942 resultados para Società degli amatori e cultori di belle arti
Resumo:
Inizialmente teorizzato a partire dall’osservazione degli animali negli studi di etologia di fine Ottocento, il mimetismo si è sviluppato come tekné in una interessante sinergia fra pratica artistica e necessità militare in occasione dei due conflitti mondiali. Attraverso una lettura critica dei testi di Roger Caillois e di Georges Bataille, questa ricerca posiziona il mimetismo nell’ambito della teoria della antivisione e lo inserisce all’interno del discorso anti-oculocentrico che scorre nei canali sotterranei dell’arte del Novecento. Il mimetismo destabilizza il dogma modernista della visualità pura operando un oltrepassamento dei confini identitari e il collasso della logica binaria dell’estetica occidentale fondata sulla opposizione fra soggetto e oggetto, interiorità ed esteriorità, corpo e ambiente. Articolato in tre diverse declinazioni del fare artistico - il paradigma spaziale, il paradigma aptico e il paradigma performativo – il mimetismo veicola un tipo di “presenza” che mette in gioco il corpo ed il contesto extracorporeo in un recupero estetico del valore fenomenologico dell’essere al mondo.
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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.
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La dottrina classica inquadra la problematica definitoria relativa all’atto confermativo nell’ambito dell’analisi ermeneutica dell’istituto della conferma nelle due specie ossia la conferma propria e la conferma impropria chiamata o atto confermativo. Si avverte in particolare che la nozione di atto confermativo sia stata elaborata al fine di impedire l’elusione dell’inoppugnabilità del provvedimento amministrativo: qualora, infatti, sia inutilmente spirato il termine impugnatorio se la parte volesse tentare di recuperarlo potrebbe proporre all’amministrazione una domanda di riesame al fine di ottenere un provvedimento di conferma da impugnare, quindi, nei termini. Se in tale caso l’amministrazione anziché pronunciarsi con autonoma decisione e valutazione sia pure di conferma si limiti a rispondere di aver già provveduto, tale atto dell’amministrazione si qualifica come una conferma impropria e come tale non è impugnabile in quanto non contiene alcun nuovo provvedimento. L’indagine degli orientamenti dottrinali suggerisce, inoltre, di verificare in concreto l’aspetto confermativo del provvedimento e degli atti aventi carattere confermativo; questa prospettiva chiaramente non può prescindere dall’inquadramento degli atti di conferma nell’ambito procedimenti di riesame. Approfonditi gli aspetti classificatori, si è proceduto all’indagine degli aspetti critici collegati alla natura dell’atto confermativo con particolare riferimento all’obbligo di provvedere alla luce del mutato rapporto tra privati e pubblica amministrazione confrontando orientamenti dottrinali e pronunce giurisprudenziali. Il percorso di ricerca si è poi soffermato sull’analisi degli orientamenti in materia di autotutela e di riesame in generale al fine di offrire il quadro interpretativo generale per poi approfondire gli orientamenti più recenti in tema di procedimento amministrativo alla luce delle ultime modifiche legislative. Tale quadro ha consentito di aprire l’ambito di riflessione sul concetto e sull’operatività degli atti conferma. Infine, sono stati considerati più approfonditamente alcuni procedimenti che potessero costituire un’applicazione concreta degli strumenti interpretativi suggeriti da dottrina e giurisprudenza. Si è fatto particolare riferimento, infatti, alle problematiche applicative del concetto di atto confermativo nelle ipotesi di ricorso amministrativo, silenzio e dichiarazione di inizio attività, oggi segnalazione certificata di inizio attività. Nel capitolo dedicato alle conclusioni si è cercato di evidenziare quanto gli approdi ermeneutici in tema di procedimento e provvedimento di secondo grado e di autotutela siano di imprescindibile riferimento per risolvere i nodi interpretativi nelle ipotesi di concreta applicazione del concetto di atto confermativo. Infine, si è avuto modo di seguire il percorso interpretativo che considera gli aspetti relativi alle decisioni amministrative che possano presentare carattere confermativo ed atti che provvedimenti non sono, ma che sono sempre espressione dell’attività discrezionale della pubblica amministrazione, nella loro rilevanza sotto il profilo procedurale e sostanziale.
