1000 resultados para Axial torsion, prove di trazione, prove di torsione


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Questo lavoro ha lo scopo di definire l’influenza del rapporto di aspetto (ovvero il rapporto tra lunghezza del giunto e diametro di accoppiamento) sulla resistenza statica di un adesivo epossidico in temperatura. Sono state eseguite, dunque, prove di accoppiamento e di disaccoppiamento su "pin and collar" fabbricati secondo la norma ISO 10123. Il materiale scelto è l’acciaio con quattro diversi livelli di rapporto di aspetto. La tesi fornisce dettagli sulla procedura sperimentale e sulla metodologia di elaborazione dei risultati, che sono stati analizzati con metodi statistici. Lo studio mira ad evidenziare se il rapporto di aspetto ha un effetto significativo sulla resistenza a taglio dell’adesivo alla temperatura di 80°C e, in caso affermativo, a recuperare la relazione tra il rapporto di aspetto e la forza adesiva.

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I giunti ibridi sono impiegati in molte applicazioni meccaniche, avendo molti vantaggi, tra i quali quello di aumentare il carico trasferibile. Ci sono state ricerche in merito, le quali hanno valutato la dipendenza della resistenza a taglio di questi giunti rispetto a numerose variabili. Abbiamo poche informazioni, però, sulla dipendenza rispetto all'ER (Engagement Ratio, rapporto tra lunghezza e diametro di accoppiamento). Con questo lavoro la si vuole studiare nel caso di accoppiamenti con gioco in presenza di adesivo, considerando quattro livelli di ER. Per questo sono state effettuate prove di spiantaggio su pin e collar, dalle quali è risultata la presenza di una possibile dipendenza tra le due grandezze, seppur minima.

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Analisi riguardante la tenacizzazione della matrice di laminati compositi. Lo scopo è quello di aumentare la resistenza alla frattura di modo I e, a tal proposito, sono stati modificati gli interstrati di alcuni provini tramite l’introduzione di strati, di diverso spessore, di nanofibre in polivinilidenfluoruro (PVDF). La valutazione di tale metodo di rinforzo è stata eseguita servendosi di dati ottenuti tramite prove sperimentali svolte in laboratorio direttamente dal sottoscritto, che si è occupato dell’elaborazione dei dati servendosi di tecniche e algoritmi di recente ideazione. La necessità primaria per cui si cerca di rinforzare la matrice risiede nel problema più sentito dei laminati compositi in opera da molto tempo: la delaminazione. Oltre a verificare le proprietà meccaniche dei provini modificati sottoponendoli a test DCB, si è utilizzata una tecnica basata sulle emissioni acustiche per comprendere più approfonditamente l’inizio della delaminazione e i meccanismi di rottura che si verificano durante le prove. Quest’ultimi sono illustrati servendosi di un algoritmo di clustering, detto Fuzzy C-means, tramite il quale è stato possibile identificare ogni segnale come appartenente o meno ad un determinato modo di rottura. I risultati mostrano che il PVDF, applicato nelle modalità esposte, è in grado di aumentare la resistenza alla frattura di modo I divenendo contemporaneamente causa di un diverso modo di propagazione della frattura. Infine l’elaborato presenta alcune micrografie delle superfici di rottura, le quali appoggiano i risultati ottenuti nelle precedenti fasi di analisi.

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Nella presente tesi è stato esaminato il comportamento di un sistema di dissipazione isteretica denominato CSB, costituito da un elemento metallico realizzato partendo da profili di tipo standard, la cui peculiarità consiste nella particolare forma geometrica a boomerang che consente di dimensionare la rigidezza laterale e la forza di snervamento in maniera indipendente. I CSB posso essere utilizzati sia come alternativa ai controventi diagonali tradizionali, sia come sistema resistente alle azioni orizzontali dimensionato per ottenere un comportamento di soft-storey “controllato” (cosiddetto isolamento di piano) nell’ambito della progettazione di tipo PBSD (Performance Based Seismic Design). Il comportamento del dispositivo CSB è stato studiato dapprima attraverso una prima campagna sperimentale che è stata poi validata con l’utilizzo di modelli analitici e numerici.

