434 resultados para pentecene semiconduttori organici transistor fotocorrente impiantazione ionica


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Negli ultimi 20 anni lo studio dei materiali organici dalle proprietà conduttive si è ampliato significativamente in un range di applicazioni molto vasto, che va dall'assemblaggio e costruzione di sistemi microelettronici avanzati ad applicazioni nel campo della bioelettronica e dell'ingegneria biomedica. Il presente lavoro rappresenta un punto d'incontro tra la fisica dei materiali e la ricerca in ambito biomedico e verte sullo studio delle particolari proprietà del poli(3,4-etilenediossitiofene) drogato con poli(stirene sulfonato), o PEDOT:PSS, utilizzato nella preparazione di substrati per colture cellulari. Nel primo capitolo, di natura descrittiva, viene presentata una panoramica sui polimeri conduttivi e sulle loro caratteristiche principali con particolare approfondimento sul PEDOT:PSS e sulle sue applicazioni in ambito di ricerca. Il secondo capitolo contiene una descrizione approfondita della strumentazione e delle procedure utilizzati per la caratterizzazione dei campioni: sommariamente, questi comprendono misure di resistenza superficiale, di angolo di contatto e analisi morfologiche tramite AFM. Nel terzo e ultimo capitolo vengono esposte le tecniche di preparazione dei campioni e vengono mostrati e discussi i risultati delle misure eseguite sui campioni preparati.

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Lo studio riguarda la caratterizzazione geochimica dei sedimenti del sito Caretti, situato a est del comune di Ferrara, interessato da un forte caso di contaminazione dovuto alla presenza di due discariche municipali non controllate risalenti agli anni '60-'70. L'obiettivo del lavoro è quello di valutare la geochimica dei sedimenti e delle acque prelevate nel sito al fine di individuare eventuali relazioni tra il chimismo delle due matrici. Inoltre, i dati dell' analisi dei sedimenti sono stati confrontati con quelli di letteratura per delinearne aspetti di provenienza. I dati geochimici dei sedimenti sono stati ottenuti mediante fluorescenza a raggi X (XRF) e sono stati elaborati graficamente e statisticamente, mediante software di analisi statistica (GCDkit). La composizione geochimica delle acque è stata ottenuta mediante tecniche di cromatografia ionica e spettroscopia di assorbimento atomico. La geochimica dei sedimenti ha evidenziato che la composizione chimica mostra associazioni di elementi legate a una componente tessiturale del sedimento. In particolare si rilevano concentrazioni elevate di Fe2O3, Al2O3, TiO2, Cr, Ni, e V in sedimenti a granulometria fine, a differenza delle concentrazioni di SiO2 e Na2O elevate in sedimenti sabbiosi. La distribuzione statistica degli elementi nei sedimenti e nelle acque ha permesso di effettuare una valutazione delle caratteristiche geochimiche dei principali corpi idrogeologici. La caratterizzazione geochimica ha fornito, inoltre, indicazioni sull'origine dei sedimenti. Cromo e Nichel, tra gli elementi in traccia, sono particolarmente efficaci nella valutazione della provenienza permettendo, all'interno del sito Caretti, una distinzione tra popolazioni di provenienza appenninica (bassi valori Cr-Ni) e padana (alti valori Cr-Ni).

