977 resultados para sversamenti, rilasci, mare, olio, petrolio, idrocarburi, rischio, contaminazione ambientale
Resumo:
Simulazione di dispersioni di petrolio in mare tramite software specialistico
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L’elaborato di Tesi esamina gli strumenti proposti nella letteratura tecnica per effettuare un’analisi di rischio di incidente rilevante per le acque superficiali. In Italia, nel 1988, è stata introdotta una normativa apposita per la prevenzione dei grandi rischi industriali, che definisce l’indicente rilevante come: “un evento quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento e che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose”. Tuttavia, in mancanza di metodologie comprensive per il calcolo del rischio ambientale di incidente rilevante, la normativa italiana richiede di valutare il rischio per l’ambiente solamente in maniera qualitativa. Vengono quindi analizzati in questo elaborato metodi semplificati di valutazione del rischio. Questi metodi sono descritti nel Rapporto ISPRA 2013, che elenca alcune metodologie formulate in ambito europeo e propone un nuovo metodo a indici, utilizzabile per una valutazione preliminare di analisi di rischio per i siti del territorio nazionale. In particolare, in questo elaborato vengono illustrati nel dettaglio: il metodo proposto dal predetto Rapporto, basato sull’Indice di Propensione al Rilascio di uno stabilimento e sulla sensibilità ambientale dei corpi idrici posti nelle sue immediate vicinanze; e un metodo a indici proposto dalle autorità svedesi, l’Environmental Accident Index, che fornisce un’analisi preliminare del rischio intrinseco di uno stabilimento. Vengono poi presi in rassegna software che implementino modelli di dispersione degli inquinanti in acqua, utilizzabili per la valutazione delle conseguenze ambientali di un rilascio che coinvolga un corpo idrico superficiale. Si analizza nel dettaglio ADIOS 2, software gratuito distribuito dalla National Oceanic and Atmospheric Administration, specifico per la modellazione della dispersione di idrocarburi in mari ed estuari. Per effettuare una validazione delle metodologie sopraelencate, se ne è considerata l’applicazione ad un caso di studio reale, costituito da un deposito costiero di prodotti petroliferi. Innanzitutto si è calcolato per il deposito l’indice EAI; si è poi applicato il metodo qualitativo proposto dal Rapporto ISPRA 2013 e si è effettuata la simulazione di un rilascio di gasolio in acqua con il software ADIOS 2. A conclusione del lavoro svolto è possibile affermare che l’indice EAI non è adatto agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, in quanto è pesato per stoccaggi di sostanze pericolose di piccole dimensioni. Invece, sia il metodo ad indici del Rapporto ISPRA che il software ADIOS 2 sono strumenti utili per una prima valutazione del rischio di contaminazione delle acque superficiali.
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Le ricerche di carattere eustatico, mareografico, climatico, archeologico e geocronologico, sviluppatesi soprattutto nell’ultimo ventennio, hanno messo in evidenza che gran parte delle piane costiere italiane risulta soggetta al rischio di allagamento per ingressione marina dovuta alla risalita relativa del livello medio del mare. Tale rischio è la conseguenza dell’interazione tra la presenza di elementi antropici e fenomeni di diversa natura, spesso difficilmente discriminabili e quantificabili, caratterizzati da magnitudo e velocità molto diverse tra loro. Tra le cause preponderanti che determinano l’ingressione marina possono essere individuati alcuni fenomeni naturali, climatici e geologici, i quali risultano fortemente influenzati dalle attività umane soprattutto a partire dal XX secolo. Tra questi si individuano: - la risalita del livello del mare, principalmente come conseguenza del superamento dell’ultimo acme glaciale e dello scioglimento delle grandi calotte continentali; - la subsidenza. Vaste porzioni delle piane costiere italiane risultano soggette a fenomeni di subsidenza. In certe zone questa assume proporzioni notevoli: per la fascia costiera emiliano-romagnola si registrano ratei compresi tra 1 e 3 cm/anno. Tale subsidenza è spesso il risultato della sovrapposizione