896 resultados para Georg, duke of Braunschweig


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La ricerca ricostruisce alcuni aspetti della vita politica, sociale e culturale di Reggio Emilia a partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento. La campagna militare del 1848-49 e le vicende sociali e politiche che l’accompagnarono costituiscono il punto focale di questo lavoro che mette in evidenza come il complesso di quegli avvenimenti operò un mutamento irreversibile nella realtà cittadina, alimentando aspettative e ideali che non poterono più rimanere confinati nel sistema di governo ducale, divenuto asfittico e superato. Dopo una ricognizione generale della storiografia esistente si è evidenziata la necessità di una nuova lettura della storia cittadina che tenesse conto degli approcci metodologici più recenti e di aspetti fino ad oggi trascurati o completamente ignorati, ripartendo dai documenti ed ampliando la quantità e la tipologia delle fonti. E’ stato perciò condotto un incrocio sistematico tra la documentazione d’archivio pubblica (atti di governo, polizia, decreti, chirografi ducali) e le fonti di carattere privato, spesso assolutamente inedite (cronache, diari, epistolari), cercando di mantenere un approccio il più possibile aperto, mostrando una molteplicità di punti di vista e cogliendo il riflesso dei diversi orientamenti politici e personali attraverso la lettura degli avvenimenti cittadini da parte dei diversi testimoni dell’epoca. Coerentemente con i più recenti apporti della storiografia si è voluto sottolineare l’impatto decisivo che le Istituzioni scolastiche ducali, caratterizzate da notevole conformismo e oscurantismo, hanno avuto nella maturazione politica della generazione che ha guidato il Movimento del 1848. Per portare alla luce questi aspetti è stata proposta una rilettura del sistema educativo reggiano dal punto di vista funzionale e culturale, partendo dai ricordi degli ex studenti e dalla verifica della disciplina vigente all’interno di queste istituzioni. Non poteva essere tralasciata anche una profonda revisione della storia della Chiesa di Reggio Emilia durante il Risorgimento, pertanto si è proceduto ad uno spoglio su larga scala della documentazione conservata nell’archivio della Curia vescovile di Reggio Emilia che ha permesso di giungere ad una complessiva rivalutazione del ruolo del vescovo Cattani durante le vicende del 1848, portando alla luce un aspetto fino ad oggi assolutamente sottovalutato. Nella ricostruzione delle condizioni della Provincia sono stati sottolineati soprattutto gli aspetti sociali, ampliando il quadro in cui si sono svolte le vicende attraverso nuove fonti che hanno aiutato a non focalizzare la ricerca soltanto sui ceti dirigenti e sulle personalità di rilievo. Allo stesso modo si sono descritti i luoghi e le persone della città, cercando di tracciare un ritratto il più fedele possibile della realtà urbana attraverso testimonianze di tenore e mentalità differenti da quelle ‘ufficiali’. Per gli eventi del 1848 (e per quelli del 1859-60) è stato consultato un numero cospicuo di fondi conservati presso l’Archivio di Stato di Reggio, a questi si sono aggiunti gli apporti di molte fonti di carattere privato e di documenti inediti conservati presso l’Archivio di Stato di Torino. Il lavoro propone un’analisi approfondita delle vicende cittadine tra il marzo e l’agosto 1848 e apre a nuove considerazioni sia sul municipalismo, come chiave di lettura del movimento unitario, sia sulla creazione del consenso attorno all’unione dei ducati emiliani con il Regno dell’Alta Italia guidato da Carlo Alberto. Fondamentali sono risultati i fondi della Polizia Estense conservati presso l’Archivio di Stato di Reggio Emilia. Per la loro natura e per le caratteristiche del Ducato (in cui lo stesso duca interviene di persona nei provvedimenti di polizia) hanno permesso di tracciare un quadro assolutamente inedito della vita politica e sociale della Provincia, contribuendo ad arricchire ogni aspetto del lavoro di ricerca. Nell’ultima parte del lavoro sono state messe a confronto le informazioni raccolte sui volontari attraverso lo spoglio di tutte le fonti consultate. La ricerca si era precedentemente basata sugli elenchi dei militi compilati dopo l’unificazione nazionale, elenchi nei quali molte delle informazioni relative ai partecipanti delle campagne del 1848-49 erano andate perdute. Procedendo all’incrocio dei dati raccolti dalla polizia estense al momento del ritorno degli volontari in patria con quelli reperiti nei fondi privati, nelle cronache, nella memorialistica e negli epistolari è stato possibile ricostruire un panorama più completo delle diverse tipologie di combattenti e tracciare un quadro che alla fine risulta assai coerente con la situazione politica e sociale descritta nella prima parte della tesi. Per la prima volta vengono documentate le vicende di coloro che non appartenendo alle classi dirigenti cittadine si sono trovati a combattere per una sorta di azzardo personale nutrito di idealismo patriottico oppure perché inquadrati nei battaglioni dell’ex esercito estense passato al servizio del Governo provvisorio. Emergono l’estrema eterogeneità delle motivazioni e dei destini personali dei combattenti e sono portate alla luce alcune interessanti vicende personali e familiari. I dati sono stati raccolti in modalità digitale per la loro futura fruizione on-line che andrà ad aggiornare il database degli “Albi della memoria” curati da ISTORECO. (http://www.albimemoria-istoreco.re.it/).

