359 resultados para Gruppi finitamente generati liberi


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Capire come modellare l'attività del cervello a riposo, resting state, è il primo passo necessario per avvicinarsi a una reale comprensione della dinamica cerebrale. Sperimentalmente si osserva che, quando il cervello non è soggetto a stimoli esterni, particolari reti di regioni cerebrali presentano un'attività neuronale superiore alla media. Nonostante gli sforzi dei ricercatori, non è ancora chiara la relazione che sussiste tra le connessioni strutturali e le connessioni funzionali del sistema cerebrale a riposo, organizzate nella matrice di connettività funzionale. Recenti studi sperimentali mostrano la natura non stazionaria della connettività funzionale in disaccordo con i modelli in letteratura. Il modello implementato nella presente tesi per simulare l'evoluzione temporale del network permette di riprodurre il comportamento dinamico della connettività funzionale. Per la prima volta in questa tesi, secondo i lavori a noi noti, un modello di resting state è implementato nel cervello di un topo. Poco è noto, infatti, riguardo all'architettura funzionale su larga scala del cervello dei topi, nonostante il largo utilizzo di tale sistema nella modellizzazione dei disturbi neurologici. Le connessioni strutturali utilizzate per definire la topologia della rete neurale sono quelle ottenute dall'Allen Institute for Brain Science. Tale strumento fornisce una straordinaria opportunità per riprodurre simulazioni realistiche, poiché, come affermato nell'articolo che presenta tale lavoro, questo connettoma è il più esauriente disponibile, ad oggi, in ogni specie vertebrata. I parametri liberi del modello sono stati scelti in modo da inizializzare il sistema nel range dinamico ottimale per riprodurre il comportamento dinamico della connettività funzionale. Diverse considerazioni e misure sono state effettuate sul segnale BOLD simulato per meglio comprenderne la natura. L'accordo soddisfacente fra i centri funzionali calcolati nel network cerebrale simulato e quelli ottenuti tramite l'indagine sperimentale di Mechling et al., 2014 comprovano la bontà del modello e dei metodi utilizzati per analizzare il segnale simulato.

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Gli squali bianchi sono tra i più importanti predatori dei Pinnipedi (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). La loro principale strategia di caccia consiste nel pattugliare le acque circostanti ad una colonia di otarie e nell’attaccarle quando queste sono in movimento, mentre si allontanano o avvicinano all’isola (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). Tuttavia, la strategia e la dinamica della predazione osservate anche in relazione al ciclo riproduttivo della preda e le tattiche comportamentali messe in atto dalla preda per ridurre la probabilità di predazione, e quindi diminuire la sua mortalità, sono ancora poco conosciute. Con questo studio, effettuato nell’area di Seal Island all’interno della baia di Mossel Bay in Sud Africa, abbiamo cercato di definire proprio questi punti ancora poco conosciuti. Per studiare la strategia e le dinamica di predazione dello squalo bianco abbiamo utilizzato il sistema di monitoraggio acustico, in modo da poter approfondire le conoscenze sui loro movimenti e quindi sulle loro abitudini. Per dare un maggiore supporto ai dati ottenuti con la telemetria acustica abbiamo effettuato anche un monitoraggio visivo attraverso l’attrazione (chumming) e l’identificazione fotografica degli squali bianchi. Per comprendere invece i loro movimenti e le tattiche comportamentali messi in atto dalle otarie orsine del capo per ridurre la probabilità di predazione nella baia di Mossel Bay, abbiamo utilizzato il monitoraggio visivo di 24 ore, effettuato almeno una volta al mese, dalla barca nell’area di Seal Island. Anche se gli squali bianchi sono sempre presenti intorno all’isola i dati ottenuti suggeriscono che la maggior presenza di squali/h si verifica da Maggio a Settembre che coincide con l’ultima fase di svezzamento dei cuccioli delle otarie del capo, cioè quando questi iniziano a foraggiare lontano dall'isola per la prima volta; durante il sunrise (alba) durante il sunset (tramonto) quando il livello di luce ambientale è bassa e soprattutto quando la presenza delle prede in acqua è maggiore. Quindi possiamo affermare che gli squali bianchi a Seal Island prendono delle decisioni che vanno ad ottimizzare la loro probabilità di catturare una preda. I risultati preliminari del nostro studio indicano anche che il numero di gruppi di otarie in partenza dall'isola di notte sono di gran lunga maggiori di quelle che partono durante il giorno, forse questo potrebbe riflettere una diminuzione del rischio di predazione; per beneficiare di una vigilanza condivisa, le otarie tendono in media a formare gruppi di 3-5 o 6-9 individui quando si allontanano dall’isola e questo probabilmente le rende meno vulnerabili e più attente dall’essere predate. Successivamente ritornano all’isola da sole o in piccoli gruppi di 2 o 3 individui. I gruppi più piccoli probabilmente riflettono la difficoltà delle singole otarie a riunirsi in gruppi coordinati all'interno della baia.

