491 resultados para Marqueur de différenciation tumorale


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Introduzione Attualmente i principali punti critici del trattamento dell’HCC avanzato sono: 1) la mancanza di predittori di risposta alla terapia con sorafenib, 2) lo sviluppo resistenze al sorafenib, 3) la mancanza di terapie di seconda linea codificate. Scopo della tesi 1) ricerca di predittori clinico-laboratoristici di risposta al sorafenib in pazienti ambulatoriali con HCC; 2) valutazione dell’impatto della sospensione temporanea-definitiva del sorafenib in un modello murino di HCC mediante tecniche ecografiche; 3) valutazione dell’efficacia della capecitabina metronomica come seconda linea dell’HCC non responsivo a sorafenib. Risultati Studio-1: 94 pazienti con HCC trattato con sorafenib: a presenza di metastasi e PVT-neoplastica non sembra inficiare l’efficacia del sorafenib. AFP basale <19 ng/ml è risultata predittrice di maggiore sopravvivenza, mentre lo sviluppo di nausea di una peggiore sopravvivenza. Studio -2: 14 topi con xenografts di HCC: gruppo-1 trattato con placebo, gruppo-2 trattato con sorafenib con interruzione temporanea del farmaco e gruppo-3 trattato con sorafenib con sospensione definitiva del sorafenib. La CEUS targettata per il VEGFR2 ha mostrato al giorno 13 valori maggiori di dTE nel gruppo-3 confermato da un aumento del VEGFR2 al Western-Blot. I tumori del gruppo-2 dopo 2 giorni di ritrattamento, hanno mostrato un aumento dell’elasticità tissutale all’elastonografia. Studio-3:19 pazienti trattati con capecitabina metronomica dopo sorafenib. Il TTP è stato di 5 mesi (95% CI 0-10), la PFS di 3,6 mesi (95% CI 2,8-4,3) ed la OS di 6,3 mesi (95% CI 4-8,6). Conclusioni Lo sviluppo di nausea ed astenia ed AFP basale >19, sono risultati predittivi di una minore risposta al sorafenib. La sospensione temporanea del sorafenib in un modello murino di HCC non impedisce il ripristino della risposta tumorale, mentre una interruzione definitiva tende a stimolare un “effetto rebound” dell’angiogenesi. La capecitabina metronomica dopo sorafenib ha mostrato una discreta attività anti-neoplastica ed una sicurezza accettabile.

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Il progresso tecnologico nel campo della biologia molecolare, pone la comunità scientifica di fronte all’esigenza di dare un’interpretazione all’enormità di sequenze biologiche che a mano a mano vanno a costituire le banche dati, siano esse proteine o acidi nucleici. In questo contesto la bioinformatica gioca un ruolo di primaria importanza. Un nuovo livello di possibilità conoscitive è stato introdotto con le tecnologie di Next Generation Sequencing (NGS), per mezzo delle quali è possibile ottenere interi genomi o trascrittomi in poco tempo e con bassi costi. Tra le applicazioni del NGS più rilevanti ci sono senza dubbio quelle oncologiche che prevedono la caratterizzazione genomica di tessuti tumorali e lo sviluppo di nuovi approcci diagnostici e terapeutici per il trattamento del cancro. Con l’analisi NGS è possibile individuare il set completo di variazioni che esistono nel genoma tumorale come varianti a singolo nucleotide, riarrangiamenti cromosomici, inserzioni e delezioni. Va però sottolineato che le variazioni trovate nei geni vanno in ultima battuta osservate dal punto di vista degli effetti a livello delle proteine in quanto esse sono le responsabili più dirette dei fenotipi alterati riscontrabili nella cellula tumorale. L’expertise bioinformatica va quindi collocata sia a livello dell’analisi del dato prodotto per mezzo di NGS ma anche nelle fasi successive ove è necessario effettuare l’annotazione dei geni contenuti nel genoma sequenziato e delle relative strutture proteiche che da esso sono espresse, o, come nel caso dello studio mutazionale, la valutazione dell’effetto della variazione genomica. È in questo contesto che si colloca il lavoro presentato: da un lato lo sviluppo di metodologie computazionali per l’annotazione di sequenze proteiche e dall’altro la messa a punto di una pipeline di analisi di dati prodotti con tecnologie NGS in applicazioni oncologiche avente come scopo finale quello della individuazione e caratterizzazione delle mutazioni genetiche tumorali a livello proteico.

