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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.

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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.

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L’oggetto della mia ricerca è la società multiculturale e il livello di sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia, rispetto all’attuazione delle politiche e i programmi europei per la stabilizzazione democratica. L’indagine condotta nella mia tesi si è sviluppata esaminando i risultati ottenuti dai programmi CARDS, attuati per soddisfare gli obblighi stabiliti nell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e per l’implementazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. Uno dei valori democratici, su cui l’UE è particolarmente attenta, ed al quale ha riservato un posto primario nei programmi CARDS, è la tutela dei diritti delle minoranze ossia il rispetto delle differenze culturali, linguistiche e religiose. L’obiettivo della mia indagine è stato quello di valutare l’impatto delle politiche europee sulla normativa macedone, concernente i diritti delle comunità minoritarie, ovvero il loro effetto sul consolidamento della società multiculturale e sullo status sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. A tale scopo, in primo luogo sono stati esaminati gli emendamenti costituzionali e le modifiche legislative introdotti in seguito alla stipulazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. L’analisi è stata incentrata nel verificare se la normativa macedone rientra nei parametri della normativa europea. I risultati ottenuti dimostrano quale è il tipo di multiculturalismo che promuove e garantisce la costituzione macedone. Attraverso l’analisi dei rapporti preparati dalla Commissione europea, relativi all’implementazione del Processo di Stabilizzazione e Associazione, è stato dimostrato come le politiche e i programmi europei hanno inciso sul consolidamento della società multiculturale. Analizzando invece i risultati dai rapporti relativi all’implementazione delle disposizioni dell’Accordo Quadro di Ohrid è stato valutato l’impatto che le politiche europee hanno avuto sullo sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. Per la valutazione di questo ultimo, sono state prese in considerazione il livello di partecipazione politica delle comunità minoritarie, la realizzazione delle richieste e delle questioni legate alla loro particolarità, l’ambito normativo regolato dal diritto di con-decisione, la rappresentanza delle comunità minoritarie nella sfera pubblica, il livello dell’accesso di istruirsi nella propria lingua e quindi il livello di istruzione e l’ambito e la libertà di usare la propria lingua nel settore pubblico. I concetti principali di questa ricerca sono: cooperazione, democrazia, multiculturalismo e sviluppo. Il termine cooperazione usato in questa ricerca si riferisce ai rapporti di cooperazione instaurati tra l’Unione Europea e la Macedonia nell’ambito dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e dell’Accordo Quadro di Ohrid, ossia il sostegno dell’UE per la stabilizzazione democratica della Macedonia. Riferendosi a questa ultima, si fa riferimento al livello di garanzia di libera partecipazione dei cittadini, in ogni segmento della vita politica, sociale ed economica, senza discriminazioni etniche, linguistiche e religiose. Il termine multiculturalismo si riferisce alla società multiculturale ed è legato alla questione della politica della differenza, ossia del riconoscimento delle differenze culturali, che discendono dall’appartenenza ad una minoranza etnica e linguistica. Il multiculturalismo in questa ricerca viene analizzato, riferendosi alla multiculturalità della società macedone e ai diritti che la Costituzione macedone garantisce alle comunità minoritarie in Macedonia. Infine, per lo sviluppo in questa ricerca si fa riferimento allo sviluppo sociale delle comunità minoritarie, inteso e misurato tramite una seri di indicatori relativi all’occupazione (crescita di capitale sociale), all’educazione (capitale umano e qualifica di alta istruzione), alla partecipazione politica (occupazione dei posti principali nelle istituzione governative e della amministrazione pubblica), alla diffusione della cultura (uso e mantenimento della lingua e delle tradizioni) ecc. Prendendo in considerazione i principali concetti di questa tesi, il quadro teorico della ricerca sviluppa i nodi cruciali del dibattito sullo sviluppo e la democrazia, sul nesso tra democrazia e multiculturalismo e tra multiculturalismo e sviluppo. Attenendosi alle varie tesi, la ricerca avrà lo scopo di rilevare come si conciliano la società multiculturale macedone ed il modello democratico vigente. In questo contesto sarà fatto riferimento alle tesi fanno favoriscono la necessità di iniziare con la democrazia per poter innescare e sostenere il processo di sviluppo, alla tesi che sostiene la necessità di riconoscimento obbligatorio dei diritti collettivi nella società multiculturale, ossia dell’etnosviluppo delle comunità minoritarie. La ricerca è stata condotta tramite i seguenti metodi: - Il metodo descrittivo sarà usato per descrivere cosa è accaduto nel periodo di interesse di ricerca, riguardo i cambiamenti di natura sociale e politica delle minoranze in Macedonia. - Il metodo comparativo sarà applicato nella comparazione dell'efficacia delle leggi relative ai diritti delle minoranze e del loro status di sviluppo sociale e politico, prima e dopo l'attuazione e implementazione delle riforme europee. - Il metodo qualitativo sarà applicato per l’analisi di documenti, della legislatura e dei rapporti europei e nazionali. Le fonti usate in questa ricerca principalmente si basano su: - analisi di documenti e rapporti governativi, rapporti elaborati dalla Commissione Europea, dall’OSCE, dagli organi governativi e dalle organizzazioni non governative. - analisi di letteratura accademica, focalizzata sui problemi che sono oggetto di questa ricerca. - analisi di documenti pubblicati, come la gazzetta ufficiale, leggi costituzionali e atti legislativi, strategie nazionali e statistiche ufficiali. - analisi dei dati ottenuti da interviste e questionari.

