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Resumo:
El objetivo del proyecto es implantar un sistema de monitorización, con la peculiaridad de encontrarse en alta disponibilidad, esto es, que el servicio (la monitorización de una infraestructura) se preste forma continua y no se vea interrumpido. Dado que el propósito del sistema es monitorizar activamente una infraestructura, ha sido necesario desplegar una infraestructura, además del sistema de monitorización. La infraestructura en cuestión está compuesta por un servidor de documentación, un servidor de base de datos, un servidor de aplicaciones y un servidor web. El sistema de monitorización se ha desplegado en la misma red de área local de esta infraestructura y monitoriza que los servicios prestados por los componentes de esta infraestructura se encuentren operativos y funcionando adecuadamente. Así pues, se tendría un sistema de monitorización local funcional. No obstante, el proyecto plantea un sistema escalable, que esté preparado para el crecimiento de la infraestructura y continúe siendo eficiente. Para ello, sistema de monitorización se encuentre dividido por dos componentes: Sonda delegada: monitoriza localmente los activos de la infraestructura a monitorizar, es el escenario anteriormente descrito. Sonda maestra: recibe los resultados de la monitorización realizada, este sistema puede estar desplegado en otra red distinta a la sonda delegada. Este enfoque no solo es escalable, sino también es fiel a la realidad, pues puede darse el caso de que las sondas pertenezcan a distintas infraestructuras e inclusive, distintas organizaciones, y se comuniquen a través de internet, mediante un mecanismo confiable a ser posible. El proyecto plantea que ambas sondas se encuentren en alta disponibilidad (en adelante HA, referente a high availability), y que cada sonda está compuesta por dos equipos (nodos, en adelante). Como se analizará en posteriores capítulos, existen diversas configuraciones que permiten implantar un sistema en HA, la configuración escogida para el proyecto es Activo – Pasivo(los detalles de esta configuración también se explican en posteriores capítulos). Para finalizar, se estudiara la posibilidad de ofrecer respuestas activas en ciertas situaciones y configuraciones adicionales sobre el sistema de monitorización base. Por otro lado, para la implantación del proyecto se ha usado software de código abierto para la virtualización de la infraestructura (Virtual Box y GNS3), los sistemas operativos base (Linux), el sistema de monitorización(Nagios Core) así como el software que implementa la HA (corosync y pacemaker).---ABSTRACT---The aim of the Project is to implement a monitoring system, with the peculiarity of being deployed in high availability, what it is that the service (monitoring infrastructure) is provided continuously and not interrupted. As the purpose of the system is monitoring infrastructure actively, an infrastructure has been deployed, and also the monitoring system. The infrastructure monitored is composed of a documentation server, a server database, an application server and a Web server. The monitoring system has been also deployed on the same LAN of this infrastructure and monitors the services provided by the components of this infrastructure are operational and working as expected. This is a local monitoring system functional. However, the project also proposes a scalable system that is ready for growth of infrastructure and efficient. This is the reason of divide the system in two components: Slave Component: monitors locally the infrastructure assets to be monitored, this is the scenario described above. Master Component: get the results from the monitoring, provided by the Slave Component. This system can be deployed in a different network than the slave component. This approach is not only scalable but also a real scenario, as may be the case that the Components belongs to different infrastructures and even, different organizations, also this components can communicate over the Internet, through a reliable mechanism if possible. The project proposes that both Components are deployed in high availability (HA onwards concerning high availability), each Component is composed of two servers (nodes, hereafter). As will be discussed in later chapters, there are several settings available to deploy a system in HA, the configuration chosen for the project is Active - Passive (details of this configuration are also explained in later chapters). Finally the possibility of offering active responses in certain situations and additional settings on the monitoring system will be discussed. On the other hand, for the implementation of the project, open source software has been used, for virtualization infrastructure (Virtual Box and GNS3), code-based operating systems (Linux), the monitoring system (Nagios core), as well as the software that implements the HA (corosync and pacemaker).
