791 resultados para Biblical Patriarch
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Review of The Bible at Qumran: Text, Shape, and Interpretation, edited by Peter W. Flint. Studies in the Dead Sea Scrolls and Related Literature. Grand Rapids, MI: Eerdmans, 2001. Pp. xv + 266. Price: $22.00. ISBN 0-8028-4630-0. This volume is another contribution to the Eerdmans series Studies in the Dead Sea Scrolls and Related Literature. The essays are loosely gathered around the topic "The Bible at Qumran," and the editor has divided the articles into two groups. Part 1, "The Scriptures, the Canon, and the Scrolls," includes articles by J.A. Sanders, B.W. Waltke, E. Ulrich, C.A. Evans, and the editor, P.W. Flint. The contributors to Part 2, "Biblical Interpretation and the Dead Sea Scrolls," are J.C. VanderKam, C.A. Evans, J.E. Bowley, J.M. Scott, M.G. Abegg, and R.W. Wall. Unlike other volumes of collected essays in this series, which have highlighted the work of a single author or published the proceedings of a particular conference, this collection has a more disparate origin. Some contributions were given as papers at the Dead Sea Scrolls Institute of Trinity Western University (Bowley, Ulrich, VanderKam and Wall), one (Waltke) is reprinted from The New International Dictionary of Old Testament Theology and Exegesis (Grand Rapids: Zondervan, 1997), and the rest (Abegg, Evans, Flint, Sanders and Scott) were invited for the volume.
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Il seguente studio propone l'esame di una cronaca veneziana del XVI secolo, inedita, dalle origini al 1538/39, che parte della tradizione manoscritta attribuisce al Patriarca di Venezia Giovanni Tiepolo (1619-1631), parte ad Agostino degli Agostini, (1530-1574), un patrizio veneziano il cui nome è legato essenzialmente ad una cronaca dal 421 al 1570. Indipendentemente da chi sia il primitivo autore, la cronaca, di discreto pregio per la storia interna e il funzionamento delle istituzioni veneziane, presenta elementi di spiccata originalità dal punto di vista compositivo e formale che la pongono in una prospettiva storiografica alternativa al dualismo tra la storiografia ufficiale promossa per pubblico decreto e l'iniziativa privata dei diaria del XV-XVI. La cronaca veneziana, abbandonata per formule più sofisticate e innovative di diffusione dell'informazione pubblica, sopravvive, formalmente immutata nella sua arcaicità, rinnovandosi nella tendenza a creare compendi ricchi di documenti e di elenchi, destinati ad aiutare la nobiltà ad orientarsi nel mondo socio-politico contemporaneo. Si consuma così il divorzio fra l'informazione tecnico-politica utile al patriziato nello svolgimento del suo lavoro e la storiografia pubblica che, di fronte alle varie esigenze e ai diversi generi letterari, sceglie ideologicamente di abbracciare il genere delle laus civitatis e della storiografia laudativa ed encomiastica. In questo contesto si inserisce la Cronaca esemplata dal Patriarca Giovanni Tiepolo, chiaro esempio di un tentativo di razionalizzazione dell'informazione in cui le notizie e gli elementi non ritenuti immediatamente utili come le lunghe liste dei 41 elettori, le promissioni ducali, nonchè singoli episodi ed eventi trattati, trovano una collocazione esterna alla cronaca, in quello che Reines definisce l'ormai nascente archivio politico del XVI secolo.
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La ricerca pone al centro dell’indagine lo studio dell’importanza del cibo nelle cerimonie nuziali dell’Europa occidentale nei secoli V-XI. Il corpus di fonti utilizzate comprende testi di genere diverso: cronache, annali, agiografie, testi legislativi, a cui si è aggiunta un’approfondita analisi delle antiche saghe islandesi. Dopo un'introduzione dedicata in particolare alla questione della pubblicità della celebrazione, la ricerca si muove verso lo studio del matrimonio come “processo” sulla base della ritualità alimentare: i brindisi e i banchetti con cui si sigla l’accordo di fidanzamento e i ripetuti convivi allestiti per celebrare le nozze. Si pone attenzione anche ad alcuni aspetti trasversali, come lo studio del caso della “letteratura del fidanzamento bevuto”, ossia una tradizione di testi letterari in cui il fidanzamento tra i protagonisti viene sempre ratificato con un brindisi; a questo si aggiunge un’analisi di stampo antropologico della "cultura dell’eccesso", tipica dei rituali alimentari nuziali nel Medioevo, in contrasto con la contemporanea "cultura del risparmio". L'analisi si concentra anche sulle reiterate proibizioni al clero, da parte della Chiesa, di partecipare a banchetti e feste nuziali, tratto comune di tutta l’epoca altomedievale. Infine, la parte conclusiva della ricerca è incentrata sulla ricezione altomedievale di due figure bibliche che pongono al centro della narrazione un banchetto nuziale: la parabola delle nozze e il banchetto di Cana. L’insistente presenza di questi due brani nelle parole dei commentatori biblici mostra la straordinaria efficacia del “linguaggio alimentare”, ossia di un codice linguistico basato sul cibo (e su contesti quali l’agricoltura, la pesca, ecc.) come strumento di comunicazione sociale di massa con una valenza antropologica essenzialmente universale.