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Oggetto di questa tesi di Laurea è la progettazione di un quartiere residenziale sostenibile a Bertinoro (FC) richiesto dell’Amministrazione Comunale, orientata anche verso la realizzazione di un parcheggio di attestazione multipiano per il borgo e di una risalita meccanizzata al centro. L’area d’intervento costituisce infatti una posizione strategica per l’arrivo e gli accessi alla città alta. Il progetto quindi affronta due scenari: uno a scala urbana e uno a scala architettonica. Fondamentale è stata la definizione delle strategie urbane: consapevoli dell’importanza di una gestione sostenibile del territorio, questa tesi ha cercato di affrontare le problematiche relative alla mobilità del luogo, caratterizzato da forti pendii, ponendosi come obiettivo l’eliminazione di flussi veicolari nel centro storico e nel contempo la completa accessibilità di quest’ultimo attraverso nuovi sistemi meccanizzati di risalita che incentivino la mobilità pedonale. Ciò ha portato ad un studio dei percorsi di Bertinoro e ad una ricerca sulle varie tipologie sia di parcheggio multipiano che di risalita finalizzata alla definizione della soluzione più efficiente e adeguata per il luogo. A scala architettonica la complessità del progetto è stata quella di dare uguale importanza a dati oggettivi e quantificabili, come orientamento, apporti solari, impianti, senza tralasciare i valori storico-paesaggistici, risorsa fondamentale per quest'area. La sfida è stata quindi quella di progettare un quartiere con dei requisiti energetici che vadano ben oltre i confini determinati dalla normativa e di riuscire ad integrare nel contesto, con il minor impatto ambientale e percettivo, l’intero insediamento, compreso il parcheggio multipiano e la risalita. Il titolo “declivi” sintetizza in questo senso la strategia adottata ovvero tutto il progetto nasce da un attento confronto con le caratteristiche topografiche del luogo cercando di ripristinarle dove sono venute a mancare in una logica non di aggiunta del costruito ma di “crescita” dal suolo. La chiave di lettura è stata in particolare l’idea del terrazzamento e degli affacci sul paesaggio. Durante tutto il processo progettuale si è dunque operato verificando contestualmente ogni scelta dal punto di vista architettonico, tecnologico ed energetico puntando ad un progetto che possa essere definito sostenibile a tutte le sue scale: urbanistica e architettonica.

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Il progetto che qui presentiamo, è stato elaborato all’interno del laboratorio di sintesi finale Architettura sostenibile, e sviluppa il tema della riqualificazione di un edificio di housing sociale. Perché il social housing? La scarsità di alloggi di edilizia sociale nel patrimonio esistente e il crescente numero di persone che necessitano di una residenza a basso costo, ma che non sono povere al punto tale da poter accedere all’edilizia agevolata, porta ad incentrare la nostra ricerca su questo argomento. Osservando nel nostro paese la forte necessità di ampliare e migliorare questo patrimonio, oltre al rinnovato interesse per queste tematiche nel settore pubblico, diventa per noi un momento di riflessione e confronto nel campo della progettazione architettonica. Quale l’obiettivo? Il fine di tale ricerca è quindi quello di assecondare le odierne esigenze abitative, ripensando il patrimonio esistente in termini di recupero e rifunzionalizzazione degli spazi, migliorando il livello di confort e conseguendo allo stesso tempo elevate prestazioni energetiche. L’obiettivo si allarga poi alla scala del quartiere proponendo strategie utili alla rivitalizzazione delle dinamiche sociali. Qual è il metodo? La strategia utilizzata è quello della riqualificazione sostenibile. Questa scelta è motivata dall’intento di ridurre l’uso di risorse primarie, in termini di materiali, ed evitare l’ulteriore sfruttamento di aree non ancora urbanizzate. A questo va ad aggiungersi la necessità di realizzare un intervento economicamente sostenibile, data l’assenza di risorse da investire per tali fini.