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Fadrique Álvarez de Toledo, que nació hacia 1460 y murió en 1531, lidera en Castilla el linaje de la casa de Alba en el tránsito de la Edad Media al Renacimiento. Primo carnal de Fernando el Católico, y colaborador íntimo de los Reyes, desarrolla una amplia labor de mecenazgo artístico y literario, de la cual son ejemplos relevantes los apoyos a poetas como Juan del Encina, Juan Boscán o Garcilaso de la Vega. A pesar de esta actividad, la crítica no se ha ocupado con detalle de este personaje por haberle eclipsado un tanto su nieto, el Gran Duque de Alba. Este artículo reproduce el inventario de la biblioteca de Don Fadrique (formado por los libros que fueron catalogados a su muerte), inédito hasta ahora y que nos muestra una rica biblioteca patrimonial de ciento ochenta y seis obras. Entre los libros religiosos encontramos biblias, tratados de oración y libros de horas; se hallan también algunos títulos indispensables de las tradiciones franciscana y dominica, que nos muestran a un personaje interesado en las nuevas corrientes devocionales de finales del siglo XV, en el escolasticismo y en las mujeres santas y visionarias del Medievo.

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Las perspectivas geopolíticas de la guerra de Sucesion espanola traspasaron ampliamente los limites de la herencia territorial de Carlos II. El político enlace del candidato austriaco al trono de Madrid, Carlos III de Austria, con Isabel Cristina de Braunschweig-Wolfenbuttel, una princesa luterana convertida ex profeso al catolicismo, vinculó las dos dinastias con el esfuerzo misionero de la Santa Sede en el norte del Sacro Imperio. En el presente estudio se propone reconstruir la relacion de la red diplomatica Wolfenbuttel con el papado y la monarquia carolina, ademas de apuntar la difusa -pero constante- presencia de la soberana dentro del proceso de financiación lombarda del misionalismo germánico a comienzos del Setecientos.

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Um dos edifícios de tipologia palaciana que se destaca na iconografia da Lisboa antiga corresponde ao desaparecido Palácio dos Câmara, condes de Vila Franca (1583) e de Ribeira Grande (depois de 1662). Situava-se na colina de S. Francisco, uma área de ocupação aristocrática da cidade, frente à igreja de Nossa Senhora dos Mártires, a leste do Paço dos Duques de Bragança e a norte do Corpo Santo, onde se erguia perto da margem do Tejo, o também já desaparecido Palácio Corte Real. Porventura ofuscada pela grandiosidade destes imóveis, a historiografia olisiponense não tem prestado a devida atenção ao palácio dos Câmara que, no entanto, deve ser encarado como um dos mais significativos palácios urbanos da primeira metade de seiscentos. Com base no cruzamento de fontes iconográficas, judiciais, administrativas e epistolares, o presente estudo dá conta dos aspetos da encomenda, da autoria e datação envolvidos na sua construção, procurando, acima de tudo, caracterizá-lo do ponto de vista tipológico, espacial e distributivo, por forma a entender as opções arquitetónicas, os padrões de gosto e as vivências do espaço interior protagonizados por um dos mais destacados membros da nobreza titular portuguesa.

