818 resultados para Perceived fundamental motor skill competence


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Relatório de estágio apresentado para obtenção do grau de mestre na especialidade profissional de Educação pré-escolar

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Behavioral and neurophysiological studies suggest that skill learning can be mediated by discrete, experience-driven changes within specific neural representations subserving the performance of the trained task. We have shown that a few minutes of daily practice on a sequential finger opposition task induced large, incremental performance gains over a few weeks of training. These gains did not generalize to the contralateral hand nor to a matched sequence of identical component movements, suggesting that a lateralized representation of the learned sequence of movements evolved through practice. This interpretation was supported by functional MRI data showing that a more extensive representation of the trained sequence emerged in primary motor cortex after 3 weeks of training. The imaging data, however, also indicated important changes occurring in primary motor cortex during the initial scanning sessions, which we proposed may reflect the setting up of a task-specific motor processing routine. Here we provide behavioral and functional MRI data on experience-dependent changes induced by a limited amount of repetitions within the first imaging session. We show that this limited training experience can be sufficient to trigger performance gains that require time to become evident. We propose that skilled motor performance is acquired in several stages: “fast” learning, an initial, within-session improvement phase, followed by a period of consolidation of several hours duration, and then “slow” learning, consisting of delayed, incremental gains in performance emerging after continued practice. This time course may reflect basic mechanisms of neuronal plasticity in the adult brain that subserve the acquisition and retention of many different skills.