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Attività sperimentale riguardante lo studio dei materiali compositi, nell’ambito della progettazione a crashworthiness, svolto, tramite test dei provini realizzati nell’attività di tirocinio, presso i laboratori didattici della Scuola di ingegneria e architettura, sede di Forlì. Il lavoro di tesi, si è basato sulla valutazione dell’energia assorbita dai provini in materiale composito, tramite prove quasi-statiche; per questo tipo di prove sono stati utilizzati provini autostabilizzanti, rinforzati in fibra di carbonio e matrice in resina epossidica. Prima di procedere alla sperimentazione, sono stati studiati i risultati ottenuti da precedenti sperimentazioni eseguite da colleghi, per valutare quale fosse la configurazione migliore di provino, in termini di geometria, e trigger, che garantisse elevate energie di assorbimento. Dopo una panoramica dei materiali compositi, con riferimento alle caratteristiche e proprietà, alle diverse tipologie che si possono avere in ambito industriale, è spiegato il concetto di crashworthiness, le varie tipologie di test di impatto e le varie tipologie di rottura alla quale può essere soggetto un provino. Si è di seguito descritto come è stata valutata la scelta del tipo di geometria e del trigger, che sarebbero stati utilizzati per la progettazione del provino, e si è accennato al processo di laminazione svolta presso i laboratori della Scuola per la fabbricazione del provino. Al termine della descrizione dei tester usati per la sperimentazione sono, infine, illustrati i risultati delle prove svolte, con successivi commenti.

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Il materiale composito è entrato nell’ambiente industriale rivoluzionando il concetto di progettazione delle strutture e permettendo il raggiungimento di prestazioni molto più elevate, rispetto ai materiali tradizionali. Infatti, i compositi sono in grado di garantire elevata resistenza e leggerezza, proprietà molto richieste in svariati ambiti industriali. Un suo notevole impiego è riscontrabile nell’industria aeronautica, dove le principali case produttrici di aeromobili hanno investito un apprezzabile quantitativo di risorse economiche nella realizzazione di velivoli con una sempre maggiore percentuale di questo materiale. Il composito, nonostante ci siano testimonianze del suo utilizzo già durante la seconda guerra mondiale, viene tutt’ora ritenuto “nuovo”; questo poiché molte delle sue caratteristiche non sono state ancora esaurientemente analizzate. Le conoscenze ad esso relative presentano ancora, infatti delle lacune, come il loro comportamento a seguito di un impatto. L’obiettivo della presente tesi è quello di indagare, attraverso una campagna sperimentale innovativa, il comportamento del CFRP di fronte a tale problematica, prestando particolare attenzione alla casistica dell’impatto sul bordo. Su tale argomento infatti, non si hanno esempi in letteratura né normative a cui fare riferimento. I campioni, impiegati nel presente studio, sono stati realizzati scegliendo una configurazione cross-ply, che ben si adatta alle successive fasi della campagna. Sui provini ottenuti sono stati eseguiti gli impatti, con l’utilizzo di un pendolo di Charpy, alcuni centrali e altri laterali, con due differenti energie. Questa prima parte della campagna sperimentale è stata svolta presso i laboratori hangar di Forlì, della Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna. La caratterizzazione del materiale è avvenuta mediante prove a compressione. Il processo è stato eseguito per verificare l’influenza che l’impatto genera sulle proprietà meccaniche a compressione. Per poter eseguire una campagna di test ottimale, si è vista necessaria un’attenta analisi delle varie attrezzature utilizzabili per le prove a compressione. La scelta è ricaduta sull’attrezzatura CLC (Combined Loading Compression), la quale è risultata essere la più affidabile e maneggevole per le prove oggetto di studio. La fase relativa allo svolgimento delle prove a compressione è stata eseguita presso i laboratori ENEA di Faenza –Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali Faenza (UTTMATF).

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Metastasi ossee, osteoporosi e traumi sono le cause più comuni di fratture vertebrali che possono portare a conseguenze severe. In particolare, le fratture determinate da patologie e dall’invecchiamento colpiscono soprattutto il tratto toraco-lombare che è quello che sopporta la maggior parte dei carichi. Inoltre, le attività quotidiane inducono dei complessi scenari di carico sulla colonna vertebrale. Pertanto la misura di carichi in vivo ha un grande interesse clinico e biomeccanico dal momento che può essere necessaria per studiare il mal di schiena, le fratture vertebrali, il progetto di impianti, ecc. Tuttavia, le misure in vivo hanno il limite di essere invasive. Invece, le prove sperimentali hanno il vantaggio di essere non invasive, anche se presentano alcune limitazioni intrinseche quali la difficoltà di misurare le tensioni o le deformazioni che non siano sulla superficie delle vertebre e l’aumento della complessità e del costo delle prove nel momento in cui si vogliano fare misurazioni addizionali o sperimentare condizioni diverse. In alternativa, il comportamento meccanico delle strutture ossee può essere investigato con modelli numerici agli elementi finiti validati da prove sperimentali. È in questo contesto che va inserito il presente lavoro. Questa tesi ha lo scopo di cominciare un progetto sulla caratterizzazione biomeccanica di vertebre toraciche e lombari di soggetti affetti da osteoporosi da cui si ricaveranno i dati necessari per validare un modello agli elementi finiti. In particolare, durante i test meccanici si vuole riprodurre la tipica fattura vertebrale causata dall’osteoporosi, l’anterior wedge fracture. Le prove meccaniche sono state eseguite nel Laboratorio di Biomeccanica del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna, mentre il modello agli elementi finiti sarà sviluppato dal Laboratorio di Tecnologia Medica dell’Istituto Ortopedico Rizzoli. Una volta validato, il modello sarà utilizzato per fare simulazioni di rottura in vivo.