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L’intenzione che ha mosso la ricerca è stata quella di ridare valore alla casa pubblica, perché è un’opportunità per la popolazione, soprattutto per le fasce sociali più deboli e perché non può non essere espressione di qualità architettonica, urbanistica e sociale. A ciò si aggiunge la scelta di un modo di operare sostenibile, dove alle nuove costruzioni si predilige l’idea del recupero. Ecco da dove nasce l’idea di ripartire dall’esistente, scegliendo un’area del sistema urbano di proprietà pubblica, per definire, in una prospettiva di miglioramento, un sistema di strategie di intervento e un progetto di riqualificazione. Capire come agire su un’area di questo tipo, ha stimolato ad una lettura degli interventi statali sul tema dell’edilizia pubblica attraverso le azioni in campo legislativo. La ricerca ha preso poi avvio da una lettura dell’evoluzione del quadro normativo nazionale in materia, per poi concentrarsi sul contesto locale con il racconto dei fatti storici della città di Faenza fino ai giorni nostri attraverso le sue vicende urbanistiche. Una considerazione sulla legislazione passata dà la possibilità di vedere come lo Stato abbia nel tempo prestato attenzione e risposto in maniera diversa al problema della casa. In ogni periodo le iniziative dell’Amministrazione in merito alla programmazione, si mostrano come risultati di una risposta sociale e culturale, rilanciando poi, a seconda del momento, varie tematiche, ieri la carenza degli alloggi, oggi il tema della qualità urbana, del recupero e la necessità di contenere i costi e i consumi energetici. Lo studio si è quindi spostato e concentrato sulle tappe ed i risvolti della programmazione a livello locale, cercando di comprendere, anche sulle carte, il risultato di queste azioni amministrative, si legge come il susseguirsi delle diverse politiche urbanistiche abbia lasciato tracce e segni nel disegno della città. Nel loro esito formale gli interventi hanno assunto un valore nella vicenda della città poiché ne hanno determinato l’espansione in un certo modo. Dopo un lavoro di ricerca di documenti, consultando anche diversi archivi, gli interventi in materia di edilizia residenziale pubblica presenti a Faenza sono stati schedati al fine di creare un repertorio di informazioni riguardanti la localizzazione, la data di costruzione e informazioni riguardanti il tipo di intervento a livello normativo, in questo modo si è potuto inquadrare ciascun quartiere in una determinata stagione di politiche abitative. Queste informazioni sono state poi tradotte in schemi che comprendono tutto il territorio della città fino ad ottenere una visione d’insieme e cogliere le relazioni che i singoli interventi intrattengono con il resto della città. Si esplorano poi le relazioni in base alle stagioni delle politiche abitative e in base ai soggetti che ne hanno promosso la costruzione. La ricerca si propone quindi di riflettere sugli strumenti con cui agire nei casi di degrado, assecondando la logica del recupero e del riuso. Il processo per definire il "come" intervenire ha portato alla creazione di un abaco di possibili strategie di riqualificazione suddivise per grandi tematiche (connessione e mobilità, mixitè funzionale e verde, risparmio energetico, nuovi modi dell’abitare e relazioni e identità). Ogni tematica viene poi declinata in sottotemi che descrivono le operazioni possibili per la rigenerazione, correlati da una definizione e da piccoli progetti applicativi. Ciascun progetto schematizzato è pensato su un’area di edilizia residenziale pubblica di Faenza. Le strategie vengono poi effettivamente applicate ad un caso studio: il PEEP Orto Paganella. Il progetto di riqualificazione si struttura in due parti. Una riguarda l’impianto del quartiere, inserendo un nuovo volume destinato a servizi, l’altra si concentra su un edificio esistente per un progetto di recupero allo scopo di ridare valore al manufatto, riscattarne l’immagine e creare un’offerta abitativa adeguata, che assicuri abitazioni in affitto e tipi di alloggi destinati a nuovi soggetti della popolazione, con le loro specifiche esigenze. Il progetto di riqualificazione si sviluppa a partire dall’orientamento dell’edificio e dei suoi affacci. Viene sviluppato il tema dell’involucro, che circonda l’edificio e si declina sui diversi fronti in modo diverso. La proposta della facciata verso sud, trasparente e aperta sul parco pubblico ritrova la giusta considerazione per l’orientamento, sfruttandone le potenzialità e aprendosi alla vista del parco, mentre il fronte a nord rimane chiuso e protetto. Creando nuovi spazi e nuovi affacci e restituendo una nuova immagine dell’edificio si cerca di stimolare una riappropriazione del senso di appartenenza al quartiere.