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Elemento centrale della presente tesi dottorale è il costrutto di perspective taking, definibile come l’abilità, emergente nei bambini intorno a 4-5 anni, di assumere la prospettiva altrui secondo tre differenti dimensioni: emotiva, cognitiva e percettiva (Bonino, Lo Coco, Tani, 1998; Moll e Meltzoff, 2011). Dalla letteratura emerge come il perspective taking, in quanto abilità di comprensione sociale, rivesta un ruolo adattivo e sia fondamentale per lo sviluppo, non solo intellettivo, ma anche per la formazione di adeguate capacità relazionali e sociali (Jenkins e Astington, 2000; Weil et al., 2011). Sulla base di tali considerazioni, alcuni ricercatori si sono interrogati sulla possibilità di insegnare questa abilità, elaborando specifiche e differenti procedure di intervento finalizzate ad incrementare l’abilità di perspective taking sia in bambini a sviluppo normativo (Cigala e Mori, 2015), sia in gruppi di bambini a sviluppo atipico (Fisher e Happé, 2005; Heagle e Rehfeldt, 2006; Paynter e Peterson, 2012). A partire da una prospettiva teorica socio-costruzionista, secondo cui l’acquisizione del perspective taking si configura come un’impresa di co-costruzione continua, all’interno di interazioni quotidiane con figure significative per il bambino, si è deciso di analizzare il perspective taking non solo in relazione a variabili individuali (genere, età del bambino, regolazione emotiva, abilità sociali) ma anche e soprattutto a variabili contestuali quali le caratteristiche del contesto familiare (caratteristiche disposizionali e stili genitoriali di socializzazione emotiva, presenza di fratelli). Sono stati in particolare indagati un contesto familiare normativo ed uno caratterizzato da maltrattamento psicologico, contrassegnato dalla reiterazione di comportamenti inadeguati (critiche svalutanti, denigrazione, umiliazione, minacce verbali, indifferenza) nei confronti del minore, che convogliano sul bambino l’idea di non essere amato e di avere poco valore. Con i termini “a sviluppo tipico” si intendono i bambini per i quali non sussista una diagnosi clinica e con quelli di “famiglie normative” ci si riferisce a nuclei per i quali non ci siano state segnalazioni da parte dei Servizi Educativi e Sociali di riferimento, indipendentemente dalle caratteristiche della composizione del nucleo familiare (nucleare, estesa, multipla, ricostituita o ricomposta). Tale studio rientra in un ampio progetto di ricerca e formazione che ha coinvolto più di 250 prescolari frequentanti 8 scuole dell’infanzia e 15 comunità terapeutiche e di accoglienza mamma-bambino, situate in differenti province del Nord Italia. Il gruppo dei partecipanti alla ricerca si è composto di 256 bambini in età prescolare, compresa quindi tra 3 e 5 anni (M=54,39; DS=5,705): 128 maschi (M=54,08; DS=5,551) e 128 femmine (M=54,70; DS=5,860). In particolare, 213 bambini appartenevano a famiglie normative e 43 a nuclei familiari caratterizzati dalla presenza di maltrattamento psicologico. Oltre ai bambini, la ricerca ha previsto il coinvolgimento di 155 coppie di genitori, 43 madri ospitate in comunità, 18 insegnanti e 30 operatori. Obiettivo centrale è stato l’indagine della possibilità di poter promuovere il perspective taking in bambini di età prescolare a sviluppo tipico appartenenti a due differenti tipologie di contesto familiare (normativo e psicologicamente maltrattante), attraverso l’applicazione di uno specifico percorso di training di natura “ecologica” all’interno della scuola dell’infanzia e della comunità, assimilabile a quelli di tipo evidence based. In particolare è stata prevista una procedura quasi sperimentale di tipo pre-test, training, post-test e follow-up. Dopo una preliminare valutazione dello sviluppo del perspective taking nelle sue tre componenti, in bambini appartenenti ad entrambi i contesti, si è voluto verificare l’esistenza di eventuali relazioni tra questa abilità ed alcune capacità socio-emotive dei bambini, con particolare riferimento alla disposizione prosociale, rilevate nel contesto scolastico attraverso differenti metodologie (osservazioni dirette non partecipanti, questionari self report compilati dalle insegnanti). Inoltre, data l’importanza del contesto familiare per lo sviluppo di tale abilità, la ricerca ha avuto lo scopo di verificare l’esistenza di eventuali relazioni tra le abilità di perspective taking mostrate dai bambini e gli stili di socializzazione emotiva delle figure familiari, caratteristiche di entrambi i contesti (maltrattante e non maltrattante). È stato inoltre previsto uno studio di confronto tra i due campioni rispetto alle dimensioni indagate. I risultati ottenuti sono stati particolarmente interessanti. Innanzitutto, le esperienze di training hanno determinato, in entrambi i contesti, miglioramenti nell’abilità dei prescolari di mettersi nei panni altrui. Tale training ha inoltre dimostrato effetti positivi sulla competenza sociale dei bambini, che, a seguito del percorso, hanno manifestato un incremento dei comportamenti prosociali ed una diminuzione di quelli aggressivi. Per lo studio in contesto normativo, è stato inoltre dimostrato un mantenimento delle abilità acquisite a seguito del training attraverso un follow-up a distanza di 4 mesi dal termine dell’intervento. Il positivo esito di tale percorso sembra quindi rappresentare un’importante risorsa per i prescolari, soprattutto in caso di situazioni in cui l’abilità di perspective taking risulti deficitaria. Il confronto dei due gruppi a seguito del training ha evidenziato come non siano emerse differenze significative, rispetto al perspective taking, ad eccezione della dimensione emotiva, in cui le prestazioni dei prescolari maltrattati sono risultate inferiori, come già evidenziato prima del training. Tali risultati non giungono però inaspettati, poiché, sebbene il percorso abbia agito significativamente sull’abilità di comprensione delle emozioni altrui di questi bambini, non si configura come sufficiente a ristrutturare così profondamente le problematiche presentate. Interessanti sono stati altresì i risultati ottenuti dall’analisi degli stili di socializzazione emotiva, dei genitori (madri e padri) dei prescolari non maltrattati e delle mamme dei bambini residenti in comunità. In particolare è emerso come, stili accettanti e di tipo coaching nei confronti delle emozioni negative dei bambini, siano positivamente correlati con il perspective taking dei figli, e come all’opposto, stili rifiutanti rispetto alle espressioni emotive negative dei propri bambini, mostrino correlazioni negative con le abilità di perspective taking dei figli. Oltre ad interessi di ordine teorico e metodologico, è possibile quindi affermare come, il presente lavoro di tesi, sia stato guidato da fini applicativi, affinché la ricerca scientifica possa tradursi in pratiche educative quotidiane da applicare ai contesti di vita significativi per i bambini.

