687 resultados para Urban Best Practice


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Today statistics are one of the most important bases of the engineer formation. Statistics are used indirectly every day for engineers in a large panel of sectors like construction, mechanical engineering, biological engineering, electrical engineering, computer science etc. The main goal of this report is to compare different ways the engineers of tomorrow are formed in order to show which engineering is the best practice. The comparison will be done on different universities in France, Brazil and the US on Mechanical, Civil, Electrical and Production branches. We will compare the amount of courses required, the degree of knowledge needed and the mains subjects

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Il tema della Logistica Urbana è un argomento complesso che coinvolge diverse discipline. Infatti, non è possibile affrontare la distribuzione delle merci da un solo punto di vista. Da un lato, infatti, manifesta l’esigenza della città e della società in generale di migliorare la qualità della vita anche attraverso azioni di contenimento del traffico, dell’inquinamento e degli sprechi energetici. A questo riguardo, è utile ricordare che il trasporto merci su gomma costituisce uno dei maggiori fattori di impatto su ambiente, sicurezza stradale e congestione della viabilità urbana. Dall’altro lato vi sono le esigenze di sviluppo economico e di crescita del territorio dalle quali non è possibile prescindere. In questa chiave, le applicazioni inerenti la logistica urbana si rivolgono alla ricerca di soluzioni bilanciate che possano arrecare benefici sociali ed economici al territorio anche attraverso progetti concertati tra i diversi attori coinvolti. Alla base di tali proposte di pratiche e progetti, si pone il concetto di esternalità inteso come l’insieme dei costi esterni sostenuti dalla società imputabili al trasporto, in particolare al trasporto merci su gomma. La valutazione di questi costi, che rappresentano spesso una misurazione qualitativa, è un argomento delicato in quanto, come è facile immaginare, non può essere frutto di misure dirette, ma deve essere dedotto attraverso meccanismi inferenziali. Tuttavia una corretta definizione delle esternalità definisce un importante punto di partenza per qualsiasi approccio al problema della Logistica Urbana. Tra gli altri fattori determinanti che sono stati esplorati con maggiore dettaglio nel testo integrale della tesi, va qui accennata l’importanza assunta dal cosiddetto Supply Chain Management nell’attuale assetto organizzativo industriale. Da esso dipendono approvvigionamenti di materie prime e consegne dei prodotti finiti, ma non solo. Il sistema stesso della distribuzione fa oggi parte di quei servizi che si integrano con la qualità del prodotto e dell’immagine della Azienda. L’importanza di questo settore è accentuata dal fatto che le evoluzioni del commercio e l’appiattimento dei differenziali tra i sistemi di produzione hanno portato agli estremi la competizione. In questa ottica, minimi vantaggi in termini di servizio e di qualità si traducono in enormi vantaggi in termini di competitività e di acquisizione di mercato. A questo si aggiunge una nuova logica di taglio dei costi che porta a ridurre le giacenze di magazzino accorciando la pipeline di produzione ai minimi termini in tutte le fasi di filiera. Naturalmente questo si traduce, al punto vendita in una quasi totale assenza di magazzino. Tecnicamente, il nuovo modello di approvvigionamento viene chiamato just-in-time. La ricerca che è stata sviluppata in questi tre anni di Dottorato, sotto la supervisione del Prof. Piero Secondini, ha portato ad un approfondimento di questi aspetti in una chiave di lettura ad ampio spettro. La ricerca si è quindi articolata in 5 fasi: 1. Ricognizione della letteratura italiana e straniera in materia di logistica e di logistica urbana; 2. Studio delle pratiche nazionali ed europee 3. Analisi delle esperienze realizzate e delle problematiche operative legate ai progetti sostenuti dalla Regione Emilia Romagna 4. Il caso di studio di Reggio Emilia e redazione di più proposte progettuali 5. Valutazione dei risultati e conclusioni Come prima cosa si è quindi studiata la letteratura in materia di Logistica Urbana a livello nazionale. Data la relativamente recente datazione dei primi approcci nazionali ed europei al problema, non erano presenti molti testi in lingua italiana. Per contro, la letteratura straniera si riferisce generalmente a sistemi urbani di dimensione e configurazione non confrontabili con le realtà nazionali. Ad esempio, una delle nazioni che hanno affrontato per prime tale tematica e sviluppato un certo numero di soluzioni è stata il Giappone. Naturalmente, città come Tokyo e Kyoto sono notevolmente diverse dalle città europee ed hanno necessità ed esigenze assai diverse. Pertanto, soluzioni tecnologiche e organizzative applicate in questi contesti sono per la maggior parte inattuabili nei contesti del vecchio continente. Le fonti che hanno costituito maggiore riferimento per lo sviluppo del costrutto teorico della tesi, quindi, sono state i saggi che la Regione Emilia Romagna ha prodotto in occasione dello sviluppo del progetto City Ports di cui la Regione stessa era coordinatore di numerosi partners nazionali ed europei. In ragione di questo progetto di ricerca internazionale, l’Emilia Romagna ha incluso il trattamento della logistica delle merci negli “Accordi di Programma per il miglioramento della qualità dell’aria” con le province ed i capoluoghi. In Questo modo si è posta l’attenzione