995 resultados para Responsabilité civile -- France
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Dans une séquence d'arrêts rendus à partir de 1996, la Cour suprême du Canada établit que les recours pour « atteinte illicite » prévus à l'article 49 de la Charte des droits et libertés de la personne doivent être soumis au régime de responsabilité civile de droit commun. La Cour suprême indique à cette occasion que, pour qu’il y ait atteinte illicite à un droit, la violation de ce droit devra être qualifiée de fautive. Cette qualification pourra être démontrée par « la transgression d’une norme de conduite jugée raisonnable dans les circonstances selon le droit commun » ou, « comme c’est le cas pour certains droits », lorsqu’un comportement transgresse « […] une norme dictée par la Charte elle-même ». Dans le premier cas, la notion de faute absorbe la notion d’illicéité, alors que dans le deuxième cas elle se dissout dans l’illicite (ce qui en fait une faute objective in abstracto). Or, dans ce dernier cas, la Cour suprême du Canada, en 2008, dans l’arrêt Ciment du Saint-Laurent, a indiqué que la faute constitue une obligation de moyens, qui s’évalue selon le critère de la personne prudente et diligente. Il ne peut donc s’agir d’une obligation de résultats. Il serait donc maintenant difficile de concilier cette caractérisation de la faute avec la politique adoptée par la Cour suprême en matière de Charte. Puisque le texte de la Charte contient lui-même les conditions matérielles et formelles dans lesquelles il sera possible de conclure à l’existence d’une atteinte illicite, il serait souhaitable, aux fins d’assurer la cohérence du droit, que la méthode de convergence des recours entre le Code et la Charte soit délaissée afin de reconnaître la pleine autonomie matérielle des recours prévus à la Charte, ce qui, du même coup, aurait pour effet de ne pas dénaturer la notion de faute. De plus, alors que la Cour suprême établissait dans ces arrêts qu’une atteinte illicite ne comporte pas un préjudice en soi, l’auteure soutien que le dommage causé à un droit comporte toujours un préjudice inhérent, que le droit se doit de sanctionner.
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Dans un contexte où les renseignements personnels sont aujourd’hui une « devise » commerciale importante, il importe de s’attarder à la responsabilité de leur protection. Les lois encadrant la protection des renseignements personnels imposent notamment aux entreprises du secteur privé une obligation de sécurité. Par contre, elles ne prévoient pas de sanction monétaire en cas de violation. Il faut donc se tourner vers le droit de la responsabilité civile afin de contraindre les entreprises à adopter des mesures de sécurité. Or, le régime de responsabilité civile actuel est mal adapté aux obligations associées à la sécurité des renseignements personnels. Le flou normatif entourant le contenu de l’obligation de sécurité et les difficultés d’exercice du recours rendent peu efficace le régime de responsabilité civile compensatoire. Dans un souci d’améliorer son efficacité, deux propositions méritent d’être considérées, soit : la revalorisation des dommages-intérêts punitifs et l’encadrement statutaire d’une obligation de notification des atteintes à la sécurité des renseignements personnels. Ces deux propositions sanctionnent les violations à l’obligation de sécurité là où le régime de responsabilité civile compensatoire semble échouer. Par contre, elles ne sont elles-mêmes efficaces que si leur exercice respecte les fonctions qui leur sont sous-jacentes. Au final, la responsabilité de la sécurité des renseignements personnels ne repose pas seulement sur un régime responsabilité, mais sur une culture de responsabilité.
