420 resultados para Regionale ingestione ibrido laminare
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Da qualche anno gli standard di posti letto ospedalieri tendono a ridursi. È in corso un processo di ristrutturazione e riorganizzazione dell’azione ospedaliera che trova le sue ragioni nella necessità di calare la spesa del servizio sanitario. Questo fatto porta alla conclusione che la risorsa “posti letto” stia diventando sempre di più una risorsa limitata, che necessiti di una gestione attenta, precisa e ponderata. Da un punto di vista manageriale, capire le inefficienze e i modi in cui questa risorsa si interfaccia con la restante realtà ospedaliera è cruciale per poter attuare giuste politiche sanitarie. L’obiettivo di questa tesi consiste nella valutazione delle specifiche per la costruzione di un modello da applicare al sistema sanitario emiliano-romagnolo, compiendo una gap analysis su dati ufficiali forniti direttamente dal SS dell’Emilia-Romagna. Per la creazione del modello applicato ai posti letto ospedalieri il lavoro è proceduto prendendo in considerazione l’attuale modello in uso in regione [3] “Pianificazione tattica delle sale operatorie: un modello di ottimizzazione in ambito regionale. Margherita Vitali. 2014”. La creazione del modello oggetto di questa tesi è avvenuta attraverso l’ampliamento del modello [3]. Le modifiche proposte hanno avuto come scopo l’ottenimento di un modello dipendente dalla risorsa posti letto a valle delle sale operatorie. I vincoli aggiuntivi conferiscono una maggiore completezza al modello [3] ampliandone le vedute sulla filiera ospedaliera.
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Im westlichen Landesteil der Schweiz bilden Bieler, Murten und Neuenburgersee eine archäologische Landschaft von besonderer Bedeutung. Hier wurden 200 der über 450 Pfahlbaufundstellen des schweizerischen Mittellandes entdeckt. Die erste Kartierung von unter Wasser liegenden Strukturen am Bielersee erfolgte 1811; 1854 wurden zum ersten Mal Funde publiziert und 1928 eine umfassende Darstellung aller Siedlungsplätze veröffentlicht. Danach verfiel die regionale Archäologie in einen Dornröschenschlaf, der erst in den 1970erJahren endete: Der Autobahnbau am Jurasüdfuss führte zu den ersten modernen Ausgrabungen und zur Herausbildung einer professionellen Denkmal pflege. Aus der zweiten Bestandsaufnahme des Bielersees entwickelte sich in den frühen 1980erJahren ein umfassendes Programm zur Dokumentation bedrohter neolithischer und bronzezeitlicher Siedlungsreste. Seit 1988 werden in der Gemeinde SutzLattrigen Rettungsgrabungen und Schutzmaßnahmen durchgeführt, weil die am Seegrund liegenden archäologischen Fundschichten und Strukturen von Erosi on bedroht sind. Bisher wurden am 3 km langen Uferabschnitt über 40 000 m2 Seegrund untersucht. Damit sollen die zahlreichen Reste von Siedlungen aus dem Zeitraum zwischen 4300 und 1600 v. Chr. dokumentiert und vor weiterem Zerfall bewahrt werden.
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Ein Stück Schlamm. Grau, leblos, kalt. Feine Linien ziehen sich hindurch und ein Faden verläuft in einer Zickzack-Linie über die Oberfläche. Es ist eine Sedimentprobe aus dem Pazifischen Ozean, die Stück für Stück ihre Geheimnisse preisgibt. Dr. Lars Max analysiert Sedimentkerne am Alfred-Wegener-Institut und erzählt von der Geschichte unserer Erde und unseres Klimas. Was können wir aus der "grauen" Vergangenheit lernen?
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Mode of access: Internet.
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Vol. for 1900 accompanied by "Festheft dem VIII. Internationalen Geologen Congress zu Paris gewidmet"; for 1907 accompanied by "Festband zur Feier des 100 jährigen Bestehens" (QE 1 .N495 1907).