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Dendritic cells (DCs) are the most potent cell type for capture, processing, and presentation of antigens. They are able to activate naïve T cells as well as to initiate memory T-cell immune responses. T lymphocytes are key elements in eliciting cellular immunity against bacteria and viruses as well as in the generation of anti-tumor and anti-leukemia immune responses. Because of their central position in the immunological network, specific manipulations of these cell types provide promising possibilities for novel immunotherapies. Nanoparticles (NP) that have just recently been investigated for use as carriers of drugs or imaging agents, are well suited for therapeutic applications in vitro and also in vivo since they can be addressed to cells with a high target specificity upon surface functionalization. As a first prerequisite, an efficient in vitro labeling of cells with NP has to be established. In this work we developed protocols allowing an effective loading of human monocyte-derived DCs and primary antigen-specific T cells with newly designed NP without affecting biological cell functions. Polystyrene NP that have been synthesized by the miniemulsion technique contained perylenmonoimide (PMI) as a fluorochrome, allowing the rapid determination of intracellular uptake by flow cytometry. To confirm intracellular localization, NP-loaded cells were analyzed by confocal laser scanning microscopy (cLSM) and transmission electron microscopy (TEM). Functional analyses of NP-loaded cells were performed by IFN-γ ELISPOT, 51Chromium-release, and 3H-thymidine proliferation assays. In the first part of this study, we observed strong labeling of DCs with amino-functionalized NP. Even after 8 days 95% of DCs had retained nanoparticles with a median fluorescence intensity of 67% compared to day 1. NP loading did not influence expression of cell surface molecules that are specific for mature DCs (mDCs) nor did it influence the immunostimulatory capacity of mDCs. This procedure did also not impair the capability of DCs for uptake, processing and presentation of viral antigens that has not been shown before for NP in DCs. In the second part of this work, the protocol was adapted to the very different conditions with T lymphocytes. We used leukemia-, tumor-, and allo-human leukocyte antigen (HLA) reactive CD8+ or CD4+ T cells as model systems. Our data showed that amino-functionalized NP were taken up very efficiently also by T lymphocytes, which usually had a lower capacity for NP incorporation compared to other cell types. In contrast to DCs, T cells released 70-90% of incorporated NP during the first 24 h, which points to the need to escape from intracellular uptake pathways before export to the outside can occur. Preliminary data with biodegradable nanocapsules (NC) revealed that encapsulated cargo molecules could, in principle, escape from the endolysosomal compartment after loading into T lymphocytes. T cell function was not influenced by NP load at low to intermediate concentrations of 25 to 150 μg/mL. Overall, our data suggest that NP and NC are promising tools for the delivery of drugs, antigens, and other molecules into DCs and T lymphocytes.

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CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.

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Oggetto della tesi e' l'approfondimento su tecniche e metodiche di preservazione del polmone isolato per lo studio ecografico. E' discussa l'appropriatezza sull'uso degli ultrasuoni in corso di chirurgia mini invasiva polmonare, obiettivo di una ricerca sperimentale. Il razionale dello studio si fonda sull'indicazione all'exeresi chirurgica di noduli polmonari di diametro inferiore al centometro, ovvero di diametro superiore ma localizzati in aree centrali del polmone. Queste lesioni sono sempre piu' frequentente diagnosticate per mezzo di avanzate tecniche di imaging. L'atto chirurgico ha scopo terapeutico quando sia stata posta la diagnosi di neoplasia maligna, diagnostico-terapeutico quando non sia ancora ottenuta la tipizzazione istologica della lesione. La tecnica toracoscopica offre numerosi vantaggi rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali ma presenta il grave limite di non permettere la palpazione diretta del tessuto polmonare e la localizzazione della formazione tumorale quando essa non sia visibile macroscopicamente. Gli ultrasuoni sono stati utilizzati con successo per indirizzare la localizzazione del nodulo polmonare. Scopo dello studio sperimentale e' quello di confrontare tecniche diverse di preservazione del polmone isolato in un modello animale, comparando catatteristiche e prestazioni di sonde ecografiche differenti per tipologia. Del tutto recentemente, in ambito trapiantologico, sono state proposte tecniche di preservazione organica utili ai fini di uno studio anatomico sperimentale particolareggiato (EVLP) e moderna e' da considerarsi la concezione di mezzi tecnici specifici per la localizzazione di bersagli intrapolmonari. La tecnica clinica applicata allo studio del particolare ecografico, nel modello animale, ha reso comprensibile e meglio definito il ruolo delle sonde ecografiche nell'individuazione di forme tumorali suscettibili di exeresi definitiva.