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La materia della responsabilità medico-sanitaria è stata interessata nell’ultimo decennio da significative innovazioni, innescate da diversi fattori, quali gli eccezionali progressi scientifici e tecnologici, l’influenza dei diritti stranieri e, in particolare, quello di fonte comunitaria. Tale fenomeno trascende il rapporto diretto medico-paziente e coinvolge la struttura sanitaria e la dimensione organizzativa della stessa. Sintomatica di tali innovazioni è la profonda evoluzione terminologica. Attualmente, infatti, si fa riferimento alla responsabilità medica o medico-sanitaria e non più alla responsabilità del medico, in quanto non può trascurarsi l’indispensabile apporto del personale infermieristico, delle ostetriche, degli assistenti sanitari e dei tecnici delle diverse branche della medicina. Si assiste, pertanto, ad un fenomeno di «spersonalizzazione» ed aggravamento della complessità dell’attività sanitaria: al trattamento propriamente diagnostico e terapeutico, si affiancano altre attività, di tipo informativo, alberghiero, assistenziale, così come nuove tipologie di trattamenti, quali la chirurgia estetica e ricostruttiva, il potenziamento fisico e muscolare, la sterilizzazione, la modificazione dei caratteri sessuali esterni. Ultimamente, poi, l’attenzione si è spostata sul destinatario dell’attività medica e, in particolar modo, sul consenso informato ai trattamenti sanitari e, soprattutto, alle modalità in cui lo stesso viene prestato. Al contempo, sono emersi aspetti di diritto costituzionale, attinenti alla tutela della persona, dei dati personali e sensibili, al diritto alla salute, concepito come diritto dell’essere umano in quanto tale, a prescindere dal requisito della cittadinanza, di diritto amministrativo, riguardanti l’organizzazione delle strutture sanitarie, di diritto penale e di deontologia professionale. All’incedere dei progressi scientifici e tecnologici raggiunti, tuttavia, corrisponde l’accanito desiderio di rivalsa in caso di fallimento delle cure e dei trattamenti o di esiti nefasti degli stessi, la quale ha condotto ad una sensibile accentuazione dei giudizi di responsabilità in campo medico. Basti pensare che, nell’ultimo decennio, i processi civili sono addirittura triplicati per il concatenarsi di molteplici concause: l’aumento delle patologie curate, l’evoluzione qualitativa dei mezzi di cura, la sensibilizzazione delle associazioni a difesa dei diritti del malato, l’allungamento della vita media dell’uomo, la pressione dei mass-media, la maggior consapevolezza dei propri diritti da parte del cittadino, la stessa evoluzione della responsabilità civile e delle sue funzioni. Ciò ha comportato, tra l’altro, un certo grado di uniformità nella disciplina applicabile agli illeciti, a prescindere dal titolo contrattuale o extracontrattuale della responsabilità.
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Il tema della ricerca ha riguardato preliminarmente la definizione di farmaco descritta nel d.lgs. n. 219 del 2006 (Codice dei farmaci per uso umano). Oltre al danno prodotto da farmaci, la ricerca ha approfondito anche la tutela ex ante ed ex post riguardante la produzione di dispositivi medici (Direttiva della Comunità Economica Europea n. 42 del 1993 e Direttiva della Comunità Economica Europea n. 374 del 1985). E’ stato necessario soffermarsi sull’analisi del concetto di precauzione per il quale nell’ambito di attività produttive, come quelle che cagionano inquinamento ambientale, o “pericolose per la salute umana” come quelle riguardanti la produzione di alimenti e farmaci, è necessario eliminare i rischi non conosciuti nella produzione di questi ultimi al fine di garantire una tutela completa della salute. L’analisi della Direttiva della Comunità Economica Europea n. 374 del 1985 nei suoi aspetti innovativi ha riguardato l’esame dei casi di danno da farmaco (Trib. Roma, 20 Giugno 2002, Trib. Roma 27 Giugno 1987, Trib. Milano 19 Novembre 1987, Cassazione Civile n. 6241 del 1987): profilo critico è quello riguardante la prova liberatoria, mentre l'art. 2050 prevede che «si debbano adottare tutte le misure necessarie per evitare il danno», l'art. 118, lett. e), c. cons.) prevede una serie di casi di esonero di responsabilità del produttore (tra cui il rischio di sviluppo). Dall'analisi emerge poi la necessità da parte del produttore di continuo utilizzo del duty to warn (Art. 117 del Codice del Consumo lett. A e B ): esso consiste nel dovere continuo di informazione del produttore tramite i suoi rappresentanti e il bugiardino presente nelle confezioni dei farmaci. Tale dovere è ancor più importante nel caso della farmacogenetica, infatti, al fine di evitare reazioni avverse nel bugiardino di alcuni farmaci verrà prescritta la necessità di effettuare un test genetico prima dell’assunzione.
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Le profonde trasformazioni che hanno interessato l’industria alimentare, unitamente alle accresciute capacità delle scienze mediche ed epidemiologiche di individuare nessi causali tra il consumo di determinate sostanze e l’insorgere di patologie, hanno imposto al legislatore di intervenire nella materia della c.d. sicurezza alimentare mettendo in atto sistemi articolati e complessi tesi a tutelare la salute dei consociati. Quest’ultimo obiettivo viene perseguito, da un lato, mediante disposizioni di natura pubblicistica e di carattere preventivo e, dall’altro lato, dallo strumento della responsabilità civile. Le due prospettive di tutela della salute delle persone costituiscono parti distinte ma al tempo stesso fortemente integrate in una logica unitaria. Questa prospettiva emerge chiaramente nel sistema statunitense: in quel ordinamento la disciplina pubblicistica della sicurezza degli alimenti – definita dalla Food and Drug Administration – costituisce un punto di riferimento imprescindibile anche quando si tratta di stabilire se un prodotto alimentare è difettoso e se, di conseguenza, il produttore è chiamato a risarcire i danni che scaturiscono dal suo utilizzo. L’efficace sinergia che si instaura tra la dimensione pubblicistica del c.d. Public Enforcement e quella risarcitoria (Private Enforcement) viene ulteriormente valorizzata dalla presenza di efficaci strumenti di tutela collettiva tra i quali la class action assume una importanza fondamentale. Proprio muovendo dall’analisi del sistema statunitense, l’indagine si appunta in un primo momento sull’individuazione delle lacune e delle criticità che caratterizzano il sistema nazionale e, più in generale quello comunitario. In un secondo momento l’attenzione si focalizza sull’individuazione di soluzioni interpretative e de iure condendo che, anche ispirandosi agli strumenti di tutela propri del diritto statunitense, contribuiscano a rendere maggiormente efficace la sinergia tra regole preventive sulla sicurezza alimentare e regole risarcitorie in materia di responsabilità del produttore.