sulla sensibilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni locali verso la mobilità sostenibile anche nell’ambito di distribuzione urbana delle merci. Si noti infatti che l’impatto sulle esternalità dei veicoli leggeri per il trasporto merci, quelli cioè che si occupano del cosiddetto “ultimo miglio” sono di due ordini di grandezza superiori rispetto a quelli dei veicoli passeggeri. Nella seconda fase, la partecipazione a convegni di ambito regionale e nazionale ha permesso di arricchire le conoscenze delle best-practice attuate in Italia per lo sviluppo di strumenti finalizzati ad condividere i costi esterni della mobilità delle merci con gli operatori logistici. In questi contesti è stato possibile verificare la disponibilità di tre linee di azione sulle quali, all’interno del testo della tesi si farà riferimento molto spesso: - linea tecnologica; - linea amministrativa; - linea economico/finanziaria. Nel discutere di questa tematica, all’interno di questi contesti misti in cui partecipavano esponenti della cultura accademica, delle pubbliche amministrazioni e degli operatori, ci si è potuti confrontare con la complessità che il tema assume. La terza fase ha costituito la preparazione fondamentale allo studio del caso di studio. Come detto sopra, la Regione Emilia Romagna, all’interno degli Accordi di Programma con le Province, ha deliberato lo stanziamento di co-finanziamenti per lo sviluppo di progetti, integrati con le pratiche della mobilità, inerenti la distribuzione delle merci in città. Inizialmente, per tutti i capoluoghi di provincia, la misura 5.2 degli A.d.P. prevedeva la costruzione di un Centro di Distribuzione Urbana e l’individuazione di un gestore dei servizi resi dallo stesso. Successive considerazioni hanno poi portato a modifiche della misura lasciando una maggiore elasticità alle amministrazioni locali. Tramite una esperienza di ricerca parallela e compatibile con quella del Dottorato finanziata da un assegno di ricerca sostenuto dall’Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia, si è potuto partecipare a riunioni e seminari presentati dalla Regione Emilia Romagna in cui si è potuto prendere conoscenza delle proposte progettuali di tutte le province. L’esperienza di Reggio Emilia costituisce il caso di studio della tesi di Dottorato. Le molteplici problematiche che si sono affrontate si sono protratte per tempi lunghi che hanno visto anche modifiche consistenti nell’assetto della giunta e del consiglio comunali. Il fatto ha evidenziato l’ennesimo aspetto problematico legato al mantenimento del patrimonio conoscitivo acquisito, delle metodiche adottate e di mantenimento della coerenza dell’impostazione – in termini di finalità ed obiettivi – da parte dell’Amministrazione Pubblica. Essendo numerosi gli attori coinvolti, in un progetto di logistica urbana è determinante per la realizzazione e la riuscita del progetto che ogni fattore sia allineato e ben informato dell’evoluzione del progetto. In termini di programmazione economica e di pianificazione degli interventi, inoltre, la pubblica amministrazione deve essere estremamente coordinata internamente. Naturalmente, questi sono fattori determinanti per ogni progetto che riguarda le trasformazioni urbane e lo sviluppo delle città. In particolare, i diversi settori (assessorati) coinvolti su questa tematica, fanno o possno fare entrare in situazioni critiche e rischiose la solidità politica dello schieramento di maggioranza. Basti pensare che la distribuzione delle merci in città coinvolge gli assessorati della mobilità, del commercio, del centro storico, dell’ambiente, delle attività produttive. In funzione poi delle filiere che si ritiene di coinvolgere, anche la salute e la sicurezza posso partecipare al tavolo in quanto coinvolte rispettivamente nella distribuzione delle categorie merceologiche dei farmaci e nella security dei valori e della safety dei trasporti. L’esperienza di Reggio Emilia è stata una opportunità preziosissima da molteplici punti di vista. Innanzitutto ha dato modo di affrontare in termini pratici il problema, di constatare le difficoltà obiettive, ad esempio nella concertazione tra gli attori coinvolti, di verificare gli aspetti convergenti su questo tema. Non ultimo in termini di importanza, la relazione tra la sostenibilità economica del progetto in relazione alle esigenze degli operatori commerciali e produttivi che ne configurano gli spazi di azione. Le conclusioni del lavoro sono molteplici. Da quelle già accennate relative alla individuazione delle criticità e dei rischi a quelle dei punti di forza delle diverse soluzioni. Si sono affrontate, all’interno del testo, le problematiche più evidenti cercando di darne una lettura costruttiva. Si sono evidenziate anche le situazioni da evitare nel percorso di concertazione e si è proposto, in tal proposito, un assetto organizzativo efficiente. Si è presentato inoltre un modello di costruzione del progetto sulla base anche di una valutazione economica dei risultati per quanto riguarda il Business Plan del gestore in rapporto con gli investimenti della P.A.. Si sono descritti diversi modelli di ordinanza comunale per la regolamentazione della circolazione dei mezzi leggeri per la distribuzione delle merci in centro storico con una valutazione comparativa di meriti ed impatti negativi delle stesse. Sono inoltre state valutate alcune combinazioni di rapporto tra il risparmio in termini di costi esterni ed i possibili interventi economico finanziario. Infine si è analizzato il metodo City Ports evidenziando punti di forza e di debolezza emersi nelle esperienze applicative studiate.

