401 resultados para Residuo de Posidonia Oceánica
Resumo:
L’acquifero freatico costiero ravennate è intensamente salinizzato fino a diversi km nell’entroterra. Il corpo dell’acquifero è formato da sabbie che poggiano su un substrato argilloso ad una profondità media di 25 m, i depositi affioranti sono sabbie e argille. Il lavoro svolto consiste in una caratterizzazione dello stato di salinizzazione con metodologie indirette (geoelettrica) e metodologie dirette (letture dei parametri fisici delle acque in pozzo). I sondaggi elettrici verticali (V.E.S.) mostrano stagionalità dovuta alle differenti quantità di pioggia e quindi di ricarica, le aree con depositi superficiali ad alta conducibilità idraulica (sabbie) hanno una lente d’acqua dolce compresa tra 0,1 e 2,25 m di spessore, al di sotto della quale troviamo una zona di mescolamento con spessori che vanno da 1,00 a 12,00 m, mentre quando in superficie abbiamo depositi a bassa conducibilità idraulica (limi sabbiosi e argille sabbiose) la lente d’acqua dolce scompare e la zona di mescolamento è sottile. Le misure dirette in pozzo mostrano una profondità della tavola d’acqua quasi ovunque sotto il livello del mare in entrambi i mesi monitorati, Giugno e Dicembre 2010, presentando una profondità leggermente maggiore nel mese di Dicembre. Dalla ricostruzione litologica risulta un acquifero composto da 4×109 m3 di sabbia, per cui ipotizzando una porosità media del 30% sono presenti 1,2×109 m3 di acqua. Dalla modellazione numerica (Modflow-SEAWAT 2000) risulta che l’origine dell’acqua salata che si trova in falda trova più facilmente spiegazione ipotizzando la sua presenza fin dalla formazione dell’acquifero, residuo delle acque marine che regredivano. Un’altra problematica analizzata è valutare l’applicazione della metodologia a minifiltri in uno studio sulla salinizzazione delle acque di falda. É stata implementata la costruzione di un transetto sperimentale, che ha permesso la mappatura dell’interfaccia acqua dolce/salmastra/salata con una precisione finora non raggiungibile.
Resumo:
Il lavoro di tesi, svolto presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (ISTEC-CNR, Faenza, RA), ha affrontato la produzione e la caratterizzazione di ceramici a base di boruro di zirconio (ZrB2) con lo scopo di valutare l’efficacia delle fibre corte di carbonio come potenziale rinforzo. Il boruro di zirconio appartiene a una famiglia di materiali noti come UHTC (Ultra-High Temperature Ceramics) caratterizzati da elevato punto di fusione e in grado di mantenere la resistenza meccanica e operare con limitata ossidazione a temperature superiori ai 2000°C. Il principale ostacolo nella produzione dei materiali a base di ZrB2 è il processo di sintesi, infatti, a causa della loro elevata temperatura di fusione, per ottenere un materiale completamente denso è necessario utilizzare processi a temperatura e pressione elevati (T > 2000°C e P > 30 MPa), condizioni che vanno ad influenzare la microstruttura della matrice e delle fibre e di conseguenza le proprietà meccaniche del materiale. L’aggiunta di additivi di sinterizzazione idonei permette di ottenere materiali perfettamente densi anche a temperature e pressioni inferiori. Tuttavia lo ZrB2 non viene ampiamente utilizzato per applicazioni strutturali a causa della sua fragilità, per far fronte alla sua bassa tenacità il materiale viene spesso rinforzato con una fase allungata (whiskers o fibre). È già oggetto di studi l’utilizzo di fibre corte e whiskers di SiC per tenacizzare lo ZrB2, tuttavia la forte interfaccia che viene a crearsi tra fibra e matrice, che non permette il pull-out delle fibre, ci porta a credere che una fibra che non tenda a reagire con la matrice, presentando un’interfaccia più debole, possa portare ad una