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
A leitura compartilhada de livros para crianças é uma atividade que tem sido estudada como forma de ensino incidental de vocabulário, que envolve, dentre outros processos, o responder por exclusão. O objetivo do presente trabalho foi investigar a ocorrência de aprendizagem de relações entre estímulos visuais (figuras) com seus respectivos estímulos auditivos (palavras) a partir de diferentes condições de leitura compartilhada de livros para crianças com Síndrome de Down (SD) e com desenvolvimento típico (DT). Para a pesquisa foram desenvolvidos dois estudos. No Estudo 1, participaram seis crianças com SD com seis a sete anos, e seis crianças com DT com três a quatro anos (amostras pareadas em função do nível de vocabulário). Foi utilizado um livro de história produzido pela pesquisadora, no qual havia dois substantivos e dois adjetivos desconhecidos (estímulos visuais S1, S2, A1, A2), apresentados uma única vez na história. Esse livro foi lido para cada criança duas vezes em sequência por sessão e em cada sessão foi realizada uma condição de leitura diferente. Foram apresentadas três condições de leitura e cada criança passou por todas, mas em diferentes ordens (contrabalanceamento). Na Condição 1, o livro foi lido para a criança sem intervenções. Na Condição 2, o livro foi lido para a criança e ela tinha que repetir o nome dos estímulos desconhecidos. Na Condição 3, o livro foi lido e foram realizadas perguntas relacionadas aos estímulos-alvo. Ao final de cada sessão foram realizadas sondas de aprendizagem (sondas de emparelhamento ao modelo e nomeação), e após uma semana da última sessão foi aplicada uma sonda de manutenção e uma de generalização. As crianças com DT apresentaram maior número de acertos que as com SD, e os acertos foram mais relacionados ao estímulo S1. As crianças não aprenderam a relação nome-cor. A análise dos resultados sugeriu que o número de estímulos-alvo era excessivo e com apresentações insuficientes no livro. No Estudo 2 participaram seis crianças com DT de 3 a 4 anos e seis crianças com SD, de 5 a 8 anos. O procedimento utilizado no Estudo 2 foi semelhante ao primeiro com as seguintes alterações no livro: utilização de apenas duas relações-alvo (um substantivo-alvo e um adjetivo-alvo - S2 e A3), cada uma sendo apresentada três vezes ao longo da história, em figuras que possibilitavam o responder por exclusão. Também foi acrescentada uma tentativa de exclusão nas sondas de aprendizagem. Nesse estudo, todas as crianças com DT conseguiram selecionar e nomear estímulo S2 e duas mostraram indícios de aprendizagem do estímulo A3. As crianças com SD apresentaram um menor número de acertos nas sondas de emparelhamento, mas apresentaram algumas nomeações corretas, o que não foi observado no Estudo 1. Os dados sugerem que as mudanças realizadas no livro melhoram o desempenho das crianças com DT, mas não o das crianças com SD. Não foram encontradas diferenças entre as condições de leituras nos dois estudos. No entanto, são necessários estudos adicionais para avaliar essas diferentes condições e as variáveis envolvidas na aprendizagem de palavras a partir da leitura compartilhada de livro.