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La crescente attenzione verso un utilizzo attento, sostenibile ed economicamente efficiente della risorsa idrica rende di primaria importanza il tema delle perdite idriche e della gestione efficiente dei sistemi idrici. La richiesta di controlli dell’uso dell’acqua è stata avanzata a livello mondiale. Il problema delle perdite idriche nei Paesi industrializzati è stato così affrontato con specifiche normative e procedure di best practice gestionale per avanzare una valutazione delle perdite idriche e una limitazione degli sprechi e degli usi impropri. In quest’ambito, la pressione gioca un ruolo fondamentale nella regolazione delle perdite reali. La regolazione delle pressioni nelle diverse ore del giorno consente, infatti, di poter agire su queste ultime perdite, che aumentano all’aumentare della pressione secondo una cosiddetta legge di potenza. La motivazione della presente tesi è originata dalla necessità di quantificare il livello di perdita idrica in un sistema acquedottistico in relazione alla pressione all’interno del sistema stesso. Per avere una stima realistica che vada al di là della legge della foronomia, si vuole valutare l’influenza della deformabilità della condotta in pressione fessurata sull’entità delle perdite idriche, con particolare attenzione alle fessurazioni di tipo longitudinale. Tale studio è condotto tramite l’introduzione di un semplice modello di trave alla Winkler grazie al quale, attraverso un’analisi elastica, si descrive il comportamento di una generica condotta fessurata longitudinalmente e si valuta la quantità d’acqua perduta. I risultati ottenuti in condizioni specifiche della condotta (tipo di materiale, caratteristiche geometriche dei tubi e delle fessure, etc.) e mediante l’inserimento di opportuni parametri nel modello, calibrati sui risultati forniti da una raffinata modellazione tridimensionale agli elementi finiti delle medesime condotte, verranno poi confrontati con i risultati di alcune campagne sperimentali. Gli obiettivi del presente lavoro sono, quindi, la descrizione e la valutazione del modello di trave introdotto, per stabilire se esso, nonostante la sua semplicità, sia effettivamente in grado di riprodurre, in maniera realistica, la situazione che si potrebbe verificare nel caso di tubo fessurato longitudinalmente e di fornire risultati attendibili per lo studio delle perdite idriche. Nella prima parte verrà approfondito il problema della perdite idriche. Nella seconda parte si illustrerà il semplice modello di trave su suolo elastico adottato per l’analisi delle condotte in pressione fessurate, dopo alcuni cenni teorici ai quali si è fatto riferimento per la realizzazione del modello stesso. Successivamente, nella terza parte, si procederà alla calibrazione del modello, tramite il confronto con i risultati forniti da un’analisi tridimensionale agli elementi finiti. Infine nella quarta parte verrà ricavata la relazione flusso-pressione con particolare attenzione all’esponente di perdita, il cui valore risulterà superiore a quello predetto dalla teoria della foronomia, e verrà verificata l’effettiva validità del modello tramite un confronto con i risultati sperimentali di cui è stata fatta menzione in precedenza.

