440 resultados para SINTESE ORGANICA


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L’idea iniziale di questo lavoro era di tentare un approccio ad una tematica che, per la cronologia scelta, era stata decisamente poco studiata. Il Quattrocento e gli arcivescovi di Ravenna sembravano formare una diade promettente per i risultati che avrebbe potuto dare in termini di riscoperta dell’antico in ambito urbano, di rinascita umanistica e dei valori culturali che, nel particolare deposito memoriale ravennate, avrebbe potuto configurarsi in maniera particolarmente interessante dati i caratteri di unicità che la città – già imperiale, regia ed esarcale – porta inscritti nella sua identità. Le fonti primarie, rivolte all’analisi della politica degli arcivescovi ravennati per la conservazione e l’innovazione della facies urbana cittadina e ricercate anche all’interno del quadro istituzionale/amministrativo e culturale veneziano e della Ferrara estense, dalla cui società e cultura provengono i più importanti arcivescovi ravennati del periodo, hanno restituito il riflesso di una identità cittadina e urbica indebolita. Una difficoltà oggettiva è venuta da un carattere costante delle consuetudini clericali del tempo, la non residenza del presule nella sua chiesa locale, cui neppure il vescovo ravennate ha fatto eccezione. L’ipotesi di partenza finisce dunque per essere sfumata: le dinamiche della gestione e conservazione del patrimonio monumentale e artistico della città non appaiono più in mano all’arcivescovo, ma ad una pluralità di amministratori ed utilizzatori anche del frammentato mondo ecclesiale cittadino. Vengono peraltro messe in luce le attitudini e la sensibilità tutta umanistica di taluni vescovi – Bartolomeo Roverella in particolare -, qualità che non paiono estendersi fuori dalla vita personale dei presuli e meno ancora fino alla città della loro diocesi, ma che indagate in maniera organica e legate alle testimonianze materiali fino ad oggi disperse e per la prima volta riunite nel presente lavoro, apportano nuova luce e aprono la strada a ulteriori lavori di approfondimento.

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Gli agglomerati calcarei costruiti dalla specie invasiva Ficopomatus enigmaticus, polichete serpulide, possono influenzare i sistemi lagunari e produrre effetti negativi per la pesca e alterazioni nell’ambiente. Le lagune di Corru S’Ittiri (CI), San Giovanni-Marceddì (GM) e Santa Giusta (SG) sono state studiate al fine di definire le condizioni ecologiche che favoriscono le formazione delle costruzioni biogeniche di F. enigmaticus. In questo lavoro sono riportati i risultati preliminari, osservati in ogni laguna, sulle caratteristiche del sedimento (granulometria, sostanza organica e carbonati) e della comunità macrozoobentonica (abbondanza, biomassa e diversità), in due condizioni contrastanti: presenza e assenza dei reef, in due tempi di campionamento (maggio e ottobre 2012). I campioni di sedimento sono stati prelevati esclusivamente nel primo tempo di campionamento. La granulometria dei sedimenti era differente nelle tre lagune: CI e SG si sono rivelate più sabbiose, mentre GM era più fangosa. Sono stati osservati diversi valori nei contenuti di sostanza organica e carbonati senza rivelarsi significativamente diversi. Nel primo tempo di campionamento l’abbondanza di zoobentos varia tra le zone di presenza (P) e le zone di assenza (A) dei reef; in CI l’abbondanza è maggiore in P rispetto ad A, mentre in GM e SG invece è maggiore in A rispetto a P. La stessa situazione si verifica nel secondo tempo di campionamento. La biomassa, al tempo uno, è risultata maggiore nelle zone P rispetto alle zone A in CI e SG; in GM le zone A la biomassa è risultata maggiore rispetto a P. Nel secondo tempo di campionamento i valori risultano maggiori in P rispetto ad A in CI e GM; valori maggiori in A rispetto a P si sono riscontrati in SG. Importante da evidenziare la presenza di un altro costruttore di barriere, Hudroides dianthus, con abbondanze superiori rispetto a quelle di F. enigmaticus in particolare in CI e SG. Sono stati anche trovati diversi individui di Musculista sonhousia in CI e GM. M. senhousia è noto come specie invasiva in molte lagune del Mediterraneo ed è stato recentemente individuato nella zone di Oristano. Questo lavoro ha dimostrato come le caratteristiche dei sedimenti lagunari, la struttura della comunità macrozoobentonica, così come la natura e l’abbondanza delle specie costruttrici di reef può variare tra le lagune e le diverse zone delle lagune. È importante indagare sulle condizioni chimico-fisiche e idrodinamiche delle singole lagune per capire cosa influenza il reale sviluppo dei reef dei biocostruttori.