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A teoria de Jean Piaget sobre o desenvolvimento da inteligência tem sido utilizada na área de inteligência computacional como inspiração para a proposição de modelos de agentes cognitivos. Embora os modelos propostos implementem aspectos básicos importantes da teoria de Piaget, como a estrutura do esquema cognitivo, não consideram o problema da fundamentação simbólica e, portanto, não se preocupam com os aspectos da teoria que levam à aquisição autônoma da semântica básica para a organização cognitiva do mundo externo, como é o caso da aquisição da noção de objeto. Neste trabalho apresentamos um modelo computacional de esquema cognitivo inspirado na teoria de Piaget sobre a inteligência sensório-motora que se desenvolve autonomamente construindo mecanismos por meio de princípios computacionais pautados pelo problema da fundamentação simbólica. O modelo de esquema proposto tem como base a classificação de situações sensório-motoras utilizadas para a percepção, captação e armazenamento das relações causais determiníscas de menor granularidade. Estas causalidades são então expandidas espaço-temporalmente por estruturas mais complexas que se utilizam das anteriores e que também são projetadas de forma a possibilitar que outras estruturas computacionais autônomas mais complexas se utilizem delas. O modelo proposto é implementado por uma rede neural artificial feed-forward cujos elementos da camada de saída se auto-organizam para gerar um grafo sensóriomotor objetivado. Alguns mecanismos computacionais já existentes na área de inteligência computacional foram modificados para se enquadrarem aos paradigmas de semântica nula e do desenvolvimento mental autônomo, tomados como base para lidar com o problema da fundamentação simbólica. O grafo sensório-motor auto-organizável que implementa um modelo de esquema inspirado na teoria de Piaget proposto neste trabalho, conjuntamente com os princípios computacionais utilizados para sua concepção caminha na direção da busca pelo desenvolvimento cognitivo artificial autônomo da noção de objeto.

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Além do aprendizado de conhecimentos básicos e técnicos, promover competência social e habilidades interpessoais de universitários da área da Saúde torna-se fundamental para o desenvolvimento de relações saudáveis e produtivas no contexto acadêmico e na linha do cuidado. O campo das Habilidades Sociais, uma área da Psicologia, tem fornecido fundamentação desde a metodologia de avaliação de repertório social, até programas de Treinamento de Habilidades Sociais (THS) em contextos educacionais. Atualmente, é crescente o interesse em pesquisas qualitativas na Saúde por englobar o universo de significados, motivos, crenças, valores e atitudes, correspondendo a um espaço mais profundo das relações humanas. Objetivos: Investigar do ponto de vista qualitativo o programa de THS com universitários, oferecido pela disciplina de Psicologia III no Curso de Fonoaudiologia; descrever as potencialidades e dificuldades do repertório de HS conforme a autopercepção dos universitários; identificar os ganhos percebidos pelos universitários ao longo do programa de THS; analisar a relação entre o THS com o autoconhecimento nas relações interpessoais e na relação profissional-paciente. Metodologia: Participaram desta pesquisa 22 universitários, com faixa etária entre 19 e 21 anos de ambos os sexos, que cursavam o segundo ano do Curso de Fonoaudiologia de uma Instituição de Ensino Superior do interior paulista. Empregaram-se abordagem qualitativa e análise de conteúdo dos relatos produzidos pelos universitários no 1o, 8o e 15o encontros do THS e das sínteses (8o e 15o). Resultados: Foram identificadas três temas para análise: \"A importância do conhecimento teórico/técnico para a formação do fonoaudiólogo\", \"A importância do THS no contexto acadêmico e para a prática clínica\" e \"Avaliação dos universitários sobre os efeitos do THS\". No que se refere ao conhecimento teórico/técnico, os relatos apontaram a importância de que este seja desenvolvido de maneira contínua, valorizando as metodologias ativas empregadas. Quanto ao treinamento, os participantes descreveram maior prevalência de potencialidades e dificuldades das habilidades assertivas nos relacionamentos interpessoais do contexto acadêmico. Também foi apontada maior dificuldade de empatia com colegas e na comunicação com professores. No contexto profissional, as dificuldades permearam a ansiedade de falar em público e ser assertivo ao trabalhar em grupo. Quanto aos ganhos identificados, prevaleceu a assertividade com os dois interlocutores envolvidos nesta pesquisa; porém, todas as habilidades sociais tiveram resultados considerados positivos nos dois contextos, destacando a comunicação empática com paciente como facilitadora do processo terapêutico. O THS foi avaliado positivamente, pois permitiu a identificação de potencialidades, dificuldades e ganhos no repertório de HS no contexto acadêmico, sendo apontado como uma forma de preparação para a prática clínica, promovendo o autoconhecimento, o desenvolvimento de comportamentos socialmente habilidosos e a generalização para outros contextos. Conclusão: A inserção do THS na formação profissional de universitários na Fonoaudiologia mostrou-se bastante promissora ao ampliar o repertório de habilidades e competências para além do conhecimento teórico/técnico, tendo o autoconhecimento papel central neste processo, culminando com mudanças de comportamento na vida pessoal e profissional. Salienta-se a relevância do THS em cursos de graduação na área da Saúde, pelo contexto da relação profissional-paciente.

