sanità si è reso necessario cercare di prevenire eventi di scompenso cardiaco o di peggioramento della condizione di insufficienza cardiaca. Questo elaborato si sofferma inizialmente sull'insufficienza cardiaca, sulla sua patologia, le sue classificazioni, la sua epidemiologia e sui dispostivi impiantabili utilizzati nel trattamento di quest'ultima. Successivamente sono stati analizzati cinque studi clinici longitudinali, di cui uno monoparametrico e gli altri multiparametrici, caratterizzati dal monitoraggio remoto di alcuni parametri vitali con l'obiettivo di individuare, e quindi prevenire, eventi avversi o un peggioramento della condizione di insufficienza cardiaca.
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Background:La letteratura dimostra che nei soggetti con insufficienza cardiaca grave l'impianto del Dispositivo di Assistenza Ventricolare (VAD) migliora la sopravvivenza in attesa del trapianto cardiaco. Nei soggetti portatori di VAD si rende sempre più indicato il trattamento fisioterapico, ma esistono ancora poche evidenze circa la sua efficacia. Obiettivo:Obiettivo primario di questa Revisione Sistematica è quello di valutare, nelle persone con VAD, le prove di efficacia della fisioterapia sulla funzionalità cardio-respiratoria, l’autonomia funzionale e la qualità della vita, ma anche l’incidenza di eventi avversi. Obiettivo secondario è la definizione di un possibile protocollo fisioterapico, accompagnato da appropriati strumenti di misura, indicato nei soggetti con VAD. Metodi:Sono stati ricercati dal 1/06 al 30/09/22 nei database PubMed, Cochrane Library, Scopus e PEDro, studi clinici randomizzati e controllati che valutassero l'impatto della fisioterapia dopo impianto di VAD rispetto all’usual care, in seguito stimati nel loro rischio di bias con il Cochrane RoB2tool. La sintesi dei dati è stata effettuata in forma qualitativa. Risultati:Sono stati inclusi 4 RCT per un totale di 82 partecipanti. Negli studi il trattamento è durato fino a 12 settimane ed è consistito in allenamento aerobico e/o esercizi di rinforzo e/o fisioterapia respiratoria, con una frequenza media di 3 vv/settimana. È stato registrato un solo evento avverso legato alla fisioterapia in uno studio. I risultati hanno mostrato miglioramenti nei valori di assorbimento del picco di ossigeno, nella distanza percorsa con il 6MWT e nei punteggi della QoL, senza tuttavia differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Conclusioni:La fisioterapia dopo l'impianto di VAD migliora la capacità funzionale e la QoL. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi, preferibilmente multicentrici e con follow-up più lunghi, per valutare i reali benefici clinici della fisioterapia in tale popolazione.
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Negli ultimi anni, nell' ambito dell' ingegneria dei tessuti, ha avuto un rapido aumento la generazione di tessuti cardiaci miniaturizzati, per lo studio della fisiologia cardiaca e delle patologie. In questa tesi, viene analizzato un processo di realizzazione di un dispositivo heart-on-a-chip recentemente pubblicato da Jayne et al. Per il processo di fabbricazione dei dispositivi è stata utilizzata una combinazione di Soft Lithography e Direct Laser Writing (DLW). Quest' ultima, in particolare, ha fornito due importanti caratteristiche ai dispositivi deputati alla semina cellulare: una struttura curva lungo l’ asse verticale e strutture 3D di diverse altezze sullo stesso piano. Tramite DLW sono stati realizzati anche precisi punti di adesione per le cellule staminali pluripotenti indotte, che hanno consentito di controllare la geometria dei tessuti ingegnerizzati. In particolare, oltre al processo di fabbricazione, in questo lavoro vengono anche illustrate le procedure necessarie al fine di calibrare i microsensori utilizzati per monitorare i costrutti. La prima fase della calibrazione si occupa di determinare la responsività meccanica dei sensori di spostamento, mentre la seconda valuta quella dei sensori elettrici, deputati alla conversione di spostamenti in variazioni di resistenza elettrica.
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Nel seguente elaborato viene trattata la tematica del pacemaker, vista in prima battuta come funzione di autogenerazione elettrica da parte del cuore, con la descrizione dei fenomeni fisiologici alla base di questo fenomeno. Poi successivamente viene data una panoramica sugli studi che hanno portato alla realizzazione dei primi prototipi o dispositivi elettronici utili a sopperire a mancanze o a disturbi legati al sistema di conduzione. In particolare, si evidenzia come la sede dello stimolo, ovvero il nodo senoatriale, sia stata in modo efficiente sostituito da apparecchi biocompatibili e facilmente impiantabili, poiché di piccole dimensioni. Tuttavia, a causa, ad esempio, di alcuni limiti imposti dal consumo di potenza o dal degradarsi della batteria, ci si è chiesti se si potessero trovare delle alternative, altresì utili, per il ripristino dell’attività cardiaca. Per queste ragioni, come suggerito dal titolo, la trattazione di questo elaborato va ad incentrarsi su un ambito diverso ma complementare, quello biologico; in particolare, vengono messi in luce i principali approcci che si sono susseguiti nel corso dei decenni nello studio e nella ricerca per il ripristino dell’autostimolazione del battito, come alternative o compartecipazione, all’impianto di dispositivi elettronici. Viene messo il focus sul concetto di Biopacemaker, il quale riassume la commistione che c’è stata e che tuttora si cerca di fortificare tra l’ambito elettronico e quello legato alla biologia, alla genetica ed all’ingegneria tissutale.