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Si è voluto ricreare uno scenario di scorretta gestione di un reperto informatico, ideando e successivamente attuando una serie di test al fine di misurare le alterazioni subite dal sistema operativo (Windows XP). Sono state trattate le best practice operative (internazionali) nonché le disposizioni definite dalla normativa vigente (italiana).

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Obiettivo del presente lavoro è approntare un’analisi interpretativa dell’operatività dalle Finanziarie regionali, valutarne gli investimenti in capitale di rischio e, in particolare, l’attività di private equity, evidenziando le tendenze in atto, i possibili percorsi evolutivi e le eventuali criticità. La metodologia adottata ha previsto un’articolazione del lavoro lungo due principali direttive: un’analisi di tipo quantitativo sui bilanci di sette esercizi (dal 2002 al 2008), con la finalità di indagare nel dettaglio gli aspetti economici, finanziari e patrimoniali delle Finanziarie regionali attive sul territorio italiano; un’analisi qualitativa basata su un’approfondita rassegna della letteratura internazionale e su interviste mirate ad un campione ampiamente rappresentativo della popolazione osservata. I risultati raggiunti fanno ragionevolmente supporre che sia in atto una profonda ristrutturazione dell’intero sistema delle Finanziarie, che ha visto innanzitutto aumentare il controllo pubblico nella compagine sociale. L’indagine contabile ha permesso di identificare la presenza di due modelli di business ben differenziati: alcune Finanziarie sono orientate ad attività con forte contenuto di intermediazione finanziaria; altre invece sono focalizzate sull’attività di erogazione di servizi sia finanziari di consulenza che reali. L’investimento in capitale di rischio costituisce un attività centrale per le Finanziarie regionali; l’analisi dedicata a tali impieghi ha permesso di individuare, tra esse, alcune realtà tipiche del merchant banking, e più di frequente, del modello di holding. Complessivamente le Finanziarie campionate detengono oltre 400 partecipazioni per un valore che supera 1,7 miliardi di euro; prevalentemente concentrati su una ristretta cerchia di realtà spesso con impatto strategico sul territorio, ovvero strumentali. Segnatamente all’attività di private equity, è stato possibile rilevare come la politica d’investimento delle Finanziarie regionali sia complementare rispetto a quella mediamente espressa dal mercato domestico, anche se restano critici, anche per le Finanziarie, gli investimenti su imprese target con fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro. Le evidenze circa la struttura dei contratti segnalano una parziale conformità alla best practice individuata dalla letteratura internazionale. In particolare l’uso limitato dello stage financing, la bassa partecipazione alla gestione sono le principali criticità individuate. Infine, della fase di riorganizzazione che pare interessare il sistema delle Finanziarie, si trova conferma nella percezione dei suoi operatori. Interpellati sul futuro dell’attività di investimento in capitale di rischio, hanno fornito indicazioni che consentono di concludere l’esistenza di una polarizzazione delle Finanziarie su due gruppi: da un lato quelle che implementeranno, più o meno, l’attività di private equity, dall’altro quelle che, viceversa, abbandoneranno tale strumento. La normativa sulle società a partecipazione pubblica regionale e la scarsa autonomia nella gestione delle misure affidate sono ritenute, dalle Finanziarie “interessate”, il principale fattore di freno alla loro crescita nel mercato del private equity.