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Gli strumenti chirurgici sono importanti “devices” utilizzati come supporto indi-spensabile nella cura di pazienti negli ospedali. Essi sono caratterizzati da un intero ciclo di vita che inizia convenzionalmente nello “Store”, dove gli strumenti sterilizzati sono prelevati per essere utilizzati all’interno delle sale operatorie, e termina nuovamente nello “Store”, dove gli strumenti vengono immagazzinati per essere riutilizzati in un nuovo ciclo. Può accadere che le singole fasi del ciclo subiscano ritardi rispetto ai tempi previ-sti, non assicurando, pertanto, nelle sale operatorie, il corretto numero degli stru-menti secondo i tempi programmati. Il progetto che vado ad illustrare ha come obiettivo l’ottimizzazione del ciclo degli strumenti chirurgici all’interno di un nuovo ospedale, applicando i principi della Lean philosophy ed in particolare i metodi: “Poke Yoke, 5S e tracciabilità”. Per raggiungere tale scopo, il progetto è stato articolato come segue. In un primo momento si è osservato l’intero ciclo di vita degli strumenti nei due principali ospedali di Copenhagen (Hervel e Gentofte hospital). Ciò ha permesso di rilevare gli steps del ciclo, nonché di riscontrare sul campo i principali problemi relativi al ciclo stesso quali: bassa flessiblità, decentramento dei differenti reparti di cleaning e di store rispetto alle operation theatres ed un problema nel solleva-mento degli strumenti pesanti. Raccolte le dovute informazioni, si è passati alla fase sperimentale, in cui sono stati mappati due cicli di vita differenti, utilizzando tre strumenti di analisi: • Idef0 che consente di avere una visione gerarchica del ciclo; • Value stream Mapping che permette di evidenziare i principali sprechi del ciclo; • Simulator Tecnomatix che favorisce un punto di vista dinamico dell’analisi. Il primo ciclo mappato è stato creato con il solo scopo di mettere in risalto gli steps del ciclo e alcuni problemi rincontrati all’interno degli ospedali visitati. Il secondo ciclo, invece, è stato creato in ottica Lean al fine di risolvere alcuni tra i principali problemi riscontrati nei due ospedali e ottimizzare il primo ciclo. Si ricordi, infatti, che nel secondo ciclo le principali innovazioni introdotte sono state: l’utilizzo del Barcode e Rfid Tag per identificare e tracciare la posizione degli items, l’uso di un “Automatic and Retrievial Store” per minimizzare i tempi di inserimento e prelievo degli items e infine l’utilizzo di tre tipologie di carrello, per consentire un flessibile servizio di cura. Inoltre sono state proposte delle solu-zioni “Poke-Yoke” per risolvere alcuni problemi manuali degli ospedali. Per evidenziare il vantaggio del secondo ciclo di strumenti, è stato preso in consi-derazione il parametro “Lead time”e le due simulazioni, precedentemente create, sono state confrontate. Tale confronto ha evidenziato una radicale riduzione dei tempi (nonché dei costi associati) della nuova soluzione rispetto alla prima. Alla presente segue la trattazione in lingua inglese degli argomenti oggetto di ri-cerca. Buona lettura.