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Mémoire numérisé par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.
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Mémoire numérisé par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.
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no abstract
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Le développement exponentiel de la technologie et le vieillissement de la population permettent d’introduire dans notre quotidien les robots d’assistance. La coexistence de l’homme avec ces robots intelligents et autonomes soulève une question fondamentale: dans l’éventualité où un robot provoquerait un accident causant un dommage à une personne ou à un bien qui serait le responsable? Aucune loi ne réglemente les activités de la robotique d’assistance dans le monde. Cette étude vise l’analyse de l’applicabilité des régimes de responsabilité du Code Civil du Québec aux cas de dommages causés par le robot d’assistance. L’analyse des régimes de responsabilité du Code civil du Québec permet de constater que deux régimes de responsabilité sont susceptibles d’être appliqués aux cas spécifiques de dommages causés par le robot d’assistance: le régime de responsabilité du fait des biens, énoncé à l’article 1465 C.c.Q., et le régime de responsabilité du fait des fabricants et vendeurs spécialisés, énoncé à l’article 1468 C.c.Q. Cela s’explique par la présence de critères et de conditions de mise en œuvre des régimes qui sont transposables aux différents aspects concernant la fabrication et l’utilisation du robot d’assistance.
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Le développement exponentiel de la technologie et le vieillissement de la population permettent d’introduire dans notre quotidien les robots d’assistance. La coexistence de l’homme avec ces robots intelligents et autonomes soulève une question fondamentale: dans l’éventualité où un robot provoquerait un accident causant un dommage à une personne ou à un bien qui serait le responsable? Aucune loi ne réglemente les activités de la robotique d’assistance dans le monde. Cette étude vise l’analyse de l’applicabilité des régimes de responsabilité du Code Civil du Québec aux cas de dommages causés par le robot d’assistance. L’analyse des régimes de responsabilité du Code civil du Québec permet de constater que deux régimes de responsabilité sont susceptibles d’être appliqués aux cas spécifiques de dommages causés par le robot d’assistance: le régime de responsabilité du fait des biens, énoncé à l’article 1465 C.c.Q., et le régime de responsabilité du fait des fabricants et vendeurs spécialisés, énoncé à l’article 1468 C.c.Q. Cela s’explique par la présence de critères et de conditions de mise en œuvre des régimes qui sont transposables aux différents aspects concernant la fabrication et l’utilisation du robot d’assistance.
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"Mémoire présenté à la Faculté des études supérieures en vue de l'obtention du grade de maîtrise, option droit des affaires"
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La présente recherche a pour but de faire le point sur l'état du droit canadien et sur ses perspectives futures en relation avec les œuvres créées par ordinateurs. L'outil terminologique choisi pour notre objectif est le logiciel de traduction automatique multilingue qui, à cause de sa complexité, s'éloigne le plus du programmeur « créateur» et se rapproche le plus d'œuvres qui ne peuvent être directement attribuées aux linguistes et programmeurs. Ces outils et leurs créations seront d'après nous les prochains outils technologiques à confronter le droit. En effet, dans un avenir prévisible, considérant l'évolution technologique, ces logiciels produiront des textes qui bénéficieront d'une valeur commerciale ajoutée et c'est alors que certains feront valoir leurs « droits », non seulement sur les textes mais aussi sur la technologie. Pour atteindre cet objectif, nous débuterons par un retour historique sur la technologie et ses origines. Par la suite, nous ferons une analyse de la protection actuelle accordée aux logiciels, aux banques de données et aux traductions qu'ils produisent. Nous déterminerons ensuite qui sera responsable des textes produits en relation avec le texte d'origine et avec sa résultante au niveau du droit d'auteur et de celui de la responsabilité civile. Cette recherche nous amènera à conclure que le droit actuel est « mésadapté » tant à l'égard de la protection qu'au niveau de la responsabilité. Ces conclusions devront d'après nous imposer un retour aux principes fondamentaux du droit. Ce fondamentalisme légal sera pour nous le prix à payer pour la légitimité. En effet, plus particulièrement concernant le droit d'auteur, nous conclurons qu'il devra cesser d'être le « fourre-tout» du droit de la propriété intellectuelle et redevenir ce qu'il doit être: un droit qui protège la créativité. Cette démarche prospective tirera ses racines du fait que nous serons obligés de conclure que les juristes canadiens ont refusé, à tort à notre point de vue, de renvoyer au monde des brevets les méthodes et procédés nouveaux et inventifs, ce qui donc a introduit des problématiques inutiles qui exacerbent l'incertitude. Finalement, notre cheminement nous dirigera vers le droit de la responsabilité où nous soutiendrons que le fournisseur ne peut actuellement être responsable du texte produit puisqu'il ne participe pas directement aux choix et ne porte pas atteinte au contenu. Voici donc en quelques mots le cœur de notre recherche qui entrouvre une boîte de Pandore.