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In una situazione caratterizzata dalla scarsità delle risorse finanziare a disposizione degli enti locali, che rende necessario il contributo dei privati alla realizzazione delle opere pubbliche, e dalla scarsità delle risorse ambientali, che impone di perseguire la sostenibilità degli interventi, la tesi si pone l’obiettivo di rendere le realizzazioni di nuove infrastrutture viarie “attive” rispetto al contesto in cui si collocano, garantendo l’impegno di tutte parti coinvolte. Si tratta di ottenere il contributo dei privati oltre che per le opere di urbanizzazione primaria, funzionali all’insediamento stesso, anche per la realizzazione di infrastrutture viarie non esclusivamente dedicate a questo, ma che sono necessarie per garantirne la sostenibilità. Tale principio, che viene anche denominato “contributo di sostenibilità”, comincia oggi a trovare un’applicazione nelle pratiche urbanistiche, sconta ancora alcune criticità, in quanto i casi sviluppati si basano spesso su considerazioni che si prestano a contenziosi tra operatori privati e pubblica amministrazione. Ponendosi come obiettivo la definizione di una metodologia di supporto alla negoziazione per la determinazione univoca e oggettiva del contributo da chiedere agli attuatori delle trasformazioni per la realizzazione di nuove infrastrutture viarie, ci si è concentrati sullo sviluppo di un metodo operativo basato sull’adozione dei modelli di simulazione del traffico a 4 stadi. La metodologia proposta è stata verificata attraverso l’applicazione ad un caso di studio, che riguarda la realizzazione di un nuovo asse viario al confine tra i comuni di Castel Maggiore ed Argelato. L’asse, indispensabile per garantire l’accessibilità alle nuove aree di trasformazione che interessano quel quadrante, permette anche di risolvere alcune criticità viabilistiche attualmente presenti. Il tema affrontato quindi è quello della determinazione del contributo che ciascuno degli utilizzatori del nuovo asse dovrà versare al fine di consentirne la realizzazione. In conclusione, si formulano alcune considerazioni sull’utilità della metodologia proposta e sulla sua applicabilità a casi analoghi.

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Questo lavoro di tesi �si basa sull'estendere l'architettura del software NILDE - Network Inter Library Document Exchange attraverso un processo di migrazione verso servizi REST (REpresentational State Transfer) utilizzando e ampliando metodologie, best practice e frameworks che hanno permesso lo sviluppo di API Pubbliche e Private utilizzabili da utenti esterni.