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La presente tesi è dedicata al riuso nel software. Eccettuata un'introduzione organica al tema, l'analisi è a livello dei meccanismi offerti dai linguaggi di programmazione e delle tecniche di sviluppo, con speciale attenzione rivolta al tema della concorrenza. Il primo capitolo fornisce un quadro generale nel quale il riuso del software è descritto, assieme alle ragioni che ne determinano l'importanza e ai punti cruciali relativi alla sua attuazione. Si individuano diversi livelli di riuso sulla base dell'astrazione e degli artefatti in gioco, e si sottolinea come i linguaggi contribuiscano alla riusabilità e alla realizzazione del riuso. In seguito, viene esplorato, con esempi di codice, il supporto al riuso da parte del paradigma ad oggetti, in termini di incapsulamento, ereditarietà, polimorfismo, composizione. La trattazione prosegue analizzando differenti feature – tipizzazione, interfacce, mixin, generics – offerte da vari linguaggi di programmazione, mostrando come esse intervengano sulla riusabilità dei componenti software. A chiudere il capitolo, qualche parola contestualizzata sull'inversione di controllo, la programmazione orientata agli aspetti, e il meccanismo della delega. Il secondo capitolo abbraccia il tema della concorrenza. Dopo aver introdotto l'argomento, vengono approfonditi alcuni significativi modelli di concorrenza: programmazione multi-threaded, task nel linguaggio Ada, SCOOP, modello ad Attori. Essi vengono descritti negli elementi fondamentali e ne vengono evidenziati gli aspetti cruciali in termini di contributo al riuso, con esempi di codice. Relativamente al modello ad Attori, viene presentata la sua implementazione in Scala/Akka come caso studio. Infine, viene esaminato il problema dell'inheritance anomaly, sulla base di esempi e delle tre classi principali di anomalia, e si analizza la suscettibilità del supporto di concorrenza di Scala/Akka a riscontrare tali problemi. Inoltre, in questo capitolo si nota come alcuni aspetti relativi al binomio riuso/concorrenza, tra cui il significato profondo dello stesso, non siano ancora stati adeguatamente affrontati dalla comunità informatica. Il terzo e ultimo capitolo esordisce con una panoramica dell'agent-oriented programming, prendendo il linguaggio simpAL come riferimento. In seguito, si prova ad estendere al caso degli agenti la nozione di riuso approfondita nei capitoli precedenti.
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We aimed to evaluate the role of anti-TNF-alpha therapy with infliximab and adalimumab in a cohort of pediatric patients followed by our Center from 2002 to 2012. The cohort of patients examined consisted of 40 patients: 34 with Crohn disease (85%), 5 with ulcerative colitis (12.5%), one with chronic pouchitis after IPAA for ulcerative colitis (2.5%). All patients were treated with the anti-TNF-α biologic agents infliximab and adalimumab. Thirty-six received infliximab therapy: 19/36 received only infliximab, 17/36 received infliximab and then adalimumab due to loss of response to infliximab and steroid dependency; 4 patients received only adalimumab (infliximab-naïve). Anti-TNF treatment was started before 18 years of age in 34 patients: 29 received infliximab and 5 started adalimumab during childhood. Medical charts were reviewed and safety and efficacy of anti-TNF-alpha have been determined in this population.
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Oggetto della tesi di laurea è la riqualificazione energetica e funzionale dell’ex asilo Santarelli a Forlì. Il complesso sorge su un area al margine del tracciato delle mura storiche della città dove erano collocati gli orti medievali. Promosso dalla collettività e da numerosi enti caritatevoli come primo asilo laico della città, l’edificio venne progettato nel 1934 dall’ing Guido Savini, secondo i caratteri stilistici e compositivi dell’architettura razionalista e inaugurato da donna Rachele Mussolini nel 1937. L’edificio, di proprietà dell’O.A.S.I. A.S.P., ha svolto la sua attività educativa fino alla sua chiusura avvenuta a giugno 2012, a causa degli gli elevati costi di gestione e per l’inidoneità della struttura alle attuali necessità. L’amministrazione comunale ha manifestato l’intenzione di recuperare l’immobile, soggetto al parere della soprintendenza, prevedendo di ospitare nuove funzioni didattiche, a conferma della sua destinazione