995 resultados para Valle del Guadalhorce


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L’obiettivo del lavoro di tesi è quello di studiare l’integrazione del grafene con i processi tecnologici propri della tecnologia del silicio, per la realizzazione di dispositivi innovativi per la misura delle proprietà termiche e termoelettriche del grafene che sono tra le meno studiate ad oggi. L’attività sperimentale svolta, ha riguardato l’intero processo di produzione, processing ed integrazione tecnologica del grafene. Da una parte è stato messo a punto un processo ottimizzato, partendo da una approfondita ricerca bibliografica, per il trasferimento delle membrane dai substrati di crescita, in rame, a quelli di destinazione, SiO2 e Si3N4, mantenendo la completa compatibilità con i processi della microelettronica del silicio in particolare per quanto riguarda l’eliminazione dei residui metallici dalla sintesi. Dall’altra è stata sviluppata una procedura di patterning micrometrico del grafene, affidabile e riproducibile, e, soprattutto, compatibile con la microelettronica del silicio. Le membrane, cresciute tramite deposizione da fase vapore (Chemical Vapor Deposition), sono state caratterizzate tramite la microscopia elettronica, a scansione e in trasmissione, la microscopia ottica, spettroscopia Raman e microscopia a forza atomica, tecniche che sono state utilizzate per caratterizzare i campioni durante l'intero processo di patterning. Il processo di etching del grafene in ossigeno, realizzato con il plasma cleaner, strumento che nasce per la pulizia di campioni per microscopia elettronica, è stato messo a punto il attraverso una estesa attività di test sia dei parametri di funzionamento dello strumento che del fotoresist da utilizzare. La procedura di patterning micrometrico vera e propria, ha comportato di affrontare diverse classi di problemi, dalla rimozione del fotoresist con soluzioni diverse (soluzione di sviluppo dedicata e/o acetone) alla rimozione dei residui presenti sulle membrane di grafene anche a valle del patterning stesso. La rimozione dei residui tramite acido cloridrico, insieme ad una procedura di annealing a 400°C in aria per la rimozione dei residui del fotoresist polimerico che erano presenti a valle dell’etching in ossigeno, ha permesso di ottenere un patterning del grafene ben definito su scala micrometrica e una ridottissima presenza di residui. Le procedure ottimizzate di trasferimento e di patterning sono il principale avanzamento rispetto allo stato dell’arte. Le metodiche messe a punto in questo lavoro, consentiranno di integrare il grafene direttamente nel processo di micro-fabbricazione di dispositivi per misure termiche e termoelettriche, per i quali quali sono in realizzazione le maschere di processo che rappresentando la naturale conclusione del lavoro di tesi.