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Numerosi studi hanno messo in evidenza che la struttura delle comunità macrobentoniche delle spiagge sabbiose dipende da una serie di forzanti fisiche; queste ultime interagendo tra loro determinano la morfodinamica della spiagge stesse. Lo scopo di questo lavoro consiste nell’analisi dei popolamenti macrobentonici di due siti presenti lungo la costa emiliano - romagnola, che differiscono per caratteristiche morfodinamiche, grado di antropizzazione e modalità gestionali di difesa dall’erosione costiera. I siti oggetto di studio sono Lido Spina e Bellocchio; il primo è soggetto ad interventi di ripascimento periodici, mentre il secondo rappresenta un’opportunità rara, per lo studio degli effetti del retreat, in quanto è in forte erosione da molti anni ma, essendo inserito all’interno di una riserva naturale, non è sottoposto ad alcuna misura di gestione. Sono state analizzate le comunità macrobentoniche e le variabili abiotiche (mediana e classazione del sedimento, ampiezza della zona intertidale, pendenza della spiaggia, contenuto di sostanza organica totale presente nel sedimento e i principali parametri chimico-fisici). I risultati del presente studio hanno evidenziato un’elevata eterogeneità della struttura di comunità all’interno del sito di Bellocchio rispetto a Spina; inoltre i popolamenti presenti a Bellocchio mostrano una netta differenza tra i due livelli mareali. Per quanto riguarda i descrittori abiotici, i due siti differiscono per ampiezza della zona intertidale e pendenza della spiaggia; in particolare Lido Spina presenta una condizione di minore dissipatività, essendo caratterizzata da un profilo più ripido e una granulometria più grossolana rispetto a Bellocchio. Nel complesso le caratteristiche granulometriche (mediana e classazione) e il contenuto di materia organica rappresentano le variabili ambientali maggiormente responsabili delle differenze osservate tra i popolamenti macrobentonici analizzati. Al fine di valutare la resistenza dell’habitat intertidale agli eventi naturali di disturbo (storm surge e flooding), sono state effettuare delle simulazioni considerando lo scenario attuale (SLR=0), mediante un modello ibrido fuzzy naive Bayes. I risultati indicano una maggiore resistenza delle comunità presenti nel sito di Spina, in quanto non si hanno variazioni significative del numero medio di taxa e di individui; viceversa le simulazioni relative a Bellocchio mostrano una diminuzione del numero medio di taxa e aumento del numero medio di individui, sottolineando una maggiore vulnerabilità delle comunità macrobentoniche presenti in questo sito. L’inasprimento dei fenomeni estremi potrebbe quindi avere un effetto negativo sulla diversità della componente macrobentonica, soprattutto per gli ambienti di transizione già interessati da fenomeni erosivi, come nel caso di Bellocchio. La perdita di specie, che svolgono processi ecosistemici particolarmente importanti, come il riciclo di nutrienti, potrebbe favorire l’aumento di abbondanza di specie opportunistiche, l’insediamento di specie alloctone, con la conseguente alterazione, se non scomparsa delle principali funzioni ecologiche svolte da questi ecosistemi costieri.

