26 resultados para backpressure


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

A diesel oxidation catalyst (DOC) with a catalyzed diesel particulate filter (CPF) is an effective exhaust aftertreatment device that reduces particulate emissions from diesel engines, and properly designed DOC-CPF systems provide passive regeneration of the filter by the oxidation of PM via thermal and NO2/temperature-assisted means under various vehicle duty cycles. However, controlling the backpressure on engines caused by the addition of the CPF to the exhaust system requires a good understanding of the filtration and oxidation processes taking place inside the filter as the deposition and oxidation of solid particulate matter (PM) change as functions of loading time. In order to understand the solid PM loading characteristics in the CPF, an experimental and modeling study was conducted using emissions data measured from the exhaust of a John Deere 6.8 liter, turbocharged and after-cooled engine with a low-pressure loop EGR system and a DOC-CPF system (or a CCRT® - Catalyzed Continuously Regenerating Trap®, as named by Johnson Matthey) in the exhaust system. A series of experiments were conducted to evaluate the performance of the DOC-only, CPF-only and DOC-CPF configurations at two engine speeds (2200 and 1650 rpm) and various loads on the engine ranging from 5 to 100% of maximum torque at both speeds. Pressure drop across the DOC and CPF, mass deposited in the CPF at the end of loading, upstream and downstream gaseous and particulate emissions, and particle size distributions were measured at different times during the experiments to characterize the pressure drop and filtration efficiency of the DOCCPF system as functions of loading time. Pressure drop characteristics measured experimentally across the DOC-CPF system showed a distinct deep-bed filtration region characterized by a non-linear pressure drop rise, followed by a transition region, and then by a cake-filtration region with steadily increasing pressure drop with loading time at engine load cases with CPF inlet temperatures less than 325 °C. At the engine load cases with CPF inlet temperatures greater than 360 °C, the deep-bed filtration region had a steep rise in pressure drop followed by a decrease in pressure drop (due to wall PM oxidation) in the cake filtration region. Filtration efficiencies observed during PM cake filtration were greater than 90% in all engine load cases. Two computer models, i.e., the MTU 1-D DOC model and the MTU 1-D 2-layer CPF model were developed and/or improved from existing models as part of this research and calibrated using the data obtained from these experiments. The 1-D DOC model employs a three-way catalytic reaction scheme for CO, HC and NO oxidation, and is used to predict CO, HC, NO and NO2 concentrations downstream of the DOC. Calibration results from the 1-D DOC model to experimental data at 2200 and 1650 rpm are presented. The 1-D 2-layer CPF model uses a ‘2-filters in series approach’ for filtration, PM deposition and oxidation in the PM cake and substrate wall via thermal (O2) and NO2/temperature-assisted mechanisms, and production of NO2 as the exhaust gas mixture passes through the CPF catalyst washcoat. Calibration results from the 1-D 2-layer CPF model to experimental data at 2200 rpm are presented. Comparisons of filtration and oxidation behavior of the CPF at sample load-cases in both configurations are also presented. The input parameters and selected results are also compared with a similar research work with an earlier version of the CCRT®, to compare and explain differences in the fundamental behavior of the CCRT® used in these two research studies. An analysis of the results from the calibrated CPF model suggests that pressure drop across the CPF depends mainly on PM loading and oxidation in the substrate wall, and also that the substrate wall initiates PM filtration and helps in forming a PM cake layer on the wall. After formation of the PM cake layer of about 1-2 µm on the wall, the PM cake becomes the primary filter and performs 98-99% of PM filtration. In all load cases, most of PM mass deposited was in the PM cake layer, and PM oxidation in the PM cake layer accounted for 95-99% of total PM mass oxidized during loading. Overall PM oxidation efficiency of the DOC-CPF device increased with increasing CPF inlet temperatures and NO2 flow rates, and was higher in the CCRT® configuration compared to the CPF-only configuration due to higher CPF inlet NO2 concentrations. Filtration efficiencies greater than 90% were observed within 90-100 minutes of loading time (starting with a clean filter) in all load cases, due to the fact that the PM cake on the substrate wall forms a very efficient filter. A good strategy for maintaining high filtration efficiency and low pressure drop of the device while performing active regeneration would be to clean the PM cake filter partially (i.e., by retaining a cake layer of 1-2 µm thickness on the substrate wall) and to completely oxidize the PM deposited in the substrate wall. The data presented support this strategy.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Eight whole-core samples from Ocean Drilling Program Site 1244, Hydrate Ridge, Cascadia continental margin, were provided to Massachusetts Institute of Technology (Cambridge, Massachusetts, USA) for geotechnical characterization. The samples were collected from depths ranging from 5 to 136 meters below seafloor (mbsf). Seven of the eight whole-core samples were located within the gas hydrate stability zone, whereas the eighth sample was located in the free gas zone. Atterberg limits testing showed that the average liquid limit of the soil is 81% and the average plastic limit is 38%, giving an average plasticity index of 43%. The liquid limit is sensitive to oven drying, shown by a drop in liquid limit to 64% when tests were performed on an oven-dried sample. Loss on ignition averages 5.45 wt%. Constant rate of strain consolidation (CRSC) tests were performed to obtain the compression characteristics of the soil, as well as to determine the stress history of the site. CRSC tests also provided hydraulic conductivity and coefficient of consolidation characteristics for these sediments. The compression ratio (Cc) ranges from 0.340 to 0.704 (average = 0.568). Cc is fairly constant to a depth of 79 mbsf, after which Cc decreases downhole. The recompression ratio (Cr) ranges from 0.035 to 0.064 (average = 0.052). Cr is constant throughout the depth range. In situ hydraulic conductivity varies between 1.5 x 10**-7 and 3 x 10**-8 cm/s and shows no trend with depth. Ko-consolidated undrained compression/extension (CKoUC/E) tests were also performed to determine the peak undrained shear strength, stress-strain curve, and friction angle. The normalized undrained strength ranges from 0.29 to 0.35. The friction angle ranges from 27 to 37. Because of the limited amount of soil, CRSC and CKoUC/E tests were also conducted on resedimented specimens.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Sediments undergoing accretion in trench-forearc systems are subjected to conditions of large lateral thrusting. This stress regime controls the mechanism of faulting as well as the yield and strength properties of the sediment. Understanding them is therefore crucial for the construction of quantitative models of sediment dynamics in convergent margin settings. For this purpose triaxial and oedometer tests were performed on six whole-round core samples recovered from Site 808 from depths between 173 and 705 mbsf. Samples from five depth intervals were subjected to a triaxial test program that was primarily designed to define yield and strength behavior. Test specimens were cut parallel and normal to the core axis. Additional five oedometer tests with similarly prepared specimens were performed on samples from four depth intervals to evaluate the directional state and degree of sediment compaction. Test results show that the degree of sediment compaction is higher than expected from overburden. This overcompaction increases with depth. A well-developed mechanical anisotropy is evident in all samples tested, regardless of their depth and lithology. Values of yield limit, stiffness, and shear strength are up to 40% higher in the horizontal direction compared to the vertical direction. In addition the test data demonstrate that the axis of the volumetric yield loci have rotated into extensional stress field. This verifies that the mechanical state of sediment in the accretionary wedge is controlled by in-situ stress conditions of extensional nature. The coefficients of lateral stress inferred suggest that the extensional stress regime becomes increasingly effective with depth.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Dissertação (mestrado)—Universidade de Brasília, Faculdade de Tecnologia, Departamento de Engenharia Civil e Ambiental, 2016.