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This study is designed to investigate the relationships between marital communication, the quality of parents' ability to assist their children in joint problem-solving, and children's independent mastery attempts and perceived competence at problem-solving, and behavioral indicators of self-esteem. Couples' skill at regulating their own and their children's negative affect within the marital and parent-child family subsystems is hypothesized to predict the quality of their assistance, or scaffolding behavior, to their children during joint problem-solving. Further, the quality of parental scaffolding behavior is expected to predict children's independent mastery attempts, levels of perceived competence at problemsolving, and behavioral indicators of self-esteem. Families for the study will be those with children between 3 1/2 to six years of age recruited from subjects participating in a longitudinal study of communication in marriage being conducted at the Denver Center for Marital and Family Studies. Families will participate in three interaction tasks designed to tap parental scaffolding behavior during problemsolving with their children. Children will be administered self-report measures to tap their perceived competence at such problem-solving as those in the interaction tasks and parents will complete a questionnaire tapping the behavioral indicators of their child's self-esteem. Family interaction data will be coded with the use of a microanalytic coding system developed by this study, the Parent-Child Interaction Coding System. Marital communication data at three time points, premaritally, during the transition to parenthood , and concurrently, will be obtained from couples' interactions from the longitudinal study. The clinical significance of this study includes implications for training couples how to effectively regulate negative affect and offer their children sensitive assistance during joint problem-solving.

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The aim of a university education is the intellectual development of citizens, and the training of professionals for their subsequent entry into the workforce. However, this entry into the workforce, following the theoretical education usually provided by the university, implies that students have to manage this difficult transition by themselves. Society, in a continual process of transformation, requires of universities that they adjust, adapting the education they offer to comply with the demands of society and the workplace. Socio-emotional skills would seem to have influence predicting professional performance. These skills also influence job-finding and employability. Consequently, providing teachers with an education in socioemotional competences is becoming a necessary task within universities, and the majority of teaching staff consider these skills to be fundamental to the personal and socio-emotional development of students. The objective of our proposed work is to establish the characteristic profile of competences of a sample of teachers in training, and compare it with the competences profile of graduate students belonging to the fields of law sciences, social sciences, humanities, science and technology, and health. Starting from results, implications will be derived for the development of generic competences of socio-emotional type in the framework of the European Frame of Higher Education.