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Lo studio è stato effettuato nell’ambito del progetto Theseus; il mio lavoro mirava a valutare la risposta dei popolamenti meio e macrobentonici alla presenza di diverse tipologie di strutture di difesa costiera. Sono stati presi in esame a tal fine oltre al sito di campionamento di Cesenatico sud, con presenza di barriere emerse anche il sito di Cesenatico nord, con presenza di barriere semisommerse, per poter effettuare un confronto. Il campionamento è stato fatto nella zona intertidale dove sono stati prese oltre alle variabili biotiche di macro e meiofauna anche quelle abiotiche (granulometria e sostanza organica). Sono stati scelti sei transetti in maniera random, 3 livelli di marea fissi l’alta, la media e la bassa (H, M, L) e due repliche (A e B) per un totale di 36 campioni per ogni variabile presa in esame. Dopo la fase di trattamento dei campioni in laboratorio state fatte in seguito analisi univariate effettuando l’ANOVA sia sui dati biotici di abbondanza numero di taxa e indice di diversità di Shannon di macro e meiobenthos sia sulle singole variabili ambientali di TOM, mediana, classazione, shell mean (capulerio). Sono state fatte anche analisi multivariate; per quanto riguarda i dati biotici sono state effettuate analisi di MDS e PERMANOVA e per quanto riguarda le variabili dei dati abiotici è stata fatta l’analisi della PCA. Infine per effettuare un confronto tra le variabili ambientali e quelle biotiche è stata fatta anche l’analisi BIOENV. Dai risultati sono emerse delle differenze sostanziali tra i due siti con maggiore abbondanza e diversità nel sito di Cesenatico nord rispetto a quello sud. Sono state evidenziate anche differenze nei livelli di marea con una maggiore abbondanza nel livello di bassa marea rispetto alla media e all’alta soprattutto per quanto riguarda il sito di Cesenatico sud. Dal confronto tra i dati ambientali e quelli biotici ne è risultato che la variabile più strettamente correlata è quella del capulerio sia per quanto riguarda il pattern di distribuzione della macrofauna che della meio. Tale lavoro ha messo in evidenza come i popolamenti rispondano in maniera differente alla presenza di differenti barriere di difesa costiera che anche se simili nella loro struttura presentano dei differenti effetti che hanno sull’azione del moto ondoso, circolazione dell’acqua e trasporto di sedimenti portando così a differenti risposte nei patterns di distribuzione dei popolamenti.