storica, ma organizzate in base alle esigenze attuali, secondo il principio dell’economicità. Dalle analisi urbane è emerso che il quartiere dispone di servizi quali il museo San Domenico, la casa di riposo e il parco Franco Agosto, ma che al contempo la sua posizione marginale e la struttura della viabilità lo rendono un punto di passaggio automobilistico tra la periferia e il centro storico. Per la formulazione di un programma funzionale si è condotta un’indagine sia sugli attuali servizi didattici che gli indirizzi di sviluppo sociale offerti dall’amministrazione, ha fatto emergere una carenza degli spazi verdi all’interno delle scuole e la presenza di un programma di sviluppo degli orti urbani nelle aree di proprietà comunali. Al fine di rispondere alle esigenze della pubblica amministrazione si è deciso di formulare una proposta di intervento su due livelli. Il primo mediante una ridefinizione fisica del rapporto tra l’edificio, il quartiere e il sistema della mobilità. Il secondo attraverso una proposta funzionale che potesse coinvolgere non solo gli studenti ma tutta la cittadinanza. Per la ridefinizione del rapporto tra l’edificio e il quartiere si è deciso di eliminare l’isolamento dell’edificio imposto dalla recinzione esistente, mediante la 8 realizzazione di nuovi varchi di accesso. Diventa così possibile proporre un nuovo percorso pedonale inserito all’interno dell’area verde dell’edificio. In prossimità dell’accesso su via Val Verde, è stato realizzato un ambiente filtro a relazione tra la città e il verde privato.Per migliorare l’accessibilità, favorire il coinvolgimento del pubblico e promuovere l’interazione con le aree verdi circostanti, si sono definiti dei concetti chiave: chiusura, connessione tra le preesistenze, varco, permeabilità visiva, organicità. La tensostruttura, caratteristica per sua flessibilità, leggerezza e trasparenza, è stato l’elemento scelto per rispondere alle esigenze, permettendo al contempo di distinguere l’intervento dalle preesistenze. Il nuovo programma funzionale suddivide l’edificio in tre zone autonome, così da affiancare alla didattica, una zona pubblica per offrire uno spazio a disposizione della comunità e una commerciale per garantire una quota di risorse finanziarie alla gestione dell’immobile. Nello specifico, la didattica è stata specializzata per l‘insegnamento dell’orticultura, al fine di promuovere l’educazione della sostenibilità ambientale, la valorizzazione degli spazi verdi e la promozione dei prodotti del territorio. L’ispirazione scaturisce dal primo orto didattico nato in America a metà degli anni ‘90 ad opera dello chef Alice Waters, precursore degli attuali sviluppi didattici e sociali all’interno delle scuole. Il recupero di alcune funzioni originali ha favorito la tripartizione dell’edificio, inoltre la disponibilità di più accessi esistenti ha garantito la possibilità di rendere autonoma le tre zone. Le aule sono state collegate direttamente con l’esterno ed il problema del dislivello con il giardino, è stato risolto realizzando un porticato coperto, che dilata lo spazio didattico sull’esterno. Il solarium, nonostante fosse abbandonato da anni, grazie alla sua posizione privilegiata per l’osservazione del parco e della città è stato recuperando inserendolo come nuovo punto di sosta nel sistema dei percorsi pubblici. Per questo è stato necessario progettare un corpo scale esterno per rendere accessibile ed autonomo l’ambiente. L’ultimo aspetto affrontato è l’intervento di retrofit energetico, pensato in varie fasi per essere il meno invasivo possibile sull’immobile, prevede l’installazione di un sistema di ventilazione meccanica, un isolamento termico interno di 10cm in lana di roccia montata 9 meccanicamente e la sostituzione di tutti gli infissi non originali con soluzioni più performanti. Per raggiungere la classe A è stato necessario intervenire anche sugli impianti, introducendo un sistema autonomo per la zona commerciale e la sostituzione di tutti i terminali radianti. Considerando l’elevato fabbisogno di energia primaria si è integrata una parte questa mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili quali fotovoltaico e solare termico. patrimonio storico, adattandolo alle nuove necessità e dimostrando come sia possibile la trasformazione di un edificio fortemente energivoro in una con ridotto fabbisogno energetico senza stravolgere la struttura e aggiungendo qualità e valore.