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Lo scopo di questa tesi è quello di presentare alcuni degli algoritmi di ricostruzione utilizzati nei sistemi a microonde per l'imaging della mammella. Sebbene, la mammografia a raggi X sia la tecnica che a oggi presenta le migliori caratteristiche per la rilevazione di lesioni tumorali ai tessuti del seno, la compressione necessaria nel processo di imaging e la probabilità non trascurabile di falsi negativi hanno portato alla ricerca e allo sviluppo di metodi alternativi di imaging alla mammella. Tra questi, l'imaging attraverso microonde sfrutta la differenza delle proprietà dielettriche tra tessuto sano e tumorale. Nel seguente elaborato verrà descritto come è ottenuta l'immagine dell'interno della mammella attraverso gli algoritmi di ricostruzione utilizzati da vari prototipi di sistemi di imaging. Successivamente verranno riportati degli esempi che mostrano i risultati ottenuti attraverso simulazioni o, quando possibile, in ambiente clinico.

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Il Sorafenib è l’unica terapia sistemica approvata per l’epatocarcinoma (HCC) avanzato. Tuttavia, molti tumori sviluppano resistenze. La chemioterapia metronomica sembrerebbe avere un effetto antiangiogenetico. La Capecitabina metronomica è potenzialmente efficace nell’HCC avanzato. Lo scopo dello studio è stato valutare il comportamento di un modello murino di HCC sottoposto a Sorafenib, Capecitabina e terapia combinata, per dimostrarne un eventuale effetto sinergico. Il modello è stato creato in topi scid mediante inoculazione sottocutanea di 5 milioni di cellule HuH7. I topi sono stati suddivisi in 4 gruppi: gruppo 1 sottoposto a terapia con placebo (9 topi), gruppo 2 a Sorafenib (7 topi), gruppo 3 a Capecitabina (7 topi) e gruppo 4 a terapia combinata Sorafenib+Capecitabina (10 topi). I topi sono stati studiati al giorno 0 e 14 con ecografia B-mode e con mezzo di contrasto (CEUS). Al giorno 14 sono stati sacrificati e i pezzi tumorali sono stati conservati per l’analisi Western Blot. Un topo del gruppo 1 e 4 topi del gruppo 4 sono morti precocemente e quindi sono stati esclusi. Il delta di crescita tumorale al giorno 14 rispetto al giorno 0 è risultato di +503 %, +158 %, +462 % e +176 % rispettivamente nei 4 gruppi (p<0.05 tra i 4 gruppi, tra il gruppo 1 e 2, tra il gruppo 1 e 4, tra il gruppo 2 e 3, tra il gruppo 3 e 4). Alla CEUS non si sono evidenziate differenze statisticamente significative nei cambiamenti di perfusione tumorale al giorno 14 nei 4 gruppi. L’analisi Western Blot ha mostrato livelli di VEGFR-2 inferiori nel gruppo dei topi trattati con Sorafenib. La terapia di associazione di Sorafenib e Capecitabina non comporta un beneficio, in termini di riduzione della crescita tumorale, in un modello murino di HCC rispetto al solo Sorafenib. Inoltre, può essere sospettato un incremento di tossicità.