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The comparative genomic sequence analysis of a region in human chromosome 11p15.3 and its homologous segment in mouse chromosome 7 between ST5 and LMO1 genes has been performed. 158,201 bases were sequenced in the mouse and compared with the syntenic region in human, partially available in the public databases. The analysed region exhibits the typical eukaryotic genomic structure and compared with the close neighbouring regions, strikingly reflexes the mosaic pattern distribution of (G+C) and repeats content despites its relative short size. Within this region the novel gene STK33 was discovered (Stk33 in the mouse), that codes for a serine/threonine kinase. The finding of this gene constitutes an excellent example of the strength of the comparative sequencing approach. Poor gene-predictions in the mouse genomic sequence were corrected and improved by the comparison with the unordered data from the human genomic sequence publicly available. Phylogenetical analysis suggests that STK33 belongs to the calcium/calmodulin-dependent protein kinases group and seems to be a novelty in the chordate lineage. The gene, as a whole, seems to evolve under purifying selection whereas some regions appear to be under strong positive selection. Both human and mouse versions of serine/threonine kinase 33, consists of seventeen exons highly conserved in the coding regions, particularly in those coding for the core protein kinase domain. Also the exon/intron structure in the coding regions of the gene is conserved between human and mouse. The existence and functionality of the gene is supported by the presence of entries in the EST databases and was in vivo fully confirmed by isolating specific transcripts from human uterus total RNA and from several mouse tissues. Strong evidence for alternative splicing was found, which may result in tissue-specific starting points of transcription and in some extent, different protein N-termini. RT-PCR and hybridisation experiments suggest that STK33/Stk33 is differentially expressed in a few tissues and in relative low levels. STK33 has been shown to be reproducibly down-regulated in tumor tissues, particularly in ovarian tumors. RNA in-situ hybridisation experiments using mouse Stk33-specific probes showed expression in dividing cells from lung and germinal epithelium and possibly also in macrophages from kidney and lungs. Preliminary experimentation with antibodies designed in this work, performed in parallel to the preparation of this manuscript, seems to confirm this expression pattern. The fact that the chromosomal region 11p15 in which STK33 is located may be associated with several human diseases including tumor development, suggest further investigation is necessary to establish the role of STK33 in human health.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto Europeo Theseus (Innovative technologies for European coasts in a changing climate), volto a fornire una metodologia integrata per la pianificazione sostenibile di strategie di difesa per la gestione dell’erosione costiera e delle inondazioni che tengano in conto non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli sociali, economici e ambientali/ecologici. L'area oggetto di studio di questo elaborato di tesi è la zona costiera della Regione Emilia Romagna, costituita unicamente da spiagge sabbiose. In particolare si è focalizzata l’attenzione sulla zona intertidale, in quanto, essendo l’ambiente di transizione tra l’ambiente marino e quello terrestre può fornire indicazioni su fenomeni erosivi di una spiaggia e cambiamenti del livello del mare, unitamente alla risposta agli interventi antropici. Gli obiettivi della tesi sono sostanzialmente tre: un primo obiettivo è confrontare ecosistemi di spiagge dove sono presenti strutture di difesa costiera rispetto a spiagge che ne erano invece prive. Il secondo obiettivo è valutare l’impatto provocato sugli ecosistemi di spiaggia dall’attività stagionale del “bulldozing” e in ultimo proporre un sistema esperto di nuova concezione in grado di prevedere statisticamente la risposta delle comunità bentoniche a diversi tipi di interventi antropici. A tal fine è stato pianificato un disegno di campionamento dove sono stati indagati tre siti differenti per morfologia e impatto antropico: Cesenatico (barriere e pratica bulldozing), Cervia, dissipativa e non soggetta a erosione (assenza di barriere e ma con pratica del bulldozing) e Lido di Dante, tendenzialmente soggetta a erosione (senza barriere e senza pratica del bulldozing). Il campionamento è stato effettuato in 4 tempi (due prima del “bulldozing” e due dopo) nell’arco di 2 anni. In ciascun sito e tempo sono stati campionati 3 transetti perpendicolari alla linea di costa, e per ogni transetto sono stati individuati tre punti relativi ad alta, media e bassa marea. Per ogni variabile considerata sono stati prelevati totale di 216 campioni. Io personalmente ho analizzato i campioni dell’ultima campagna di campionamento, ma ho analizzato l’insieme dei dati. Sono state considerate variabili relative ai popolamenti macrobentonici quali dati di abbondanza, numero di taxa e indice di diversità di Shannon e alcune variabili abiotiche descrittive delle caratteristiche morfologiche dell’area intertidale quali granulometria (mediana, classazione e asimmetria), detrito conchigliare, contenuto di materia organica (TOM), pendenza e lunghezza della zona intertidale, esposizione delle spiagge e indici morfodinamici. L'elaborazione dei dati è stata effettuata mediante tecniche di analisi univariate e multivariate sia sui dati biotici che sulle variabili ambientali, “descrittori dell’habitat”, allo scopo di mettere in luce le interazioni tra le variabili ambientali e le dinamiche dei popolamenti macrobentonici. L’insieme dei risultati delle analisi univariate e multivariate sia dei descrittori ambientali che di quelli biotici, hanno evidenziato, come la risposta delle variabili considerate sia complessa e non lineare. Nonostante non sia stato possibile evidenziare chiari pattern di interazione fra “protezione” e “bulldozing”, sono comunque emerse delle chiare differenze fra i tre siti indagati sia per quanto riguarda le variabili “descrittori dell’habitat” che quelle relative alla struttura dei popolamenti. In risposta a quanto richiesto in contesto water framework directive e in maniera funzionale all’elevate complessità del sistema intertidale è stato proposto un sistema esperto basato su approccio congiunto fuzzy bayesiano (già utilizzato con altre modalità all’interno del progetto Theseus). Con il sistema esperto prodotto, si è deciso di simulare nel sito di Cesenatico due ripascimenti virtuali uno caratterizzato da una gralometria fine e da uno con una granulometria più grossolana rispetto a quella osservata a Cesenatico. Il sistema fuzzy naïve Bayes, nonostante al momento sia ancora in fase di messa a punto, si è dimostrato in grado di gestire l'elevato numero di interazioni ambientali che caratterizzano la risposta della componente biologica macrobentonica nell'habitat intertidale delle spiagge sabbiose.