tra fenomeni naturali (neotettonica, costipamento di sedimenti, ecc.) e fenomeni indotti dall’uomo (emungimenti delle falde idriche, sfruttamento di giacimenti metaniferi, escavazione di materiali per l’edilizia, ecc.); - terreni ad elevato contenuto organico: la presenza di depositi fortemente costipabili può causare la depressione del piano di campagna come conseguenza di abbassamenti del livello della falda superficiale (per drenaggi, opere di bonifica, emungimenti), dello sviluppo dei processi di ossidazione e decomposizione nei terreni stessi, del costipamento di questi sotto il proprio peso, della carenza di nuovi apporti solidi conseguente alla diminuita frequenza delle esondazioni dei corsi d’acqua; - morfologia: tra i fattori di rischio rientra l’assetto morfologico della piana e, in particolare il tipo di costa (lidi, spiagge, cordoni dunari in smantellamento, ecc. ), la presenza di aree depresse o comunque vicine al livello del mare (fino a 1-2 m s.l.m.), le caratteristiche dei fondali antistanti (batimetria, profilo trasversale, granulometria dei sedimenti, barre sommerse, assenza di barriere biologiche, ecc.); - stato della linea di costa in termini di processi erosivi dovuti ad attività umane (urbanizzazione del litorale, prelievo inerti, costruzione di barriere, ecc.) o alle dinamiche idro-sedimentarie naturali cui risulta soggetta (correnti litoranee, apporti di materiale, ecc. ). Scopo del presente studio è quello di valutare la probabilità di ingressione del mare nel tratto costiero emiliano-romagnolo del Lido delle Nazioni, la velocità di propagazione del fronte d’onda, facendo riferimento allo schema idraulico del crollo di una diga su letto asciutto (problema di Riemann) basato sul metodo delle caratteristiche, e di modellare la propagazione dell’inondazione nell’entroterra, conseguente all’innalzamento del medio mare . Per simulare tale processo è stato utilizzato il complesso codice di calcolo bidimensionale Mike 21. La fase iniziale di tale lavoro ha comportato la raccolta ed elaborazione mediante sistema Arcgis dei dati LIDAR ed idrografici multibeam , grazie ai quali si è provveduto a ricostruire la topo-batimetria di dettaglio della zona esaminata. Nel primo capitolo è stato sviluppato il problema del cambiamento climatico globale in atto e della conseguente variazione del livello marino che, secondo quanto riportato dall’IPCC nel rapporto del 2007, dovrebbe aumentare al 2100 mediamente tra i 28 ed i 43 cm. Nel secondo e terzo capitolo è stata effettuata un’analisi bibliografica delle metodologie per la modellazione della propagazione delle onde a fronte ripido con particolare attenzione ai fenomeni di breaching delle difese rigide ed ambientali. Sono state studiate le fenomenologie che possono inficiare la stabilità dei rilevati arginali, realizzati sia in corrispondenza dei corsi d’acqua, sia in corrispondenza del mare, a discapito della protezione idraulica del territorio ovvero dell’incolumità fisica dell’uomo e dei territori in cui esso vive e produce. In un rilevato arginale, quale che sia la causa innescante la formazione di breccia, la generazione di un’onda di piena conseguente la rottura è sempre determinata da un’azione erosiva (seepage o overtopping) esercitata dall’acqua sui materiali sciolti costituenti il corpo del rilevato. Perciò gran parte dello studio in materia di brecce arginali è incentrato sulla ricostruzione di siffatti eventi di rottura. Nel quarto capitolo è stata calcolata la probabilità, in 5 anni, di avere un allagamento nella zona di interesse e la velocità di propagazione del fronte d’onda. Inoltre è stata effettuata un’analisi delle condizioni meteo marine attuali (clima ondoso, livelli del mare e correnti) al largo della costa emiliano-romagnola, le cui problematiche e linee di intervento per la difesa sono descritte nel quinto capitolo, con particolare riferimento alla costa ferrarese, oggetto negli ultimi anni di continui interventi antropici. Introdotto il sistema Gis e le sue caratteristiche, si è passati a descrivere le varie fasi che hanno permesso di avere in output il file delle coordinate x, y, z dei punti significativi della costa, indispensabili al fine della simulazione Mike 21, le cui proprietà sono sviluppate nel sesto capitolo.