tenacizzazione più efficace. Per questo scopo sono stati realizzati mediante pressatura a caldo due materiali rinforzati con fibre corte di carbonio: ZrB2 + 5% vol MoSi2 + 8% vol fibre di carbonio e [ZrB2 + 2 % peso C] + 8% vol fibre di carbonio, indicati rispettivamente con Z5M_Cf e Z2C_Cf. Sono stati analizzati e discussi diversi aspetti del materiale rinforzato tra cui: il comportamento di densificazione durante la pressatura a caldo, l’evoluzione della microstruttura della matrice, la distribuzione e la morfologia delle fibre, l’influenza del rinforzo sulle proprietà meccaniche di durezza e tenacità e sulla resistenza all’ossidazione. L’elaborato è strutturato come segue: inizialmente sono state introdotte le caratteristiche generali dei ceramici avanzati tra cui le proprietà, la produzione e le applicazioni; successivamente è stata approfondita la descrizione dei materiali a base di boruro di zirconio, in particolare i processi produttivi e l’influenza degli additivi di sinterizzazione sulla densificazione e sulle proprietà; ci si è poi concentrati sull’effetto di una seconda fase allungata per il rinforzo del composito. Per quanto riguarda la parte sperimentale vengono descritte le principali fasi della preparazione e caratterizzazione dei materiali: le materie prime, disperse in un solvente, sono state miscelate mediante ball-milling, successivamente è stato evaporato il solvente e la polvere ottenuta è stata formata mediante pressatura uniassiale. I campioni, dopo essere stati sinterizzati mediante pressatura uniassiale a caldo, sono stati tagliati e lucidati a specchio per poter osservare la microstruttura. Quest’ultima è stata analizzata al SEM per studiare l’effetto dell’additivo di sinterizzazione (MoSi2 e carbonio) e l’interfaccia tra matrice e fase rinforzante. Per approfondire l’effetto del rinforzo sulle proprietà meccaniche sono state misurate la durezza e la tenacità del composito; infine è stata valutata la resistenza all’ossidazione mediante prove in aria a 1200°C e 1500°C. L’addizione di MoSi2 ha favorito la densificazione a 1800°C mediante formazione di una fase liquida transiente, tuttavia il materiale è caratterizzato da una porosità residua di ~ 7% vol. L’addizione del carbonio ha favorito la densificazione completa a 1900°C grazie alla reazione dall’additivo con gli ossidi superficiali dello ZrB2. La microstruttura delle matrici è piuttosto fine, con una dimensione media dei grani di ~ 2 μm per entrambi i materiali. Nel caso del materiale con Z5M_Cf sono presenti nella matrice particelle di SiC e fasi MoB derivanti dalla reazione dell’additivo con le fibre e con la matrice; invece nel materiale Z2C_Cf sono presenti grani di carbonio allungati tra i bordi grano, residui delle reazioni di densificazione. In entrambi i materiali le fibre sono distribuite omogeneamente e la loro interfaccia con la matrice è fortemente reattiva. Nel caso del materiale Z5M_Cf si è formata una struttura core-shell con lo strato più esterno formato da SiC, formato dalla reazione tra il siliciuro e la fibra di C. Nel caso del materiale Z2C_Cf non si forma una vera e propria interfaccia, ma la fibra risulta fortemente consumata per via dell’alta temperatura di sinterizzazione. I valori di durezza Vickers dei materiali Z5M_Cf e Z2C_Cf sono rispettivamente 11 GPa e 14 GPa, valori inferiori rispetto al valore di riferimento di 23 GPa dello ZrB2, ma giustificati dalla presenza di una fase meno dura: le fibre di carbonio e, nel caso di Z5M_Cf, anche della porosità residua. I valori di tenacità dei materiali Z5M_Cf e Z2C_Cf, misurati con il metodo dell’indentazione, sono rispettivamente 3.06 MPa·m0.5 e 3.19 MPa·m0.5. L’osservazione, per entrambi i materiali, del fenomeno di pull-out della fibra, sulla superficie di frattura, e