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Il lavoro è dedicato all'analisi fisica e alla modellizzazione dello strato limite atmosferico in condizioni stabili. L'obiettivo principale è quello di migliorare i modelli di parametrizzazione della turbulenza attualmente utilizzati dai modelli meteorologici a grande scala. Questi modelli di parametrizzazione della turbolenza consistono nell' esprimere gli stress di Reynolds come funzioni dei campi medi (componenti orizzontali della velocità e temperatura potenziale) usando delle chiusure. La maggior parte delle chiusure sono state sviluppate per i casi quasi-neutrali, e la difficoltà è trattare l'effetto della stabilità in modo rigoroso. Studieremo in dettaglio due differenti modelli di chiusura della turbolenza per lo strato limite stabile basati su assunzioni diverse: uno schema TKE-l (Mellor-Yamada,1982), che è usato nel modello di previsione BOLAM (Bologna Limited Area Model), e uno schema sviluppato recentemente da Mauritsen et al. (2007). Le assunzioni delle chiusure dei due schemi sono analizzate con dati sperimentali provenienti dalla torre di Cabauw in Olanda e dal sito CIBA in Spagna. Questi schemi di parametrizzazione della turbolenza sono quindi inseriti all'interno di un modello colonnare dello strato limite atmosferico, per testare le loro predizioni senza influenze esterne. Il confronto tra i differenti schemi è effettuato su un caso ben documentato in letteratura, il "GABLS1". Per confermare la validità delle predizioni, un dataset tridimensionale è creato simulando lo stesso caso GABLS1 con una Large Eddy Simulation. ARPS (Advanced Regional Prediction System) è stato usato per questo scopo. La stratificazione stabile vincola il passo di griglia, poichè la LES deve essere ad una risoluzione abbastanza elevata affinchè le tipiche scale verticali di moto siano correttamente risolte. Il confronto di questo dataset tridimensionale con le predizioni degli schemi turbolenti permettono di proporre un insieme di nuove chiusure atte a migliorare il modello di turbolenza di BOLAM. Il lavoro è stato compiuto all' ISAC-CNR di Bologna e al LEGI di Grenoble.
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Life Cycle Assessment (LCA) is a chain-oriented tool to evaluate the environment performance of products focussing on the entire life cycle of these products: from the extraction of resources, via manufacturing and use, to the final processing of the disposed products. Through all these stages consumption of resources and pollutant releases to air, water, soil are identified and quantified in Life Cycle Inventory (LCI) analysis. Subsequently to the LCI phase follows the Life Cycle Impact Assessment (LCIA) phase; that has the purpose to convert resource consumptions and pollutant releases in environmental impacts. The LCIA aims to model and to evaluate environmental issues, called impact categories. Several reports emphasises the importance of LCA in the field of ENMs. The ENMs offer enormous potential for the development of new products and application. There are however unanswered questions about the impacts of ENMs on human health and the environment. In the last decade the increasing production, use and consumption of nanoproducts, with a consequent release into the environment, has accentuated the obligation to ensure that potential risks are adequately understood to protect both human health and environment. Due to its holistic and comprehensive assessment, LCA is an essential tool evaluate, understand and manage the environmental and health effects of nanotechnology. The evaluation of health and environmental impacts of nanotechnologies, throughout the whole of their life-cycle by using LCA methodology. This is due to the lack of knowledge in relation to risk assessment. In fact, to date, the knowledge on human and environmental exposure to nanomaterials, such ENPs is limited. This bottleneck is reflected into LCA where characterisation models and consequently characterisation factors for ENPs are missed. The PhD project aims to assess limitations and challenges of the freshwater aquatic ecotoxicity potential evaluation in LCIA phase for ENPs and in particular nanoparticles as n-TiO2.
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Attualmente il panorama informatico è dominato dai dispositivi mobile: smartphone e tablet pc dominano incontrastati la scena del mercato elettronico. Questo comporta un radicale ripensamento e cambiamento del software, le web app e le mobile application richiedono infatti una sempre maggiore reattività dell’interfaccia utente, la persistente connessione a Internet e l’interazione con una moltitudine di dispositivi esterni. Il progettista di software deve oggi far fronte a tutta una serie di problematiche, l’aumentata complessità dei sistemi e i sempre più ristretti tempi di sviluppo e consegna richiedono compromessi tra la semplicità delle tecniche di progettazione e l’efficienza del prodotto ottenuto. Le architetture ad eventi in primis, unitamente al paradigma di programmazione asincrona, si pongono come soluzione ottimale a queste esigenze. L’obbiettivo principale di questa tesi è quello di offrire una panoramica generale sullo stato dell’arte delle architetture ad eventi focalizzandosi sul ruolo che esse assumono nel contesto delle applicazioni moderne, intendendo principalmente con questo termine le web application e le mobile application. Partendo dal concetto di programmazione sincrona e parallela si giunge a descrivere un terzo modello, il modello asincrono, di fondamentale importanza per i sistemi event-driven. Utilizzando come principale linguaggio di riferimento JavaScript si affrontano le problematiche legate alla stesura del codice per la gestione degli eventi, l’asincronicità intrinseca degli eventi e l’utilizzo di funzioni di callback portano a produrre codice di difficile lettura e manutenzione. Si analizzano quindi in dettaglio i pattern fondamentali e le tecniche attualmente utilizzate per l’ottimizzazione della gestione del codice e delle problematiche esposte fornendo numerosi esempi esplicativi.