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Während Therapeutisches Drug Monitoring (TDM) im klinischen Alltag der stationären Behandlung in der Psychiatrie bereits fest etabliert ist, kommt es in der ambulanten Betreuung von psychisch Kranken bislang noch selten zum Einsatz. Ziel dieser Arbeit war es zu klären, wie TDM im ambulanten Bereich eingesetzt wird, wann seine Anwendung sinnvoll ist und ob es Hinweise gibt, dass TDM zu einer besseren Psychopharmakotherapie beitragen kann. rnEine Grundvoraussetzung für den Einsatz von TDM ist die Messbarkeit des Arzneistoffes. Am Beispiel des Antipsychotikums Flupentixol wurde eine Quantifizierungsmethode entwickelt, validiert und in die Laborroutine integriert. Die neue Methode erfüllte alle nach Richtlinien vorgegebenen Anforderungen für quantitative Laboruntersuchungen. Die Anwendbarkeit in der Laborroutine wurde anhand von Untersuchungen an Patienten gezeigt. rnEine weitere Voraussetzung für eine TDM-geleitete Dosisanpassung ist die Kenntnis des therapeutischen Referenzbereiches. In dieser Arbeit wurde exemplarisch ein Referenzbereich für das Antipsychotikum Quetiapin ermittelt. Die Untersuchung verglich darüber hinaus die neu eingeführten Arzneiformulierung Quetiapin retard mit schnell freisetzendem Quetiapin. Es zeigte sich, dass die therapiebegleitenden Blutspiegelkontrollen beider Formulierungen mit der Einstellung des Blutspiegels auf den therapeutischen Bereich von 100 - 500 ng/ml die Wahrscheinlichkeit des Therapieansprechens erhöhen. Bei den verschiedenen Formulierungen musste unbedingt auf den Zeitpunkt der Blutentnahmen nach Einnahme geachtet werden.rnEs wurde eine multizentrische Querschnittsuntersuchung zur Analyse von TDM unter naturalistischen Bedingungen an ambulanten Patienten durchgeführt, und zwar in Ambulanzen, in denen TDM als fester Bestandteil der Therapieüberwachung genutzt wurde und in Ambulanzen, in denen TDM sporadisch engesetzt, bzw. neu eingeführt wurde. Nach dieser Erhebung schien die Anwendung von TDM zu einer besseren Versorgung der Patienten beizutragen. Es wurde festgestellt, dass in den Ambulanzen mit bewusster Anwendung von TDM mehr Patienten mit Blutspiegeln im therapeutischen Bereich vorkamen als in den Ambulanzen mit nur sporadisch durchgeführten Blutspiegelmessungen. Bei Letzteren betrug die mittlere Anzahl an Medikamenten pro Patient 2,8 gegenüber 2,2 in den anderen Ambulanzen, was mit höheren Nebenwirkungsraten einherging. Die Schlussfolgerung, dass das Einstellen der Blutspiegel auf den therapeutischen Bereich auch tatsächlich zu besseren Therapieeffekten führte, konnte mit der Studie nicht valide überprüft werden, da die Psychopathologie nicht adäquat abgebildet werden konnte. Eine weitere Erkenntnis war, dass das reine Messen des Blutspiegels nicht zu einer Verbesserung der Therapie führte. Eine Verbesserung der Anwendung von TDM durch die Behandler wurde nach einer Schulung festgestellt, die das Ziel hatte, die Interpretation der Blutspiegelbefunde im Kontext mit patienten- und substanzspezifischen Informationen zu verbessern. Basierend auf dieser Erfahrung wurden Arzneistoffdatenblätter für die häufigsten angewandten Antipsychotika und Antidepressiva entwickelt, um damit die ambulanten Ärzte für eine eigenständige Befundinterpretation zu unterstützen. rnEin weiterer Schwerpunkt der Untersuchungen an ambulanten Patienten war die Aufdeckung von Non-Compliance durch TDM. Ein neu entwickeltes Verfahren, durch Berechnung der Streuung der mittleren Blutspiegel, erwies sich als geeignetes Instrument zur Compliance-Kontrolle in der Clozapin-Langzeittherapie. Es war etablierten anderen Verfahren überlegen. Demnach hatten Patienten ein erhöhtes Rückfallrisiko, wenn der Variationskoeffizient von nur drei nacheinander gemessenen Blutspiegeln größer als 20 % war. Da für die Beurteilung des Variationskoeffizienten das Messen von nur drei aufeinander folgenden Blutspiegeln notwendig war, kann diese Methode leicht in den ambulanten Alltag integriert werden. Der behandelnde Arzt hat so die Möglichkeit, einen rückfallgefährdeten Patienten noch vor seiner psychopathologischen Verschlechterung zu erkennen und ihn beispielsweise durch engmaschigeres Supervidieren vor einem Rückfall zu bewahren.rnAlles in allem konnte durch die eigenen Untersuchungen an psychiatrischen Patienten, die unter naturalistischen Bedingungen behandelt wurden, gezeigt werden, wie die Voraussetzungen für die Anwendung von TDM geschaffen werden, nämlich durch die Etablierung und Validierung einer Messmethode und durch die Evaluierung eines therapeutischen Referenzbereiches und wie TDM bei adäquatem Einsatz, nach Verbesserung der Compliance und des Kenntnisstandes der behandelnden Ärzte im praktischen und theoretischen Umgang mit TDM, die Versorgung ambulanter psychiatrischer Patienten unterstützen kann.