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ZUSAMMENFASSUNG Die Tauglichkeit von Hybridmaterialien auf der Basis von Zinkphosphathydrat-Zementen zum Einsatz als korrosionshemmende anorganische Pigmente oder zur prothetischen und konservierenden Knochen- und Zahntherapie wird weltweit empirisch seit den neunziger Jahren intensiv erforscht. In der vorliegenden Arbeit wurden zuerst Referenzproben, d.h. alpha-und beta-Hopeite (Abk. a-,b-ZPT) dank eines hydrothermalen Kristallisationsverfahrens in wässerigem Milieu bei 20°C und 90°C hergestellt. Die Kristallstruktur beider Polymorphe des Zinkphosphattetrahydrats Zn3(PO4)2  4 H2O wurde komplett bestimmt. Einkristall-strukturanalyse zeigt, daß der Hauptunterschied zwischen der alpha-und beta-Form des Zinkphosphattetrahydrats in zwei verschiedenen Anordnungen der Wasserstoffbrücken liegt. Die entsprechenden drei- und zweidimensionalen Anordnungen der Wasserstoffbrücken der a-und b-ZPT induzieren jeweils unterschiedliches thermisches Verhalten beim Aufwärmen. Während die alpha-Form ihr Kristallwasser in zwei definierten Stufen verliert, erzeugt die beta-Form instabile Dehydratationsprodukt. Dieses entspricht zwei unabhängigen, aber nebeneinander ablaufenden Dehydratationsmechanismen: (i) bei niedrigen Heizraten einen zweidimensionalen Johnson-Mehl-Avrami (JMA) Mechanismus auf der (011) Ebene, der einerseits bevorzugt an Kristallkanten stattfindet und anderseits von existierenden Kristalldefekten auf Oberflächen gesteuert wird; (ii) bei hohen Heizraten einem zweidimensionalen Diffusionsmechanismus (D2), der zuerst auf der (101) Ebene und dann auf der (110) Ebene erfolgt. Durch die Betrachtung der ZPT Dehydratation als irreversibele heterogene Festkörperstufenreaktion wurde dank eines „ähnlichen Endprodukt“-Protokolls das Dehydratationsphasendiagramm aufgestellt. Es beschreibt die möglichen Zusammenhänge zwischen den verschiedenen Hydratationszuständen und weist auf die Existenz eines Übergangszustandes um 170°C (d.h. Reaktion b-ZPT  a-ZPT) hin. Daneben wurde auch ein gezieltes chemisches Ätzverfahren mit verdünnten H3PO4- und NH3 Lösungen angewendet, um die ersten Stufe des Herauslösens von Zinkphosphat genau zu untersuchen. Allerdings zeigen alpha- und beta-Hopeite charakteristische hexagonale und kubische Ätzgruben, die sich unter kristallographischer Kontrolle verbreitern. Eine zuverlässige Beschreibung der Oberfächenchemie und Topologie konnte nur durch AFM und FFM Experimente erfolgen. Gleichzeitig konnte in dieser Weise die Oberflächendefektdichte und-verteilung und die Volumenauflösungsrate von a-ZPT und b-ZPT bestimmt werden. Auf einem zweiten Weg wurde eine innovative Strategie zur Herstellung von basischen Zinkphosphatpigmenten erster und zweiter Generation (d.h. NaZnPO4  1H2O und Na2ZnPO4(OH)  2H2O) mit dem Einsatz von einerseits oberflächenmodifizierten Polystyrolatices (z.B. produziert durch ein Miniemulsionspolymerisationsverfahren) und anderseits von Dendrimeren auf der Basis von Polyamidoamid (PAMAM) beschritten. Die erhaltene Zeolithstruktur (ZPO) hat in Abhängigkeit von steigendem Natrium und Wassergehalt unterschiedliche kontrollierte Morphologie: hexagonal, würfelförmig, herzförmig, sechsarmige Sterne, lanzettenförmige Dendrite, usw. Zur quantitativen Evaluierung des Polymereinbaus in der Kristallstruktur wurden carboxylierte fluoreszenzmarkierte Latices eingesetzt. Es zeigt sich, daß Polymeradditive nicht nur das Wachstum bis zu 8 µm.min-1 reduzierten. Trotzdem scheint es auch als starker Nukleationsbeschleuniger zu wirken. Dank der Koordinationschemie (d.h. Bildung eines sechszentrigen Komplexes L-COO-Zn-PO4*H2O mit Ligandenaustausch) konnten zwei einfache Mechanismen zur Wirkung von Latexpartikeln bei der ZPO Kristallisation aufgezeigt werden: (i) ein Intrakorona- und (ii) ein Extrakorona-Keimbildungsmechanismus. Weiterhin wurde die Effizienz eines Kurzzeit- und Langzeitkorrosionschutzes durch maßgeschneiderte ZPO/ZPT Pigmente und kontrollierte Freisetzung von Phosphationen in zwei Näherungen des Auslösungsgleichgewichts abgeschätzt: (i) durch eine Auswaschungs-methode (thermodynamischer Prozess) und (ii) durch eine pH-Impulsmethode (kinetischer Prozess. Besonders deutlich wird der Ausflösungs-Fällungsmechanismus (d.h. der Metamorphismus). Die wesentliche Rolle den Natriumionen bei der Korrosionshemmung wird durch ein passendes zusammensetzungsabhängiges Auflösungsmodell (ZAAM) beschrieben, das mit dem Befund des Salzsprühteste und der Feuchtigkeitskammertests konsistent ist. Schließlich zeigt diese Arbeit das herausragende Potential funktionalisierter Latices (Polymer) bei der kontrollierten Mineralisation zur Herstellung maßgeschneiderter Zinkphosphat Materialien. Solche Hybridmaterialien werden dringend in der Entwicklung umweltfreundlicher Korrosionsschutzpigmente sowie in der Dentalmedizin benötigt.