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Este trabajo es el resultado de un detallado estudio acerca del modo como la justicia e institución inquisitorial consiguieron penetrar en los espacios propios de la jurisdicción señorial de Monarquía Hispánica durante el siglo XVII. Para realizar este análisis se ha tomado como objeto de estudio el ducado y la villa de Pastrana, situados en la Alcarria. Los protagonistas de esta compleja problemática estudiada fueron los grupos de portugueses que se asentaron en el territorio de este señorío y en su villa principal a lo largo de los siglos XVI y XVII, los cuales participaron en su vida social, económica y política de manera muy intensa. Su papel en la dinamización y organización interna de este espacio señorial fue notable. La acusación de judaísmo contra algunos de estos portugueses y el procesamiento inquisitorial al que fueron sometidos nos permite ver algunos aspectos fundamentales de esta interesante cuestión.

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Ce mémoire traite du débat entre le coeur et le devoir et des différentes influences qui ont conduit à la fameuse question : Pourquoi la princesse n’épouse-t-elle pas le duc de Nemours alors que tous les obstacles sont levés ? À défaut de pouvoir répondre définitivement à cette énigme dont seule Madame de La Fayette possède la clé, nous nous sommes concentrée sur les influences qui auraient pu pousser la princesse à sacrifier son coeur pour son devoir. La méthode de recherche utilisée est l’approche de la biographie intellectuelle. Il est évident que le vécu de l'auteure a teinté le contenu de son oeuvre ainsi que l'âme de son héroïne. Nous nous sommes également inspirée de la méthode sociocritique quant aux influences et mouvements de l'époque. Dans le but de simplifier la collecte des sources et l’organisation de la recherche, nous avons regroupé les influences en trois grandes catégories : les influences personnelles, internes et externes. Cette étude a mis en évidence que les moeurs, dans La Princesse de Clèves, sont le miroir de la société du XVIIe siècle. Chaque influence présentée forme le dessin d’une princesse cachant en elle le secret de son renoncement à l'amour.

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This article explores the relationship between Georg Calixtus (1586-1656) and Isaac Casaubon (1559-1614). It does this in order to highlight an oversight in the existing literature concerning Calixtus, and to encourage scholars to revisit the work of Early Modern figures who have previously been considered only from modern disciplinary perspectives. By emphasizing the relationship between Calixtus and Casaubon, this article argues that Calixtus was potentially exposed to much broader circles of intellectual debate than has previously been considered, and that a reevaluation of his work in light of these debates is therefore in order.

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This paper explores an early modern application of the Stoic principle of similitudo temporum to the study of history. In so doing, it highlights the tension between historiography and antiquarianism, suggesting that the collection of remains – whether material or immaterial – was understood in at least some early modern circles as an integral part of the historiographic process. It also emphasises the evolving meaning of “history” during this time, drawing attention to the perceived novelty of such antiquarian approaches to the study of the past, and briefly exploring subtle differences between the example at hand and the work and activities of better-known figures such as Nicolas-Claude Fabri de Peiresc and Justus Lipsius. As such, this paper makes a contribution to our evolving understanding of early modern scholarship, and draws attention to the variegated approaches of its practitioners to contemporary issues.

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Had it been published a decade earlier, Hip-hop Japan might have been cited as a good example of the kind of multi-sited ethnography George Marcus (1998) proposes. Hip-hop Japan is a critical study of cultural globalisation. It presents as much theoretical interpretation, discussions of Japanese popular culture in general, and reviews of formulations of the Japanese self by Japanese scholars, as it does of Japanese hip-hop per se. In fact, the latter is relatively thinly described, as Condry’s project is to demonstrate how Japanese hip-hop’s particularities are made up from a mix of US hip-hop, Japanese modes of fandom, contestatory uses of the Japanese language and the specific logics of the Japanese popular music recording industry. The book journeys into these worlds as much as it does into the world of Japanese hip-hop.

