929 resultados para teorema della divergenza identità di Green funzioni armoniche formule di media teorema di Koebe


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Tra i temi di attualità, quello del risparmio energetico è tra i più dibattuti negli ultimi anni; tale tema è strettamente correlato al problema del riscaldamento globale, infatti, mentre sul prossimo esaurimento delle risorse energetiche tradizionali non vi sono ancora certezze assolute, per quanto riguarda l’azione nociva dei gas serra, la Comunità Scientifica Internazionale si ritrova d’accordo su una netta presa di posizione contro l’emissione di tali sostanze, provocata in larga parte dall’utilizzo dei combustibili fossili. In questo contesto, l’Unione Europea sta promuovendo la diffusione di tecnologie che non prevedano l’utilizzo di gas, petrolio o carbone, soprattutto per il settore dell’edilizia, ove una corretta progettazione e l’utilizzo di tecnologie non convenzionali può portare alla riduzione anche dell’80% dei consumi, con conseguente abbattimento delle emissioni. Tra questi interventi innovativi, il più comune e conosciuto è sicuramente quello del solare termico e fotovoltaico; ma ne esistono anche di altri, ancora non molto pubblicizzati in Italia, ma ampiamente conosciuti e utilizzati in altri paesi dell’Unione. Tra questi, vi è il sistema di riscaldamento analizzato in questa tesi: la pompa di calore geotermica. Tale sistema, come verrà spiegato nell’elaborato di laurea, ha indubbi vantaggi economici, energetici ed ambientali, a fronte di una non trascurabile spesa iniziale. Attualmente, nel Nord Italia, si incominciano a vedere impianti di questo tipo, sulla scia del successo riscontrato nei paesi confinanti (in particolare Austria e Svizzera). La progettazione si basa attualmente su modelli statici, sviluppati dall’Università Svizzera del Canton Ticino, per l’utilizzo della pompa di calore nel territorio alpino. Obiettivo della tesi, è la verifica di tali modelli, di cui si è venuto a conoscenza grazie alla collaborazione con l’Università SUPSI, sulle condizioni idrogeologiche della Pianura Padana, soffermandosi su alcuni parametri fondamentali della progettazione di una pompa di calore geotermica, quali la conduttività e la capacità termica volumetrica dei terreni incontrati, la presenza di falde, ed i parametri geometrici del pozzo, al fine di dare una valutazione tecnica ed economica dell’impianto. Tali analisi è stata infatti fino ad ora affrontata in maniera sommaria dai perforatori, che eseguono generalmente sempre lo stesso modello di pozzo geotermico, sulla base degli esempi consolidati di Svizzera e Germania. Alcune misure di temperatura in situ sono state rilevate in collaborazione con la società Geotermia SRL di Mantova, ditta specializzata nella perforazione di pozzi geotermici (tale esperienza è parte centrale dell’estratto “Laboratorio di Tesi Ls”), mentre la parte modellistica della tesi è stata sviluppata in collaborazione con lo studio di progettazione Studio Seta SRL di Faenza, il cui stabile è climatizzato in parte con una pompa di calore geotermica.

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Il presente elaborato è stato finalizzato allo sviluppo di un processo di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU oppure, in lingua inglese OFMSW, Organic Fraction of Municipal Solid Waste) provenienti da raccolta indifferenziata e conseguente produzione di biogas da impiegarsi per il recupero energetico. Questo lavoro rientra nell’ambito di un progetto, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna attraverso il Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT), sviluppato dal Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali (DICASM) dell’Università di Bologna in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Ferrara e con la società Recupera s.r.l. che applicherà il processo nell’impianto pilota realizzato presso il proprio sito di biostabilizzazione e compostaggio ad Ostellato (FE). L’obiettivo è stato la verifica della possibilità di impiegare la frazione organica dei rifiuti indifferenziati per la produzione di biogas, e in particolare di metano, attraverso un processo di digestione anaerobica previo trattamento chimico oppure in codigestione con altri substrati organici facilmente fermentabili. E’ stata inoltre studiata la possibilità di impiego di reattori con biomassa adesa per migliorare la produzione specifica di metano e diminuire la lag phase. Dalla sperimentazione si può concludere che è possibile giungere allo sviluppo di metano dalla purea codigerendola assieme a refluo zootecnico. Per ottenere però produzioni significative la quantità di solidi volatili apportati dal rifiuto non deve superare il 50% dei solidi volatili complessivi. Viceversa, l’addizione di solfuri alla sola purea si è dimostrata ininfluente nel tentativo di sottrarre gli agenti inibitori della metanogenesi. Inoltre, l’impiego di supporti di riempimento lavorando attraverso processi batch sequenziali permette di eliminare, nei cicli successivi al primo, la lag phase dei batteri metanogeni ed incrementare la produzione specifica di metano.

