911 resultados para Motori a combustione interna, Simulazione, Metodo delle caratteristiche, Sovralimentazione


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L’analisi chimica delle acque di dieci pozzi, di una località posta a N del fiume Po, (44°54’51.10” N; 11°36’42.49”E), ha mostrato la presenza di acque clorurato sodiche, che si suppone derivino da miscelazione (complessa) tra acque di origine marina (acqua di strato) e un’acqua dolce madre (acqua teorica, end member). Si è tentato di calcolare teoricamente la composizione dell’end member, che è risultata un’acqua bicarbonato sodica, e si è proposta la possibile giacitura delle facies idrochimiche riscontrate all’interno dello schema idrostratigrafico regionale Emiliano-Romagnolo. È emerso che le acque analizzate sono presenti ad una profondità anormalmente ridotta, rispetto alle giaciture degli end members di miscelazione: le acque saline di Ambrogio e Diamantina e l’acqua dolce teorica. Considerando la distribuzione geografica delle acque clorurato sodiche nella regione Emilia-Romagna ed il chiaro rapporto che queste hanno con la verticale degli alti strutturali appenninici sepolti si propone una origine influenzata dalla tettonica per la risalita delle acque studiate.

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La tecnica di ozonolisi viene applicata ai fanghi biologici derivanti da impianti di depurazione acque reflue urbane, e consiste nell'ottenere, grazie all'ozono, una minor massa fangosa da smaltire e una miglior trattabilità del fango residue. In questo elaborato si prendono in esame le sperimentazioni effettuate a Marina di Ravenna e si estraggono le prime conclusioni gestionali, economiche e ambientali sull'applicabilità del metodo a questo tipo di fango.

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Il presente lavoro tratta lo studio dei fenomeni aeroelastici di interazione fra fluido e struttura, con il fine di provare a simularli mediante l’ausilio di un codice agli elementi finiti. Nel primo capitolo sono fornite alcune nozioni di fluidodinamica, in modo da rendere chiari i passaggi teorici fondamentali che portano alle equazioni di Navier-Stokes governanti il moto dei fluidi viscosi. Inoltre è illustrato il fenomeno della formazione di vortici a valle dei corpi tozzi dovuto alla separazione dello strato limite laminare, con descrizione anche di alcuni risultati ottenuti dalle simulazioni numeriche. Nel secondo capitolo vengono presi in rassegna i principali fenomeni di interazione fra fluido e struttura, cercando di metterne in luce le fondamenta della trattazione analitica e le ipotesi sotto le quali tale trattazione è valida. Chiaramente si tratta solo di una panoramica che non entra in merito degli sviluppi della ricerca più recente ma fornisce le basi per affrontare i vari problemi di instabilità strutturale dovuti a un particolare fenomeno di interazione con il vento. Il terzo capitolo contiene una trattazione più approfondita del fenomeno di instabilità per flutter. Tra tutti i fenomeni di instabilità aeroelastica delle strutture il flutter risulta il più temibile, soprattutto per i ponti di grande luce. Per questo si è ritenuto opportuno dedicargli un capitolo, in modo da illustrare i vari procedimenti con cui si riesce a determinare analiticamente la velocità critica di flutter di un impalcato da ponte, a partire dalle funzioni sperimentali denominate derivate di flutter. Al termine del capitolo è illustrato il procedimento con cui si ricavano sperimentalmente le derivate di flutter di un impalcato da ponte. Nel quarto capitolo è presentato l’esempio di studio dell’impalcato del ponte Tsing Ma ad Hong Kong. Sono riportati i risultati analitici dei calcoli della velocità di flutter e di divergenza torsionale dell’impalcato e i risultati delle simulazioni numeriche effettuate per stimare i coefficienti aerodinamici statici e il comportamento dinamico della struttura soggetta all’azione del vento. Considerazioni e commenti sui risultati ottenuti e sui metodi di modellazione numerica adottati completano l’elaborato.