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Nel presente elaborato si è affrontato il tema dell’utilizzo di biogas per la produzione di energia elettrica e termica; in primo luogo è stata fatta una panoramica sulla diffusione degli impianti di digestione anaerobica in Europa e in Italia, con particolare attenzione alla logica degli incentivi volti alla promozione delle fonti rinnovabili. Il biogas presenta infatti il duplice vantaggio di inserirsi sia nell’ottica del “Pacchetto Clima-Energia” volto alla riduzione di consumi energetici da fonti fossili, sia nella migliore gestione dei rifiuti organici volta alla riduzione del conferimento in discarica. L’allineamento degli incentivi italiani con quelli europei, prevista dal Decreto Ministeriale 6 luglio 2012, presuppone un’espansione del settore biogas più oculata e meno speculativa di quella degli ultimi anni: inoltre la maggiore incentivazione all’utilizzo di rifiuti come materia prima per la produzione di biogas, comporta l’ulteriore vantaggio di utilizzare, per la produzione di energia e compost di qualità, materia organica che nel peggiore dei casi sarebbe inviata in discarica. Il progetto oggetto di studio nasce dalla necessità di trattare una quantità superiore di Frazione Organica di Rifiuti Solidi Urbani da R.D, a fronte di una riduzione drastica delle quantità di rifiuti indifferenziati conferiti ai siti integrati di trattamento di rifiuti non pericolosi. La modifica nella gestione integrata dei rifiuti prevista dal progetto comporta un aumento di efficienza del sito, con una drastica riduzione dei sovvalli conferiti a discariche terze, inoltre si ha una produzione di energia elettrica e termica annua in grado di soddisfare gli autoconsumi del sito e di generare un surplus di elettricità da cedere in rete. Nel contesto attuale è perciò conveniente predisporre nei siti integrati impianti per il trattamento della FORSU utilizzando le Migliori Tecniche Disponibili proposte dalle Linee Guida Italiane ed Europee, in modo tale da ottimizzare gli aspetti ambientali ed economici dell’impianto. Nell’elaborato sono stati affrontati poi gli iter autorizzativi necessari per le autorizzazioni all’esercizio ed alla costruzione degli impianti biogas: a seguito di una dettagliata disamina delle procedure necessarie, si è approfondito il tema del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale, con particolare attenzione alla fase di Studio di Impatto Ambientale. Inserendosi il digestore in progetto in un sito già esistente, era necessario che il volume del reattore fosse compatibile con l’area disponibile nel sito stesso; il dimensionamento di larga massima, che è stato svolto nel Quadro Progettuale, è stato necessario anche per confrontare le tipologie di digestori dry e wet. A parità di rifiuto trattato il processo wet richiede una maggiore quantità di fluidi di diluizione, che dovranno essere in seguito trattati, e di un volume del digestore superiore, che comporterà un maggiore dispendio energetico per il riscaldamento della biomassa all’interno. È risultata perciò motivata la scelta del digestore dry sia grazie al minore spazio occupato dal reattore, sia dal minor consumo energetico e minor volume di reflui da trattare. Nella parte finale dell’elaborato sono stati affrontati i temi ambientali,confrontando la configurazione del sito ante operam e post operam. È evidente che la netta riduzione di frazione indifferenziata di rifiuti, non totalmente bilanciata dall’aumento di FORSU, ha consentito una riduzione di traffico veicolare indotto molto elevato, dell’ordine di circa 15 mezzi pesanti al giorno, ciò ha comportato una riduzione di inquinanti emessi sul percorso più rilevante per l’anidride carbonica che per gli altri inquinanti. Successivamente è stata valutata, in modo molto conservativo, l’entità delle emissioni ai camini dell’impianto di cogenerazione. Essendo queste l’unico fattore di pressione sull’ambiente circostante, è stato valutato tramite un modello semplificato di dispersione gaussiana, che il loro contributo alla qualità dell’aria è generalmente una frazione modesta del valore degli SQA. Per gli ossidi di azoto è necessario un livello di attenzione superiore rispetto ad altri inquinanti, come il monossido di carbonio e le polveri sottili, in quanto i picchi di concentrazione sottovento possono raggiungere frazioni elevate (fino al 60%) del valore limite orario della qualità dell’aria, fissato dal D.Lgs 155/2010. Infine, con riferimento all’ energia elettrica producibile sono state valutate le emissioni che sarebbero generate sulla base delle prestazioni del parco elettrico nazionale: tali emissioni sono da considerare evitate in quanto l’energia prodotta nel sito in esame deriva da fonti rinnovabili e non da fonti convenzionali. In conclusione, completando il quadro di emissioni evitate e indotte dalla modifica dell’impianto, si deduce che l’impatto sull’ambiente non modificherà in maniera significativa le condizioni dell’aria nella zona, determinando una variazione percentuale rispetto agli inquinanti emessi a livello regionale inferiore all’1% per tutti gli inquinanti considerati (CO, PM10, NOX, NMCOV). Il vantaggio più significativo riguarda una riduzione di emissioni di CO2 dell’ordine delle migliaia di tonnellate all’anno; questo risultato è importante per la riduzione di emissione dei gas serra in atmosfera e risulta in accordo con la logica dell’utilizzo di biomasse per la produzione di energia. Dal presente elaborato si evince infine come l’utilizzo del biogas prodotto dalla digestione anaerobica della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani non comporti solo un vantaggio dal punto di vista economico, grazie alla presenza degli incentivi nazionali, ma soprattutto dal punto di vista ambientale, grazie alla riduzione notevole dei gas serra in atmosfera, in accordo con gli obiettivi europei e mondiali, e grazie al recupero di rifiuti organici per la produzione di energia e compost di qualità.