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Il presente lavoro ha lo scopo di comprendere i processi sottesi ai pattern di coesistenza tra le specie di invertebrati sorgentizi, distinguendo tra dinamiche stocastiche e deterministiche. Le sorgenti sono ecosistemi complessi e alcune loro caratteristiche (ad esempio l’insularità, la stabilità termica, la struttura ecotonale “a mosaico”, la frequente presenza di specie rare ed endemiche, o l’elevata diversità in taxa) le rendono laboratori naturali utili allo studio dei processi ecologici, tra cui i processi di assembly. Al fine di studiare queste dinamiche è necessario un approccio multi-scala, per questo motivi sono state prese in considerazione tre scale spaziali. A scala locale è stato compiuto un campionamento stagionale su sette sorgenti (quattro temporanee e tre permanenti) del Monte Prinzera, un affioramento ofiolitico vicino alla città di Parma. In questa area sono stati valutati l’efficacia e l’impatto ambientale di diversi metodi di campionamento e sono stati analizzati i drivers ecologici che influenzano le comunità. A scala più ampia sono state campionate per due volte 15 sorgenti della regione Emilia Romagna, al fine di identificare il ruolo della dispersione e la possibile presenza di un effetto di niche-filtering. A scala continentale sono state raccolte informazioni di letteratura riguardanti sorgenti dell’area Paleartica occidentale, e sono stati studiati i pattern biogeografici e l’influenza dei fattori climatici sulle comunità. Sono stati presi in considerazione differenti taxa di invertebrati (macroinvertebrati, ostracodi, acari acquatici e copepodi), scegliendo tra quelli che si prestavano meglio allo studio dei diversi processi in base alle loro caratteristiche biologiche e all’approfondimento tassonomico raggiungibile. I campionamenti biologici in sorgente sono caratterizzati da diversi problemi metodologici e possono causare impatti sugli ambienti. In questo lavoro sono stati paragonati due diversi metodi: l’utilizzo del retino con un approccio multi-habitat proporzionale e l’uso combinato di trappole e lavaggio di campioni di vegetazione. Il retino fornisce dati più accurati e completi, ma anche significativi disturbi sulle componenti biotiche e abiotiche delle sorgenti. Questo metodo è quindi raccomandato solo se il campionamento ha come scopo un’approfondita analisi della biodiversità. D’altra parte l’uso delle trappole e il lavaggio della vegetazione sono metodi affidabili che presentano minori impatti sull’ecosistema, quindi sono adatti a studi ecologici finalizzati all’analisi della struttura delle comunità. Questo lavoro ha confermato che i processi niche-based sono determinanti nello strutturare le comunità di ambienti sorgentizi, e che i driver ambientali spiegano una rilevante percentuale della variabilità delle comunità. Infatti le comunità di invertebrati del Monte Prinzera sono influenzate da fattori legati al chimismo delle acque, alla composizione e all’eterogeneità dell’habitat, all’idroperiodo e alle fluttuazioni della portata. Le sorgenti permanenti mostrano variazioni stagionali per quanto riguarda le concentrazioni dei principali ioni, mentre la conduttività, il pH e la temperatura dell’acqua sono più stabili. È probabile che sia la stabilità termica di questi ambienti a spiegare l’assenza di variazioni stagionali nella struttura delle comunità di macroinvertebrati. L’azione di niche-filtering delle sorgenti è stata analizzata tramite lo studio della diversità funzionale delle comunità di ostracodi dell’Emilia-Romagna. Le sorgenti ospitano più del 50% del pool di specie regionale, e numerose specie sono state rinvenute esclusivamente in questi habitat. Questo è il primo studio che analizza la diversità funzionale degli ostracodi, è stato quindi necessario stilare una lista di tratti funzionali. Analizzando il pool di specie regionale, la diversità funzionale nelle sorgenti non è significativamente diversa da quella misurata in comunità assemblate in maniera casuale. Le sorgenti non limitano quindi la diversità funzionale tra specie coesistenti, ma si può concludere che, data la soddisfazione delle esigenze ecologiche delle diverse specie, i processi di assembly in sorgente potrebbero essere influenzati da fattori stocastici come la dispersione, la speciazione e le estinzioni locali. In aggiunta, tutte le comunità studiate presentano pattern spaziali riconoscibili, rivelando una limitazione della dispersione tra le sorgenti, almeno per alcuni taxa. Il caratteristico isolamento delle sorgenti potrebbe essere la causa di questa limitazione, influenzando maggiormente i taxa a dispersione passiva rispetto a quelli a dispersione attiva. In ogni caso nelle comunità emiliano-romagnole i fattori spaziali spiegano solo una ridotta percentuale della variabilità biologica totale, mentre tutte le comunità risultano influenzate maggiormente dalle variabili ambientali. Il controllo ambientale è quindi prevalente rispetto a quello attuato dai fattori spaziali. Questo risultato dimostra che, nonostante le dinamiche stocastiche siano importanti in tutte le comunità studiate, a questa scala spaziale i fattori deterministici ricoprono un ruolo prevalente. I processi stocastici diventano più influenti invece nei climi aridi, dove il disturbo collegato ai frequenti eventi di disseccamento delle sorgenti provoca una dinamica source-sink tra le diverse comunità. Si è infatti notato che la variabilità spiegata dai fattori ambientali diminuisce all’aumentare dell’aridità del clima. Disturbi frequenti potrebbero provocare estinzioni locali seguite da ricolonizzazioni di specie provenienti dai siti vicini, riducendo la corrispondenza tra gli organismi e le loro richieste ambientali e quindi diminuendo la quantità di variabilità spiegata dai fattori ambientali. Si può quindi concludere che processi deterministici e stocastici non si escludono mutualmente, ma contribuiscono contemporaneamente a strutturare le comunità di invertebrati sorgentizi. Infine, a scala continentale, le comunità di ostracodi sorgentizi mostrano chiari pattern biogeografici e sono organizzate lungo gradienti ambientali principalmente collegati altitudine, latitudine, temperatura dell’acqua e conducibilità. Anche la tipologia di sorgente (elocrena, reocrena o limnocrena) è influente sulla composizione delle comunità. La presenza di specie rare ed endemiche inoltre caratterizza specifiche regioni geografiche.