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La capacità della spettroscopia di assorbimento di riuscire a determinare la struttura locale di campioni di ogni tipo e concentrazione, dagli elementi puri ai più moderni materiali nanostrutturati, rende lo studio dei meccanismi di incorporazione di droganti in matrici di semiconduttori il campo che meglio ne esprime tutto il potenziale. Inoltre la possibilità di ottenere informazioni sulla struttura locale di un particolare elemento in traccia posto in sistemi senza ordine a lungo raggio risulta, ovviamente, nello studio dei semiconduttori di grandissimo interesse. Tuttavia, la complessità di determinate strutture, generate dalla incorporazione di elementi eterovalenti che ne modificano la simmetria, può far si che all’analisi sperimentale si debbano affiancare dei metodi avanzati ab-initio. Questi approcci garantiscono, attraverso la simulazione o di strutture atomiche o dello stesso spettro XAS, di ottenere una più completa e precisa interpretazione dei dati sperimentali. Nella fase preliminare di questo elaborato si illustrerà la fenomenologia della spettroscopia di assorbimento e i fondamenti teorici che stanno alla base dell’analisi della struttura fine di soglia. Si introdurranno contemporaneamente le tecniche sperimentali con cui si realizzano le misure di spettri di assorbimento su una beamline che sfrutta sorgente di radiazione di sincrotrone facendo riferimento agli strumenti montati sulla linea LISA (o BM08) presso l’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble su cui si sono realizzati gli esperimenti di questo lavoro. Successivamente si realizzerà una rassegna di alcuni esperimenti simbolo della analisi della struttura locale di droganti in semiconduttori mediante XAFS, andando ad approfondire i metodi sperimentali associati. Nella parte principale della tesi verranno descritti alcuni tipi di analisi avanzate effettuate su Colloidal Quantum Dots a base di solfuro di piombo drogati con antimonio. Tali sistemi, particolarmente interessanti per potenziali applicazioni in campo optoelettrico, sono stati analizzati mediante misure di fluorescenza ottenute sulla beamline LISA. La fase di analisi ha visto la progettazione di una suite di programmi in C++ per realizzare simulazioni di uno spettro XAS teorico completo basato su strutture ottenute (anche esse) da metodi ab-initio.

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Il fotovoltaico (FV) costituisce il modo più diretto di conversione dell’energia solare in energia elettrica e si basa sull’effetto osservato da Becquerel nel 1839. Si può affermare che tale effetto è rimasto una curiosità di laboratorio dalla metà del XIX secolo fino al 1954, quando la prima cella solare in silicio con un’efficienza di conversione del 6% fu costruita ai Laboratori Bell. Da allora la ricerca in questo settore ha sperimentato una crescita costante ed oggi si può contare su tecnologie mature, in grado di sviluppare alte prestazioni in via di ulteriore miglioramento. Le celle tandem costituiscono ora il migliore esempio di dispositivi fotovoltaici in grado di convertire buona parte della potenza irraggiata dal sole. Aumentare l’efficienza con le celle tandem significa sfruttare le differenti lunghezze d’onda dello spettro solare. Questi dispositivi sono infatti costruiti impilando semiconduttori, disponendoli dal basso in modo crescente secondo i loro valori di energia di gap. A partire dall’analisi delle caratteristiche principali della radiazione solare e del principio di funzionamento delle celle fotovoltaiche, questo lavoro si propone di mettere in evidenza le potenzialità della tecnologia a multigiunzione, che ha già dimostrato rilevanti capacità di ottimizzazione delle prestazioni delle celle solari, facendo ben sperare per il futuro.

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Il lavoro svolto nella zona di Vareš, in particolare nella zona del lago di Veovača ha investigato diverse matrici ambientali (sedimenti, suoli, acque) per valutare le loro caratteristiche e la loro qualità. Nella zona è stata presente in passato attività estrattiva e di lavorazione dei minerali estratti, da qui la necessità di questo studio esplorativo. Il lavoro svolto si divide in tre fasi: campionamento, svolto in quattro giorni passati in campagna; analisi dei campioni raccolti e interpretazione dei risultati. Sono state campionate acque e sedimenti in punti interni al lago, altri in corrispondenza delle sue sponde e punti lungo la diga. Sul materiale solido sono state svolte analisi di spettrometria di fluorescenza a raggi X, mentre sulle acque sono state applicate tecniche di spettrometria di assorbimento atomico (AAS), spettrometria di emissione al plasma induttivamente accoppiato (ICP-AES) e cromatografia ionica oltre che a misure di parametri chimico-fisici in campo. Sono stati poi valutati i risultati, attraverso il confronto con banche dati di riferimento ed elaborazioni statistiche e grafiche. Si tratta di uno studio preliminare effettuato su un piccolo numero di campioni e perciò solo indicativo e non in grado di fornire risposte definitive sulla condizione ambientale dell'area. Tuttavia queste prime informazioni consentono di delineare un quadro nel quale future indagini potranno approfondire aspetti e problemi critici per la qualità ambientale.