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Although the study of factors affecting career success has shown connections between biographical and other aspects related to ability, knowledge and personality, few studies have examined the relationship be-tween emotional intelligence and professional success at the initial career stage. When these studies were carried out, the results showed significant relationships between the dimensions of emotional intelligence (emotional self-awareness, self-regulation, social awareness or social skills) and the level of professional competence. In this paper, we analyze the relationship between perceived emotional intelligence, measured by the Trait Meta-Mood Scale (TMMS-24) questionnaire, general intelligence assessed by the Cattell factor "g" test, scale 3, and extrinsic indicators of career success, in a sample of 130 graduates at the beginning of their careers. Results from hierarchical regression analysis indicate that emotional intelligence makes a specific contribution to the prediction of salary, after controlling the general intelligence effect. The perceived emotional intelligence dimensions of TMMS repair, TMMS attention and sex show a higher correlation and make a greater contribution to professional success than general intelligence. The implications of these results for the development of socio-emotional skills among University graduates are discussed.

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On the occasion of the 50th anniversary of the Elysée Treaty between Germany and France, CEPS Director Daniel Gros acknowledges the fundamental contribution made by the Franco-German motor but also takes the two countries to task for their refusal abandon the pretence that they still perform individually an independent role at the global level. France and Germany should allow European institutions to formulate and implement common external policies.

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This paper is the second in a series for a CEPS project entitled “The British Question and the Search for a Fresh European Narrative”. It is pegged on an ambitious exercise by the British government to review all the competences of the European Union on the basis of evidence submitted by independent stakeholders. In all, 32 sectoral policy reviews are being produced over the period 2013-2015, as input into public information and debate leading up to a referendum on whether the UK should remain in, or secede from, the EU, planned for 2017. This second set of reviews covers a broad range of EU policies (for the single market for goods, external trade, transport policy, environment, climate change, research, asylum, non-EU immigration, civil judicial cooperation, tourism, culture and sport). The findings confirm what emerged from the first set of reviews, namely that there is little or no case for repatriation of EU competences at the level they are defined in the treaties. This does not exclude that at a more detailed level there can be individual actions or laws that might be done better or not at all. However, that is the task of all the institutions to work at on a regular basis, and hardly a rationale for secession. For the UK in particular the EU has shown considerable flexibility in agreeing to special arrangements, such as in the case of the policies here reviewed of asylum, non-EU immigration and civil judicial cooperation. In other areas reviewed here, such as the single market for goods, external trade, transport, environment, climate change and research, there is a good fit between the EU’s policies and UK priorities, with the EU perceived by stakeholders as an ‘amplifier’ of British interests.

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This paper, the third in a series for a CEPS project on the ‘The British Question’, is pegged on an ambitious exercise by the British government to review all the competences of the European Union on the basis of evidence submitted by independent stakeholders. The reviews considered in this paper cover the following EU policies: the single market for services, financial markets, the free movement of people, cohesion, energy, agriculture, fisheries, competition, social and employment policies, and fundamental rights. The declared objective of Prime Minister Cameron is to secure a ‘new settlement’ between the UK and the EU. From political speeches in the UK one can identify three different types of possible demand: reform of EU policies, renegotiation of the UK’s specific terms of membership, and repatriation of competences from the EU back to the member states. As most of the reviews are now complete, three points are becoming increasingly clear: i) The reform agenda – past, present or future - concerns virtually every branch of EU policy, including several cases reviewed here that are central to stated UK economic interests. The argument that the EU is ‘unreformable’ is shown to be a myth. ii) The highly sensitive cases of immigration from the EU and social policies may translate into requests for renegotiation of specific conditions for the UK, but further large-scale opt-outs, as in the case of the euro and justice and home affairs, are implausible. iii) While demands for repatriation of EU competences are voiced in general terms in public debate in the UK, no specific proposals emerge from the evidence as regards competences at the level at which they are identified in the treaties, and there is no chance of achieving consensus for such ideas among member states. Michael Emerson and Steven Blockmans, “British Balance of Competence Reviews, Part I: ‘Competences about right, so far’”, CEPS/EPIN Working Paper No. 35, October 2013 (www.ceps.eu/book/british-balance-competence-reviews-part-i-%E2%80%98competences-about-right-so-far%E2%80%99)(http://aei.pitt.edu/45599/); Michael Emerson, Steven Blockmans, Steve Peers and Michael Wriglesworth, “British Balance of Competence Reviews, Part II: Again, a huge contradiction between the evidence and Eurosceptic populism”, CEPS/EPIN Working Paper No. 40, June 2014 (www.ceps.eu/book/british-balance-competence-reviews-part-ii-again-huge-contradiction-between-evidence-and-eurosc)(http://aei.pitt.edu/52452/).