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Protein aggregation and formation of insoluble aggregates in central nervous system is the main cause of neurodegenerative disease. Parkinson’s disease is associated with the appearance of spherical masses of aggregated proteins inside nerve cells called Lewy bodies. α-Synuclein is the main component of Lewy bodies. In addition to α-synuclein, there are more than a hundred of other proteins co-localized in Lewy bodies: 14-3-3η protein is one of them. In order to increase our understanding on the aggregation mechanism of α-synuclein and to study the effect of 14-3-3η on it, I addressed the following questions. (i) How α-synuclein monomers pack each other during aggregation? (ii) Which is the role of 14-3-3η on α-synuclein packing during its aggregation? (iii) Which is the role of 14-3-3η on an aggregation of α-synuclein “seeded” by fragments of its fibrils? In order to answer these questions, I used different biophysical techniques (e.g., Atomic force microscope (AFM), Nuclear magnetic resonance (NMR), Surface plasmon resonance (SPR) and Fluorescence spectroscopy (FS)).

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The proposal in my thesis has been the study of Stereoselective α-alkylation through SN1 type reaction. SN1 type reaction involves a stabilized and reactive carbocation intermediate By taking advantages of stability of particular carbocations, the use of carbocations in selective reactions has been important. In this work has been necessary to know the stability and reactivity of carbocations. And the work of Mayr group has helped to rationalize the behaviour and reactivity between the carbocations and nucleophiles by the use of Mayr’s scale of reactivity. The use of alcohols to performed the stable and reactive carbocations have been the key in my thesis. The direct nucleophilic substitution of alcohols has been a crucial scope in the field of organic synthesis, because offer a wide range of intermediates for the synthesis of natural products and pharmaceutics synthesis. In particular the catalytic nucleophilic direct substitution of alcohols represents a novel methodology for the preparation of a variety of derivatives, and water only as the sub-product in the reaction. The stereochemical control of the transformation C-H bond into stereogenic C-C bond adjacent to carbonyl functionalized has been studied for asymmetric catalysis. And the field of organocatalysis has introduced the use of small organic molecule as catalyst for stereoselective transformations. Merging these two concepts Organocatalysis and Mayr’s scale, my thesis has developed a new approach for the α-alkylation of aldehydes and ketones through SN1 type reaction.

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Thiophene oligomers (OTs) and polymers (PTs) are currently attracting remarkable attention as organic materials showing semiconducting, fluorescent, nonlinear optical and liquid crystalline properties. All these properties can be fine-tuned through minor structural modifications. As a consequence, thiophene oligomers and polymers are among the most investigated compounds for applications in organic electronics, optoelectronics and thin film devices such as field effect transistors (FETs), light emitting diodes (LEDs) and photovoltaic devices (PVDs). Our research aims to explore the self-assembly features and the optical, electrical and photovoltaic properties of a class of thiophene based materials so far scarcely investigated, namely that of oligo- and polythiophenes head-to-head substituted with alkyl or S-alkyl chains. In particular, we synthesized these compounds in short reaction times, high yields, high purity and environmentally friendly procedures taking advantage of ultrasound (US) and microwave (MW) enabling technologies in Suzuki-Miyaura cross-couplings.