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I tumori, detti anche ''la malattia del secolo'', portano ogni anno alla morte di oltre 7 milioni di persone al mondo. Attualmente è una malattia molto diffusa che colpisce soprattutto persone anziane e non solo; tuttavia ancora non esiste una cura ''esatta'' che riesca a guarire la totalità delle persone: anzi si è ben lontani da questo risultato. La difficoltà nel curare queste malattie sta nel fatto che, oltre ad esservi una grande varietà di tipologie (è quindi difficile trovare una cura unica), spesse volte la malattie viene diagnosticata molto tempo dopo la comparsa per via dei sintomi che compaiono in ritardo: si intende quindi che si parla di una malattia molto subdola che spesse volte lascia poche speranze di vita. Uno strumento, utilizzato assieme alla terapie mediche, è quello della modellizzazione matematica: essa cerca di descrivere e prevedere, tramite equazioni, lo sviluppo di questo processo e, come ben si intenderà, poter conoscere in anticipo quel che accadrà al paziente è sicuramente un fattore molto rilevante per la sua cura. E' interessante vedere come una materia spesso definita come "noiosa" ed ''inutile'', la matematica, possa essere utilizzata per i più svariati, come -nel caso specifico- quello nobile della cura di un malato: questo è un aspetto di tale materia che mi ha sempre affascinato ed è anche una delle ragioni che mi ha spinto a scrivere questo elaborato. La tesi, dopo una descrizione delle basi oncologiche, si proporrà di descrivere le neoplasie da un punto di vista matematico e di trovare un algoritmo che possa prevedere l'effetto di una determinata cura. La descrizione verrà fatta secondo vari step, in modo da poter rendere la trattazione più semplice ed esaustiva per il lettore, sia egli esperto o meno dell'argomento trattato. Inizialmente si terrano distinti i modelli di dinamica tumorale da quelli di cinetica farmacologica, ma poi verrano uniti ed utilizzati assieme ad un algoritmo che permetta di determinare l'effetto della cura e i suoi effetti collaterali. Infine, nella lettura dell'elaborato il lettore deve tenere sempre a mente che si parla di modelli matematici ovvero di descrizioni che, per quanto possano essere precise, sono pur sempre delle approssimazioni della realtà: non per questo però bisogna disdegnare uno strumento così bello ed interessante -la matematica- che la natura ci ha donato.

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Immunotherapy with T cells genetically modified by retroviral transfer of tumor-associated antigen (TAA)-specific T cell receptors (TCR) is a promising approach in targeting cancer. Therefore, using a universal TAA to target different tumor entities by only one therapeutic approach was the main criteria for our TAA-specific TCR. Here, an optimized (opt) αβ-chain p53(264-272)-specific and an opt single chain (sc) p53(264-272)-specific TCR were designed, to reduce mispairing reactions of endogenous and introduced TCR α and TCR β-chains, which might lead to off-target autoimmune reactions, similar to Graft-versus-host disease (GvHD). rnIn this study we evaluated the safety issues, which rise by the risk of p53TCR gene transfer-associated on/off-target toxicities as well as the anti-tumor response in vivo in a syngeneic HLA-A*0201 transgenic mouse model. We could successfully demonstrate that opt sc p53-specific TCR-redirected T cells prevent TCR mispairing-mediated lethal off-target autoimmunity in contrast to the parental opt αβ-chain p53-specific TCR. Since the sc p53-specific TCR proofed to be safe, all further studies were performed using sc p53-specific TCR redirected T cells only. Infusion of p53-specific TCR-redirected T cells in Human p53 knock-in (Hupki) mice after lymphodepletion-preconditioning regimen with either sublethal body irradiation (5Gy) or chemotherapy (fludarabine and cyclophosphamide) in combination with vaccination (anti-CD40, CpG1668 and p53(257-282) peptide) did not result in a depletion of hematopoietic cells. Moreover, adoptive transfer of high numbers of p53-specific TCR-redirected T cells in combination with Interleukin 2 (IL-2) also did not lead to toxic on-target reactions. The absence of host tissue damage was confirmed by histology and flow cytometry analysis. Furthermore, p53-specific TCR-redirected T cells were able to lyse p53+A2.1+ tumor cells in vitro. However, in vivo studies revealed the potent suppressive effect of the tumor microenvironment (TME) mediated by tumor-infiltrating myeloid-derived suppressor cells (MDSC). Accordingly, we could improve an insufficient anti-tumor response in vivo after injection of the sc p53-specific TCR-redirected T cells by additional depletion of immunosuppressive cells of the myeloid lineage.rnTogether, these data suggest that the optimized sc p53(264-272)-specific TCR may represent a safe and efficient approach for TCR-based gene therapy. However, combinations of immunotherapeutic strategies are needed to enhance the efficacy of adoptive cell therapy (ACT)-mediated anti-tumor responses.