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La publication de nombreuses œuvres, à la fois littéraires et picturales, entre 1870 et 1914, inspirées par l’épisode biblique du meurtre de Jean Baptiste par Salomé, s’inscrit dans une crise qui touche à cette époque, en Europe, aussi bien le sujet que la notion de représentation. Le mythe de Salomé permet de poursuivre une réflexion de nature littéraire, historique et esthétique concernant le processus d’autonomisation de l’art. À partir des sources bibliques et antiques, dans lesquelles Salomé et Jean Baptiste incarnent respectivement le monde païen en conflit avec le monde chrétien, ces deux personnages font graduellement leur entrée dans l’univers de la fiction. Ils sont au cœur de la transition d’une lecture transcendante — reliée particulièrement à la tradition catholique — de l’épisode tragique qui les unit, à une lecture immanente qui en fait deux instances purement esthétiques. La danseuse et le dernier des prophètes émergent dans la littérature et dans l’art occidentaux comme deux pôles symboliques, liés l’un à l’autre par différents types de relation, susceptibles d’être librement réinvestis par de nouvelles significations et à l’écart des conventions. Si, dans la première partie du XIXe siècle, Salomé et Jean Baptiste sont encore liés à leur sens orthodoxe, au tournant du siècle ils finissent par s’autonomiser de l’Écriture et donnent lieu à de multiples récritures et à des adaptations inattendues. Celles-ci ressortissent alors moins du blasphème à proprement parler que d’un témoignage emblématique d’une transformation du rapport que l’artiste entretient avec son œuvre. Celui-ci, en s’identifiant avec le prophète décollé, se mesure à l’œuvre d’art, qui est incarnée par Salomé. La relation entre Salomé et Jean Baptiste, dans ces diverses représentations, exprime et reflète le moment où art et littérature se reconnaissent comme fictions.
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Questa ricerca è un’indagine semasiologica del lessico agostiniano della provvidenza divina, costituito dalle parole-chiave prouidentia, prouideo, prouidens, prouidus, prouisio, prouisor, prouisus, e dai lessemi in relazione logico-sintattica diretta con esse. La prospettiva è sia sincronica (si considerano tutte le attestazioni delle parole-chiave presenti nel corpus agostiniano), sia diacronica: si soppesano di volta in volta analogie e differenze agostiniane rispetto agli antecedenti, nell’intento di arricchire il panorama dei possibili modelli lessicali latini (pagani, biblici, patristici) di Agostino. I dati lessicali sono stati raccolti in una banca dati appositamente costituita, selezionati secondo i criteri di frequenza e pregnanza semantica, e analizzati per nuclei tematici, coincidenti in parte con i capitoli della tesi. Si studiano dapprima i lessemi che esprimono il governo della provvidenza (le famiglie lessicali di administro, guberno e rego, e altri lessemi che designano l’azione della provvidenza); sono poi analizzati lessemi e iuncturae in cui prevale l’idea del mistero della provvidenza. Gli ultimi due capitoli sono dedicati al tema della cura divina, e a quello della cosiddetta “pedagogia divina”: attraverso i segni esteriori, la provvidenza ‘richiama’ l’uomo a rientrare in se stesso. Un’appendice approfondisce infine l’uso agostiniano di Sap 6,16 e Sap 8,1. L’apporto di Agostino al lessico filosofico latino va individuato a livello semantico più che nell’innovazione lessicale. Accanto a suffissazione, composizione, calco, la metafora svolge un ruolo essenziale nella formazione del lessico dell’Ipponate, e proviene spesso da altre lingue tecniche oppure è radicata nel patrimonio di immagini tradizionali della religione pagana. Il debito di Agostino è indubbiamente verso Cicerone, ma anche verso Seneca, per l’uso in ambito esistenziale-biografico di alcuni lessemi. Agostino li trasferisce però dal piano umano a quello divino, come nel caso del concetto di admonitio: parte integrante del programma filosofico senecano; ‘richiamo’ della provvidenza per Agostino, concetto che risente anche dell’apporto di retorica ed esegesi.