Resumo:
O trabalho descrito nesta tese mostra de forma detalhada a fabricação e caracterização de diferentes microssensores eletroquímicos os quais têm sido recentemente utilizados como sondas em grupo de técnicas conhecida como Scanning Electrochemical Probe Microscopy (SEPM). Desta forma, a caracterização de superfícies pode ser feita explorando diferentes fenômenos interfaciais relevantes à Ciência. Neste sentido, as interfaces de materiais cristalinos como hidroxiapatita (materiais dentários) e calcita foram o foco de estudo neste trabalho. Assim, diferentes técnicas SEPM foram exploradas no sentido de se obter informações relevantes relacionadas aos processos dentários, como a erosão ácida e hipersensibilidade. Inicialmente, microeletrodos de platina foram desenvolvidos empregando uma metodologia convencional na qual são utilizados microfibras encapsuladas em capilares de vidro. Scanning Electrochemical Microscopy (SECM) no modo amperométrico foi utilizada para obtenção de informações com relação às alterações de topografia do esmalte dentário causadas pelo contato com substâncias ácidas. Adicionalmente, SECM foi empregada no estudo do transporte de espécies eletroativas em amostras de dentina e investigações relacionadas ao bloqueio dos túbulos empregando-se cremes dentais comerciais foram realizadas. A permeação de peróxido de hidrogênio pela dentina também foi estudada. Os resultados de SECM foram comparados com imagens SEM obtidas nas mesmas condições experimentais. Microeletrodos de membrana ionófora íon-seletiva (Ion Selective Microelectrodes-ISMEs) sensíveis a íons cálcio também foram desenvolvidos e caracterizados, com subsequente aplicação em SECM no modo potenciométrico. A dissolução ácida de esmalte bovino (erosão dentária) foi investigada em diferentes valores de pH (2,5; 4,5; 6,8). Além disso, o transporte de íons cálcio através de membranas porosas sintéticas foi avaliado a uma distância tip/substrato de 300µm. Alterações no fluxo de íons cálcio foram correlacionadas em experimentos realizados na presença e ausência de campos magnéticos gerados por nanopartículas de magnetita incorporadas à membrana porosa. Microcristais de calcita facilmente sintetizados pelo método de precipitação foram utilizados como superfície modelo para investigações interfaciais, cujos resultados podem ser correlacionados aos materiais dentários. Desta forma, nanopipetas de vidro preenchidas com eletrólito suporte foram fabricadas e utilizadas como sonda em Scanning Ion Conductance Microscopy (SICM). O mapeamento topográfico de alta resolução espacial da superfície de um microcristal de calcita foi obtido utilizando o modo de varredura hopping mode. Adicionalmente, sondas multifuncionais ISME-SICM também foram desenvolvidas e caracterizadas para investigações simultâneas com relação às alterações topográficas e quantificação de íons cálcio sobre a superfície de um microcristal de calcita. A adição de reagentes ácidos no canal SICM promoveu a dissolução da superfície do microcristal, sendo obtidos dados cinéticos de dissolução. Investigações em meio neutro também foram realizadas utilizando a sonda ISME-SICM. Os resultados experimentais obtidos também foram comparados com aqueles oriundos de simulação computacional.
Resumo:
O desenvolvimento de técnicas analíticas, espectroscópicas e de imagem baseadas na detecção da fluorescência está associado com a necessidade por marcadores fluorescentes com variadas características e aplicabilidades. Dentre os diversos marcadores fluorescentes disponíveis, os derivados de borodipirrometenos (BODIPY), descobertos no final da década de 1960, passaram a ser amplamente utilizados desde o final da década de 1980. Esta tese de doutorado se trata de um estudo pioneiro no Brasil, envolvendo a síntese, modificação química e caracterização fotofísica de BODIPYs. Na primeira etapa do projeto métodos de obtenção de BODIPYs foram estabelecidos e aplicados na síntese de uma biblioteca de sondas fluorescentes. O estudo fotofísico dessa biblioteca de fluoróforos nos possibilitou identificar e estudar particularidades de alguns fluoróforos, como o solvatocromismo, halocromismo e ionocromismo. A segunda etapa do projeto envolveu o estabelecimento de métodos de modificação química de BODIPYs visando a diversificação fotofísica e estrutural da biblioteca de compostos. Foram sintetizados BODIPYs reativos que foram submetidos a reações de substituição nucleofílica, Suzuki, Sonogashira, Knoevenagel e arilação direta, levando à obtenção de compostos com propriedades ópticas diversas. Por fim, na terceira etapa do projeto, está descrito o desenvolvimento de novos métodos de modificação química de fluoróforos BODIPY. Foi desenvolvido um método simples de tiocianação direta dessa classe de compostos com bons rendimentos, baseado na utilização de tiocianato de amônio e oxone ®. O escopo e as limitações do novo método de tiocianação foi estudado em BODIPYs com propriedades eletrônicas diversas. Foi mostrada ainda a conversão de BODIPYs tiocianados a derivados tioalquilados com características ópticas particulares. Em conclusão, com esta tese de doutorado foi estabelecida uma linha de pesquisa inovadora envolvendo a síntese e modificação química de uma classe de compostos com ampla aplicação tecnológica.