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The topic of my doctoral thesis is to demonstrate the usefulness of incorporating tonal and modal elements into a pitch-web square analysis of Béla Bartók's (1881-1945) opera, 'A kékszakállú herceg vára' ('Duke Bluebeard's Castle'). My specific goal is to demonstrate that different musical materials, which exist as foreground melodies or long-term key progressions, are unified by the unordered pitch set {0,1,4}, which becomes prominent in different sections of Bartók's opera. In Bluebeard's Castle, the set {0,1,4} is also found as a subset of several tetrachords: {0,1,4,7}, {0,1,4,8}, and {0,3,4,7}. My claim is that {0,1,4} serves to link music materials between themes, between sections, and also between scenes. This study develops an analytical method, drawn from various theoretical perspectives, for conceiving superposed diatonic spaces within a hybrid pitch-space comprised of diatonic and chromatic features. The integrity of diatonic melodic lines is retained, which allows for a non-reductive understanding of diatonic superposition, without appealing to pitch centers or specifying complete diatonic collections. Through combining various theoretical insights of the Hungarian scholar Ernő Lendvai, and the American theorists Elliott Antokoletz, Paul Wilson and Allen Forte, as well as the composer himself, this study gives a detailed analysis of the opera's pitch material in a way that combines, complements, and expands upon the studies of those scholars. The analyzed pitch sets are represented on Aarre Joutsenvirta's note-web square, which adds a new aspect to the field of Bartók analysis. Keywords: Bartók, Duke Bluebeard's Castle (Op. 11), Ernő Lendvai, axis system, Elliott Antokoletz, intervallic cycles, intervallic cells, Allen Forte, set theory, interval classes, interval vectors, Aarre Joutsenvirta, pitch-web square, pitch-web analysis.

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In this study I consider what kind of perspective on the mind body problem is taken and can be taken by a philosophical position called non-reductive physicalism. Many positions fall under this label. The form of non-reductive physicalism which I discuss is in essential respects the position taken by Donald Davidson (1917-2003) and Georg Henrik von Wright (1916-2003). I defend their positions and discuss the unrecognized similarities between their views. Non-reductive physicalism combines two theses: (a) Everything that exists is physical; (b) Mental phenomena cannot be reduced to the states of the brain. This means that according to non-reductive physicalism the mental aspect of humans (be it a soul, mind, or spirit) is an irreducible part of the human condition. Also Davidson and von Wright claim that, in some important sense, the mental aspect of a human being does not reduce to the physical aspect, that there is a gap between these aspects that cannot be closed. I claim that their arguments for this conclusion are convincing. I also argue that whereas von Wright and Davidson give interesting arguments for the irreducibility of the mental, their physicalism is unwarranted. These philosophers do not give good reasons for believing that reality is thoroughly physical. Notwithstanding the materialistic consensus in the contemporary philosophy of mind the ontology of mind is still an uncharted territory where real breakthroughs are not to be expected until a radically new ontological position is developed. The third main claim of this work is that the problem of mental causation cannot be solved from the Davidsonian - von Wrightian perspective. The problem of mental causation is the problem of how mental phenomena like beliefs can cause physical movements of the body. As I see it, the essential point of non-reductive physicalism - the irreducibility of the mental - and the problem of mental causation are closely related. If mental phenomena do not reduce to causally effective states of the brain, then what justifies the belief that mental phenomena have causal powers? If mental causes do not reduce to physical causes, then how to tell when - or whether - the mental causes in terms of which human actions are explained are actually effective? I argue that this - how to decide when mental causes really are effective - is the real problem of mental causation. The motivation to explore and defend a non-reductive position stems from the belief that reductive physicalism leads to serious ethical problems. My claim is that Davidson's and von Wright's ultimate reason to defend a non-reductive view comes back to their belief that a reductive understanding of human nature would be a narrow and possibly harmful perspective. The final conclusion of my thesis is that von Wright's and Davidson's positions provide a starting point from which the current scientistic philosophy of mind can be critically further explored in the future.

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On 5 Oct 1929 the family got together in Hannover to celebrate the 80th Birthday of Henrietta Gottschalk nee Rothschild where the children danced a minuet by Beethoven or Mozart; left to right: Grandniece Edith Braunschweig, Walter Gottschalk, Ilse Gottschalk, Freddy Gottschalk, Ursula Gottschalk, and Rudolf Gottschalk