della deviazione del percorso della cricca, all’interno della fibra di carbonio, lasciano supporre che siano attivi questi meccanismi tenacizzanti a contributo positivo, unitamente al contributo negativo legato allo stress residuo. La resistenza all’ossidazione dei due materiali è confrontabile a 1200°C, mentre dopo esposizione a 1500°C il materiale Z5M_Cf risulta più resistente rispetto al materiale Z2C_Cf grazie alla formazione di uno strato di SiO2 protettivo, che inibisce la diffusione dell’ossigeno all’interno della matrice. Successivamente, sono stati considerati metodi per migliorare la densità finale del materiale e abbassare ulteriormente la temperatura di sinterizzazione in modo da minimizzare la degenerazione della fibra. Da ricerca bibliografica è stato identificato il siliciuro di tantalio (TaSi2) come potenziale candidato. Pertanto è stato prodotto un terzo materiale a base di ZrB2 + Cf contenente una maggiore quantità di siliciuro (10% vol TaSi2) che ha portato ad una densità relativa del 96% a 1750°C. Questo studio ha permesso di approcciare per la prima volta le problematiche legate all’introduzione delle fibre di carbonio nella matrice di ZrB2. Investigazioni future saranno mirate alla termodinamica delle reazioni che hanno luogo in sinterizzazione per poter analizzare in maniera più sistematica la reattività delle fibre nei confronti della matrice e degli additivi. Inoltre riuscendo ad ottenere un materiale completamente denso e con fibre di carbonio poco reagite si potrà valutare la reale efficacia delle fibre di carbonio come possibili fasi tenacizzanti.
Resumo:
Over the past years fruit and vegetable industry has become interested in the application of both osmotic dehydration and vacuum impregnation as mild technologies because of their low temperature and energy requirements. Osmotic dehydration is a partial dewatering process by immersion of cellular tissue in hypertonic solution. The diffusion of water from the vegetable tissue to the solution is usually accompanied by the simultaneous solutes counter-diffusion into the tissue. Vacuum impregnation is a unit operation in which porous products are immersed in a solution and subjected to a two-steps pressure change. The first step (vacuum increase) consists of the reduction of the pressure in a solid-liquid system and the gas in the product pores is expanded, partially flowing out. When the atmospheric pressure is restored (second step), the residual gas in the pores compresses and the external liquid flows into the pores. This unit operation allows introducing specific solutes in the tissue, e.g. antioxidants, pH regulators, preservatives, cryoprotectancts. Fruit and vegetable interact dynamically with the environment and the present study attempts to enhance our understanding on the structural, physico-chemical and metabolic changes of plant tissues upon the application of technological processes (osmotic dehydration and vacuum impregnation), by following a multianalytical approach. Macro (low-frequency nuclear magnetic resonance), micro (light microscopy) and ultrastructural (transmission electron microscopy) measurements combined with textural and differential scanning calorimetry analysis allowed evaluating the effects of individual osmotic dehydration or vacuum impregnation processes on (i) the interaction between air and liquid in real plant tissues, (ii) the plant tissue water state and (iii) the cell compartments. Isothermal calorimetry, respiration and photosynthesis determinations led to investigate the metabolic changes upon the application of osmotic dehydration or vacuum impregnation. The proposed multianalytical approach should enable both better designs of processing technologies and estimations of their effects on tissue.