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Questa tesi ha studiato a fondo le modalità di funzionamento del convertitore ZETA. Si è visto che la presenza dei due magnetici determina una condizione di funzionamento non convenzionale (lo stesso accade nel SEPIC) poco studiata in letteratura. Questa condizione, corrispondente al modo discontinuo nei più elementari convertitori, in cui la corrente si annulla sia nel transistor che nel diodo, dà invece luogo ad un ricircolo di corrente pressochè costante in una maglia che comprende entrambe le induttanze. Questa corrente testimonia un intrappolamento di energia magnetica con relativa perdita per dissipazione che presumibilmente degrada l’efficienza del convertitore. Questo è potuto avvenire perchè non vi è nulla che impedisca il flusso di una corrente negativa sui singoli induttori quando la somma algebrica dei due risulti comunque positiva o nulla (diodo in conduzione). Questo problema si può riscontrare sia nel funzionamento in continua (sempre almeno uno fra transistor e diodo in conduzione) che in discontinua (con un intervallo di tempo in cui non conducono nessuno dei due). Per ovviare a questo problema le soluzioni proposte in questa tesi sono quelle di aggiungere un ulteriore diodo rettificatore in serie agli avvolgimenti e/o di gestire il rapporto di induttanze dei due avvolgimenti in modo che nella condizione nominale di funzionamento raggiungano contemporaneamente la condizione di inversione della corrente. Queste possibilità sono state esplorate con successo nell’utilizzo del convertitore ZETA per applicazioni di correzione del fattore di potenza PFC in cui si è proposto un insieme di equazioni di dimensionamento che portano al progetto del convertitore al fine di ottenere le forme d’onda desiderate.

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Questo elaborato concerne la revisione della letteratura scientifica relativa alla teorizzazione e realizzazione tecnologica del memristor, un nuovo componente elettronico teorizzato nel 1971 e realizzato solo nel 2008 nei laboratori della HP (Hewlett Packard, Palo Alto, California). Dopo una descrizione in termini matematici della teoria fisica alla base del dispositivo e del suo funzionamento, viene descritta la sua realizzazione tecnologica e il corrispettivo modello teorico. Succesivamente il lavoro discute la possibile analogia tra il funzionamento del memristor ed il funzionamento di neuroni e sinapsi biologiche all'interno del Sistema Nervoso Centrale. Infine, vengono descritte le architetture recentemente proposte per l'implementazione di reti neurali artificiali fondate su un sistema computazionale parallelo e realizzate mediante sistemi ibridi transistors/memristors.