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Il sito archeologico di Arslantepe (provincia di Malatya, Turchia) rappresenta un caso di studio di potenziale interesse per l’interazione tra i mutamenti climatici e la storia della civiltà. Il sito, occupato quasi ininterrottamente per un periodo di tempo relativamente lungo (6250-2700 BP), ha fornito una grande quantità di reperti ossei, distribuiti lungo una stratigrafia archeologica relativamente dettagliata e supportata da datazioni al radiocarbonio. Tali reperti, indagati con le tecniche della geochimica degli isotopi stabili, possono costituire degli efficaci proxy paleoclimatici. In questo lavoro è stata studiata la composizione isotopica di 507 campioni di resti ossei umani e animali (prevalentemente pecore, capre, buoi). I rapporti isotopici studiati sono relativi a ossigeno (δ18Ocarb, δ18Oph), carbonio (δ13Ccarb, δ13Ccoll) e azoto (δ15N), misurati nella frazione minerale e organica dell’osso; la variabilità nel tempo di questi parametri, principalmente legati alla paleonutrizione, può essere correlata, direttamente o indirettamente, a cambiamenti dei parametri ambientali quali temperatura e umidità atmosferiche. I risultati indicano che la dieta degli animali selvatici e domestici di Arslantepe era quasi esclusivamente a base di piante a ciclo fotosintetico C3, generalmente tipiche di climi umidi o temperati. La presenza di piante C4, più tipiche di condizioni aride, sembrerebbe essere riconoscibile solamente nella dieta del bue (Bos taurus). La dieta umana era esclusivamente terrestre a base di cereali e carne di caprini con una percentuale esigua o del tutto assente di carne di maiale e bue. Dal punto di vista paleoclimatico il principale risultato del lavoro consiste nel riconoscimento della preservazione di un segnale paleoclimatico a lungo termine (δ18OW, composizione isotopica dell’ossigeno dell’acqua ingerita), che identifica un massimo relativo di umidità attorno al 5000 BP e che si correla, per andamento e ampiezza della variazione a record paleoclimatici di sedimenti lacustri collocati in regioni adiacenti all’area di studio. Sulla base del confronto dei tre segnali isotopici sono state inoltre riconosciute due anomalie climatiche siccitose a breve termine, apparentemente riferibili a due episodi di aridità a scala regionale documentati in letteratura.
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L'RCMT (Regional Centroid Moment Tensor), realizzato e gestito dai ricercatori dell'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), è dal 1997 il catalogo di riferimento per gli eventi sismici avvenuti nell'area Europea-Mediterranea, ossia nella regione avente longitudine compresa tra 10° W e 40° E e latitudine compresa tra 25° N e 60° N. Tale regione è caratterizzata da un'attività tettonica complessa, legata non soltanto alla convergenza delle placche Euroasiatica ed Africana, ma anche al movimento di altre placche minori (ad esempio, la placca Arabica), che tutte insieme danno origine ad una vasta gamma di regimi tettonici. Col termine RCMT si indica un particolare tipo di tensore momento sismico, la cui determinazione avviene su scala regionale, per eventi sismici aventi M_w >= 4.5 (M_w >= 4.0 per gli eventi che avvengono nella penisola italica). Il tensore momento sismico è uno strumento fondamentale per caratterizzare natura ed entità di un terremoto. Da esso, infatti, oltre alla magnitudo momento M_w, si ricava anche il meccanismo focale. Comunemente rappresentato sotto forma di beach ball, consente di individuare il tipo di movimento (distensivo, compressivo o trascorrente, o anche una combinazione del primo o del secondo con il terzo) avvenuto sulla faglia che ha provocato il terremoto. I tensori momento sismico permettono, quindi, di identificare le faglie che si attivano durante una sequenza sismica, di comprendere la loro cinematica e di ipotizzare la successiva evoluzione a breve termine. Scopo di questa relazione di laurea è stato derivare le relazioni che intercorrono fra le M_w dell'RCMT e le M_w del CMT (Centroid Moment Tensor della Columbia University), del GFZ (Deutsches GeoForschungsZentrum di Postdam) e del TDMT (Time Domain Moment Tensor). Le relazioni sono state ottenute applicando il metodo dei minimi quadrati agli eventi comuni, che sono stati selezionati utilizzando alcuni semplici programmi scritti in Fortran.