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Este estudo possui duas partes distintas: 1. in vivo (randomizado e longitudinal) que teve como objetivo avaliar protocolos de tratamento para hipersensibilidade dentinária com laser de baixa potência (com diferentes dosagens), laser de alta potência e agente dessensibilizante, por um período de 12 e 18 meses; e 2. in vitro que teve como objetivo analisar a perda de estrutura de dois dentifrícios distintos (Colgate Total 12 e Colgate Pró Alívio) e analisar a permeabilidade dentinária dos tratamentos da etapa 01, associados aos dentifrícios, após diferentes ciclos de abrasão. Na parte in vivo, as lesões cervicais não cariosas de 32 voluntários, previamente submetidos aos critérios de elegibilidade ou exclusão, foram divididas em nove grupos (n=10): G1: Gluma Desensitizer (Heraeus Kulzer), G2: Laser de baixa potência com baixa dosagem (Photon Lase, DMC) (três pontos de irradiação vestibulares e um ponto apical: 30 mW, 10 J/cm2, 9 seg por ponto com o comprimento de onda de 810nm). Foram realizadas três sessões com um intervalo de 72 horas), G3: Laser de baixa potência com alta dosagem (um ponto cervical e um ponto apical: 100 mW, 90 J/cm2, 11 seg por ponto com o comprimento de onda de 810nm. Foram realizadas três sessões com um intervalo de 72 horas), G4: Laser de baixa potência com baixa dosagem + Gluma Desensitizer, G5: Laser de baixa potência com alta dosagem + Gluma Desensitizer, G6: Laser de Nd:YAG (Power LaserTM ST6, Lares Research®), em contato com a superfície dental: 1,0W, 10 Hz e 100 mJ, ? 85 J/cm2, com o comprimento de onda de 1064nm, G7: Laser de Nd:YAG + Gluma Desensitizer, G8: Laser de Nd:YAG + Laser de baixa potência com baixa dosagem, G9: Laser de Nd:YAG + Laser de baixa potência com alta dosagem. O nível de sensibilidade de cada voluntário foi avaliado através da escala visual analógica de dor (VAS) com auxílio do ar da seringa tríplice e exploração com sonda após 12 e 18 meses do tratamento. Na parte 02, in vitro, foram utilizados terceiros molares humanos não irrompidos e recém-extraídos. Todos foram limpos e tiveram suas raízes separadas das coroas. As raízes foram seccionadas em quadrados de dentina com dimensões de 4x4x2 mm, os quais foram embutidos em resina Epoxi e devidamente polidos até uma curvatura de 0,3 ?m, analisados em perfilometria ótica. Estes foram imersos em solução de EDTA 17% por 2min para abertura dos túbulos e armazenados em uma solução de Soro Fetal Bovino diluído em salina tamponada com fosfato. Os espécimes foram divididos aleatoriamente em 12 grupos (n=10) G1: Sem tratamento de superfície, sem dentifrício; G2: Nd:YAG/sem dentifrício; G3: Gluma/sem dentifrício; G4: Nd:YAG + Gluma/sem dentifrício; G5: Sem tratamento de superfície/Colgate Total 12; G6: Nd:YAG/Colgate Total 12; G7: Gluma/Colgate Total 12; G8: Nd:YAG + Gluma/Colgate Total 12; G9: Sem tratamento de superfície/Colgate Pró Alívio; G10: Nd:YAG/Colgate Pró Alívio; G11: Gluma/Colgate Pró Alívio; G12: Nd:YAG + Gluma/Colgate Pró Alívio. Em seguida, as superfícies receberam a aplicação de fitas adesivas nas duas margens, mantendo uma área central de teste exposta de 4 x 1 mm, onde foram realizados os tratamentos de superfície e os ciclos de abrasão correspondentes a 1, 7, 30 e 90 dias de escovação (52 ciclos, 210 segundos de contato com o slurry; 361 ciclos, 1470 segundos de contato com o slurry; 1545 ciclos, 6300 segundos de contato com o slurry; 4635 ciclos, 18900 segundos de contato com o slurry, respectivamente). A cada etapa de abrasão, foi realizada análise em Perfilometria Ótica. Para as analises de permeabilidade e Microscopia Eletrônica de Varredura, foram utilizadas amostras circulares de 6 mm de diâmetro e 1 mm de espessura de dentina obtidas das coroas dentais. Estas foram divididas aleatoriamente nos mesmos grupos já descritos anteriormente, sendo que 120 espécimes foram utilizados para