Resumo:
MATERIALI E METODI: Tra il 2012 e il 2013, abbiamo analizzato in uno studio prospettico i dati di 48 pazienti sottoposti a ThuLEP con approccio autodidatta. I pazienti sono stati rivalutati a 3, 6, 12 e 24 mesi con la valutazione del PSA, il residuo post-minzionale (RPM), l'uroflussometria (Qmax), l'ecografia transrettale e questionari validati (IPSS: international prostate symptom score e QoL: quality of life) RISULTATI: Il volume medio della prostata è di 63 ± 5,3 ml. Il tempo operatorio medio è stato di 127,58 ± 28.50 minuti. Il peso medio del tessuto asportato è stato di 30,40 ± 13,90 gr. A 6 mesi dopo l'intervento l'RPM medio è diminuito da 165,13 ± 80,15 ml a 7,78 ± 29.19 ml, mentre il Qmax medio è aumentato da 5.75 ± 1.67ml / s a 18.1 ± 5.27 ml / s. I valori medi dei IPSS e QoL hanno dimostrato un progressivo miglioramento: da 19.15 (IQR: 2-31) e 4 (IQR: 1-6) nel preoperatorio a 6.04 (IQR: 1-20) e 1.13 (IQR: 1-4), rispettivamente. Durante la curva di apprendimento si è assistito ad un progressivo aumento del peso del tessuto enucleato e ad una progressiva riduzione del tempo di ospedalizzazione e di cateterismo. Tra le principali complicanze ricordiamo un tasso di incontinenza transitoria del 12,5% a 3 mesi e del 2.1% a 12 mesi. CONCLUSIONI: ThuLEP rappresenta una tecnica chirurgica efficace, sicura e riproducibile indipendentemente dalle dimensioni della prostata. I nostri dati suggeriscono che la ThuLEP offre un miglioramento significativo dei parametri funzionali comparabili con le tecniche tradizionali, nonostante una lunga curva di apprendimento.
Resumo:
Questo lavoro di tesi è stato svolto nell'ambito del gruppo Nucl-ex di Bologna dell'INFN. L'esperimento specifico si inquadra nello studio di collisioni di nuclei con numero di neutroni N uguale al numero di protoni Z (nuclei pari-pari). In particolare si vuol analizzare una reazione centrale, cioè a piccoli parametri d'impatto, nella quale i nuclei del proiettile e del bersaglio fondono assieme formando un sistema unico eccitato (nucleo composto) che successivamente decade. Nel caso della misura descritta sono stati utilizzati un fascio di 16O ed un bersaglio di 12C ed il sistema fuso che si forma è 28Si. Per rivelare le particelle provenienti dal decadimento è stato impiegato l'apparato G.AR.F.I.E.L.D. (General Array for Fragment Identification and Emitted Light particles in Dissipative collisions) accoppiato al rivelatore denominato Ring Counter (RCo). La misura è stata realizzata presso i Laboratori Nazionali dell'INFN di Legnaro (Pd) in collaborazione tra le Università e le sezioni INFN di Bologna, Firenze, Napoli e Padova. Il fascio è stato accelerato mediante l'acceleratore elettrostatico Tandem XTU, mentre il bersaglio era fisso nel sistema di riferimento del laboratorio. La misura di collisione è stata realizzata per tre diverse energie cinetiche del fascio: 90.5 MeV, 110 MeV e 130 MeV. Il lavoro è consistito principalmente nella partecipazione a diverse fasi della misura, tra cui preparazione, presa dati ed alcune calibrazioni energetiche dei rivelatori, fino ad ottenere risultati preliminari sulle distribuzioni di frequenza dei frammenti rivelati, sulle molteplicità e sulle distribuzioni angolari di particelle leggere. L'analisi preliminare effettuata ha mostrato che il valore medio di carica del residuo di evaporazione {Definito come il frammento che rimane nello stato fondamentale alla fine della catena di decadimento.} diminuisce all'aumentare dell'energia a disposizione. In modo consistente aumenta, all'aumentare dell'energia, la molteplicità media delle delle particelle leggere. Le distribuzioni angolari di particelle leggere mostrano andamenti molto simili fra le diverse energie, ma poco compatibili con il fatto che, all'aumentare dell'energia del fascio, diminuisce il cono di emissione di particelle di decadimento, in quanto aumenta la velocità del sistema fuso.
Sviluppo e caratterizzazione di materiali biomimetici e bioattivi per la rigenerazione cartilaginea.