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Il presente lavoro di tesi ha l’obiettivo di sviluppare uno strumento di aiuto alla diagnosi tumorale basato sull’analisi dell’impedenza a diverse frequenze. L’impedenza di un tessuto è intesa come l’opposizione che esso offre nell’essere attraversato da un’eccitazione in corrente o in tensione, pertanto lo strumento prevede l’applicazione di una tensione mediante elettrodi e la conseguente lettura della corrente. Da un’analisi delle tecniche utilizzate per individuare l’impedenza si è scelta un’eccitazione sinusoidale e si è quindi progettata una catena analogica di acquisizione del segnale. Si è utilizzato un microcontrollore per l’elaborazione dei dati e per inserire sistemi di controllo nel circuito . Sono stati realizzati inoltre elettrodi ad hoc per lo strumento al fine di soddisfare esigenze di dimensioni e di adattamento al progetto circuitale. Per validare il dispositivo sono state realizzate prove in laboratorio al fine di ricercare l’accuratezza delle misure, inoltre sono previsti dei test sperimentali su pazienti a breve .

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Questo elaborato tratta la convalida di un metodo per l’analisi delle sostanze correlate presenti in un preparato farmaceutico. Il prodotto analizzato è il propranololo HCL 160 mg dose. Le prove sono state effettuate nel laboratorio di controllo qualità della Valpharma International (Pennabilli (RN) Italia). Il metodo studiato era già stato convalidato dalla farmacopea europea, di conseguenza ci si aspettava che risultasse idoneo all’uso per cui è stato creato. Tuttavia le variabili che entrano in gioco durante l’esecuzione di una procedura sono numerose e non tutte prevedibili. Nasce da qui l’esigenza di riconvalidare il metodo anche all’interno dei laboratori aziendali.

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Conoscere dal punto di vista tecnico-costruttivo una costruzione storica è fondamentale per un’attendibile valutazione della sicurezza strutturale attuale e per la scelta di un eventuale ed efficace intervento di miglioramento. Per le strutture di interesse storico appartenenti al patrimonio culturale, ma anche per gli altri edifici, risulta difficile conoscere le origini del manufatto, le modifiche avvenute nel corso del tempo dovute a fenomeni di danneggiamento derivanti dal peggioramento delle condizioni dei materiali e dall’avvenimento di eventi calamitosi a causa della mancanza di documentazione storica. La mia tesi e’ focalizzata su tecniche di indagine non distruttive in modo da migliorare la conoscenza della struttura per poi intervenire in modo corretto. L’obiettivo del lavoro svolto e’ stato indagare il contributo delle indagini sperimentali alla diagnosi di edifici storici, in particolare elementi strutturali lignei e di muratura applicando indagini sperimentali non distruttive. Ho dapprima descritto lo stato dell’arte delle varie prove effettuate attraverso la lettura e il confronto di diversi articoli tecnico-scientifici riportando gli obiettivi, la strumentazione impiegata e i risultati ottenuti dalle diverse prove. Ho poi effettuato uno studio del materiale legno utilizzato per le costruzioni, riportandone la descrizione dal punto di vista strutturale, le caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche, le diverse classificazioni e le fasi di lavorazione. Quindi ho analizzato alcune delle prove non distruttive necessarie per una diagnosi di elementi lignei. Per ogni prova vengono riportate alcune caratteristiche, il principio di funzionamento e la strumentazione utilizzata con eventuali software annessi. Negli ultimi 3 capitoli si procede con l’applicazione sperimentale delle prove in sito o in laboratorio precedentemente descritte, in diversi casi di studio; in particolare 1) l’applicazione della prova di compressione assiale su alcuni provini ricavati da un elemento strutturale in legno antico per ricavare vari parametri fisici e meccanici; 2) lo studio di una capriata di legno presente in laboratorio, recuperata dopo il sisma dell’Emilia del 2012, iniziando dall’ispezione visuale classificazione a vista degli elementi sulla base di quanto riportato nella normativa per poi analizzare i dati delle varie prove non distruttive eseguite. 3) Infine è applicata la prova termografica ad un edificio di interesse storico, come l’ex Monastero di Santa Marta, situato in via S. Vitale a Bologna per indagare la tipologia strutturale, le tecnologie costruttive impiegate nelle varie epoche di questo complesso.