permeabilidade (n=10) e 36 para MEV (n=3). Ambas as análises foram realizadas após imersão no EDTA; após tratamentos para a sensibilidade; pós 1 dia, 7 dias, 30 dias e 90 dias de escovação. Após análise estatística pode-se concluir que, in vivo, todos os tratamentos foram eficazes para a redução da hipersensibilidade dentinária. Ainda que o nível da sensibilidade dos pacientes aumentou numericamente, estes não são considerados estatisticamente diferentes a partir de 12 meses. Portanto, até a avaliação de 18 meses, podemos concluir que não houve um aumento na sensibilidade dentinária desde a sua diminuição pós-tratamento. In vitro, pode-se concluir que todos os tratamentos foram capazes de diminuir a permeabilidade dentinária. O dentifrício Total 12 apresentou-se como o mais abrasivo em comparação com o dentifrício Pro Alivio, pois este último promoveu uma perda de estrutura menor, porém ambos não apresentaram aumento na permeabilidade nos tempos de escovação. As microscopias eletrônicas de varredura mostram a formação da smear layer, obliterando os túbulos para ambos os dentifricios. Como conclusão, pode-se afirmar que todos os agentes dessensibilizantes foram efetivos, mesmo apresentando estratégias de ação diferentes. Os dentifrícios são igualmente interessantes para o uso caseiro por ocasionarem oclusão tubular e a associação de tratamentos (caseiro e de consultório) parece ser uma alternativa eficaz no tratamento da hipersensibilidade dentinária.
Resumo:
Efeitos da polarização eletrostática de eletrodos na periferia de tokamaks têm sido investigados em pequenos tokamaks e mesmo em alguns tokamaks de grande porte. Em geral as experiências são realizadas em condições em que bifurcação do campo elétrico radial é obtida, processo este identificado como modo H de polarização. No Tokamak TCABR, as experiências indicam que o confinamento aumenta para tensões aplicadas até +300 volts, atingindo um máximo de duas vezes o tempo de confinamento do modo L, mas sem bifurcação. Indícios de bifurcação foram notados com +400 V de polarização, mas a descarga termina devido à excitação da atividade MHD, ainda sob investigação. No presente trabalho, a pesquisa é aprofundada com a utilização de uma sonda de Langmuir com 18 pinos dispostos em duas fileiras sob a forma de um ancinho (rake probe) o que permite a medição da temperatura, densidade e flutuação de potencial ao longo do raio menor na periferia do Tokamak. A resolução temporal desse sistema é de cerca de 0,5 ms, para a temperatura, e 5 microssegundos para densidade e potencial flutuante do plasma. Outra sonda eletrostática com 5-pinos na mesma posição radial, mas em diferentes posições poloidal e toroidal foi usada para medições de turbulência e transporte de partículas. Os efeitos da polarização foram investigados e indicam que os níveis de turbulência e transporte começam a diminuir entre +150 e +200 V e para +300 V chegam a atingir uma quase supressão. Nesse mesmo intervalo de tensão a densidade começa a aumentar e para +300 V chega a ser um fator de aproximadamente 2. Quanto ao perfil de temperatura a variação é pouco significativa, mas as incertezas das medidas são maiores. Esses dados são compatíveis com a criação de uma barreira de transporte na região entre o eletrodo em r = 17 cm e o limitador em a = 18 cm. Além disso, o campo elétrico radial mostra forte cisalhamento nessa região. Tomando o início da subida do potencial flutuante como origem de uma escala de tempo, o atraso temporal do início da subida da densidade de elétrons e o atraso do início do decréscimo do transporte de partículas foram medidos. Os resultados são 50 microssegundos para a densidade de elétrons e 60 microssegundos para o transporte de partículas. A questão dos limiares de potência é discutida no texto. Os dados desta experiência indicam que o campo elétrico radial desempenha o papel principal para a melhoria do confinamento.