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Selektine sind eine Gruppe von Transmembranglycoproteinen, welche als Adhäsionsmoleküle innerhalb des vaskulären Systems Zelladhäsionsprozesse zwischen Leukozyten und Endothelzellen vermitteln. Das Sialyl-Lewisa Epitop und verwandte Kohlenhydratstrukturen wurden als Liganden der E- und P-Selektine identifiziert. Durch die chemische Synthese verwandter Strukturen verspricht man sich, die im Laufe inflammatorischer Prozesse exprimierten Rezeptoren gezielt blockieren zu können und dadurch pathologische Abläufe wie hämatogene Metastasierungen oder Abstoßungsreaktionen zu bekämpfen. Einige Bereiche der Aminosäuresequenz des E-Selektin-Ligand-1 (ESL-1) treten hochkonservativ auch in anderen Selektinliganden wie MG160 oder PSGL-1 auf und wurden deshalb für die N-Glycosylierung mit einem sulfatierten Oligosaccharid ausgewählt (11). -Val665-Glu-Cys-Arg-Asp-Ile-Val-Gly-Asn(Sulfo-Lea)-Leu-Tyr-Glu-Leu-Glu-Ser-Glu-Asp-Ile682- 11 Im ersten Teil der Arbeit wurde eine Strategie ausgearbeitet, das sulfatierte Trisaccharid 60 im Multigrammaßstab zu synthetisieren. Der endogene Ligand 2 wurde an drei Positionen modifiziert: Austausch der α-L-Fucose gegen die biologisch stabilere α-D-Arabinose, Einführung einer Sulfatgruppe anstelle der N-Acetylneuraminsäure sowie Übergang von O- zu N-glykosidischer Verknüpfung. Die hochregioselektive Einführung der Sulfatgruppe gelingt in sehr guten Ausbeuten durch Vorkomplexierung mit Dibutylzinnoxid und anschließende Umsetzung mit Schwefeltrioxid/Trimethylamin. Durch die Verwendung des anomeren Azids als permanente Schutzgruppe kann das Trisaccharid nach schonender Reduktion zum Amin an ein Asparaginsäurederivat angekuppelt und in einer linearen Synthese nach Fmoc-Strategie als N-Glycosylaminosäure in die Synthese eingebracht werden. Das in der Arbeitsgruppe Kunz entwickelte PTMSEL-Ankersystem 20a erlaubt sowohl die problemlose Synthese als auch die Abspaltung vom polymeren Träger unter sehr milden Bedingungen. Nach dem Entfernen der Benzylester und -ether durch Pd(0) – katalysierte Hydrierung können sulfatierte Glycopeptidsequenzen des Typs 11 über NMR-Spektroskopie (korrelierte Spektren) und Massenspektroskopie (ESI, MALDI) identifiziert werden.

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La presente Tesi di Laurea nasce dalla volontà nostra di proseguire il progetto intrapreso durante il corso di Proyecto V, seguito durante la nostra esperienza Ersamus a Granada, sotto la guida dell’Arch. Elisa Valero. Il tema trattato è quello della sostenibilità urbana e in particolare quello della riqualificazione della periferia. La decisione di continuare e approfondire questo progetto è dovuto al fatto che il tema trattato è di forte attualità, soprattutto perché, fino al Protocollo di Kyoto del 2005, le massive emissioni di CO2 hanno portato ad un innalzamento del riscaldamento globale e di conseguenza ad un deterioramento inesorabile dell’intero sistema ambientale. Oltre a quello ambientale, l’altro tema che ci ha particolarmente stimolato è quello della riqualificazione della periferia, in quanto ai giorni d’oggi le condizioni delle zone periferiche delle città versano in condizioni critiche, perché vi è una carenza di servizi, di spazi pubblici e verdi e soprattutto mancano di una propria identità nella quale la società possa identificarsi e quindi i presupposti per l’aggregazione sociale. La Tesi si articola in tre parti: - una prima parte di analisi e approfondimenti sui temi della sostenibilità dello sviluppo urbano, sulla situazione attuale delle periferie metropolitane e la ricerca delle varie strategie per risolvere tali problematiche, anche grazie allo studio di ecoquartieri esistenti - la seconda parte è costituita dal lavoro preliminare per la redazione del nostro progetto, e quindi dal lavoro di analisi della città di Granada e del contesto periferico in cui si va ad inserire il progetto e dall’individuazione degli obiettivi da soddisfare e delle relative strategie per conseguirli - la terza parte consta nel progetto vero e proprio, in cui andiamo a definire le conformazioni spaziali, morfologiche e architettoniche del sito, accompagnate da strategie per uno sviluppo sostenibile della zona - nella quarta ed ultima parte ci focalizziamo sul tema della residenza, dove andremo a sia a riqualificare che realizzare edifici residenziali, studiando delle tecniche costruttive per la realizzazione di edifici a basso consumo energetico. L’obiettivo di tale progetto è la creazione di un ecoquartiere e tutti i benefici che esso comporta, per migliorare la qualità della vita dei residenti, ridurre drasticamente l’inquinamento sia atmosferico che non, incentivare l’aggregazione sociale e la vita all’aria aperta, che sono temi molto cari della cultura spagnola che però, in queste zone della città, sono ormai andati persi a causa del degrado urbano e la mancanza di identità della periferia.