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Il lavoro si propone di definire l’assetto geologico strutturale dell’area compresa tra la Valle del Torrente Cismon ed il Sass de Falares, a nord di Lamon (BL). Le novità che si sono potute aggiungere alla cartografia esistente, dal punto di vista stratigrafico sono: 1) La suddivisione del gruppo dei Calcari Grigi in quattro formazioni presenti più a occidente, quali la formazione di Monte Zugna, la formazione di Loppio, la formazione di Rotzo e la formazione del Grigno che in queste zone non erano ancora state evidenziate. La presenza di diffusi noduli di selce grigio-giallastra presenti nella parte medio-alta della formazione di Monte Zugna che testimoniano la persistenza di un ambiente subtidale nel Lias al passaggio tra Alto di Trento e Bacino Bellunese. 2) La presenza dell’Encrinite di Monte Agaro (Oolite di S.Vigilio) con uno spessore esiguo di 5 m sul Monte Coppolo ed anche in cresta a Sass de Falares. In ambito tettonico: 1) Si è accertato che l’anticlinale del Monte Coppolo è tagliata dalla faglia inversa del M.Piad con direzione circa E – O e immergente a N con un’inclinazione di circa 70° spezzando la piega quasi in cerniera; la si può riconoscere sul versante S ed E del M. Coppolo dove disloca la Fm. di M. Zugna e la Dolomia Principale. 2) Si è ricostruito l’assetto tettonico del Sass de Falares, che risulta essere una scaglia tettonica (duplex) compresa tra la Linea di Sass de Falares e la Linea di Belluno. 3) L’Anticlinale del M. Coppolo si è generata per propagazione di una faglia che corrisponde alla Linea di Sass de Falares che in seguito ha tagliato l’anticlinale con meccanismi di fault bend folding. Infine per ultima si è formata la Linea di Belluno s.s. a basso angolo con un raccorciamento maggiore di 2 km. Il sovrascorrimento di Belluno pertanto non è una struttura unica ma si sfrangia in 3 strutture tettoniche separate: Linea di M.Piad, Linea di Sass de Falares e Linea di Belluno s.s. 4) In Val della Selva è stato invece fatta la scoperta più importante di questo lavoro, visto che si è potuto osservare direttamente il piano principale della Linea di Belluno affiorante sulla strada forestale che porta verso la località Pugnai e quindi studiarlo e tracciarlo con precisione sulla carta. Esso ha direzione N68 ed un inclinazione di 30° verso NNW; mette a contatto la Fm. di M. Zugna con la Maiolica. Nell’affioramento si è potuta definire l’anatomia della zona di taglio con associazioni di piani R, R’, P e tettoniti S-C. 5) La ricostruzione della sezione geologica ci ha permesso di riconoscere l’organizzazione degli strati coinvolti nella deformazione. Attraverso programmi appositi quali Georient e Software Carey sono stati ricostruiti gli assi di massima compressione tramite l’analisi meso-strutturale: essi testimoniano una compressione orientata NNW-SSE, in accordo con l’Evento Valsuganese del Serravalliano-Tortoniano, legato ad un asse compressivo N340 che rappresenta l’evento principale nella regione sudalpina, ma sono stati riconosciuti anche assi di compressione orientati NE-SW e circa E-W correlabili con l’Evento Insubrico del Miocene inf. e con l’Evento Scledense del Messiniano - Pliocene.

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La presente tesi esamina le caratteristiche geologico-tecniche della frana avvenuta il 3 dicembre 2013 in Montescaglioso (Matera) . Il fenomeno franoso ha determinato l’interruzione della strada a “scorrimento veloce” che collega l’abitato di Montescaglioso con la valle del Fiume Bradano, sede delle principali arterie di comunicazione del Comune. Inoltre sono stati del tutto compromessi i servizi della rete gas, della rete di smaltimento delle acque nere e, limitatamente all’area circoscritta, anche della rete elettrica. Numerosi sono i danni causati alle unità abitative e commerciali, alcune delle quali sono state completamente distrutte. L’eccezionalità dell’evento franoso, determinata sia dalla dimensione della massa coinvolta, che dai danni provocati alle infrastrutture, ha reso da subito indispensabile il coinvolgimento di strutture statali e regionali che insieme al comune di Montescaglioso hanno istituito un tavolo tecnico permanente per far fronte all’emergenza in essere. In particolare la tesi si occupa della ricostruzione geologica, geomorfologica e idrogeologica pre e post frana , utili per comprenderne le dinamiche morfo-evolutive del fenomeno.