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Adoptive T cell therapy using antigen-specific T lymphocytes is a powerful immunotherapeutic approach against cancer. Nevertheless, many T cells against tumor-antigens exhibit only weak anti-tumoral response. To overcome this barrier it is necessary to improve the potency and anti-tumoral efficacy of these T cells. Activation and activity of T cells are tightly controlled to inhibit unwanted T cell responses and to reduce the risk of autoimmunity. Both are regulated by extrinsic signals and intrinsic mechanisms which suppress T cell activation. The intrinsic mechanisms include the expression of phosphatases that counteract the activation-inducing kinases. Modifying the expression of these phosphatases allows the targeted modulation of T cell reactivity. MicroRNAs (miRNAs) are regulatory small noncoding RNA molecules that control gene expression by targeting messenger RNAs in a sequence specific manner. Gene-specific silencing plays a key role in diverse biological processes, such as development, differentiation, and functionality. miR181a has been shown to be highly expressed in immature T cells that recognize low-affinity antigens.rnThe present study successfully shows that ectopic expression of miR181a is able to enhance the sensitivity of both murine and human T cells. In CD4+ T helper cells as well as in CD8+ cytotoxic T cells the overexpression of miR181a leads to downregulation of multiple phosphatases involved in the T cell receptor signaling pathway. Overexpression of miR181a in human T cells achieves a co-stimulatory independent activation and has an anti-apoptotic effect on CD4+ T helper cells. Additionally, increasing the amount of miR181a enhances the cytolytic activity of murine CD8+ TCRtg T cells in an antigen-specific manner.rnTo test miR181a overexpressing T cells in vivo, a mouse tumor model using a B cell lymphoma cell line (A20-HA) expressing the Influenza hemagglutinin (Infl.-HA) antigen was established. The expression of model antigens in tumor cell lines enables targeted elimination of tumors using TCRtg T cells. The transfer of miR181a overexpressing Infl.-HA TCRtg CD8+ T cells alone has no positive effect neither on tumor control nor on survival of A20-HA tumor-bearing mice. In contrast, the co-transfer of miR181a overexpressing Infl.-HA TCRtg CD8+ and CD4+ T cells leads to improved tumor control and prolongs survival of A20-HA tumor-bearing mice. This effect is characterized by higher amounts of effector T cells and the expansion of Infl.-HA TCRtg CD8+ T cells.rnAll effects were achieved by changes in expression of several genes including molecules involved in T cell differentiation, activation, and regulation, cytotoxic effector molecules, and receptors important for the homing process of T cells in miR181a overexpressing T cells. The present study demonstrates that miR181a is able to enhance the anti-tumoral response of antigen-specific T cells and is a promising candidate for improving adoptive cell therapy.