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La gestione delle risorse idriche è una questione fondamentale da affrontare alla luce di problemi sempre più attuali quali la scarsità della risorsa in determinati periodi dell’anno e la tutela dei corpi idrici rispetto ad approvvigionamenti che ne possano intaccare il naturale equilibrio. In effetti, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da episodi di magra piuttosto rilevanti e con pochi paragoni nell’intero novecento...

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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.

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Oggetto di questa tesi è lo studio della qualità del servizio di trasporto erogato che condiziona la qualità percepita dall’utente, poiché spesso proprio a causa di un errato processo di pianificazione e gestione della rete, molte aziende non sono in grado di consolidare un alto livello di efficienza che permetta loro di attrarre e servire la crescente domanda. Per questo motivo, si è deciso di indagare sugli aspetti che determinano la qualità erogata e sui fattori che la influenzano, anche attraverso la definizione di alcuni indicatori rappresentativi del servizio erogato. L’area di studio considerata è stata quella urbana di Bologna, e sono state prese in esame due linee di ATC, la 19 e la 27, caratterizzate entrambe da una domanda di trasporto molto elevata. L’interesse è ricaduto in modo particolare sugli aspetti legati alla regolarità del servizio, ovvero al rispetto della cadenza programmata delle corse e alla puntualità, ossia il rispetto dell’orario programmato delle stesse. Proprio da questi due aspetti, infatti, dipende in larga misura la percezione della qualità che gli utenti hanno del servizio di trasporto collettivo. Lo studio è stato condotto sulla base di dati raccolti attraverso due campagne di rilevamento, una effettuata nel mese di maggio dell’anno 2008 e l’altra nel mese di settembre dello stesso anno. La scelta del periodo, della zona e delle modalità di rilevamento è strettamente connessa all’obiettivo prefissato. Il servizio è influenzato dalle caratteristiche del sistema di trasporto: sia da quelle legate alla domanda che da quelle legate all’offerta. Nel caso della domanda di trasporto si considera l’influenza sul servizio del numero di passeggeri saliti e del tempo di sosta alle fermate. Nel caso dell’offerta di trasporto si osservano soprattutto gli aspetti legati alla rete di trasporto su cui si muovono gli autobus, analizzando quindi i tempi di movimento e le velocità dei mezzi, per vedere come le caratteristiche dell’infrastruttura possano condizionare il servizio. A tale proposito è opportuno dire che, mentre i dati della prima analisi ci sono utili per lo studio dell’influenza del tempo di sosta sull’intertempo, nella seconda analisi si vuole cercare di effettuare ulteriori osservazioni sull’influenza del tempo di movimento sulla cadenza, prendendo in esame altri elementi, come ad esempio tratti di linea differenti rispetto al caso precedente. Un’attenzione particolare, inoltre, verrà riservata alla verifica del rispetto della cadenza, dalla quale scaturisce la definizione del livello di servizio per ciò che riguarda la regolarità. Per quest’ultima verrà, inoltre, determinato anche il LOS relativo alla puntualità. Collegato al problema del rispetto della cadenza è il fenomeno dell’accodamento: questo si verifica quando i mezzi di una stessa linea arrivano contemporaneamente ad una fermata uno dietro l’altro. L’accodamento ha, infatti, origine dal mancato rispetto della cadenza programmata tra i mezzi ed è un’evidente manifestazione del mal funzionamento di un servizio di trasporto. Verrà infine condotta un’analisi dei fattori che possono influenzare le prestazioni del servizio di trasporto pubblico, così da collocare i dati ottenuti dalle operazioni di rilevamento in un quadro più preciso, capace di sottolineare alcuni elementi di criticità e possibili rapporti di causalità.