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Questo studio è stato sviluppato attraverso il monitoraggio idrogeologico di sorgenti e piezometri al fine di individuare il rischio di eventuali influenze causate dai lavori di ampliamento a 4 corsie di un tratto della S.S. 223 di Paganico (tratta Grosseto – Siena ) che prevede la costruzione di nuovi tratti di galleria ubicati nell’area. Il tratto di interesse per la presente tesi va dal km 30+040 al km 41+600 della tratta Siena-Grosseto, corrispondente ai lotti 5, 6, 7 e 8. I lavori riguardano i comuni di Monticiano (provincia di Siena) e Civitella Paganico (provincia di Grosseto), lungo la valle del Fiume Merse in un’area ad elevato pregio ambientale presso la confluenza con il Torrente Farma. Le attività di cantiere nel tratto interessato sono iniziate nel Dicembre 2013; si stima che le opere saranno completate per Luglio 2015. Il lavoro di tesi sul campo è stato svolto con il supporto tecnico della società di consulenza geo-ingegneristica di Bologna Studio Mattioli s.r.l. la quale ha ricevuto l’incarico del monitoraggio idrogeologico dal Gruppo Strabag che si occupa di costruzione di grandi infrastrutture. Il lavoro sul campo è consistito in un’attività di monitoraggio idrogeologico, anche tramite sensori in continuo, per più di 1 anno idrologico (novembre 2013- Gennaio 2015), su sorgenti e piezometri captanti acque sia fredde che termali. Il monitoraggio è stato basato sia su un approccio in discontinuo che in continuo. I punti di monitoraggio sono situati presso la località dei Bagni di Petriolo a cavallo tra la provincia di Siena e di Grosseto. I dati relativi alle sorgenti raccolti mensilmente sono la portata ed i parametri fisico-chimici in situ. Per piezometri i dati raccolti mensilmente sono il livello piezometrico ed i medesimi dati fisico-chimici raccolti per le sorgenti. I dati raccolti sono serviti a formulare il modello idrogeologico concettuale del sito ed a valutare le potenzialità d’interferenza idrogeologica delle gallerie sul sistema idrico sotterraneo.

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Questa tesi di laurea prosegue il lavoro intrapreso durante il Laboratorio di Laurea “Archeologia e Progetto di Architettura” nell’anno accademico 2013-2014; il corso si è occupato delle indagini e analisi preliminari sulla città romana di Suasa nella valle del fiume Cesano nelle Marche. Attraverso la collaborazione con la Soprintendenza Archeologica delle Marche e il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna questo lavoro si è poi sviluppato nei mesi successivi arrivando a comporre il progetto di tesi per la valorizzazione e musealizzazione del parco archeologico di Suasa. Questo testo si compone di due parti: la prima raccoglie tutto il lavoro di analisi della città e del suo territorio frutto del lavoro collettivo di alcuni dei componenti del Laboratorio di Laurea, mentre la seconda descrive il progetto del nostro gruppo. Questo consiste nell’individuazione degli obiettivi e nello sviluppo delle strategie per fare di Suasa un parco archeologico di rilievo su cui sperimentare alcuni temi fondamentali nel dibattito attuale sulla musealizzazione dei reperti archeologici, confrontandosi con una intera area urbana inserita in un contesto paesaggistico che assume un ruolo fondamentale nelle scelte progettuali.

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Questa tesi di laurea prosegue il lavoro intrapreso durante il Laboratorio di Laurea “Archeologia e Progetto di Architettura” nell’anno accademico 2013-2014; il corso si è occupato delle indagini e analisi preliminari sulla città romana di Suasa nella valle del fiume Cesano nelle Marche. Attraverso la collaborazione con la Soprintendenza Archeologica delle Marche e il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna questo lavoro si è poi sviluppato nei mesi successivi arrivando a comporre il progetto di tesi per la valorizzazione e musealizzazione del parco archeologico di Suasa. Questo testo si compone di due parti: la prima raccoglie tutto il lavoro di analisi della città e del suo territorio frutto del lavoro collettivo di alcuni dei componenti del Laboratorio di Laurea, mentre la seconda descrive il progetto del nostro gruppo. Questo consiste nell’individuazione degli obiettivi e nello sviluppo delle strategie per fare di Suasa un parco archeologico di rilievo su cui sperimentare alcuni temi fondamentali nel dibattito attuale sulla musealizzazione dei reperti archeologici, confrontandosi con una intera area urbana inserita in un contesto paesaggistico che assume un ruolo fondamentale nelle scelte progettuali.