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Different components of driving skill relate to accident involvement in different ways. For instance, while hazard-perception skill has been found to predict accident involvement, vehicle-control skill has not. We found that drivers rated themselves superior to both their peers and the average driver on 18 components of driving skill (N = 181 respondents). These biases were greater for hazard-perception skills than for either vehicle-control skills or driving skill in general. Also, ratings of hazard-perception skill related to self-perceived safety after overall skill was controlled for. We suggest that although drivers appear to appreciate the role of hazard perception in safe driving, any safety benefit to be derived from this appreciation may be undermined by drivers' inflated opinions of their own hazard-perception skill. We also tested the relationship between illusory beliefs about driving skill and risk taking and looked at ways of manipulating drivers' illusory beliefs.

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Recent studies have revealed systematic differences in the pyramidal cell structure between functionally related cortical areas of primates. Trends for a parallel in pyramidal cell structure and functional complexity have been reported in visual, somatosensory, motor, cingulate and prefrontal cortex in the macaque monkey cortex. These specializations in structure have been interpreted as being fundamental in determining cellular and systems function, endowing circuits in these different cortical areas with different computational power. In the present study we extend our initial finding of systematic specialization of pyramidal cell structure in sensory-motor cortex in the macaque monkey [Cereb Cortex 12 (2002) 1071] to the vervet monkey. More specifically, we investigated pyramidal cell structure in somatosensory and motor areas 1/2, 5, 7, 4 and 6. Neurones in fixed, flat-mounted, cortical slices were injected intracellularly with Lucifer Yellow and processed for a light-stable 3,3'-diaminobenzidine reaction product. The size of, number of branches in, and spine density of the basal dendritic arbors varied systematically such that there was a trend for increasing complexity in arbor structure with progression through 1/2, 5 and 7. In addition, cells in area 6 were larger, more branched, and more spinous than those in area 4. (c) 2005 IBRO. Published by Elsevier Ltd. All rights reserved.

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In this experiment, we examined the extent to which the spatiotemporal reorganization of muscle synergies mediates skill acquisition on a two degree-of-freedom (df) target-acquisition task. Eight participants completed five practice sessions on consecutive days. During each session they practiced movements to eight target positions presented by a visual display. The movements required combinations of flexion/extension and pronation/supination of the elbow joint complex. During practice sessions, eight targets displaced 5.4 cm from the start position ( representing joint excursions of 54) were presented 16 times. During pre- and posttests, participants acquired the targets at two distances (3.6 cm [36 degrees] and 7.2 cm [72 degrees]). EMG data were recorded from eight muscles contributing to the movements during the pre- and posttests. Most targets were acquired more rapidly after the practice period. Performance improvements were, in most target directions, accompanied by increases in the smoothness of the movement trajectories. When target acquisition required movement in both dfs, there were also practice-related decreases in the extent to which the trajectories deviated from a direct path to the target. The contribution of monofunctional muscles ( those producing torque in a single df) increased with practice during movements in which they acted as agonists. The activity in bifunctional muscles ( those contributing torque in both dfs) remained at pretest levels in most movements. The results suggest that performance gains were mediated primarily by changes in the spatial organization of muscles synergies. These changes were expressed most prominently in terms of the magnitude of activation of the monofunctional muscles.