Resumo:
Entre os inibidores de corrosão clássicos que já são utilizados na indústria do petróleo, foram estudadas a imidazolina oleica e a quaternária através de técnicas eletroquímicas, gravimétrica e analíticas, para avaliar a eficiência de inibição e como esses inibidores atuam em meio ácido. O meio agressivo foi uma solução de NaCl 3,5% em massa acidificada com ácido clorídrico até atingir um pH=2 com o objetivo de simular o ambiente de extração petrolífera. O substrato empregado foi o aço carbono 1020. As técnicas eletroquímicas utilizadas foram: monitoramento do potencial de circuito aberto, medidas de resistência de polarização linear, espectroscopia de impedância eletroquímica (EIE ) e curvas de polarização. Os valores das componentes real e imaginária de impedância indicam uma resistência maior aos processos de transferência de carga com o aumento da concentração dos inibidores e os Diagramas de Bode de ângulo de fase, revelaram a presença de uma camada de inibidor adsorvida sobre o metal com uma constante de tempo em altas frequências observada para a imidazolina oleica e quaternária. Para a imidazolina quaternária, verificou-se que só para tempos maiores de imersão é que o filme se adsorve de forma eficiente demonstrando uma cinética mais lenta de adsorção. Nos ensaios gravimétricos, os resultados de taxa de corrosão em m/ano foram decrescentes com o tempo após período de imersão de 30 dias, para ambas as imidazolinas. O uso das técnicas analíticas foi necessário a fim de se compreender melhor o comportamento das imidazolinas sobre o aço no meio estudado. Os resultados da análise de íons férricos em solução, por emissão atômica, foram obtidos durante várias amostragens durante o período do ensaio de perda de massa, e foi possível verificar um processo de inibição da corrosão até doze dias de imersão do metal, depois disto ocorre um disparo na quantidade de ferro liberado em solução, sugerindo que pode estar ocorrendo uma degradação do inibidor após 12 dias de imersão. Para esclarecer esse ponto, análises por espectroscopia Raman dos produtos de fundo formados durante os ensaios de perda de massa indicaramm que a degradação pode realmente estar ocorrendo. Foi confirmado, também por espectroscopia Raman sobre a superfície do aço após imersão prévia em solução contendo a imidazolina oleica, que há uma película adsorvida que protege o metal do meio agressivo. Técnica de microscopia eletrônica de varredura foi utilizada para caracterizar os corpos de prova na ausência e presença do inibidor, depois dos ensaios eletroquímicos e foi possível caracterizar, através dessa técnica a maior eficiência inibidora do filme de imidazolina quaternária. Dois tipos de nanoconatiners foram avaliados para o encapsulamento das duas imidazolinas estudadas: nanocontainers a base do argilomineral haloiista e sílica mesoporosa tipo SBA 15. Resultados de impedância eletroquímica mostraram a liberação dos inibidores de corrosão encapsulados com o tempo de imersão. Análise na região do infravermelho por sonda de fibra ótica foi utilizada para comprovar química e qualitativamente a liberação do inibidor a partir dos nanorreservatórios, no meio agressivo.