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The present thesis work proposes a new physical equivalent circuit model for a recently proposed semiconductor transistor, a 2-drain MSET (Multiple State Electrostatically Formed Nanowire Transistor). It presents a new software-based experimental setup that has been developed for carrying out numerical simulations on the device and on equivalent circuits. As of 2015, we have already approached the scaling limits of the ubiquitous CMOS technology that has been in the forefront of mainstream technological advancement, so many researchers are exploring different ideas in the realm of electrical devices for logical applications, among them MSET transistors. The idea that underlies MSETs is that a single multiple-terminal device could replace many traditional transistors. In particular a 2-drain MSET is akin to a silicon multiplexer, consisting in a Junction FET with independent gates, but with a split drain, so that a voltage-controlled conductive path can connect either of the drains to the source. The first chapter of this work presents the theory of classical JFETs and its common equivalent circuit models. The physical model and its derivation are presented, the current state of equivalent circuits for the JFET is discussed. A physical model of a JFET with two independent gates has been developed, deriving it from previous results, and is presented at the end of the chapter. A review of the characteristics of MSET device is shown in chapter 2. In this chapter, the proposed physical model and its formulation are presented. A listing for the SPICE model was attached as an appendix at the end of this document. Chapter 3 concerns the results of the numerical simulations on the device. At first the research for a suitable geometry is discussed and then comparisons between results from finite-elements simulations and equivalent circuit runs are made. Where points of challenging divergence were found between the two numerical results, the relevant physical processes are discussed. In the fourth chapter the experimental setup is discussed. The GUI-based environments that allow to explore the four-dimensional solution space and to analyze the physical variables inside the device are described. It is shown how this software project has been structured to overcome technical challenges in structuring multiple simulations in sequence, and to provide for a flexible platform for future research in the field.

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L’idrotermocarbonizzazione è un processo che permette di convertire un’elevata quantità di materie prime solide in carbone. Ciò viene realizzato inserendo come sostanza in input, oltre alla materia prima iniziale, acqua liquida e, successivamente, riscaldando fino a 180°C, temperatura alla quale inizia la reazione esotermica ed il processo diventa di tipo stand-alone. Tale reazione presenta un tempo di reazione variabile nel range di 4÷12 h. I prodotti in uscita sono costituiti da una sostanza solida che ha le caratteristiche del carbone marrone naturale e un’acqua di processo, la quale è altamente inquinata da composti organici. In questo elaborato viene illustrata una caratterizzazione dei prodotti in uscita da un impianto di idrotermo carbonizzazione da laboratorio, il quale utilizza in input pezzi di legno tagliati grossolanamente. Inizialmente tale impianto da laboratorio viene descritto nel dettaglio, dopodiché la caratterizzazione viene effettuata attraverso DTA-TGA dei materiali in ingresso ed uscita; inoltre altre sostanze vengono così analizzate, al fine di confrontarle col char ed i pezzi di legno. Quindi si riporta anche un’analisi calorimetrica, avente l’obiettivo di determinare il calore di combustione del char ottenuto; attraverso questo valore e il calore di combustione dei pezzi di legno è stato possibile calcolare l’efficienza di ritenzione energetica del processo considerato, così come la densificazione energetica riscontrata nel materiale in uscita. In aggiunta, è stata eseguita un’analisi delle specie chimiche elementari sul char ed il legno in modo da determinare i seguenti parametri: fattori di ritenzione e fattori di ritenzione pesati sulla massa in termini di concentrazione di C, H, N e S. I risultati ottenuti da tale analisi hanno permesso di effettuare una caratterizzazione del char. Un tentativo di attivazione del char viene riportato, descrivendo la procedura di attivazione seguita e la metodologia utilizzata per valutare il buon esito o meno di tale tentativo di attivazione. La metodologia consiste di uno studio isotermo dell’adsorbimento di acido acetico sul char “attivato” attraverso una titolazione. I risultati sperimentali sono stati fittati usando le isoterme di Langmuir e Freundlich e confrontati con le capacità di adsorbimento del semplice char e di un campione di carbone attivo preso da un’azienda esterna. Infine si è considerata l’acqua di processo, infatti un’analisi fotometrica ne ha evidenziato le concentrazioni di TOC, COD, ioni nitrato e ioni fosfato. Questi valori sono stati conseguentemente confrontati con i limiti italiani e tedeschi massimi ammissibili per acque potabili, dando quindi un’idea quantitativa della contaminazione di tale acqua di processo.