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L'obligation de sécurité informationnelle - c'est-à-dire la tâche qui incombe aux entreprises d'assurer l'intégrité, la confidentialité et la disponibilité de l'information découle, tant en droit québécois que dans une majorité de juridictions occidentales, d'une série de dispositions législatives imposant non pas l'adoption de comportements ou l'utilisation de technologies ou de procédés identifiables, mais bien l'implantation de mesures de sécurité «raisonnables », «adéquates », ou « suffisantes ». Or, dans un domaine aussi embryonnaire et complexe que celui de la sécurité informationnelle, domaine dans lequel les solutions disponibles sont multiples et où la jurisprudence est éparse, comment une entreprise peut-elle jauger avec justesse l'étendue de son obligation? Bref, comment établir ce que ferait une entreprise raisonnablement prudente et diligente dans un domaine où il n'existe actuellement aucune balise législative, jurisprudentielle ou même coutumière permettant de fixer avec justesse le niveau de diligence imposé par le législateur? L'absence de sécurité juridique offerte par une telle situation est patente et nécessite une reconfiguration du cadre opératoire de l'obligation de sécurité informationnelle afin d'en identifier les composantes et les objectifs. Cet exercice passera par la redéfinition de l'obligation de sécurité informationnelle comme obligation de réduire les risques qui guettent l'information à un niveau socialement acceptable. En effet, la sécurité pouvant être définie comme étant la gestion du risque, c'est donc le risque qui réside au cœur de cette obligation. Or, en analysant les risques qui guettent un système, soit en analysant les menaces qui visent à exploiter ses vulnérabilités, il est possible d'établir quelles contre-mesures s'avèrent utiles et les coûts associés à leur mise en œuvre. Par la suite, il devient envisageable, en recourant à la définition économique de la négligence et en prenant compte des probabilités de brèches de sécurité et des dommages escomptés, d'établir les sommes optimales à investir dans l'achat, l'entretien et la mise à jour de ces contre-mesures. Une telle analyse permet ainsi de quantifier avec un certain degré de précision l'étendue de l'obligation de sécurité informationnelle en offrant aux entreprises un outil s'inspirant de données matérielles auxquelles elles ont librement accès et s'intégrant aisément dans le contexte juridique contemporain.
La diffamation sur Internet : actualiser la responsabilité en droit civil et en common law au Canada
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En cette ère que plusieurs surnomment le « Web 2.0 », les usagers se sont emparés avec enthousiasme des fonctions liées aux communications et au partage sur Internet, ce médium devenant ainsi une nouvelle plate-forme pour les enjeux liés à la vie privée et à la réputation. La diffamation constitue justement un des problèmes prédominants constatés en lien avec ce contenu électronique, plus particulièrement lorsqu’il est question de contenu généré par les utilisateurs. Face à cet outil permettant une diffusion et une intéractivité sans précédent, comment devons-nous aborder Internet au regard des règles de droit applicables au Canada en matière de diffamation? L’analyse juridique traditionnelle sied-elle aux nouvelles réalités introduites par ce médium? Le bijuridisme canadien nous impose d’étudier parallèlement les régimes de droit civil et de common law et ce, dans une optique comparative afin de comprendre les concepts et le fonctionnement propres à chacune des approches juridiques cohabitant au pays. Cette analyse nous permettra de mettre en lumière les particularités du médium électronique qui se révèlent pertinentes lorsqu’il est question de diffamation et qui font la spécificité des situations et des acteurs en ligne, distinguant ainsi Internet des modes de communications traditionnels que le droit connaît. Cette approche comparative permet de poser un regard critique sur chacun des régimes de droit en vigueur au Canada, considérant la réalité propre à Internet et au contenu généré par les utilisateurs, mais surtout, vise à promouvoir le développement de méthodes d’analyse véritablement ancrées dans le fonctionnement du médium en cause et susceptibles d’évoluer avec celui-ci.