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Da nicht-synonyme tumorspezifische Punktmutationen nur in malignen Geweben vorkommen und das veränderte Proteinprodukt vom Immunsystem als „fremd“ erkannt werden kann, stellen diese einen bisher ungenutzten Pool von Zielstrukturen für die Immuntherapie dar. Menschliche Tumore können individuell bis zu tausenden nicht-synonymer Punktmutationen in ihrem Genom tragen, welche nicht der zentralen Immuntoleranz unterliegen. Ziel der vorliegenden Arbeit war die Hypothese zu untersuchen, dass das Immunsystem in der Lage sein sollte, mutierte Epitope auf Tumorzellen zu erkennen und zu klären, ob auf dieser Basis eine wirksame mRNA (RNA) basierte anti-tumorale Vakzinierung etabliert werden kann. Hierzu wurde von Ugur Sahin und Kollegen, das gesamte Genom des murinen B16-F10 Melanoms sequenziert und bioinformatisch analysiert. Im Rahmen der NGS Sequenzierung wurden mehr als 500 nicht-synonyme Punktmutationen identifiziert, von welchen 50 Mutationen selektiert und durch Sanger Sequenzierung validiert wurden. rnNach der Etablierung des immunologischen Testsysteme war eine Hauptfragestellung dieser Arbeit, die selektierten nicht-synonyme Punktmutationen in einem in vivo Ansatz systematisch auf Antigenität zu testen. Für diese Studien wurden mutierte Sequenzen in einer Länge von 27 Aminosäuren genutzt, in denen die mutierte Aminosäure zentral positioniert war. Durch die Länge der Peptide können prinzipiell alle möglichen MHC Klasse-I und -II Epitope abgedeckt werden, welche die Mutation enthalten. Eine Grundidee des Projektes Ansatzes ist es, einen auf in vitro transkribierter RNA basierten oligotopen Impfstoff zu entwickeln. Daher wurden die Impfungen naiver Mäuse sowohl mit langen Peptiden, als auch in einem unabhängigen Ansatz mit peptidkodierender RNA durchgeführt. Die Immunphänotypisierung der Impfstoff induzierten T-Zellen zeigte, dass insgesamt 16 der 50 (32%) mutierten Sequenzen eine T-Zellreaktivität induzierten. rnDie Verwendung der vorhergesagten Epitope in therapeutischen Vakzinierungsstudien bestätigten die Hypothese das mutierte Neo-Epitope potente Zielstrukturen einer anti-tumoralen Impftherapie darstellen können. So wurde in therapeutischen Tumorstudien gezeigt, dass auf Basis von RNA 9 von 12 bestätigten Epitopen einen anti-tumoralen Effekt zeigte.rnÜberaschenderweise wurde bei einem MHC Klasse-II restringierten mutiertem Epitop (Mut-30) sowohl in einem subkutanen, als auch in einem unabhängigen therapeutischen Lungenmetastasen Modell ein starker anti-tumoraler Effekt auf B16-F10 beobachtet, der dieses Epitop als neues immundominantes Epitop für das B16-F10 Melanom etabliert. Um den immunologischen Mechanismus hinter diesem Effekt näher zu untersuchen wurde in verschieden Experimenten die Rolle von CD4+, CD8+ sowie NK-Zellen zu verschieden Zeitpunkten der Tumorentwicklung untersucht. Die Analyse des Tumorgewebes ergab, eine signifikante erhöhte Frequenz von NK-Zellen in den mit Mut-30 RNA vakzinierten Tieren. Das NK Zellen in der frühen Phase der Therapie eine entscheidende Rolle spielen wurde anhand von Depletionsstudien bestätigt. Daran anschließend wurde gezeigt, dass im fortgeschrittenen Tumorstadium die NK Zellen keinen weiteren relevanten Beitrag zum anti-tumoralen Effekt der RNA Vakzinierung leisten, sondern die Vakzine induzierte adaptive Immunantwort. Durch die Isolierung von Lymphozyten aus dem Tumorgewebe und deren Einsatz als Effektorzellen im IFN-γ ELISPOT wurde nachgewiesen, dass Mut-30 spezifische T-Zellen das Tumorgewebe infiltrieren und dort u.a. IFN-γ sekretieren. Dass diese spezifische IFN-γ Ausschüttung für den beobachteten antitumoralen Effekt eine zentrale Rolle einnimmt wurde unter der Verwendung von IFN-γ -/- K.O. Mäusen bestätigt.rnDas Konzept der individuellen RNA basierten mutationsspezifischen Vakzine sieht vor, nicht nur mit einem mutations-spezifischen Epitop, sondern mit mehreren RNA-kodierten Mutationen Patienten zu impfen um der Entstehung von „escape“-Mutanten entgegenzuwirken. Da es nur Erfahrung mit der Herstellung und Verabreichung von Monotop-RNA gab, also RNA die für ein Epitop kodiert, war eine wichtige Fragestellungen, inwieweit Oligotope, welche die mutierten Sequenzen sequentiell durch Linker verbunden als Fusionsprotein kodieren, Immunantworten induzieren können. Hierzu wurden Pentatope mit variierender Position des einzelnen Epitopes hinsichtlich ihrer in vivo induzierten T-Zellreaktivitäten charakterisiert. Die Experimente zeigten, dass es möglich ist, unabhängig von der Position im Pentatop eine Immunantwort gegen ein Epitop zu induzieren. Des weiteren wurde beobachtet, dass die induzierten T-Zellfrequenzen nach Pentatop Vakzinierung im Vergleich zur Nutzung von Monotopen signifikant gesteigert werden kann.rnZusammenfassend wurde im Rahmen der vorliegenden Arbeit präklinisch erstmalig nachgewiesen, dass nicht-synonyme Mutationen eine numerisch relevante Quelle von Zielstrukturen für die anti-tumorale Immuntherapie darstellen. Überraschenderweise zeigte sich eine dominante Induktion MHC-II restringierter Immunantworten, welche partiell in der Lage waren massive Tumorabstoßungsreaktionen zu induzieren. Im Sinne einer Translation der gewonnenen Erkenntnisse wurde ein RNA basiertes Oligotop-Format etabliert, welches Eingang in die klinische Testung des Konzeptes fand.rn