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Sono dette “challenged networks” quelle reti in cui lunghi ritardi, frequenti partizionamenti e interruzioni, elevati tassi di errore e di perdita non consentono l’impiego dei classici protocolli di comunicazione di Internet, in particolare il TCP/IP. Il Delay-/Disruption-Tolerant Networking (DTN) è una soluzione per il trasferimento di dati attraverso queste reti. L’architettura DTN prevede l’introduzione, sopra il livello di trasporto, del cosiddetto “bundle layer”, che si occupa di veicolare messaggi, o bundle, secondo l’approccio store-and-forward: ogni nodo DTN conserva persistentemente un bundle finché non si presenta l’opportunità di inoltrarlo al nodo successivo verso la destinazione. Il protocollo impiegato nel bundle layer è il Bundle Protocol, le cui principali implementazioni sono tre: DTN2, l’implementazione di riferimento; ION, sviluppata da NASA-JPL e più orientata alle comunicazioni spaziali; IBR-DTN, rivolta soprattutto a dispositivi embedded. Ciascuna di esse offre API che consentono la scrittura di applicazioni in grado di inviare e ricevere bundle. DTNperf è uno strumento progettato per la valutazione delle prestazioni in ambito DTN. La più recente iterazione, DTNperf_3, è compatibile sia con DTN2 che con ION nella stessa versione del programma, grazie all’introduzione di un “Abstraction Layer” che fornisce un’unica interfaccia per l’interazione con le diverse implementazioni del Bundle Protocol e che solo internamente si occupa di invocare le API specifiche dell’implementazione attiva. Obiettivo della tesi è estendere l’Abstraction Layer affinché supporti anche IBR-DTN, cosicché DTNperf_3 possa essere impiegato indifferentemente su DTN2, ION e IBR DTN. Il lavoro sarà ripartito su tre fasi: nella prima esploreremo IBR DTN e le sue API; nella seconda procederemo all’effettiva estensione dell’Abstraction Layer; nella terza verificheremo il funzionamento di DTNperf a seguito delle modifiche, sia in ambiente esclusivamente IBR-DTN, sia ibrido.
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Lake Meerfelder Maar (Germany) provides a varved record from the Last Glacial/Interglacial transition back to ca 1500 years BP. This study shows results for the Holocene sequence from new cores collected in 2009 based on varve counting, microfacies and micro-XRF analyses. The main goal of combining those analyses is to provide a new approach for interpreting long-term palaeolimnological proxy data and testing the climate-proxy stationarity throughout the current interglacial period. Varve counting provides a new independent Holocene chronology (MFM2012) with an estimated counting error of 1-0.5% and supported by 14C dating. Varve structure and thickness and geochemical composition of the varves give information about the main environmental processes that affect the lake and its catchment as well as the possible climate variability behind. Varves are couplets of i) a spring/summer laminae composed of monospecific diatom blooms and ii) an autumn/winter sub-layer made of minerogenic material and re-worked sediments. Thickness of the varves and sub-layers reflect lake variability and allow seasons to be distinguished as well as seasonal proxies. Changes in the winter minerogenic influx into the lake are reflected by Ti intensities and the Si/Ti ratio as a indicator for diatom concentration, which can be used as a proxy for water circulation during the early spring. Long-term variability of geochemical composition shows a reduction of the detrital material input (Ti) at 5,000 varve yrs BP and a visible sensitivity to water mixing (Si/Ti) during the Late Holocene. Variations of Ti intensities during the early and mid-Holocene do not show a clear relationship with climate. In contrast, higher values of the Si/Ti ratio together with thicker varves have been interpreted as wind-stress phases, which coincide with centennial variability of European cold/wet episodes during the Late Holocene. Our findings show that a long-term change in the lake and/or variability of the climate system can influence proxy sensitivity of a lacustrine record.