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Tra i prodotti vegani più richiesti vi sono i “formaggi” vegani, alimenti fermentati a base di frutta secca o ottenuti attraverso trattamenti su latte di mandorla e latte di soia, e successivamente fermentati. Nella mia attività ho caratterizzato un alimento fermentato vegano e studiato la successione microbica durante la fermentazione di un “formaggio” ottenuto partendo da anacardi e preparato in maniera artigianale. Oltre agli aspetti microbiologici, ho analizzato anche alcune caratteristiche fisico chimiche. Durante il processo di produzione gli anacardi vengono messi in ammollo per 8 ore a temperatura ambiente e, successivamente, i semi vengono scolati e risciacquati sotto acqua corrente. Gli anacardi vengono poi addizionati di acqua e microrganismi probiotici e tritati in un mixer fino al raggiungimento di una crema omogenea. A questo punto il prodotto viene lasciato riposare a temperatura ambiente per 48 ore durante le quali ha luogo la fermentazione e poi addizionato di ingredienti. Le indagini chimico fisiche effettuate hanno evidenziato che il pH si mostra già basso prima dell’inizio della fermentazione vera e propria e scende a 4.5 dopo 48 ore di riposo a causa dell’accumulo di acidi organici, ed in particolare di acido lattico e acetico che indicando un’attività fermentativa condotta dai batteri lattici. Le analisi microbiologiche hanno confermato che l’effettivo agente di fermentazione era costituito da questi batteri che sono stati identificati a livello molecolare. Le specie identificate due eterofermentanti (Weissella e Leuconostoc), presenti soprattutto nelle prime fasi della fermentazione, ed una omofermentante (Pediococcus), prende il sopravvento mano a mano che la fermentazione procede. Il lavoro svolto ha permesso di ottenere alcune importanti informazioni per la produzione industriale di un “formaggio” vegano fermentato. Il processo studiato presenta numerosi punti di rischio che devono essere presi in considerazione prima di poter giungere alla messa a punto di un prodotto definitivo.

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L’alchilazione del fenolo (PhOH) è un processo di grande rilevanza. I prodotti, alchilfenoli (dall’alchilazione del carbonio d’anello) ed eteri fenilici (dall’alchilazione dell’ossigeno fenolico), sono usati nella produzione di resine fenoliche ed in sintesi organica. I carbonati organici sono atossici, biodegradabili, ottenibili da fonti rinnovabili ed hanno un ottimo potere solvente per i composti organici e aromatici. Con un opportuno catalizzatore sono reattivi per l’alchilazione del PhOH, e potrebbero sostituire gli alchilanti usati industrialmente: quelli per la O- alchilazione, alchilioduro e dialchilsolfato, sono estremamente tossici, mentre gli alcoli, impiegati per la C-alchilazione, decompongono estesamente sui catalizzatori industriali. In questo lavoro di tesi, le prestazioni del dietilcarbonato (DEC) come agente etilante del PhOH sono state indagate a fondo al variare dei parametri operativi, e sono state poi confrontate con quelle dell’etanolo, dimostrando che il carbonato è molto più reattivo: sui catalizzatori basici il DEC mostra una chemoselettività prettamente orientata alla O-alchilazione e la conversione del PhOH può essere massimizzata agendo sui parametri operativi senza grandi variazioni nella selettività del prodotto di interesse; sui sistemi acido/base (ossido misto di Mg e Al) si è invece dimostrato possibile orientare l’alchilazione alternativamente all’ossigeno (fenetoli) o al carbonio (etilfenoli) aumentando la temperatura.