Resumo:
O controle da mistura ar/combustível é muito importante para o correto funcionamento dos motores à combustão interna ciclo Otto. A relação entre o ar e o combustível influencia diretamente no funcionamento do motor, na emissão de poluentes e no consumo de combustível. Este trabalho apresenta o desenvolvimento de um controle da mistura ar/combustível a partir do estudo de modelos de malha fechada deste sistema. Esse controle tem por objetivo manter a mistura o mais próxima possível do ponto estequiométrico, a fim de otimizar a taxa de conversão de gases poluentes pelo catalisador, e utiliza um sensor de oxigênio, conhecido como sonda lambda, para realizar a realimentação do sistema, indicando se a mistura está no ponto estequiométrico. Este trabalho também apresenta o desenvolvimento de um compensador em malha fechada para controlar a mistura a/c (ar/combustível) em outros pontos, além do estequiométrico, através do uso de uma sonda lambda de banda larga.
Resumo:
La idea principal del proyecto abarca el estudio de parámetros y fenómenos físicos. Los avances logrados se aplicarán al desarrollo de software y metodologías para cuantificación de materiales mediante microanálisis con sonda de electrones y microscopía electrónica de barrido. El microanálisis no es una técnica absoluta, sino que requiere de estándares de referencia, para obviar el uso de ciertos parámetros geométricos y atómicos difíciles de conocer con una precisión adecuada. Para contar con un método sin estándares debe abordarse la determinación de parámetros atómicos e instrumentales, que es uno de los aspectos que se desea encarar en este proyecto. Por otro lado, también se pretende incluir los parámetros estudiados en un software de cuantificación desarrollado por integrantes del proyecto. Otro de los propósitos del plan de trabajo es estudiar la potencialidad de la resolución espacial de una microsonda de electrones con el fin de desarrollar una metodología para caracterizar interfases, bordes de granos e inclusiones, con resolución submicrométrica, ya que los métodos tradicionales de cuantificación se restringen al caso de muestras planas y homogéneas dentro del volumen de interacción, pero la caracterización de inhomogeneidades a nivel micrométrico no ha sido desarrollada todavía, salvo algunas excepciones.
Resumo:
As Ulceras de Pressão (UP) podem ocorrer em todos os níveis de cuidados particularmente em situações de mobilidade reduzida e actividade diminuídas e a sua prevalência crescente constitui um problema significativo de saúde pública já que tem repercussões importantes na qualidade de vida dos doentes e suas famílias para além da sobrecarga financeira para os mesmos e para os sistemas de saúde. Pode definir-se UP como uma lesão localizada da pele e/ou tecido subjacente, normalmente sobre uma proeminência óssea, em resultado da pressão ou de uma combinação entre esta e forças de torção. Objectivou-se determinar a prevalência e os factores determinantes de desenvolvimento de ulceras de pressão no momento da admissão e alta em utentes institucionalizadas numa UMDR integrada na RNCCI. Estudo retrospectivo, de natureza quantitativa, realizado numa instituição de média duração, sendo a amostra constituída por 300 participantes. Para a colheita de dados elaborou-se um questionário que foi aplicado no período de 1 de Setembro a 31 de Outubro de 2014. Para a análise dos resultados, utilizou-se o programa estatístico SPSS. Na admissão registou-se 34% de prevalência de UP, 16,7% dos casos foi adquirida no domicílio e em 42,0% dos casos a UP é de Grau III, e em 11,7% das situações a UP mais grave localiza-se no sacro. Na alta observaram-se 24% de casos de UP, em que 12,0% das situações a UP é de Grau IV e em 10,0% de Grau III e em 7,7% das situações a UP mais grave se localiza no trocânter e em 6,7% no sacro. Constatou-se que 50% dos utentes são do sexo masculino e 50% do sexo feminino, com uma média de 74,82 anos de idade. Apresentam uma média de tempo de permanência na UMDR de 92,36 dias. 66,3% dos utentes ingressam na UMDR para reabilitação funcional e 29% para tratamento de feridas/UP. A maioria dos utentes revelou perda de autonomia para a realização das atividades de vida diária, com a sua dependência funcional comprometida quer na admissão, quer na alta. Os participantes na admissão apresentam 78,7% de alto risco para desenvolver úlceras de pressão e na alta este valor desceu para 54%. Como conclusão poderá inferir-se que a idade avançada, incontinência urinária e fecal, a presença de sonda vesical, o alto risco de desenvolvimento de UP e a presença de incapacidade aumenta o risco de desenvolver ulceras de pressão. Descritores: Ulceras de Pressão, Factores de Risco, Epidemiologia.