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Die Dissertation erschließt einen bislang unberücksichtigten Teil der Filmgeschichte: die cinematische Adaption altorientalischer Sujets in Gestalt monumentalistischer Bild-Epen. Die Arbeit ist in drei Teile gegliedert: Die erste beleuchtet die Entwicklung des westlichen Orientalismus mit Augenmerk auf den Alten Orient anhand biblischer und antiker Quellen, orientalischer Märchen, Reiseberichte, Malerei, Operngeschichte und, schlaglichtartig, weiterer kulturhistorischer Gebiete. Hinzu kommen die neuen, Fachwelt wie Öffentlichkeit überwältigenden, Erkenntnisse durch die Archäologie im 19. und frühen 20. Jh. Teil II konzentriert sich auf die Analyse von Stummfilmen, die die altorientalische Antike oder alttestamentliche Quellen mit Bezug zum Alten Orient thematisieren. Diese stammen aus Frankreich, Italien, Österreich und den USA. Dabei konnte herausgearbeitet werden, dass bis zum Jahr 1914 die französischen Produktionen dem Selbstverständnis nach eher dem Genre Historienfilm unterstanden, die italienischen wiederum dem Genre des, zunehmend spektakulärer werdenden, Antikfilms. Der von beiden Filmstandorten seinerseits zwar beeinflusste frühe amerikanische Film basiert hingegen vor allem auf dem protestantischen Bibelverständnis der eigenen Landesgeschichte und Religiosität. Ein eigenes Kapitel widmet sich Griffiths Babylon(kon-)version in INTOLERANCE aus dem Jahr 1916, bei dessen Untersuchung nicht nur die archäologischen, sondern auch sämtliche historischen wie literarischen Bezüge erstmals auf ihre Quellen zurückverfolgt wurden und bis dahin vorhandene Widersprüche somit geklärt werden konnten. Griffiths Interpretation der Quellen trug dazu bei, dass Babylon bzw. sein Mythos zum ersten und letzten Mal eine positive Konnotation erfuhr. Ein weiterer Schwerpunkt bis zum Jahr 1928 liegt auf der gender-Thematik, speziell auf der femme fatale in Gestalt von historischen, legendären und fiktiven altorientalischen Frauenfiguren wie der Königin von Saba, Delilah, Judith oder Semiramis. Darüber hinaus spiegeln die Filme der 1920er Jahren auch das Bild vom Neuen Babylon. Bis zum Ende der Stummfilmzeit kann abschließend von einer direkten Traditionslinie zu den Klischees des Orientalismus sowie zum Assyrian revival des 19. Jh. gesprochen werden. Dies ändert sich im dritten Teil der Arbeit, der sich mit der zweiten Blütezeit des Monumentalfilms während der 1950er und 1960er Jahre befasst. Teil III enthält daher sämtliche, heute noch verfügbaren Tonfilme, die den Alten Orient rezipieren. Diese entstammen den Produktionsstätten Hollywood und Cinecittà. Was die US-Filme betrifft, so konnte erneut ein Fokus auf dem amerikanischen Bibelverständnis herausgearbeitet werden, diesmal jedoch speziell auf dem Antagonismus zwischen Babylon und Zion. Denn dieser diente seitens der Regisseure auch der Legitimation der zeitgenössischen Nahostpolitik aus der Geschichte heraus. Darüber hinaus spiegeln die antiken Frauenfiguren die Rolle der Frau in der amerikanischen Gesellschaft während dieser Zeit. Die italienischen Produktionen dieser Jahre hingegen zeigen, so konnte dargelegt werden, dass diese Filme die altorientalische Antike vielmehr dergestalt inszenieren, wie sie bereits seit Jahrhunderten vor allem durch die griechisch-römische Geschichtsschreibung, Literatur und Operntradition Italiens Teil einer, nicht auf Moral basierenden, landestypischen Motivgeschichte gewesen war, derer sich auch der Film lustvoll bedient. Bei allen Produktionen wurden, als spezifische Aspekte, stets alle recherchierbaren Informationen zum Film, seiner Entstehung und seiner Handlung, zu seinen Kulissen und Kostümen, zu sämtlichen Inspirationsquellen sowie zeitgenössische Kritiken berücksichtigt. Die abschließenden Bewertungen innerhalb der einzelnen Filmkapitel fließen in einem Fazit zur jeweiligen Epoche ihrer Entstehung zusammen.