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Organic semiconductor technology has attracted considerable research interest in view of its great promise for large area, lightweight, and flexible electronics applications. Owing to their advantages in processing and unique physical properties, organic semiconductors can bring exciting new opportunities for broad-impact applications requiring large area coverage, mechanical flexibility, low-temperature processing, and low cost. In order to achieve highly flexible device architecture it is crucial to understand on a microscopic scale how mechanical deformation affects the electrical performance of organic thin film devices. Towards this aim, I established in this thesis the experimental technique of Kelvin Probe Force Microscopy (KPFM) as a tool to investigate the morphology and the surface potential of organic semiconducting thin films under mechanical strain. KPFM has been employed to investigate the strain response of two different Organic Thin Film Transistor with active layer made by 6,13-bis(triisopropylsilylethynyl)-pentacene (TIPS-Pentacene), and Poly(3-hexylthiophene-2,5-diyl) (P3HT). The results show that this technique allows to investigate on a microscopic scale failure of flexible TFT with this kind of materials during bending. I find that the abrupt reduction of TIPS-pentacene device performance at critical bending radii is related to the formation of nano-cracks in the microcrystal morphology, easily identified due to the abrupt variation in surface potential caused by local increase in resistance. Numerical simulation of the bending mechanics of the transistor structure further identifies the mechanical strain exerted on the TIPS-pentacene micro-crystals as the fundamental origin of fracture. Instead for P3HT based transistors no significant reduction in electrical performance is observed during bending. This finding is attributed to the amorphous nature of the polymer giving rise to an elastic response without the occurrence of crack formation.

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La tesi è incentrata sullo studio e sulla progettazione di un dispositivo wireless di feedback tattile per un sistema di ausilio per non vedenti o ipovedenti. Il dispositivo composto da micro motori vibranti avvisa l'utente di imminenti ostacoli nel suo cammino. La rilevazione degli ostacoli è opera del visore, un sistema composto da una videocamera stereo, con elaborazione su FPGA, collegata ad un Odroid-U3. Viene trattato anche lo sviluppo di un'applicazione server, con relativa libreria di funzioni, che permette al visore di comunicare con dispositivi iOS esterni. Quest'ultima parte è avvenuta in collaborazione con il collega Luca Ranalli che si è occupato dell' App client per smartphone e tablet iOS.

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L’interazione spin-orbita (SOI) nel grafene è attualmente oggetto di intensa ricerca grazie alla recente scoperta di una nuova classe di materiali chiamati isolanti topologici. Questi materiali, la cui esistenza è strettamente legata alla presenza di una forte SOI, sono caratterizzati dall’interessante proprietà di avere un bulk isolante ed allo stesso tempo superfici conduttrici. La scoperta teorica degli isolanti topologici la si deve ad un lavoro nato con l’intento di studiare l’influenza dell’interazione spin-orbita sulle proprietà del grafene. Poichè questa interazione nel grafene è però intrinsecamente troppo piccola, non è mai stato possibile effettuare verifiche sperimentali. Per questa ragione, vari lavori di ricerca hanno recentemente proposto tecniche volte ad aumentare questa interazione. Sebbene alcuni di questi studi abbiano mostrato un effettivo aumento dell’interazione spin-orbita rispetto al piccolo valore intrinseco, sfortunatamente hanno anche evidenziato una consistente riduzione della qualità del grafene. L’obbiettivo che ci si pone in questa tesi è di determinare se sia possibile aumentare l’interazione spin-orbita nel grafene preservandone allo stesso tempo le qualità. La soluzione proposta in questo lavoro si basa sull’utilizzo di due materiali semiconduttori, diselenio di tungsteno WSe2 e solfuro di molibdeno MoS2, utilizzati da substrato su cui sopra verrà posizionato il grafene formando così un’eterostruttura -nota anche di “van der Waal” (vdW)-. Il motivo di questa scelta è dovuto al fatto che questi materiali, appartenenti alla famiglia dei metalli di transizione dicalcogenuri (TMDS), mostrano una struttura reticolare simile a quella del grafene, rendendoli ideali per formare eterostrutture e ancora più importante, presentano una SOI estremamente grande. Sostanzialmente l’idea è quindi di sfruttare questa grande interazione spin-orbita del substrato per indurla nel grafene aumentandone così il suo piccolo valore intrinseco.

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As revealed for the first time by in situ scanning tunnelling spectroscopy (STS), ferrocene-modified Si(111) substrates show ambipolar field effect transistor (FET) behaviour upon electrolyte gating.