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uesto progetto di tesi ha come obiettivo la creazione di una applicazio- ne mobile collaborativa per il monitoraggio e l’analisi dei viaggi ferroviari. Collaborativa perché per poter adempiere alla sua funzione è necessario che i suoi utilizzatori partecipino attivamente all’accrescimento del database di dati, supponendo che con più dati raccolti sia maggiore l’accuratezza di que- st’ultimi. Sarà un’applicazione di monitoraggio nel senso che di ogni singolo treno verranno presi in esame una serie di aspetti considerati utili ai fini della valutazione della qualità del servizio offerto. Analisi perché, una volta raccolti, questi dati possono essere utilizzati sia da coloro che viaggiano in treno -per decidere se prendere un treno piuttosto che un altro- sia da coloro che gestiscono la rete in modo da stilare delle statistiche o per eseguire degli interventi mirati su di una specifica tratta o anche per potenziare il servizio clienti a bordo del treno.
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Lo scenario di unificazione degli AGN caratterizza le molteplici proprietà di questi oggetti in termini del differente angolo di vista rispetto ad un sistema costituito da un toro oscurante, un disco di accrescimento che alimenta il SMBH e nubi di gas che circondano il buco nero. Circa il 10% degli AGN sono forti sorgenti radio. Questi oggetti, detti AGN Radio-Loud, sono caratterizzati da getti relativistici emessi trasversalmente rispetto al disco di accrescimento e comprendono le radio galassie e i blazar. In accordo con il modello unificato, le radio galassie (MAGN), rappresentano i blazar visti a grandi angoli di inclinazione del getto rispetto alla linea di vista. Nei blazar la radiazione emessa dai getti su scale del pc viene amplificata da effetti relativistici dando origine a spettri piatti con elevata polarizzazione ottica e forte variabilità. Questi oggetti rappresentano le sorgenti più brillanti identificate nel cielo gamma extragalattico. I MAGN, a differenza dei blazar, mostrano spettri ripidi e strutture radio quasi simmetriche. In queste sorgenti, l'effetto del Doppler boosting è meno evidente a causa del grande angolo di inclinazione del getto. In soli 3 mesi di osservazioni scientifiche effettuate con il satellite Fermi è stata rivelata emissione gamma da parte delle radio galassie NGC 1275 e Cen A. I MAGN rappresentano una nuova classe di sorgenti gamma. Tuttavia, il numero di radio galassie rivelate è sorprendentemente piccolo ponendo degli interrogativi sui meccanismi di emissione alle alte energie di questi oggetti. Nel presente lavoro di tesi, si analizzeranno i dati gamma raccolti dal LAT durante i primi 5 anni di osservazioni scientifiche per un campione di 10 radio galassie più brillanti selezionate dai cataloghi B2 e BCS. L'obiettivo principale sarà migliorare la statistica e cercare di comprendere la natura dell'emissione alle alte energie da parte delle radio galassie.
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La ludicizzazione (deriv. Gamification) è l’utilizzo delle dinamiche proprie dei giochi, quali livelli, punti o premi, in contesti che, senza di essa, non avrebbero alcuna caratteristica di tipo ludico. Il suo principale scopo è quello di ridurre la percezione di compiere azioni noiose, routinarie e ripetitive focalizzando l'attenzione sul maggiore coinvolgimento e divertimento degli utenti. Il campo di applicazione della ludicizzazione è potenzialmente sconfinato. Sono numerose le aziende che investono su processi di produzione mirati all'attribuzione di una caratteristica ludica ai propri prodotti, allo scopo di aumentare la soddisfazione e la fedeltà dei clienti finali. In questo senso, anche il settore del turismo ha iniziato ad introdurre strumenti e tecnologie "ludicizzate", in grado di valorizzare maggiormente le risorse monumentali e fornire al turista un'esperienza completamente nuova e rinnovata. Il presente studio analizza in primis gli aspetti fondamentali del processo di ludicizzazione di un generico sistema o prodotto. Nella seconda parte dell'elaborato, invece, viene illustrata l'applicazione di tali principi per la progettazione di un'applicazione Android il cui scopo è fornire una guida interattiva della città di Bologna basata sulla ludicizzazione.