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Self-assembly relies on the association of pre-programmed building blocks through non-covalent interactions to give complex supramolecular architectures. Previous studies provided evidence for the unique self-assembly properties of semi-synthetic lipophilic guanosine derivatives which can sequestrate ions from an aqueous phase, carry them into an organic phase where they promote the generation of well-defined supramolecular assemblies. In the presence of cations lipophilic guanosines form columnar aggregates while in their absence they generate supramolecular ribbons. The aim of this thesis has been the synthesis of guanine derivatives, in particular N9-alkylated guanines and a guanosine functionalized as a perchlorotriphenylmetil moiety (Gace-a-HPTM) in order to observe their supramolecular behaviour in the absence of sugar (ribose or deoxyribose) and in the presence of a bulky and chiral substituent respectively. By using guanine instead of guanosine, while maintaining all the hydrogen bond acceptor and donor groups required for supramolecular aggregation, the steric hindrance to supramolecular aggregation is notably reduced because (i.e. guanines with groups in N9 different from sugar are expected to have a greatest conformational freedom even in presence of bulky groups in C8). Supramolecular self-assembly of these derivatives has been accomplished in solutions by NMR and CD spectroscopy and on surface by STM technique. In analogy with other guanosine derivatives, also N9-substituted guanines and GAceHPTM form either ribbon-like aggregates or cation-templated G-quartet based columnar structures.

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In the last decade considerable attention has been devoted to the rewarding use of Green Chemistry in various synthetic processes and applications. Green Chemistry is of special interest in the synthesis of expensive pharmaceutical products, where suitable adoption of “green” reagents and conditions is highly desirable. Our project especially focused in a search for new green radical processes which might also find useful applications in the industry. In particular, we have explored the possible adoption of green solvents in radical Thiol-Ene and Thiol-Yne coupling reactions, which to date have been normally performed in “ordinary” organic solvents such as benzene and toluene, with the primary aim of applying those coupling reactions to the construction of biological substrates. We have additionally tuned adequate reaction conditions which might enable achievement of highly functionalised materials and/or complex bioconjugation via homo/heterosequence. Furthermore, we have performed suitable theoretical studies to gain useful chemical information concerning mechanistic implications of the use of green solvents in the radical Thiol-Yne coupling reactions.

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L’organocatalisi asimmetrica costituisce quella parte della chimica organica che è in grado di favorire con grande efficienza la formazione di prodotti enantiomericamente arricchiti, sfruttando l’azione di piccole molecole organiche per catalizzare reazioni chimiche. Questi catalizzatori organici non comprendendo la presenza di metalli, generalmente sono quindi atossici, stabili, facilmente disponibili e sintetizzabili. Nel corso del progetto presentato in questa tesi, è stato condotto uno studio sulla reazione di N-alchilazione enantioselettiva di alchilidenossindoli organocatalizzata. Le prove sono state principalmente incentrate sulla ricerca del catalizzatore adatto alla reazione, tentando di effettuare la reazione via base catalisi. Quest’approccio introduce un’importante vantaggio di carattere sintetico, effettuando un tipo di reazione che innanzitutto è raramente riportata in letteratura, e che, inoltre, non risulta essere mai stata effettuata in maniera enantioselettiva ed organocatalizzata. L’importanza sintetica dello scheletro derivante dagli ossindoli e le condizioni di reazione, costituiscono altri due valori aggiunti di questo progetto di ricerca.