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La Pialassa Baiona è una laguna sottoposta a diversi vincoli normativi, visto il suo inquadramento tra le aree SIC e ZPS, e soggetta a diverse sorgenti di disturbo antropico, più intense negli anni ‘50-‘70. Questa tesi si propone lo scopo di valutare il rischio associato ai metalli bivalenti presenti nei sedimenti della Pialassa Baiona attraverso tre approcci: il primo riguarda la determinazione della frazione biodisponibile dei metalli presenti nei sedimenti attraverso la determinazione dei solfuri acidi volatili (AVS) e dei metalli simultaneamente estraibili (SEM), nonché la valutazione della potenziale tossicità dei sedimenti attraverso la valutazione del rapporto molare SEM/AVS, il secondo approccio considera invece il contenuto pseudo totale dei metalli bivalenti (Cd, Cu, Ni, Pb e Zn) e il loro confronto sia con i valori tipici di fondo naturale del Mar Adriatico che con i valori guida di riferimento internazionale (Threshold Effect Level, TEL e Probable Effect Level, PEL) al fine di valutare lo stato di qualità dei sedimenti della zona d’indagine. Il terzo approccio considera l’influenza del gradiente naturale terra-mare tipico delle zone di transizione e del gradiente antropico legato alla vicinanza dell’area industriale alla Pialassa Baiona, sulla distribuzione spaziale dei metalli oggetto di questo studio. I risultati ottenuti evidenziano che l’area più prossima alla zona industriale e al contempo più lontana dall’effetto del ricambio delle acque e di dilavamento ad opera del mare, è risultata quella con livelli significativamente più elevati per la maggior parte dei metalli analizzati. Questo permette di ipotizzare un’influenza diretta delle sorgenti di inquinanti, ma anche un effetto dispersivo della circolazione. Gli AVS hanno invece evidenziato un gradiente terra-mare; ciò comporta che nelle zone più prossime all’influenza del mare si sono riscontrate concentrazioni minori di AVS. La valutazione della potenziale tossicità dei metalli in termini di rapporto SEM/AVS non ha evidenziato la presenza di siti a rischio per il biota acquatico, se non per un unico sito prossimo all’area industriale.
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La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.
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breve trattato sulle potenzialità presenti e future delle fonti fossili non convenzionali e della loro incidenza sugli scenari energetici futuri.
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Il monitoraggio dei rilasci può essere indoor o outdoor; l’attenzione del presente lavoro è rivolta a sistemi di monitoraggio di gas infiammabili e/o tossici in ambienti esterni di stabilimenti onshore. L’efficacia dei sistemi di Gas Detection è profondamente influenzata dalla disposizione dei sensori nelle aree di rischio. Esistono codici e standard che forniscono informazioni molto dettagliate per la progettazione dei sistemi di Fire Detection e linee guida per la scelta, l’installazione ed il posizionamento ottimale dei sensori di incendio. La stessa affermazione non si può fare per i sistemi di Gas Detection, nonostante dall’individuazione tempestiva di un rilascio dipendano anche le successive azioni antincendio. I primi tentativi di sviluppare linee guida per il posizionamento dei sensori di gas sono stati effettuati per le applicazioni off-shore, dove l’elevato livello di congestione e il valore delle apparecchiature utilizzate richiedono un efficiente sistema di monitoraggio dei rilasci. Per quanto riguarda gli impianti on-shore, i criteri di posizionamento dei rilevatori di gas non sono ufficialmente ed univocamente definiti: il layout dei gas detectors viene in genere stabilito seguendo criteri di sicurezza interni alle compagnie affiancati da norme di “buona tecnica” e regole empiriche. Infatti, nonostante sia impossibile garantire l’individuazione di ogni rilascio, vi sono linee guida che propongono strategie di posizionamento dei gas detectors in grado di massimizzare la probabilità di successo del sistema di monitoraggio. Il presente lavoro è finalizzato alla verifica del corretto posizionamento dei gas detectors installati presso l’impianto pilota SF2 dello stabilimento Basell Poliolefine Italia di Ferrara.