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Nel presente lavoro di tesi sono state messe a confronto le ATP sintasi wild-type e γM23-K in cromatofori del batterio fotosintetico Rhodobacter capsulatus sotto gli aspetti funzionale e regolatorio. Si pensava inizialmente che la mutazione, in base a studi riportati in letteratura condotti sull’omologa mutazione in E. coli, avrebbe indotto disaccoppiamento intrinseco nell’enzima. Il presente lavoro ha chiarito che il principale effetto della mutazione è un significativo aumento dell’affinità dell’enzima per l’ADP inibitorio, che ne determina il ridotto livello di ATP idrolisi e la rapidissima reinattivazione in seguito ad attivazione da forza protonmotiva. Il residuo 23 della subunità γ si trova posizionato in prossimità della regione conservata DEELSED carica negativamente della subunità β, e l’introduzione nel mutante di una ulteriore carica positiva potrebbe determinare una maggiore richiesta di energia per indurre l’apertura del sito catalitico. Un’analisi quantitativa dei dati di proton pumping condotta mediante inibizione parziale dell’idrolisi del wildtype ha inoltre mostrato come il grado di accoppiamento del mutante in condizioni standard non differisca sostanzialmente da quello del wild-type. D’altro canto, è stato recentemente osservato come un disaccoppiamento intrinseco possa venire osservato in condizioni opportune anche nel wild-type, e cioè a basse concentrazioni di ADP e Pi. Nel presente lavoro di tesi si è dimostrato come nel mutante l’osservazione del fenomeno del disaccoppiamento intrinseco sia facilitata rispetto al wild-type. È stato proprio nell’ambito delle misure condotte sul mutante che è stato possibile dimostrare per la prima volta il ruolo fondamentale della componente elettrica della forza protonmotiva nel mantenere lo stato enzimatico ad elevato accoppiamento. Tale ruolo è stato successivamente messo in luce anche nel wild-type, in parte anche grazie all’uso di inibitori specifici di F1 e di FO. Il disaccoppiamento intrinseco nel wild-type è stato ulteriormente esaminato anche nella sua dipendenza dalla rimozione di ADP e Pi; in particolare, oltre all’amina fluorescente ACMA, è stata utilizzata come sonda di ΔpH anche la 9-aminoacridina e come sonda di Δψ l’Oxonolo VI. In entrambi i casi il ruolo accoppiante di questi due ligandi è stato confermato, inoltre utilizzando la 9-aminoacridina è stato possibile calibrare il segnale di fluorescenza con salti acido-base, dando quindi una base quantitativa ai dati ottenuti. Noi riteniamo che il più probabile candidato strutturale coinvolto in questi cambiamenti di stato enzimatici sia la subunità ε, di cui è noto il coinvolgimento in processi di regolazione e in cambiamenti strutturali indotti da nucleotidi e dalla forza protonmotiva. In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Fisica dell’Università di Friburgo è in atto un progetto per studiare i cambiamenti strutturali presumibilmente associati al disaccoppiamento intrinseco tramite FRET in singola molecola di complessi ATP-sintasici marcati con fluorofori sia sulla subunità ε che sulla subunità γ. Nell’ambito di questa tesi sono stati creati a questo fine alcuni doppi mutanti cisteinici ed è stato messo a punto un protocollo per la loro marcatura con sonde fluorescenti.