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Die Selektine initiieren im Verlauf von Entzündungsprozessen einen ersten Zellkontakt zwischen Leukozyten und Endothelzellen und ermöglichen so die Auswanderung der Leukozyten aus den Blutgefäßen in das umliegende Gewebe, wo sie ihre immunologische Wirkung entfalten können. Viele Krankheiten gehen allerdings mit einer übermäßigen, durch Selektine vermittelten Zelladhäsion einher. Daher war es das Ziel dieser Arbeit, Selektininhibitoren zu synthetisieren, die pathologische Zelladhäsionsprozesse, wie man sie z.B. bei rheumatoider Arthritis, bei Erkrankungen der Herzkranzgefäße oder im Verlauf von Tumormetastasierungen findet, unterbinden können. Als Leitstruktur für solche Inhibitoren dient das auf den natürlichen Selektinliganden vorkommende Tetrasaccharid Sialyl-Lewis-X. Sialyl-Lewis-X stellt aber nur einen Teil der natürlichen Selektinliganden dar. Es bindet auch nur im millimolaren Bereich an die Selektine. Die komplexen natürlichen Selektinliganden wie z.B. ESL-1 (E-Selektin-Ligand-1), die an verschiedenen Glycosylierungs-stellen des Glycoproteins Sialyl-Lewis-X präsentieren, binden mit deutlich höherer Affinität an die Selektine. Für eine spezifische Rezeptorbindung sind daher außer dem Tetrasaccharid weitere Partialstrukturen verantwortlich, wobei gezeigt werden konnte, dass ein Anknüpfen von Sialyl-Lewis-X-Derivaten an die Partialsequenz 672-681 des ESL-1 eine Affinitätssteigerung hervorruft. Ein weiterer Nachteil des natürlichen Sialyl-Lewis-X-Tetrasaccharids im Hinblick auf seine pharmakologische Verwendung besteht darin, dass sowohl die fucosidische Bindung als auch die glycosidische Verknüpfung zur Neuraminsäure durch Enzyme leicht gespalten werden, wodurch Sialyl-Lewis-X als potenzielles Anti-Adäsionsmolekül an Wert verliert. Um die Kohlenydratliganden vor einem solchen enzymatischen Abbau zu bewahren, wurden in dieser Arbeit neben der im Sialyl-Lewis-X vorliegenden L-Fucose die im Menschen nicht vorkommenden Kohlenhydrate D-Arabinose und L-Galactose sowie neben der Neuraminsäure die (S)-Cyclohexylmilchsäure zur Herstellung der sechs Glycopeptid-Selektinliganden 1-6 mit der Partialsequenz 672-681 des ESL-1 verknüpft. Die Tetrasaccharide und Tetrasaccharid-Mimetika können aus den geschützten Monosacchariden und der geschützten Cyclohexylmilch-säure in parallelen Synthesen im Gramm-Maßstab hergestellt werden. Die automatisierten Glycopeptid-Festphasensynthesen wurden an einem Peptidsynthesizer nach der Fmoc-Strategie unter Verwendung von mit Asparaginsäure vorbeladenen TentaGel®-Harzen durchgeführt. Die Strukturen aller sechs Glycopeptide 1-6 wurden sowohl durch hoch auflösende massenspektrometrische Analysen als auch durch ein- und zweidimensionale NMR-Experimente belegt. Als Ergebnis dieser Arbeit liegen sechs Sialyl-Lewis-X-Glycopeptide und -Mimetika mit der Partialsequenz 672-681 des ESL-1 vor. Diese werden in Kürze auf ihre Wirksamkeit als Zelladhäsions-inhibitoren für E-Selektin getestet. Daraus sollen sich Erkenntnisse über Struktur-Wirkungs-Beziehungen gewinnen lassen, insbesondere was das kooperative Zusammenwirken von Saccharid- und Peptidteilstrukturen in der Erkennung der Liganden durch das E-Selektin anbetrifft.