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This article considers the opportunities of civilians to peacefully resist violent conflicts or civil wars. The argument developed here is based on a field-based research on the peace community San José de Apartadó in Colombia. The analytical and theoretical framework, which delimits the use of the term ‘resistance’ in this article, builds on the conceptual considerations of Hollander and Einwohner (2004) and on the theoretical concept of ‘rightful resistance’ developed by O’Brien (1996). Beginning with a conflict-analytical classification of the case study, we will describe the long-term socio-historical processes and the organizational experiences of the civilian population, which favoured the emergence of this resistance initiative. The analytical approach to the dimensions and aims of the resistance of this peace community leads to the differentiation of O`Brian’s concept of ‘rightful resistance’.
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In dieser Studie geht es darum, ein umfassendes Bild bezüglich der Konsumenteneinstellungen, Präferenzen und Zahlungsbereitschaften für ökologisch produzierte Lebensmittel und Lebensmittel verschiedener Herkünfte in Deutschland zu erhalten. Obwohl die regionale Herkunft von Lebensmitteln nicht offiziell und einheitlich geregelt ist und keiner Zertifizierung unterliegt wie die ökologische Produktion von Lebensmitteln, zeigen nationale und internationale Studien gleichermaßen, dass Konsumenten bereit sind, mehr für regionale als für ökologisch produzierte Lebensmittel zu bezahlen. Zur Erreichung des Forschungsziels wurde ein Kaufexperiment in Kombination mit einer Konsumentenbefragung, bestehend aus Fragen zum generellen Einkaufsverhalten, zu Einstellungen gegenüber regionalen und ökologisch produzierten Lebensmitteln und zu soziodemographischen Informationen durchgeführt. Im Kaufexperiment wurden die Attribute Produktherkunft, Produktionsweise und Preis anhand vier verschiedener Produkte (Äpfel, Butter, Mehl und Steaks) untersucht. Die Befragung, einschließlich des Experimentes, war durch Interviewer eines Marktforschungsinstituts initiiert, computergestützt und von den Konsumenten selbständig zu erledigen. Das Ziel war es 80 Konsumenten in jedem der acht Befragungsorte in verschiedenen Regionen Deutschlands zu befragen. Zur Auswertung des Experiments wurden RPL-Modell geschätzt, die die Konsumentenpräferenzen für die zu untersuchenden Produktattribute aufzeigen und die Berechnung von Zahlungsbereitschaften ermöglichen. Für die Gesamtheit der Konsumenten war die regionale Herkunft von Lebensmitteln wichtiger als die ökologische Produktion. Außerdem wurden Produktalternativen, die aus der Region stammen, immer stärker präferiert als Produkte aus Deutschland, aus einem Nachbarland und einem außereuropäischen Land. Weiterhin zeigte die Studie, dass Konsumentenpräferenzen produkt- und regionsspezifisch sind. Folglich wird empfohlen, in zukünftigen Studien unterschiedlich Produkte bzw. Produktgruppen und Konsumenten verschiedener Regionen einzubeziehen. Die zunehmenden Präferenzen und Zahlungsbereitschaften der Konsumenten für regionale Lebensmittel deuteten sowohl in dieser Dissertation als auch in vielen anderen nationalen und internationalen Studien darauf hin, dass es ein großes Potential für einen regionalen Lebensmittelmarkt gibt. Aus diesem Grund wird Produzenten und Vermarktern von ökologischen sowie konventionellen Produkten empfohlen, verstärkt in die Entwicklung von regionalen Versorgungsketten zu investieren.
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La PET/RMN è un ibrido delle tecnologie di imaging che incorpora la risonanza magnetica nucleare (RMN), che fornisce un'imaging di tipo morfologico, e la tomografia ad emissione di positroni (PET), che fornisce un'imaging di tipo funzionale. Questa nuova tecnologia trova applicazioni in campo oncologico, cardiovascolare e nello studio del sistema nervoso centrale (SNC). La realizzazione di questa nuova tecnologia ha comportato diverse sfide tecniche per la combinazione delle due apparecchiature, che sono state risolte con diversi approcci. Lo sviluppo futuro della PET/RMN sarà guidato da molteplici fattori tra i quali l'eliminazione degli eventuali disturbi e la necessità di accordi per i rimborsi dell'esame. Tutt'ora esistono tre diversi produttori al mondo : Simens, Philips e GE (General Electric), i quali hanno diverse tecnologie e diversi metodi di analisi. La prima apparecchiatura PET/RMN in Italia è stata acquistata dall'ospedale di Padova nel gennaio 2015, mentre negli altri paesi aveva già fatto la sua comparsa dal 2011.