Resumo:
Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz
Resumo:
Front Row: Manager Debbie Snyder, Diane Mettelman, Tammy Herremans, Debbie Allor, Anna Bullard, Theresa Gardocki, Head Coach Gloria Soluk
Second Row: Shelly Piilo, Evelyn Edgecombe, Ann Slade, Kathy VanDeusen, Katy Brady, Sheryl Tominac, Trainer Laura Pieri
Top Row: Brenda Venhuizen, Mary Hibbard, Terry Conlin, Theresa Wyckoff, Roberta Zald, Fran Wiecha, Ass't. Coach Mina Sonda
Resumo:
Front Row: Manager Debbie Snyder, Diane Mettelman, Tammy Herremans, Debbie Allor, Anna Bullard, Theresa Gardocki, Head Coach Gloria Soluk
Second Row: Shelly Piilo, Evelyn Edgecombe, Ann Slade, Kathy VanDeusen, Katy Brady, Sheryl Tominac, Trainer Laura Pieri
Top Row: Brenda Venhuizen, Mary Hibbard, Terry Conlin, Theresa Wyckoff, Roberta Zald, Fran Wiecha, Ass't. Coach Mina Sonda
Resumo:
The general objective of this thesis was to stablish protocols to obtain and conserve agouti (Dasyprocta leporina) sperm bred in captivity in the Brazilian semi-arid, aiming its sustainable production. The thesis was divided in three experiments. In the first one, we studied the influence of the interaction between two probes (quadratics and sine waves) and two stimulation protocols (continuous and in series) on the agouti sperm collection by electroejaculation efficiency. The most efficient interaction on this obtainment was the one with probes with rings associated with stimuli in series (4/7; 57%, P<0.05). In the second experiment we compared the cryoprotectant effects of different substances (glycerol, ethyleneglycol, dimethylsulfoxide, dimethylformamide) on epididymis sperm cryopreservation. The highest values on motility (39.5±4.6%), vigor (2.9±0.2) and membrane integrity (30.6±4.5%) were observed on the samples cryopreserved using glycerol when compared to those with ethyleneglycol and dimethylformamide, but there was no difference (P>0.05) when compared to the samples cryopreserved with dimethylsulfoxide. At last, we studied the effects of the methods to obtain sperm (electroejaculation vs epididymal collection) on post thawing sperm quality. The samples obtained by epididymal retrograde flushing showed values for motility of 25.0±10.9% and vigor 2.4±0.8, and those obtained by electroejaculation had 31.2±14.2% of motility and vigor of 2.2±0.7, however, without statistical difference (P>0.05), which shows the possibility to successfully use the epididymal sperm cryopreservation protocol on agouti ejaculated sperm. In conclusion, significant advances on obtainment and processing of agouti sperm were made, allowing the establishment of germplasm banks from sperm samples obtained from the epididymis or by electroejaculation.