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L’elaborato svolge in 4 capitoli un percorso di analisi multidisciplinare volto a fondare teoricamente e a sviluppare operativamente la costituzione di una associazione di co-sviluppo italotunisina. Nel primo capitolo viene approfondita, sotto il profilo della teoria economica, la relazione fra emigrazione e sviluppo, prendendo in esame le recenti teorie sull’argomento e indirizzando l’interesse verso il ruolo dei network di migranti come elemento di continuità socio-economica e di interazione fra il paese di origine e il paese ospitante. Nel secondo capitolo il network viene approfondito sotto gli aspetti connessi alla sua natura di intermediario sociale, politico ed economico, soprattutto in presenza di migrazione di ritorno. Il terzo capitolo si concentra sulle associazioni degli immigrati e non solo Hometown Associations quali strumenti elaborati all’interno dei network di migranti per mettere in pratica le loro capacità di agente economico e di attore sociale nel processo di co-sviluppo dei paesi di provenienza e di destinazione. Infine, nel quarto capitolo viene descritto l’iter istituzionale previsto per la costituzione di una specifica associazione (El-Hiwar Atiir, Associazione Tunisina per l’Integrazione e l’Investimento di Ritorno) e le caratteristiche della medesima. Il lavoro di tesi, coordinato e sviluppato, pur approfondendo tematiche e modelli economici si muove anche su altri piani (sociale e istituzionale), mostrando la molteplicità delle sfaccettature del problema. Inoltre riesce a radicare in campo teorico uno strumento operativo molto interessante per la gestione economica e politica del fenomeno migratorio, mostrando come la cooperazione allo sviluppo, oltre che tema di modellazione economica e di dichiarazioni di principio nei documenti ufficiali, possa divenire processo operativo attraverso strumenti giuridici consolidati.

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Matrix metalloproteinases (MMP) are a large family of proteinases that remodel extracellular matrix (ECM) component. Recent data suggest a role for MMPs in a number of renal pathophysiologies, associated with an imbalance of ECM syntesis and degradation, which may result in an accumulation of ECM molecules and renal fibrosis. The aim of this study is to elucidate the role of pro and activated MMP-2 and 9 in urine and renal tissue of healty and nephropatic dogs. Renal tissue of 8 healty dogs and either renal tissue and urine of 9 nephropatic dogs was collected and analize using zimographic method, which is been validated in this study. Either MMPs zimographic bands were present in almost all samples. In particular, pro and activated MMP-9 zimographic bands were poorly represent in renal tissue of healty dogs, whereas were very represent in nephropatic dogs. Pro and activated MMP-2 was present in either tissue of healty and nephropatic dogs. In urine of nephropatic dogs, pro and activated MMP-9 was more evident than MMP-2, but there was not correlaction with renal tissue levels, therefore urine levels of MMPs have poorly usefulness in diagnostic pratice. The values of Pro and activated MMP-9 in nephropatic dogs were significantly higher compared with normal dogs (p < 0,05), whereas there was not statistically meaningful for Pro and activated MMP-2. In conclusion, in this study we have validated a zimographic method for renal tissue of dogs and we have illustrated the changes in nephropatic dogs, which may be useful for further study.

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Citokines are proteins produced by several cell types and secreted in response to various stimuli. These molecules are able to modify the behaviour of other cells inducing activities like growth, differentiation and apoptosis. In the last years, veterinary scientists have investigated the role played by these factors; in fact, cytokines can act as intercellular communicative signals in immune response, cell damage repair and hematopoiesis. Up to date, various cytokines have been identified and in depth comprehension of their effects in physiology, pathology and therapy is an interesting field of research. This thesis aims to understand the role played by these mediators during natural or experimentally induced pathologies. In particular, it has been evaluated the genic and protein expressions of a large number of cytokines during several diseases and starting from different matrix. Considering the heterogeneity of materials used in experimentations, multiple methods and protocols of nucleic acids and proteins extractions have been standardized. Results on cytokines expression obtained from various in vitro and in vivo experimental studies have shown how important these mediators are in regulation and modulation of the host immune response also in veterinary medicine. In particular, the analysis of inflammatory and septic markers, like cytokines, has allowed a better understanding in the pathogenesis during horse Recurrent Airway Obstruction, foal sepsis, Bovine Viral Diarrhea Virus infection and dog Parvovirus infection and the effects of these agents on the host immune system. As experimentations with mice have shown, some pathologies of the respiratory and nervous system can be reduced or even erased by blocking cytokines inflammatory production. The in vitro cytokines expression evaluation in cells which are in vivo involved in the response to exogenous (like pathogens) or endogenous (as it happens during autoimmune diseases) inflammatory stimuli could represent a model for studying citokines effects during the host immune response. This has been analyzed using lymphocytes cultured with several St. aureus strains isolated from bovine mastitic milk and different colostrum products. In the first experiment different cytokines were expressed depending on enterotoxins produced, justifying a different behaviour of the microrganism in the mammal gland. In the second one, bone marrow cells derived incubated with murine lymphocytes with colostrum products have shown various cluster of differentiation expression , different proliferation and a modified cytokines profile. A better understanding of cytokine expression mechanisms will increase the know-how on immune response activated by several pathogen agents. In particular, blocking the cytokine production, the inhibition or catalyzation of the receptor binding mechanism and the modulation of signal transduction mechanism will represent a novel therapeutic strategy in veterinary medicine.