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La foca monaca (Monachus monachus, Hermann 1779) è il pinnipede più a rischio d’estinzione del mondo e pochi sono gli studi che hanno indagato l’impatto antropico dato dagli inquinanti chimici su questa specie. Questo studio si propone di analizzare la pressione che elementi in traccia, organoclorurati (OC) e, per la prima volta, idrocarburi policiclici aromatici (IPA) hanno sulla specie, studiando una della popolazioni più numerose presenti nel Mar Mediterraneo, ossia quella greca. Sono stati utilizzati campioni di 59 esemplari deceduti provenienti da diverse colonie residenti in Grecia, di ambedue i sessi, appartenenti a diverse classi d’età e riferibili ad un arco temporali di quasi 20 anni (1994-2013). Per i contaminanti organici (PCB, DDT ed IPA), caratterizzati da un comportamento lipofilico, sono stati utilizzati esclusivamente campioni di tessuto adiposo, mentre per l’analisi di elementi in traccia (essenziali: Fe, Co, Cu, Se, Zn, Mg; tossici: Cr, Ni, As, Cd, Pb, Hg) sono state impiegate diverse matrici, quali fegato, rene, muscolo, adipe, milza, polmone, cuore e pelo. I risultati evidenziano un’importante contaminazione dai OC (125.896,69±289.934,27 ng/g p.s.), in cui DDT e PCB sono presenti rispettivamente al 48,5% e 51,5%, mentre, tra i metalli considerati tossici (As, Cd, Pb, Hg, Cr, Ni), As e Hg sono gli elementi che destano maggiori preoccupazioni per la salute di Monachus monachus, presenti rispettivamente al 36,44% e 12,83%. IPA ed altri elementi in traccia analizzati invece non raggiungono di per sé concentrazioni di rischio per la specie, ma non si escludono possibili effetti sinergici tra i vari inquinanti. L’elaborazione del fingerprint tossicologico ha evidenziato un’eterogeneità nella pressione data dai contaminanti in studio, manifestando che alcune colonie di foca monaca in Grecia sono maggiormente soggette all’azione negativa di organoclorurati, idrocarburi policiclici aromatici o elementi in traccia tossici a seconda del caso.
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Nell’ambito del tirocinio svolto è stato affrontato lo studio del Progetto di messa in sicurezza e bonifica della Raffineria ISAB IMP. SUD, attiva nel SIN di Priolo Gargallo. In particolare lo studio ha visto il Monitoraggio Annuale delle acquee sotterranee. Il lavoro è stato articolato nelle seguenti fasi: Lo studio del Progetto di messa in sicurezza e bonifica dell’area Il campionamento delle acque attraverso sopralluoghi in campo Le analisi in laboratorio La validazione dei dati ottenuti La stesura della relazione tecnica relativamente ai dati validati, trasmessa all’azienda e agli enti competenti Il campionamento, che avviene attraverso un piezometro, prevede: Inizialmente la misura del livello statico della falda tramite freatimetro Segue la fase di spurgo, fin quando non si ha la stabilizzazione dei parametri quali pE, pH, temperatura, conducibilità elettrica, ecc… misurati in continuo tramite una sonda multiparametrica accoppiata alla cella di flusso Infine si campiona. In laboratorio sono state applicate le seguenti tecniche per l’analisi degli inquinanti definiti dal D.L.152/06: VOC e IPA; Analisi svolte secondo le metodiche ufficiali EPA 8260B e EPA 8272 Metalli; EPA 6020 a Idrocarburi; UNI EN ISO 9377-2/2002 (fraz. C10-C40). La validazione dei dati ha visto in particolare l’elaborazione dei risultati attraverso il confronto, per ogni parametro, tra i dati forniti dall’Azienda e i risultati delle analisi compiute dall’ARPA. Inerentemente al seguente studio è stata condotta, sulla base dei risultati delle diverse fasi di indagine ambientale svolte dall’azienda, l’analisi di rischio sito-specifica utilizzando il software RiskNet.