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Il presente lavoro di tesi ha l’obiettivo di sviluppare uno strumento di aiuto alla diagnosi tumorale basato sull’analisi dell’impedenza a diverse frequenze. L’impedenza di un tessuto è intesa come l’opposizione che esso offre nell’essere attraversato da un’eccitazione in corrente o in tensione, pertanto lo strumento prevede l’applicazione di una tensione mediante elettrodi e la conseguente lettura della corrente. Da un’analisi delle tecniche utilizzate per individuare l’impedenza si è scelta un’eccitazione sinusoidale e si è quindi progettata una catena analogica di acquisizione del segnale. Si è utilizzato un microcontrollore per l’elaborazione dei dati e per inserire sistemi di controllo nel circuito . Sono stati realizzati inoltre elettrodi ad hoc per lo strumento al fine di soddisfare esigenze di dimensioni e di adattamento al progetto circuitale. Per validare il dispositivo sono state realizzate prove in laboratorio al fine di ricercare l’accuratezza delle misure, inoltre sono previsti dei test sperimentali su pazienti a breve .

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La TC perfusionale (TCp) è un valido strumento per l'imaging funzionale dei tumori. Tale tecnica consente di misurare in modo oggettivo la perfusione tissutale, attraverso l'analisi matematica dei dati ottenuti effettuando scansioni TC ripetute nel tempo, dopo la somministrazione di un mezzo di contrasto iodato. Il principale obiettivo degli studi perfusionali in oncologia è la valutazione precoce dell’efficacia delle terapie anti-angiogenetiche utilizzate per bloccare la vascolarizzazione che alimenta le lesioni tumorali. Infatti, sin dal primo ciclo di terapie, è possibile rilevare se la vascolarizzazione tumorale si riduce, senza dover attendere i cambiamenti dimensionali che, in genere, avvengono tardivamente. Questa Tesi si focalizza sullo studio del carcinoma polmonare e perviene alla costruzione di un catalogo, completo di mappe colorimetriche, che sintetizza i casi analizzati, i dati relativi al paziente e alle lesioni. L'obiettivo è quindi quello di fornire uno strumento di facile consultazione che consenta di valutare vari aspetti relativi alla malattia, tra cui il tasso di accrescimento, il grado di malignità, presenza di invasione vascolare, al fine di andare sempre più verso una cura personalizzata e più efficace per i pazienti che, attualmente, sono sottoposti a soluzione terapeutica standard. Questa è, senza dubbio, la nuova frontiera della ricerca per tutte i tipi di neoplasie negli anni futuri.

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In questa tesi si studia l'angiogenesi tumorale, dapprima descrivendo i fenomeni biologici alla base della dinamica cellulare, e successivamente, dopo aver introdotto gli strumenti matematici necessari, sviluppandone un modello seguendo la letteratura esistente basato sulle equazioni differenziali stocastiche e su quelle di Fokker-Planck. Ne vengono infine realizzate simulazioni numeriche.

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In recent years, a growing number of reports in the literature have linked osteonecrosis of the jaw bones with intravenously administered bisphosphonates prescribed for the treatment of hypercalcemia of malignancy due to bone lesions of multiple myeloma or bone metastases in patients with breast or prostate cancer. Furthermore, an association between chronic oral bisphosphonate use in patients with osteoporosis or Paget's disease, and bone necrosis in the mandible or maxilla has been demonstrated in numerous case reports and case series in the last couple of years. Therapeutically, osteonecrosis of the jaws seems to be difficult to treat surgically, often resulting in a recurring or even progressing lesion. In the present case report of a bisphosphonate-associated osteonecrosis of the maxilla in a patient with osteoporosis, the current literature will be discussed, and open research questions and potential problems for our daily dental practice routine will be addressed.