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I comportamenti nutrizionali stanno assumendo sempre maggiore rilievo all’interno delle politiche comunitarie e questo sottolinea che la dieta sta avendo, negli ultimi anni, una maggiore importanza come fattore di causa e allo stesso tempo prevenzione nella diffusione di malattie croniche come il cancro, malattie cardiovascolari, diabete, osteoporosi e disturbi dentali. Numerosi studi mostrano infatti che i tassi di obesità sono triplicati nelle ultime due decadi e si è stimato che, se i livelli di obesità continueranno a crescere allo stesso tasso del 1990, nel 2010 il numero di persone obese raggiungerà i 150 milioni tra gli adulti e i 15 milioni tra bambini e adolescenti. I governi nazionali stanno quindi cercando di risolvere questo problema, a cui sono inoltre legati alti costi nazionali, tramite l’implementazione di politiche nutrizionali. Analisi di tipo cross-section sono già state evidenziate da studiosi come Schmidhuber e Traill (2006), i quali hanno effettuato un’analisi di convergenza a livello europeo per esaminare la distanza tra le calorie immesse da 426 prodotti diversi. In quest’analisi hanno così dimostrato la presenza di una similarità distinta e crescente tra i paesi europei per quanto riguarda la composizione della dieta. Srinivasan et al. invece hanno osservato la relazione esistente tra ogni singolo prodotto alimentare consumato e le norme nutrizionali dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO) Lo scopo di questa tesi è quello di evidenziare il problema a livello di aggregati nutritivi e di specifiche componenti nutrizionali come zucchero, frutta e verdura e non relativamente ad ogni singolo prodotto consumato. A questo proposito ci si è basati sulla costruzione di un indicatore (Recommendation Compliance Index) in modo da poter misurare le distanze tra la dieta media e le raccomandazioni del WHO. Lo scopo è quindi quello di riuscire a quantificare il fenomeno del peggioramento della dieta in diverse aree del mondo negli ultimi quattro decenni, tramite un’analisi panel, basandosi sui dati sui nutrienti consumati, provenienti dal database della FAO (e precisamente dal dataset Food Balance Sheets – FBS). Nella prima fase si introduce il problema dell’obesità e delle malattie croniche correlate, evidenziando dati statistici in diversi paesi europei e mondiali. Si sottolineano inoltre le diverse azioni dei governi e del WHO, tramite l’attuazione di campagne contro l’obesità e in favore di una vita più salutare e di una maggiore attività fisica. Nella seconda fase si è costruito un indicatore aggregato (Recommendation Compliance Index) in modo da analizzare le caratteristiche nella dieta dei diversi Paesi a livello mondiale rispetto alle norme del WHO. L’indicatore si basa sui dati ottenuti da FAOSTAT ed è calcolato per 149 paesi del database dell’FBS per il periodo 1961-2002. Nell’analisi si sono utilizzati i dati sulle percentuali di energia prodotta dalle varie componenti nutritive, quali grassi, grassi saturi e transaturi, zuccheri, carboidrati, proteine e le quantità di frutta e verdura consumate. Inoltre si è applicato un test statistico per testare se il valore del RCI è significativamente cambiato nel tempo, prendendo in considerazione gruppi di Paesi (Paesi OECD, Paesi in via di sviluppo e sottosviluppati). Si è voluto poi valutare la presenza o meno di un processo di convergenza, applicando l’analisi di σ-convergenza per osservare ad esempio se la variabilità è diminuita nel tempo in modo significativo. Infine si è applicato l’indicatore ad un livello micro, utilizzando il database del National Diet and Nutrition Survey, che raccoglie dati di macrocomponenti nutritive e misure antropometriche della popolazione inglese dai 16 ai 64 anni per il periodo 2000-2001. Si sono quindi effettuate analisi descrittive nonché analisi di correlazione, regressione lineare e ordinale per osservare le relazioni tra l’indicatore, i macronutrienti, il reddito e le misure antropometriche dell’ Indice di Massa Corporea (Body Mass Index, BMI) e del rapporto vita-fianchi (Waist-hip ratio, WHR).