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Il 17 agosto 1999 un violento terremoto di Mw 7,4 (terremoto di Izmit) ha interessato l’area del Golfo di Izmit, dove il segmento settentrionale della Faglia Nord-Anatolica (FNA) entra nel Mare di Marmara. Oltre a causare enormi danni e un numero di vittime altissimo (oltre 20000), la dislocazione orizzontale di oltre 5 metri in prossimità dell’epicentro ha caricato tettonicamente il segmento della FNA verso Istanbul. Da qui, l’importanza di un modello geologico-strutturale condiviso dalla comunità scientifica per questo ramo della Faglia Nord Anatolica, per la formulazione dei modelli di stima del rischio sismico in una zona della Turchia molto densamente popolata (oltre 12 milioni di persone). I numerosi studi di geologia e geofisica marina condotti nel Golfo di Izmit e più in generale nel Mare di Marmara, hanno avuto un grosso impulso in concomitanza del terremoto del 1999 e negli anni successivi, quando il Mare di Marmara è stato inserito tra i siti di importanza strategica. Nonostante la grande mole di dati raccolti e le pubblicazioni di lavori importanti che hanno contribuito a portare nuova luce sulla geologia di questo territorio complesso, permangono ancora incertezze e controversie sui rapporti le tra la formazione del bacino di Marmara e la FNA. Questo lavoro di tesi ha lo scopo di esaminare la cinematica della FNA nell’area del Mare di Marmara, in generale, ed in particolare lungo i vari bacini allineati lungo il ramo settentrionale: da Est verso Ovest, il Bacino di Cinarcik, il Bacino di Kumburgaz, il Bacino Centrale ed il Bacino di Tekirdag. Analizzeremo la natura e il grado di attività dei segmenti individuati da zone di trasferimento (bending o overstep) e tenteremo di cartografare la geometria, lo stile strutturale e la lunghezza di ciascun segmento, per effettuare una stima del potenziale sismogenetico di ciascun ramo utilizzando relazioni empiriche.
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Argomento del lavoro è stato lo studio di problemi legati alla Flow-Asurance. In particolare, si focalizza su due aspetti: i) una valutazione comparativa delle diverse equazioni di stato implementate nel simulatore multifase OLGA, per valutare quella che porta a risultati più conservativi; ii) l’analisi della formazione di idrati, all’interno di sistemi caratterizzati dalla presenza di gas ed acqua. Il primo argomento di studio nasce dal fatto che per garantire continuità del flusso è necessario conoscere il comportamento volumetrico del fluido all’interno delle pipelines. Per effettuare tali studi, la Flow-Assurance si basa sulle Equazioni di Stato cubiche. In particolare, sono state confrontate: -L’equazione di Soave-Redlich-Kwong; -L’equazione di Peng-Robinson; -L’equazione di Peng-Robinson modificata da Peneloux. Sono stati analizzati 4 fluidi idrocarburici (2 multifase, un olio e un gas) con diverse composizioni e diverse condizioni di fase. Le variabili considerate sono state pressione, temperatura, densità e viscosità; sono state poi valutate le perdite di carico, parametro fondamentale nello studio del trasporto di un fluido, valutando che l'equazione di Peng-Robinson è quella più adatta per caratterizzare termodinamicamente il fluido durante una fase di design, in quanto fornisce l'andamento più conservativo. Dopo aver accertato la presenza di idrati nei fluidi multifase, l’obiettivo del lavoro è stato analizzare come il sistema rispondesse all’aggiunta di inibitori chimici per uscire dalla regione termodinamica di stabilità dell’idrato. Gli inibitori utilizzati sono stati metanolo e mono-etilen-glicole in soluzione acquosa. L’analisi è stata effettuata confrontando due metodi: -Metodo analitico di Hammerschmidt; -Metodo iterativo con PVTSim. I risultati ottenuti hanno dimostrato che entrambi gli inibitori utilizzati risolvono il problema della formazione di idrato spostando la curva di stabilità al di fuori delle pressioni e temperature che si incontrano nella pipeline. Valutando le quantità da iniettare, il metodo di Hammerschmidt risulta quello più conservativo, indicando portate maggiori rispetto al PVTsim, soprattutto aggiungendo metanolo.
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La presente tesi, frutto di un’esperienza di tirocinio svolta presso ICARO s.r.l., si propone di individuare ed indagare una metodologia tecnologicamente avanzata, economica e affidabile per l’individuazione tempestiva delle perdite accidentali di prodotto da condotte di idrocarburi interrate e fuori terra.