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The effect of process parameters on the creep-fatigue behavior of a hot-work tool steel for aluminum extrusion die was investigated through a technological test in which the specimen geometry resembled the mandrel of a hollow extrusion die. Tests were performed on a Gleeble thermomechanical simulator by heating the specimen using joule’s effect and by applying cyclic loading up to 6.30 h or till specimen failure. Displacements during the tests at 380, 490, 540 and 580°C and under the average stresses of 400, 600 and 800 MPa were determined. In the first set of test a dwell time of 3 min was introduced during each of the tests to understand the creep behavior. The results showed that the test could indeed physically simulate the cyclic loading on the hollow die during extrusion and reveal all the mechanisms of creep-fatigue interaction. In the second set a pure fatigue laod were induced and in the third set a static creep load were induced in the specimens. Furher type of tests, finite element and microstructural analysis were presented.

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Tuber borchii (Ascomycota, order Pezizales) is highly valued truffle sold in local markets in Italy. Despite its economic importance, knowledge on its distribution and population variation is scarce. The objective of this work was to investigate the evolutionary forces shaping the genetic structure of this fungus using coalescent and phylogenetic methods to reconstruct the evolutionary history of populations in Italy. To assess population structure, 61 specimens were collected from 11 different Provinces of Italy. Sampling was stratified across hosts and habitats to maximize coverage in native oak and pine stands and both mychorrizae and fruiting bodies were collected. Samples were identified considering anatomo-morphological characters. DNA was extracted and both multilocus (AFLP) and single-locus (18 loci from rDNA, nDNA, and mtDNA) approaches were used to look for polymorphisms. Screening AFLP profiles, both Jaccard and Dice coefficients of similarity were utilized to transform binary matrix into a distance matrix and then to desume Neighbour-Joining trees. Though these are only preliminary examinations, phylogenetic trees were totally concordant with those deriving from single locus analyses. Phylogenetic analyses of the nuclear loci were performed using maximum likelihood with PAUP and a combined phylogenetic inference, using Bayesian estimation with all nuclear gene regions, was carried out. To reconstruct the evolutionary history, we estimated recurrent migration, migration across the history of the sample, and estimated the mutation and approximate age of mutations in each tree using SNAP Workbench. The combined phylogenetic tree using Bayesian estimation suggests that there are two main haplotypes that are difficult to be differentiated on the basis of morphology, of ecological parameters and symbiontic tree. Between these two lineages, that occur in sympatry within T. borchii populations, there is no evidence of recurrent migration. However, migration over the history of the sample was asymmetrical suggesting that isolation was a result of interrupted gene flow followed by range expansion. Low levels of divergence between the haplotypes indicate that there are likely to be two cryptic species within the T. borchii population sampled. Our results suggest that isolation between populations of T. borchii could have led to reproductive isolation between two lineages. This isolation is likely due to sympatric speciation caused by a multiple colonization from different refugia or a recent isolation. In attempting to determinate whether these haplotypes represent separate species or a partition of the same species we applied Biological and Mechanistic species Concepts. Notwithstanding, further analyses are necessary to evaluate if selection favoured premating or post-mating isolation.

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Il testo ripercorre le origini del romanzo poliziesco, la sua struttura, le tecniche narrative utilizzate e l’evoluzione del genere che ha condotto alla nascita del Noir francese e del Noir Mediterraneo. Arrivando ad osservare che per le sue caratteristiche, la letteratura noir in generale presenta specificità di tipo culturale, ambientale e linguistico, che risultano molto evidenti nell’opera di Izzo, si giunge a considerare come sia necessario per il traduttore porsi rispetto all’opera come un antropologo o un etnologo, di farsi cioè interprete di una “cultura”. Nella terza parte del lavoro vengono presentati la Trilogia di Izzo, la struttura narrativa e gli elementi socio-culturali presenti nell’opera. La quarta parte propone le teorie relative sia al problema della traduzione interlinguistica, sia a quello della traduzione intralinguistica e successivamente dopo una analisi della traduzione italiana dei testi, presenta, in appendice, una possibile traduzione del prologo di Total Khéops, inteso come sintesi delle caratteristiche narrative e culturali dell’autore. La parte conclusiva di questo lavoro riguarda la traduzione intercodica e, seguendo la linea di pensiero che ha governato l’analisi della Trilogia vengono presi in esame e messi a confronto col testo narrativo alcuni dialoghi significativi dell’adattamento per la televisione.