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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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L’uso frequente dei modelli predittivi per l’analisi di sistemi complessi, naturali o artificiali, sta cambiando il tradizionale approccio alle problematiche ambientali e di rischio. Il continuo miglioramento delle capacità di elaborazione dei computer facilita l’utilizzo e la risoluzione di metodi numerici basati su una discretizzazione spazio-temporale che permette una modellizzazione predittiva di sistemi reali complessi, riproducendo l’evoluzione dei loro patterns spaziali ed calcolando il grado di precisione della simulazione. In questa tesi presentiamo una applicazione di differenti metodi predittivi (Geomatico, Reti Neurali, Land Cover Modeler e Dinamica EGO) in un’area test del Petén, Guatemala. Durante gli ultimi decenni questa regione, inclusa nella Riserva di Biosfera Maya, ha conosciuto una rapida crescita demografica ed un’incontrollata pressione sulle sue risorse naturali. L’area test puó essere suddivisa in sotto-regioni caratterizzate da differenti dinamiche di uso del suolo. Comprendere e quantificare queste differenze permette una migliore approssimazione del sistema reale; é inoltre necessario integrare tutti i parametri fisici e socio-economici, per una rappresentazione più completa della complessità dell’impatto antropico. Data l’assenza di informazioni dettagliate sull’area di studio, quasi tutti i dati sono stati ricavati dall’elaborazione di 11 immagini ETM+, TM e SPOT; abbiamo poi realizzato un’analisi multitemporale dei cambi uso del suolo passati e costruito l’input per alimentare i modelli predittivi. I dati del 1998 e 2000 sono stati usati per la fase di calibrazione per simulare i cambiamenti nella copertura terrestre del 2003, scelta come data di riferimento per la validazione dei risultati. Quest’ultima permette di evidenziare le qualità ed i limiti per ogni modello nelle differenti sub-regioni.