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During the course of my Ph.D. in the laboratories directed by Prof. Alfredo Ricci at the Department of Organic Chemistry “A. Mangini” of the University of Bologna, I was involved in the study and the application of a number of organocatalytic systems, all coming from the natural chiral pool. The first part of this thesis will be devoted to new homogeneous organocatalytic reactions promoted by Cinchona alkaloid-based organocatalysts. Quinine based catalysts were found to be a very effective catalyst for Diels-Alder reactions involving 3-vinylindoles. Excellent results in terms of yields and enantioselectivities were achieved, outlining also a remarkable organocatalytic operational mode mimicking enzymatic catalysis. The same reaction with 2-vinylindoles showed a completely different behaviour resulting in an unusual resolution-type process. The asymmetric formal [3+2] cycloaddition with in situ generated N-carbamoyl nitrones using Cinchona-derived quaternary ammonium salts as versatile catalysts under phase transfer conditions, outlines another application in organocatalysis of this class of alkaloids. During the seven months stage in the Prof. Helma Wennemers’ group at the Department of Chemistry of the University of Basel (Switzerland) I have been involved in organocatalysis promoted by oligopeptides. My contribution regarded the 1,4-addition reaction of aldehydes to nitroolefins. In the work performed at the Department of Organic Chemistry “A. Mangini” of the University of Bologna, in collaboration with the ‘Institut Charles Gerhardt-Montpellier, of Montpellier (France) the possibility of performing for the first time heterogeneous organocatalysis by using a natural polysaccharide biopolymer as the source of chirality was disclosed. With chitosan, derived from deacetylation of chitin, a highly enantioselective heterogeneous organocatalytic aldol reaction could be performed. The use of an eco-friendly medium such as water, the recyclability of the catalytic specie and the renewable nature of the polysaccharide are assets of this new approach in organocatalysis and open interesting perspectives for the use of biopolymers.

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Nell’ambito della Chimica Sostenibile e dell’applicazione dei suoi principi per la salvaguardia dell’ambiente, il progetto di dottorato ha riguardato lo sviluppo di materiali innovativi e lo studio della loro interazione con sistemi biologici e biomimetici. In particolare l’attività si è focalizzata sulla sintesi di liquidi ionici ed indagini delle interazioni con membrane cellulari e sull’utilizzo ed isolamento di molecole da fonti rinnovabili. I liquidi ionici sono sali organici liquidi a temperature inferiori ai 100 °C; sono considerati promettenti solventi a ridotta tossicità, ma vanno chiarite a pieno le modalità di interazione con i sistemi biologici ed i meccanismi di tossicità. A questo scopo è stata impiegata una batteria di test bio-chimici, con saggi di fluorescenza e colorimetrici, che hanno permesso di discriminare le diverse tipologie di interazioni con varie strutture di membrana. Le informazioni raccolte sono servite per progettare sostanze meno dannose per le strutture cellulari, al fine di scegliere le funzionalità molecolari che consentano ai liquidi ionici di mantenere la loro attività ma di essere meno dannosi per l’ambiente. Per quanto riguarda l’utilizzo ed isolamento di molecole da fonte rinnovabili, si è utilizzata la tecnica della pirolisi per l’ottenimento di starting materials ed il loro impiego nella sintesi di chemicals in alternativa a composti derivanti da fonti fossili. La pirolisi tradizionale della cellulosa fornisce una molecola interessante, per semplicità denominata LAC, in quantità insufficienti ad un uso applicativo. Nell’ambito delle ricerche svolte è stato scoperto che la pirolisi condotta in presenza di catalizzatori meso-strutturati (MCM-41) drogati con metalli di transizione, fornisce buone quantità di LAC. LAC si è dimostrato promettente sia per la produzione di nuove molecole con possibili applicazioni nella chimica fine e farmaceutica, che come monomero per nuovi polimeri (copolimero ed omopolimero).

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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.

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In questo lavoro sono state analizzate diverse strategie di recupero di una cava dismessa situata presso la località Colombara (Monte San Pietro, Bologna). Su questi terreni sono state condotte tre prove, costituite da diverse parcelle nelle quali sono stati adottati differenti trattamenti. Sono state svolte analisi di tipo quantitativo del suolo e della parte epigea delle specie arbustive e arboree, focalizzandosi sull'azoto (N totale, ammoniacale, nitrico, e firma isotopica) e sulla sostanza organica del suolo. Inoltre è stata effettuata un'indagine qualitativa della composizione floristica. Scopo della tesi è quello di individuare le strategie più efficaci per un recupero di suoli degradati. Non sempre a trattamenti iniziali migliori corrispondono i migliori risultati portando a conclusioni apparentemente controintuitive a cui si è cercato di dare risposta.