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Architettura e musica. Spazio e tempo. Suono. Esperienza. Queste le parole chiave da cui ha preso avvio la mia ricerca. Tutto è iniziato dall’intuizione dell’esistenza di un legame tra due discipline cui ho dedicato molto tempo e studio, completando due percorsi accademici paralleli, la Facoltà di architettura e il Conservatorio. Dopo un lavoro d’individuazione e analisi degli infiniti spunti di riflessione che il tema offriva, ho focalizzato l’attenzione su uno degli esempi più emblematici di collaborazione tra un architetto e un musicista realizzatasi nel Novecento: Prometeo, tragedia dell’ascolto (1984), composta da Luigi Nono con la collaborazione di Massimo Cacciari e Renzo Piano. Attraverso lo studio di Prometeo ho potuto affrontare la trattazione di molte delle possibili declinazioni del rapporto interdisciplinare tra musica e architettura. La ricerca si è svolta principalmente sullo studio dei materiali conservati presso l’Archivio Luigi Nono e l’archivio della Fondazione Renzo Piano. La tesi è organizzata in tre parti: una prima parte in cui si affronta il tema del ruolo dello spazio nelle opere di Nono precedenti a Prometeo, facendo emergere l’importanza dell’ambiente culturale e sonoro veneziano; una seconda parte in cui si approfondisce il processo compositivo che ha portato alle rappresentazioni di Prometeo a Venezia, Milano e a Parigi; una terza parte in cui si prende in considerazione quanto avvenuto dopo Prometeo e si riflette sui contributi che questa esperienza può portare alla progettazione di spazi per la musica, analizzando diversi allestimenti dell’opera senza arca e prendendo in considerazione i progetti dell’auditorium dell’International Art Village di Akiyoshidai e della sala della nuova Philharmonie di Parigi. Lo studio dell’esperienza di Prometeo ha lo scopo di stimolare la curiosità verso la ricerca e la sperimentazione di quegli infiniti possibili della composizione architettonica e musicale di cui parla Nono.
Resumo:
La ricerca è dedicata a verificare se e come, a livello dell’Unione europea, la lotta alla criminalità (ed in particolare quella organizzata) venga condotta nel rispetto di diritti e libertà fondamentali, e se la cooperazione tra Stati membri su questo fronte possa giungere a promuovere standard omogenei ed elevati di tutela degli stessi. Gli ambiti di cooperazione interessati sono principalmente quello giudiziario in materia penale e quello di polizia, e la ritrosia degli Stati a cedere all’Unione competenze in materia si è accompagnata ad un ritardo ancora maggiore dell’emersione, nell’ambito degli stessi, della dimensione dei diritti. Ciò ha reso molto difficile lo sviluppo completo ed equilibrato di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (art. 67 TFUE). L’assetto istituzionale introdotto dal Trattato di Lisbona e l’attribuzione di valore giuridico vincolante alla Carta hanno però posto le basi per il superamento della condizione precedente, anche grazie al fatto che, negli ambiti richiamati, la salvaguardia dei diritti è divenuta competenza ed obiettivo esplicito dell’Unione. Centrale è per la ricerca la cooperazione giudiziaria in materia penale, che ha visto la ricca produzione normativa di stampo repressivo recentemente bilanciata da interventi del legislatore europeo a finalità garantista e promozionale. L’analisi degli strumenti nella prospettiva indicata all’inizio dell’esposizione è quindi oggetto della prima parte dell’elaborato. La seconda parte affronta invece la cooperazione di polizia e quello degli interventi volti alla confisca dei beni e ad impedire il riciclaggio, misure – queste ultime - di particolare rilievo soprattutto per il contrasto al crimine organizzato. Sottesi all’azione dell’Unione in queste materie sono, in modo preponderante, due diritti: quello alla salvaguardia dei dati personali e quello al rispetto della proprietà privata. Questi, anche in ragione delle peculiarità che li caratterizzano e della loro natura di diritti non assoluti, sono analizzati con particolare attenzione.