Resumo:
In questo lavoro di tesi è stato sviluppato uno scaffold biomimetico e bioattivo per la rigenerazione cartilaginea. Questo scaffold è in grado di coordinare il processo di rigenerazione di difetti condrali e promuovere la formazione di cartilagine ialina o ‘hyaline-like’ ben integrata con l’osso subcondrale. Lo scaffold realizzato è composto da due strati, uno strato cartilagineo e uno strato calficato, al fine di mimare la complessa interfaccia presente tra la cartilagine articolare e l’osso subcondrale. Lo spessore degli strati, l’adesione tra questi e la presenza di porosità è stata valutata mediante microscopia elettronica a scansione (SEM). Sono state effettuate analisi termogravimetriche (TGA) per determinare la percentuale di acqua residua nel campione dopo il processo di liofilizzazione e il residuo minerale nel campione stesso. Nell’ottica di ottimizzazione del processo di sintesi dello scaffold è stato valutato il grado di reticolazione del campione e il tempo di degradazione. Infine, per valutare la possibilità d’impianto è stato effettuato un test d’impianto su cadavere umano durante il quale diversi campioni, con forma rotonda o quadrata, sono stati impiantati e fissati con diverse tecniche.
Resumo:
Il presente elaborato di tesi valuta l’effetto delle condizioni di estrazione dei composti fenolici in un sottoprodotto della lavorazione industriale delle patate, la buccia, con l’obiettivo di poter valorizzare tale residuo di processo per utilizzi futuri. Al fine di ottimizzare le condizioni di estrazione, si è deciso di utilizzare il disegno sperimentale Box-Behnken (DBB) mediante la variazione di tre fattori (tempo, tipologia di solvente, rapporto campione/solvente) e per un totale di 15 determinazioni. I dati risultanti dalla determinazione dei composti fenolici totali e dell’attività antiossidante hanno messo in evidenza come la buccia di patate, sottoprodotto del processo di lavorazione industriale, sia un prodotto interessante per il proprio contenuto in composti fenolici ad elevata attività antiossidante. Tuttavia, la scelta delle condizioni ottimali di estrazione è fondamentale al fine di evitare la sottostima del contenuto in composti bioattivi, che deriverebbe da una incompleta estrazione degli stessi dalla matrice alimentare. Il disegno Box-Behnken ha permesso di stabilire le condizioni ottimali di estrazione dei composti fenolici e per questo sará utilizzato in futuro per lo screening di diversi campioni procedenti dalla produzione industriale. L’estrazione ottimale dei composti di interesse ha comunque evidenziato come la buccia di patata sia una fonte di composti fenolici ad attivitá antiossidante che potrá essere utilizzata sia come ingrediente alimentare che in campo nutraceutico.
Resumo:
La producción de aceite de oliva genera distintos subproductos entre los cuales el efluente o alpechín representa un serio problema mediambiental. En los países productores el alpechín es un residuo muy contaminante debido a su elevada composición orgánica, sus efectos inhibitorios y la tendencia de sus componentes a sufrir oxidación biológica. Estas características y la estacionalidad de su producción dificultan su eliminación. La industria del aceite de oliva está actualmente en expansión en Argentina. En Mendoza, dicha actividad tiene una gran tradición y un impacto ambiental considerable. El objetivo de este trabajo fue analizar los caracteres físico- químicos de los efluentes de fábricas de aceite oliva en Mendoza (Argentina) para conocer la realidad de la industria local y rever las especificaciones legales para efluentes. Los efluentes de dos fábricas fueron evaluados en tres puntos de muestreo: agua de entrada al proceso, salida de la fábrica y pileta de deposición final de los efluentes. Se analizó el contenido de iones, pH, conductividad eléctrica, DBO y DQO. Los resultados obtenidos permiten concluir que las características del efluente dependen del método de extracción utilizado y la eventual dilución con agua de lavado. La calidad del agua subterránea utilizada en el proceso no es un factor determinante para lograr un efluente fácilmente tratable. El problema medioambiental que se plantea es la producción de un efluente con alto contenido orgánico, salino y bajo pH, caracteres que impiden su vuelco en cursos de agua superficial o red de cloacas, por no cumplir con los requisitos indicados en la normativa vigente. Por lo tanto, las fábricas elaboradoras de aceite de oliva serán las encargadas de que dichos efluentes reciban un adecuado proceso de depuración que permita su eliminación o reutilización.