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Nella valle del Marzeno, posta su un’altura che domina e protegge la città, si trova la rocca di Modigliana, una costruzione antica, che si configura come una preziosa occasione per poter leggere e comprendere la storia di un luogo. È infatti un delicato palinsesto, una testimonianza fisica di complesse trasformazioni storiche e sociali, accumulate nel tempo. La cittadina di Modigliana sorge in una posizione geografica di natura strategica, vicina all’attuale confine tra Emilia Romagna e Toscana, teatro di numerosi conflitti e contese politiche nel corso della storia. La rocca viene costruita alla fine del IX secolo, come torre residenziale dei Conti Guidi, una potente famiglia a cui va attribuito un ruolo politico decisivo nell’Italia centrale del medioevo. Sotto il dominio dei Guidi,durato circa quattro secoli, Modigliana diventa capitale del feudo romagnolo e la rocca un palatium, emblema del forte potere politico e militare che i conti detenevano sul territorio. Nel 1377 il Comune di Modigliana viene annesso alla Repubblica Fiorentina e la rocca subisce importanti trasformazioni, perdendo la propria funzione palaziale e acquistando quella militare difensiva, fino ad un definitivo abbondono nel XVI secolo. La rocca, definita ‘Roccaccia’ per la propria imponenza, è divenuta simbolo e identità della cittadina nella percezione collettiva locale. In seguito al crollo di una parte del mastio, la rocca presenta un suggestivo spaccato, visibile da tutto il paese, che permette di osservare l’interno dell’antica costruzione. Purtroppo la mancata attuazione di un progetto di conservazione della rocca, ha lasciato la rovina in uno stato di totale degrado, pericolosità e inaccessibilità, portandola ad un lento declino. Il progetto si pone innanzitutto l’obiettivo di conservare e valorizzare il manufatto, permettendo l’accessibilità e la fruizione della rocca, senza stravolgerne i caratteri naturali e accettando i limiti imposti dal luogo. Sfruttando i percorsi storici e gli spazi esistenti, il progetto è pensato con l’intento di rendere conoscibile la composizione delle parti del manufatto e il suo funzionamento. Queste volontà progettuali hanno portato a maturare l’idea di voler restituire alla città di Modigliana un luogo, che il degrado e l’incuria stanno rubando al tempo.

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There are clear signs that the agro-pastoralists in the Himalayan and Hindu-Kush mountain ranges will have less cropping opportunities due to reduced possibilities for irrigated agriculture as a result of climate change. The importance of extensive livestock production based on well adapted livestock species may once again increase. This calls for a better documentation and understanding of the adaptation capabilities of indigenous breeds considering a changing environment. The current study investigates the adaptive traits of the Azikheli buffalo to mountain environments through calculating mean, standard error and percentages for different variables. Results from this study suggest that the brown coat color, the small body size and the high fertility are adaptive traits of the Azikheli buffalo that may well suit harsh mountainous environment conditions with greater climate variability. Local farmers find it hard to sustain the Azikheli buffalo’s key adaptive traits because of a low bull to buffalo ratio, possibility of insemination with semen from imported breeds and a lack of institutional support to conserve the Azikheli breed. The breed is crucial for sustaining custodian communities in these mountains and thus needs to be conserved.