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Cardiac patients after an acute event and/or with chronic heart disease deserve special attention to restore their quality of life and to maintain or improve functional capacity. They require counselling to avoid recurrence through a combination of adherence to a medication plan and adoption of a healthy lifestyle. These secondary prevention targets are included in the overall goal of cardiac rehabilitation (CR). Cardiac rehabilitation can be viewed as the clinical application of preventive care by means of a professional multi-disciplinary integrated approach for comprehensive risk reduction and global long-term care of cardiac patients. The CR approach is delivered in tandem with a flexible follow-up strategy and easy access to a specialized team. To promote implementation of cardiac prevention and rehabilitation, the CR Section of the EACPR (European Association of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation) has recently completed a Position Paper, entitled 'Secondary prevention through cardiac rehabilitation: A condition-oriented approach'. Components of multidisciplinary CR for seven clinical presentations have been addressed. Components include patient assessment, physical activity counselling, exercise training, diet/nutritional counselling, weight control management, lipid management, blood pressure monitoring, smoking cessation, and psychosocial management. Cardiac rehabilitation services are by definition multi-factorial and comprehensive, with physical activity counselling and exercise training as central components in all rehabilitation and preventive interventions. Many of the risk factor improvements occurring in CR can be mediated through exercise training programmes. This call-for-action paper presents the key components of a CR programme: physical activity counselling and exercise training. It summarizes current evidence-based best practice for the wide range of patient presentations of interest to the general cardiology community.

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Gastroesophageal reflux disease (GERD) still remains the most common out- GI-related condition in the out-patient setting. While primary care physicians often use empiric trials with proton pump inhibitors (PPI trial) to diagnose GERD, often specialised tests are required to confirm or exclude gastroesophageal reflux causing esophageal or extraesophageal symptoms. The most commonly used procedures to diagnose GERD include: conventional (catheter based) pH monitoring, wireless esophageal pH monitoring (Bravo), bilirubin monitoring (Bilitec), and combined multichannel intraluminal impedance-pH monitoring (MII-pH). Each technique has strengths and limitations of which clinicians and investigators should be aware when deciding which one to choose.

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Given the function of the esophagus to transport orally ingested solids and liquids into the stomach there are several medications with adverse effect on esophageal structures and function. Various pharmacologic agents can induce esophageal injury, promote gastroesophageal reflux by decreasing lower esophageal sphincter tone or affect esophageal perception and motility. The risks of bisphosphonates, doxycycline, ferrous sulfate, ascorbic acid, aspirin/NSAIDs and chemotherapeutic agents to induce esophageal lesions have been documented in case reports and short series. In addition to direct mucosal injury, many commonly used medications including nitroglycerins, anticholinergics, beta-adrenergic agonists, aminophyllines, and benzodiazepines promote/facilitate gastroesophageal reflux by reducing lower esophageal sphincter pressure. Additional evidence accumulates on the adverse effects of various medications on esophageal motility and perception. The treatment of medication-induced esophageal lesions includes (1) identifying and discontinuing the causative medication, (2) promoting healing of esophageal injury by decreasing esophageal acid exposure or coating already existing esophageal lesions, (3) eventual use of protective compounds.

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Severe alcoholic steatohepatitis has a poor prognosis and is characterized by jaundice and signs of liver failure. Its incidence is unknown, but prevalence is around 20% in cohorts of alcoholics undergoing liver biopsy. Diagnosis is established with elevated liver transaminases, neutrophil counts, serum bilirubin, and impaired coagulation and a history of excessive alcohol consumption, and exclusion of other etiologies. Histology is helpful but not mandatory. Prognostic scores include the Maddrey's discriminant function, the model of end-stage liver disease, and the Glasgow Alcoholic Hepatitis Score. Pathophysiology involves hepatic fat storage, increased hepatic uptake of gut-derived endotoxins triggering Kupffer cell activation and release of proinflammatory triggers, induction of cytochrome P4502E1 producing toxic acetaldehyde and reactive oxygen species, and ethanol-mediated hyperhomocysteinemia causing endoplasmic reticulum stress. Treatment includes abstinence, enteral nutrition, corticosteroids, and possibly pentoxifylline. A debate is ongoing whether certain patients with severe alcoholic steatohepatitis could be eligible for liver transplantation.

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