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La ricerca si propone d’indagare sul concetto di “congruità” riferito alle trasformazioni di specifici contesti urbani, e di definire quindi un metodo “non arbitrario” per la valutazione di opere esistenti o in progetto, al fine di riconoscerne il carattere di congruità o, al contrario, d’incongruità. Interventi d’inserimento e di trasformazione, alla scala del comparto urbanistico o anche alla scala edilizia, possono presentarsi come congrui o incongrui rispetto all’identità del luogo di appartenenza (organismo a scala urbana o territoriale). Congrua risulta l’opera che non si pone in (conclamato) contrasto rispetto ai caratteri identitari del contesto. Le definizioni d’incongruità e di opera incongrua, divengono il metro di giudizio del rapporto tra un intervento ed il suo contesto, e si applicano mediante una valutazione che sia metodologicamente fondata e verificata. La valutazione di congruità-incongruità può riferirsi a opere esistenti già realizzate, oppure a progetti di nuove opere; in questo secondo approccio il metodo di valutazione si configura come linea-guida per l’orientamento del progetto stesso in termini di congruità rispetto al contesto. In una fase iniziale la ricerca ha fissato i principi di base, con la definizione di ciò che deve intendersi per congruità e per profilo di congruità. La specifica di congruità, non potendosi basare su una consolidata letteratura (il concetto nei termini descritti è stato introdotto dalla legge 16/2002 della Regione Emilia-Romagna; la Regione stessa riconosce che il concetto è in fase di precisazione tramite sperimentazioni, studi e interventi pilota), muove dallo studio dei concetti di luogo, caratteri del luogo, identità del luogo, contesto urbano, trasformazione dell’ambiente costruito, tutela del patrimonio edilizio, sviluppo tipologico, e superfetazione incongrua. Questi concetti, pur mutuati da ambiti di ricerca affini, costituiscono i presupposti per la definizione di congruità delle trasformazioni di contesti urbani, rispetto all’identità del luogo, tramite la tutela e valorizzazione dei suoi caratteri tipologici costitutivi. Successivamente, la ricerca ha affrontato l’analisi di taluni casi-tipo di opere incongrue. A tale scopo sono stati scelti quattro casi-tipo d’interventi per rimozione di opere ritenute incongrue, indagando la metodologia di valutazione di congruità in essi applicata. Inoltre è stata sperimentata l’applicazione del metodo di valutazione per “categorie di alterazioni” tramite lo studio del centro storico di Reggio Emilia, assunto come contesto urbano campione. Lo studio analitico è sviluppato attraverso l’indagine del rapporto tra edifici e caratteri del contesto, individuando e classificando gli edifici ritenuti incongrui. Qui sono emersi i limiti del metodo di individuazione delle incongruità per categorie di alterazioni; di fatto le alterazioni definite a priori rispetto al contesto, determinano un giudizio arbitrario, in quanto disancorato dai caratteri del luogo. La definizione di ciò che è congruo o incongruo deve invece riferirsi a uno specifico contesto, e le alterazioni dei caratteri che rappresentano l’identità del luogo non possono definirsi a priori generalizzandone i concetti. Completando la ricerca nella direzione del risultato proposto, si è precisato il metodo di valutazione basato sulla coincidenza dei concetti di congruità e di pertinenza di fase, in rapporto allo sviluppo tipologico del contesto. La conoscenza del contesto nei suoi caratteri tipologici, è già metodo di valutazione: nella misura in cui sia possibile effettuare un confronto fra contesto ed opera da valutare. La valutazione non si pone come vincolo all’introduzione di nuove forme che possano rappresentare un’evoluzione dell’esistente, aggiornando il processo di sviluppo tipologico in relazione alle mutazioni del quadro esigenzialeprestazionale, ma piuttosto come barriera alle trasformazioni acritiche nei confronti del contesto, che si sovrappongano o ne cancellino inconsapevolmente i segni peculiari e identitari. In ultima analisi, ai fini dell’applicabilità dei concetti esposti, la ricerca indaga sulla convergenza tra metodo proposto e possibili procedure applicative; in questo senso chiarisce come sia auspicabile definire la congruità in relazione a procedure valutative aperte. Lo strumento urbanistico, inteso come sistema di piani alle diverse scale, è l’ambito idoneo a recepire la lettura della stratificazione dei segni indentitari rilevabili in un contesto; lettura che si attua tramite processi decisionali partecipati, al fine di estendere alla collettività la definizione d’identità culturale del luogo. La valutazione specifica di opere o progetti richiede quindi una procedura aperta, similmente alla procedura di valutazione in vigore presso le soprintendenze, basandosi sul concetto di responsabilità del progettista e del valutatore, in riferimento alla responsabilità della collettività, espressa invece nello strumento urbanistico. Infatti la valutazione di tipo oggettivo, basata sul riferimento a regolamenti o schemi precostituiti, confligge con il senso della valutazione metodologicamente fondata che, al contrario, è assunto teorico basilare della ricerca.