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The study that aimed at understanding the dynamics of forced livestock movements and pastoral livelihood and development options was conducted in Lindi and Ruvuma regions, using both formal and informal approaches. Data were collected from 60 randomly selected Agro-pastoralists/Pastoralists and native farmers using a structured questionnaire. Four villages were involved; two in Lindi region (Matandu and Mkwajuni) and the other two in Ruvuma region (Gumbiro and Muhuwesi). Data were analyzed using descriptive statistics of SPSS to generate means and frequencies. The results indicate that a large number of animals moved into the study area following the eviction order of the government in Ihefu wetlands in 2006/2007. Lindi region was earmarked by the government to receive all the evicted pastoralists. However, by 2008 only 30% of the total cattle that were expected to move into the region had been received. Deaths of many animals on transit, selling of the animals to pay for transportation and other costs while on transit and many pastoralists settling in Coastal and Ruvuma regions before reaching their destinations were reported to be the reasons for the discrepancy observed. To mitigate anticipated conflicts between farmers and pastoralists, Participatory Land Use Management (PLUM) plans were developed in all the study villages in order to demarcate village land area into different uses, including grazing, cropping, settlement and forests. Land units for grazing were supposed to be provided with all necessary livestock infrastructures (dips, charcoal dams, livestock markets and stock routes). However, the land use plans were not able to prevent the anticipated conflicts because most of the livestock infrastructures were lacking, the land use boundaries were not clearly demarcated and there was limited enforcement of village by-laws, since most had not been enacted by the respective district councils. Similarly, the areas allocated for grazing were inadequate for the number of livestock available and thus the carrying capacity exceeded. Thus, land resource-based conflicts between farmers and pastoralists were emerging in the study areas for the reason that most of the important components in the PLUM plans were not in place. Nevertheless, the arrival of pastoralists in the study areas had positive effects on food security and growth of social interactions between pastoralists and farmers including marriages between them. Environmental degradations due to the arrival of livestock were also not evident. Thus, there is a need for the government to purposely set aside enough grazing land with all necessary infrastructures in place for the agro-pastoral/pastoral communities in the country.

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A survey was conducted to generate holistic information on the production and utilization of local white lupin in two lupin growing districts, namely, Mecha and Sekela, representing mid and high altitude areas, respectively in North-western Ethiopia. During the survey, two types of participatory rural appraisal (PRA) techniques, namely, individual farmer interview (61 farmers from Mecha and 51 from Sekela) and group discussion (with 20 farmers from each district) were employed. There are significant differences (P<0.05) between the two study districts for the variables like total land holding, frequency of ploughing during lupin planting, days to maturity, lupin productivity, and number of days of soaking lupin in running water. However, there are no significant differences (P>0.05) between the two study districts for the variables like land allocated for lupin cultivation, lupin seed rate, lupin soaking at home, lupin consumption per family per week and proportion of lupin used for household consumption. The use of the crop as livestock feed is negligible due to its high alkaloid content. It is concluded that the local white lupin in Ethiopia is a valuable multipurpose crop which is being cultivated in the midst of very serious shortage of cropland. Its ability to maintain soil fertility and serve as a source of food in seasons of food scarcity makes it an important crop. However, its bitter taste due to its high alkaloid content remains to be a big challenge and any lupin improvement strategy has to focus on minimizing the alkaloid content of the crop.

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En el Alto Valle del Río Negro y Neuquén, Argentina (latitud 38° 55´ Sur) se realizó un estudio en árboles cv. Red Delicious, conducidos en espaldera, de 4 m de altura, distanciamiento de 4 x 3 m y una orientación de la plantación Este - Oeste. Durante diciembre los árboles se podaron, eliminando 2/3 de cada crecimiento del año o fueron dejados sin podar (testigo). En la cosecha, en cada árbol y a ambos lados de la fila se determinaron tres alturas sobre el nivel del suelo (1.0 m, 2.5 m y 3.8 m) para la medición de la Radiación Fotosintéticamente Activa (PAR) y muestreo de frutos y hojas de dardos. En el fruto se evaluó: peso, contenido de sólidos solubles, firmeza de pulpa y porcentaje de color rojo de la piel. También se midió el Peso Específico de Hoja (PEH). La utilización de la poda de verano actúa en forma directa sobre el aumento del color rojo de la piel de los frutos y sobre la pérdida de la firmeza de la pulpa. El PAR afecta en un 50 % los parámetros de calidad y madurez de la fruta y en un 63 % el PEH; a su vez el PAR es afectado significativamente por la poda sólo en la parte superior del lado sur y en la parte media e inferior del lado norte. De esta manera se logrará ahorrar aproximadamente un 50 % del costo de la mano de obra de la poda estival total.