Resumo:
En el presente trabajo se muestran los resultados de las investigaciones realizadas en el Instituto de Investigaciones Fundamentales en Agricultura Tropical (INIFAT), acerca de la acción del almacenamiento sobre la semilla de Nim y sus componentes. Se pudo determinar que durante el proceso de beneficio de los frutos de Nim cosechados sólo una cuarta parte del volumen de los frutos se convierte en semillas, definiéndose además que el peso de un fruto maduro es de 1.8 g y de una semilla seca 0.4 g. Por otra parte, se pudo conocer que en el proceso de almacenamiento de la semilla seca de Nim se produce una disminución notable del peso de la misma y sus componentes (almendra, aceite, torta y residuo), dada por la influencia del tiempo de almacenamiento y factores ambientales tales como humedad relativa y temperatura. Además, se observó de igual forma, que la mayor pérdida de peso de la semilla se produjo durante los dos primeros meses de almacenadas, que incluyen el período de envejecimiento fisiológico.
Resumo:
Profiles of Mo/total organic carbon (TOC) through the Lower Toarcian black shales of the Cleveland Basin, Yorkshire, United Kingdom, and the Posidonia shale of Germany and Switzerland reveal water mass restriction during the interval from late tenuicostatum Zone times to early bifrons Zone times, times which include that of the putative Early Toarcian oceanic anoxic event. The degree of restriction is revealed by crossplots of Mo and TOC concentrations for the Cleveland Basin, which define two linear arrays with regression slopes (ppm/%) of 0.5 and 17. The slope of 0.5 applies to sediment from the upper semicelatum and exaratum Subzones. This value, which is one tenth of that for modern sediments from the Black Sea (Mo/TOC regression slope 4.5), reveals that water mass restriction during this interval was around 10 times more severe than in the modern Black Sea; the renewal frequency of the water mass was between 4 and 40 ka. The Mo/TOC regression slope of 17 applies to the overlying falciferum and commune subzones: the value shows that restriction in this interval was less severe and that the renewal frequency of the water mass was between 10 and 130 years. The more restricted of the two intervals has been termed the Early Toarcian oceanic anoxic event but is shown to be an event caused by basin restriction local to NW Europe. Crossplots of Re, Os, and Mo against TOC show similar trends of increasing element concentration with increase in TOC but with differing slopes. Together with modeling of 187Os/188Os and d98Mo, the element/TOC trends show that drawdown of Re, Os, and Mo was essentially complete during upper semicelatum and exaratum Subzone times (Mo/TOC regression slope of 0.5). Drawdown sensitized the restricted water mass to isotopic change forced by freshwater mixing so that continental inputs of Re, Os, and Mo, via a low-salinity surface layer, created isotopic excursions of up to 1.3 per mil in d98Mo and up to 0.6 per mil for 187Os/188Os. Restriction thereby compromises attempts to date Toarcian black shales, and possibly all black shales, using Re-Os chronology and introduces a confounding influence in the attempts to use d98Mo and initial 187Os/188Os for palaeo-oceanographic interpretation.
Resumo:
Objetivos: analizar la experiencia obtenida y evaluar los resultados urodinámicos del estudio de 18 pacientes con esclerosis múltiple. Material y Métodos: se estudiaron 18 casos, valorándose la historia clínica, ecografía vesical y renal, analizándolos urodinámicamente con uroflujometría, residuo post miccional (RPM), cistotonometría y electromiografía esfinteriana. Urocultivo y antibiograma de orina. Resultados: del análisis de todas las variables se desprende que la vejiga hiperactiva se presentó en 10 casos con un predominio del síndrome frecuencia-urgencia, vejiga hipotónica-hiporrefléxica en 5 pacientes, disinergia detrusor-esfínter en 4 casos y 9 pacientes con infección urinaria que desencadenaban crisis de espasticidad. Todos fueron tratados con anticolinérgicos de acción vesical inmuno-modulación (brotes-recaídas) e inmuno-supresión en la enfermedad progresiva, de rehabilitación y terapia de apoyo psicológico. Conclusión: la vejiga hiperactiva es el tipo de consecuencia urinaria de la esclerosis en placa con los síntomas de frecuencia-urgencia y que, con tratamiento multimodal mejoran en un alto porcentaje.