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Tethered bilayer lipid membranes provide an efficient, stable and versatile platform for the investigation of integrated membrane proteins. However, the incorporation of large proteins, as well as of proteins with a large submembrane part is still a very critical issue and therefore, further optimisation of the system is necessary. The central element of a tBLM is a lipid bilayer. Its proximal leaflet is, at least to some extend, covalently attached to a solid support via a spacer group. The anchor lipid consists of three distinct parts, a lipid headgroup, a spacer group and an anchor. All parts together influence the final bilayer properties. In the frame of this work, the synthesis of new thiolipids for tBLMs on gold has been investigated. The aim was to obtain molecules with longer spacers in order to increase the submembrane space. The systems obtained have been characterized using SPR and EIS. The results obtained during this study are multiple. First, the synthesis of a previously synthesized architecture was successfully scaled up in an industrial lab using a new synthetic approach. The synthesis of large amounts is now feasible. Then, the synthesis of the new thiolipids was carried out taking into account the following requirements: the increase of the submembrane space by having longer ethyleneglycol spacers, the attachment of the molecules to a gold substrate via a thiol bond, and the tunability of the lateral mobility by changing the lipid headgroup. Three different synthetic strategies have been investigated. The polymeric approach did not prove to be successful, merely because of the broad molecular weight distribution. The synthesis of heterofunctionally protected oligoethyleneglycols allowed to obtain ethyleneglycol moieties with 6 and 8 units, but the tedious purification steps gave very low yields. Finally, the block by block synthesis using ethyleneglycol precursors proved to be an efficient and fast method to synthesize the target molecules. Indeed, these were obtained with very high yields, and the separation was very efficient. A whole family of new compounds was obtained, having 6, 8 and 14 ethyleneglycol units and with mono- or diphytanyl lipid headgroups. This new pathway is a very promising synthetic strategy that can be used further in the development of new compounds of the tether system. The formation of bilayers was investigated for the different thiolipids mainly by using EIS. The electrical properties of a bilayer define the quality of the membrane and allow the study of the functionality of proteins embedded in such a system. Despite multiple trials to improve the system using self assembly, Langmuir Blodgett transfer, and detergent mixed vesicles, the new polymer thiolipids did not show as high electrical properties as tBLMs reported in the literature. Nevertheless, it was possible to show that a bilayer could be obtained for the different spacer lengths. These bilayers could be formed using self assembly for the first monolayer, and two different methods for bilayer formation, namely vesicle fusion and solvent exchange. We could furthermore show functional incorporation of the ion carrier valinomycin: the selective transport of K+ ions could be demonstrated. For DPHL, it was even possible to show the functional incorporation of the ion channel gramicidin. The influence of the spacer length is translated into an increase of the spacer capacitance, which could correspond to an increase in the capacity of charge accumulation in the submembrane space. The different systems need to be further optimised to improve the electrical properties of the bilayer. Moreover, the incorporation of larger proteins, and proteins bearing submembrane parts needs to be investigated.

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A viral vector system was developed based on a DI-RNA, a sub-viral particle derived from TBSV-BS3-statice. This newly designed vector system was tested for its applicability in protein expression and induction of gene silencing. Two strategies were pursued. The first strategy was replication of the DI-RNA by a transgenically expressed TBSV replicase and the second was the replication by a so called helper virus. It could be demonstrated by northern blot analysis that the replicase, expressed by the transgenic N. benthamiana plant line TR4 or supplied by the helper virus, is able to replicate DI-RNA introduced into the plant cells. Various genes were inserted into different DI constructs in order to study the vector system with regard to protein expression. However, independent of how the replicase was provided no detectable amounts of protein were produced in the plants. Possible reasons for this failure are identified: the lack of systemic movement of the DI-RNA in the transgenic TR4 plants and the occurrence of deletions in the inserted genes in both systems. As a consequence the two strategies were considered unsuitable for protein expression. The DI-RNA vector system was able to induce silencing of transgenes as well as endogenous genes. Several different p19 deficient helper virus constructs were made to evaluate their silencing efficiency in combination with our DI-RNA constructs. However, it was found that our vector system can not compete with other existing VIGS (virus induced gene silencing) systems in this field. Finally, the influence of DI sequences on mRNA stability on transient GUS expression experiments in GUS silenced plants was evaluated. The GUS reporter gene system was found to be unsuitable for distinguishing between expression levels of wild type plants and GUS silenced transgenic plants. The results indicate a positive effect of the DI sequences on the level of protein expression and therefore further research into this area is recommended.

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Scopo della tesi è studiare la co-evoluzione nei mercati finanziari tra agenti eterogenei, analizzare l’andamento dei prezzi delle azioni e la ricchezza individuale di ciascun agente dopo un periodo di tempo non specificato. Il mercato finanziario è costituito da un numero arbitrario di agenti eterogenei che investono sui titoli parte della loro ricchezza adottando strategie che vadano ad ottimizzare il ritorno economico dopo ogni periodo di tempo. Consideriamo un sistema dinamico con uno scheletro deterministico. Il sistema che descrive questo modello è un sistema di equazioni non lineari e studiamo le condizioni di stabilità per ciascun stato di equilibrio. Consideriamo in particolare due tipologie di agenti; Il primo, cosiddetto cartista ed il secondo, cosiddetto fondamentalista. Ci riferiamo poi alla teoria delle biforcazioni, cioè allo studio del cambio di stabilità del sistema rispetto ad un parametro. Chi tra i due agenti avrà la meglio?? A quali condizioni sopravviverà l’uno o l’altro?