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Para medir la disponibilidad de los micronutrientes en la zona de mayor densidad radical de los frutales de pepita y carozo y sugerir pautas de manejo que permitan un uso sustentable del recurso suelo, se tomaron muestras representativas de 25 montes cultivados con manzanos a lo largo del Alto Valle del río Negro (Argentina). Se extrajeron muestras a 0-25 y 25-50 cm de profundidad y se determinó la concentración disponible de Fe, Cu, Mn y Zn; granulometría; pH; materia orgánica (MO); carbonatos; P y capacidad de intercambio catiónico (CIC). Los resultados muestran que los micronutrientes se concentran mayoritariamente en la primera capa de suelo analizada, disminuyendo abruptamente en el estrato 25-50 cm. En la capa superficial, la disponibilidad de Cu y Zn está influenciada por el P mientras que el pH afecta la del Fe, Cu, y Mn en el estrato de suelo de 25-50 cm. En conclusión, es posible mejorar la nutrición mineral de los cultivos si se crean condiciones favorables para el crecimiento radical en la capa superficial del suelo.

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Potrerillos, es uno de los centros turísticos de mayor importancia de área de alta montaña mendocina, y ha comenzado un nuevo período de su historia a partir del momento en que se toma la decisión de comenzar a construir la Presa. No obstante, las ventajas que se esperan, es innegable los enormes cambios para los habitantes permanentes del valle de Potrerillos, especialmente los de la villa cabecera, quienes deben abandonar sus viviendas y en algunos casos su actividad, su medio de vida, para ser reubicados en otro emplazamiento cercano, pero de características muy diferentes a las que eran habituales para estos montañeses, quienes en muchos casos han vivido por generaciones en la zona. Para dar afirmación social y cultural a los lugareños es indispensable poner en juego valores de complementariedad y solidaridad, de respeto por los saberes del pasado y por el sentir estético de dichas personas. Debería pensarse en nuevas técnicas para ayudarles a emprender nuevas actividades económicas acordes con sus gustos y no necesariamente orientadas a la elaboración de pan o empanadas para los turistas que se acercan al nuevo barrio. Debemos integrarlos a todo el proceso de cambio, no sólo apartarlos para obtener el espacio.

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El presente ensayo fue establecido en el Alto Valle del Río Negro, Argentina (38°55´ Sur), sobre durazneros cv. Elegant Lady conducidos en vaso, de 5 m de altura, con un distanciamiento de 4 m entre plantas y 4,8 m entre filas. Se realizaron tres tratamientos en un diseño totalmente aleatorizado, simulando diferentes intensidades de luz: restricción lumínica con mallas de sombreo del 80%, poda en verde y un control sin intervención. En cada una de las plantas se diferenciaron 4 sectores orientados hacia los 4 puntos cardinales y 3 alturas distintas de la copa del árbol. La radiación fotosintéticamente activa (RFA) fue medida en cada sector 25, 15 y 6 días antes de la cosecha. La RFA interceptada estuvo influenciada por la restricción lumínica y por la altura. Las variables vegetativas y de producción se relacionaron entre sí linealmente, y ambas dependieron principalmente de la RFA interceptada. Los modelos que explican el comportamiento entre la RFA y las variables de calidad son de tipo asintóticos. A partir de los 25 días anteriores a la cosecha, la RFA necesaria para alcanzar frutos con un peso y color adecuados para su comercialización debe ser del 30%. En el rango de 0 a 15% de RFA interceptada, pequeñas variaciones de RFA dan como resultado grandes cambios en las variables de peso, color de cobertura e intensidad de color del fruto.

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Espacio de debate y difusión de artículos científicos en relación a las tres líneas de investigación que se desarrollan en la FCPyS: Integración Latinoamericana, Género y derechos humanos, Medio ambiente, recursos naturales y sociedad, acoge también reseñas bibliográficas. Fue publicada desde en 1987, presentando una continuidad con los Boletines, ya que mantienen con estos la numeración correlativa, con el No. 28. En 1995 se publica el último, con el No. 32, y desde entonces hasta 2001 dejan de editarse.