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Studio di un trasformatore trifase ad alta frequenza per convertitori switching con prove a vuoto e cortocircuito tramite simulazione software.

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In questo lavoro analizzeremo la generalizzazione ad oligonucleotidi della seconda regola di Chargaff. Ripercorreremo gli approcci matematico-statistici più significativi per quantificare la simmetria reverse-complement all'interno di sequenze genomiche, presenteremo le prove della trasversalità di tale fenomeno e cercheremo di far luce sulle origini evolutive di questa simmetria nascosta nei nostri geni.

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Tesi volta all'ottimizzazione di un impianto di pirolisi sia dal punto di vista termochimico sia dal punto di vista energetico, caratterizzata dalla parte sperimentale costituita da prove eseguite direttamente sull'impianto.

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Il lavoro di tesi si inquadra nel progetto nazionale di ricerca promosso dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e dall’Istituto di Geofisica e Vulcanologia (INGV), denominato S2-2014/DPC-INGV Constraining observations into seismic hazard. Esso prevede la caratterizzazione geologica e geofisica di 77 stazioni della rete accelerometrica nazionale (RAN) al fine di correggere i dati osservati e le relazioni (leggi di attenuazione dell’accelerazione ecc.) che da essi derivano. Fino ad ora le stazioni sismiche erano state assunte come ubicate su roccia affiorante o su litotipi di altro tipo evinti da carta geologica, senza alcun tipo di verifica diretta. Le 77 stazioni sono state scelte tra quelle che presentavano una storia di operatività di almeno 25 anni. In questo lavoro è stata eseguita la caratterizzazione geologica e geofisica di 5 stazioni, collocate in Emilia-Romagna. Oltre alla caratterizzazione del sottosuolo, abbiamo prestato attenzione alla caratterizzazione dinamica delle strutture che ospitano le stazioni sismiche e alla ricerca di eventuali interazioni tra queste e i sensori accelerometrici, trasmesse attraverso il sottosuolo. Il rilevamento geologico e le prove geofisiche, sismica a stazione singola e array, eseguite nei siti hanno permesso di definire la categoria sismica di sottosuolo secondo l’approccio semplificato proposto dalle NTC (2008). Dallo studio è emerso che il segnale registrato dagli strumenti accelerometrici in quasi tutte le stazioni investigate risente in qualche modo della struttura in cui la stazione sismica è racchiusa (cabina ENEL in muratura, con sviluppo a torre di circa 7-8 m di altezza). Ne segue che i dati registrati da queste stazioni sismiche sopra 3-5 Hz (a seconda della specifica struttura) non sono immediatamente utilizzabili o interpretabili come legati all’effetto del solo sottosuolo o del solo segnale sismico. In essi si accoppia, e spesso come effetto del primo ordine, la vibrazione propria (nei modi fondamentale e superiori, flessionali e torsionali) della struttura.

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Il progetto è il proseguimento di una tesi di laurea1 in cui si è studiato un metodo di analisi della salute della pelle non invasivo. A tale scopo si è approfondito il tema della spettroscopia d'impedenza ed è stato realizzato un sistema per la loro misura. Questo sistema prevede l'utilizzo di una parte analogica formata da un generatore di segnale sinusoidale a frequenza variabile e la circuiteria per estrarre i valori efficaci di tensione e corrente e il valore di fase. La parte digitale, invece, condiziona il segnale del blocco analogico agendo su trimmer digitali, acquisisce i dati e li trasmette tramite la UART. Lo strumento effettuava le misurazioni ed inviava continuamente i dati grezzi al computer, tramite un convertitore UART/USB, risultando poco versatile. L'obiettivo del progetto è realizzare una piattaforma software che comunichi con l'hardware, permettendo la configurazione dello strumento e la manipolazione dei dati grezzi ricevuti, svincolando quindi l'utente dai problemi di basso livello. Si è studiato un protocollo di comunicazione che permette la trasmissione di maggiore informazione e sono stati scelti dei comandi mnemonici che lo strumento possa facilmente interpretare. Il progetto prevede quindi una prima fase di modifica del vecchio firmware, in modo che il microcontrollore possa leggere e comprendere i dati ricevuti tramite la UART. Nella seconda fase si è sviluppato il software utilizzando il linguaggio di programmazione Java. Lo sviluppo comprende lo studio delle librerie grafiche offerte da JavaFX (soprattutto per la rappresentazione dei dati grezzi in grafici a due assi), di un metodo di gestione e salvataggio su disco delle impostazioni del sistema, della comunicazione seriale e infine del sistema software nella sua completezza. Alcune prove sperimentali sono infine state svolte per verificare la funzionalità dei due sistemi, firmware e software.