Resumo:
En Mendoza la actividad agrícola se concentra en oasis productivos que dependen exclusivamente del riego, donde aproximadamente un 70% de las propiedades utilizan agua subterránea. El objetivo fue analizar la calidad del agua que extraen las perforaciones realizadas durante el periodo 2004/2010, en los oasis Norte y Centro de Mendoza. De los aproximadamente 1000 registros de nuevos pozos se han tomado muestras de 409 perforaciones, en las que se realizaron análisis físicoquímicos: conductividad eléctrica actual (CEA) y efectiva (CEE), residuo salino, sales totales, pH, cationes y aniones, se obtuvo el coeficiente de álcali, relación de absorción de sodio y las durezas. Se clasificó según Riverside modificación Thorne-Peterson y siguiendo la clasificación regional de Wainstein. Las perforaciones del Oasis Centro son en general de menor profundidad, extrayendo agua de menor CEA y mayor calidad. En el Oasis Norte las mejores aguas están en la zona irrigada por el Río Mendoza, encontrando hacia el este (Río Tunuyán) aguas de peores características, a pesar de que en dicha zona es donde se ubican las más importantes profundidades de exploración. Las mayores diferencias entre CEA y CEE están en la cuenca del Tunuyán inferior, donde las aguas poseen más cantidad de sales de mediana solubilidad.
Resumo:
Se analizan las causas de las desviaciones del grado refractométrico en relación al valor porcental de residuo seco en extracto de tomate, debidas al efecto de la temperatura. Se desglosan dos factores, uno de carácter extrínseco al extracto de tomate y que está en relación directa a la temperatura del sistema óptico del aparato en el momento que se realiza la medición; el otro factor de corrección es de carácter intrínseco al extracto (factor C.I.) y es atribuible a los coloides presentes en el extracto y que varían en su efecto refractivo según sea el grado de madurez de la materia prima y el contenido en cloruro de sodio
Resumo:
El libro aborda el problema del sujeto a partir de la figura de la ventriloquia. En un sentido general, se intenta pensar a la historia del hombre occidental a partir de la tensión de dos voces o polos discursivos (el muthos y el lógos) y al sujeto (el hombre) como el efecto o el resultado de esa tensión. La hipótesis central es que frente a la tradición hegemónica del ?logocentrismo?, la cual intenta reducir la pluralidad del sentido a una voz única (el lógos) y constituir a la historia como historia de ese único sentido, es posible detectar una segunda voz (el muthos), heterogénea y por así decir periférica, que subvierte, en cada momento histórico, las estrategias del lógos dominante. Esta segunda voz, además, encuentra su lugar paradigmático en la figura del ventrílocuo. El texto se propone, en esta perspectiva, realizar una reconstrucción de esta curiosa figura, para mostrar que lo humano, es decir, las diferentes imágenes o concepciones que el hombre se ha ido formando de sí mismo a lo largo de la historia son, en verdad, el producto o el efecto de la tensión entre estas dos voces o principios fonéticos. Esta tensión entre el muthos y el lógos, en cada época histórica, se encarna en ciertas figuras paradigmáticas: la pitonisa y el profeta; la bruja y el inquisidor; la poseída y el exorcista; el sonámbulo magnético y el médico; el esquizofrénico y el psiquiatra, etc. Así como la voz del lógos encuentra su lugar de proveniencia en la boca, así también el muthos encuentra su lugar, según la etimología del término "ventriloquia", en el vientre. Lo humano, en consecuencia, no es sino el resto o, mejor aún, el residuo o la secuela de las articulaciones y desarticulaciones que se producen históricamente entre la boca y el vientre, entre el lógos y el muthos.