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Le vene giugulari interne sembrano essere la via principale attraverso cui il sangue defluisce dal cervello verso il cuore, quando siamo in posizione supina. Nel 2008 il professor Paolo Zamboni ha scoperto che una diminuzione dell'attività giugulare può portare allo sviluppo di una condizione emodinamica chiamata CCSVI. Questa può causare ipossia, ritardi nella perfusione cerebrale e riduzione del drenaggio dei cataboliti, oltre ad un'attivazione infiammatoria delle piccole vene e dei tessuti vicini. Questa condizione è stata da subito associata alla sclerosi multipla e su questo argomento si sono dibattuti molti gruppi di ricerca. Inoltre, altre patologie sembrano essere associate alla CCSVI, come il morbo di Parkinson, l'Alzheimer e la sindrome di Meniere. Proprio quest'ultima è uno degli argomenti che attualmente interessa di più il gruppo di lavoro in cui mi sono inserita. Questa patologia comporta problemi uditivi, come sordità e tinnito, vertigini e nausea. Il gruppo Vascolar Disease Center (VDC) dell'Università di Ferrara ha previsto per l'anno 2015 uno studio multicentrico, in cui si cercherà di verificare la correlazione tra CCSVI e sindrome di Meniere. La mia tesi fa parte di un studio preliminare a quello multicentrico. All'inizio del lavoro mi sono dedicata ad un'analisi critica di un modello emodinamico per la quantificazione dei flussi sanguigni: il modello BMC, pubblicato nel 2013 dal gruppo VDC, effettuando in parallelo una ricerca bibliografica sullo stato dell'arte in materia. In seguito ho cominciato a studiare off-line diversi studi patologici e fisiologici, in modo da prendere confidenza con gli strumenti e con le metodologie da utilizzare. Sono stata poi coinvolta dal gruppo VDC per partecipare attivamente al miglioramento del protocollo legato al modello BMC. Infine ho analizzato, con due metodologie differenti, 35 studi effettuati su pazienti otorinolaringoiatrici. Con i risultati ottenuti ho potuto effettuare diverse analisi statistiche al fine di verificare l'equivalenza delle due metodologie. L'obiettivo ultimo era quello di stabilire quale delle due fosse la tecnica migliore da utilizzare, successivamente, nello studio multicentrico.

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Abbiamo sintetizzato un nuovo sistema nanogranulare consistente di nanoparticelle di magnetite inserite in idrossiapatite carbonata biomimetica per possibili future prospettive nell'ambito del tissue engineering osseo. Sono stati sintetizzati e studiati tre campioni nanogranulari, uno composto di nanoparticelle di magnetite e due composti di idrossiapatite contenenti magnetite per circa lo 0.8wt.% ed il 4wt.%. Le nanoparticelle di magnetite e il materiale composto sono stati analizzati tramite diffrazione a raggi X (XRD), spettroscopia all'infrarosso (FT-IR) e microscopia in trasmissione elettronica (TEM). Queste analisi hanno fornito informazioni sulla struttura delle nanoparticelle, come il size medio di circa 6 nm e hanno rivelato, sulla loro superficie, la presenza di gruppi idrossilici che incentivano la crescita successiva della fase di idrossiapatite, realizzando una struttura nanocristallina lamellare. I primi studi magnetici, condotti tramite un magnetometro SQUID, hanno mostrato che sia le nanoparticelle as-prepared sia quelle ricoperte di idrossiapatite sono superparamagnetiche a T=300K ma che il rilassamento della magnetizzazione è dominato da interazioni magnetiche dipolari di intensità confrontabile all'interno dei tre campioni. I valori di magnetizzazione più bassi di quelli tipici per la magnetite bulk ci hanno portato ad ipotizzare un possibile fenomeno di canting superficiale per gli spin delle nanoparticelle, fenomeno presente e documentato in letteratura. Nei tre campioni, quello di sole nanoparticelle di magnetite e quelli di idrossiapatite a diverso contenuto di magnetite, si forma uno stato collettivo bloccato a temperature inferiori a circa 20K. Questi risultati indicano che le nanoparticelle di magnetite tendono a formare agglomerati già nello stato as-prepared che sostanzialmente non vengono alterati con la crescita di idrossiapatite, coerentemente con la possibile formazione di legami idrogeno elettrostatici tra i gruppi idrossilici superficiali. L'analisi Mossbauer del campione di magnetite as-prepared ha mostrato un comportamento bimodale nelle distribuzioni dei campi iperfini presenti alle varie temperature. Passando dalle basse alle alte temperature lo spettro collassa in un doppietto, coerentemente con il passaggio dallo stato bloccato allo stato superparamagnetico per il sistema.

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La tesi analizza l'attuale offerta dell'advertising online, ne individua alcune problematiche e valuta una possibile soluzione, tramite l'elaborazione di un nuovo modello di costo. Tale modello è basato sul tempo di persistenza dello sguardo rilevato tramite dispositivo di eye-tracking. L'obiettivo della tesi è quindi la creazione di un tool per raccogliere i dati dal dispositivo e, infine, restituire i risultati grafici e testuali generati dalla funzione di costo.

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Per far fronte alla necessità di sviluppo incrementale ed evolutivo dell'IT, è necessario un continuo rinnovamento del sistema aziendale. Negli ultimi anni, il progresso informatico è stato caratterizzato dall'espansione delle tecnologie Cloud, in grado di semplificare la complessità amministrativa delle aziende, aumentare la scalabilità dei sistemi e ridurre i costi di produzione. Nel corso di questo elaborato analizzerò nel dettaglio come il Cloud sia capace di rivoluzionare, in primis dal punto di vista amministrativo, ma non solo, i sistemi informatici moderni, valutando i molteplici benefici da esso generati e gli inevitabili trade-off che ne derivano.

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Il progetto sperimentale è stato focalizzato alla valutazione qualitativa di oli extra vergini di oliva monovarietali (Nostrana di Brisighella, Ghiacciola, Don Carlo), prodotti da olive coltivate nell’areale Brisighellese analizzandoli sia per alcuni parametri chimici che per alcune caratteristiche sensoriali rilevabili in fase gustativa (attributi di amaro e piccante). Per ogni campione sono stati valutati i parametri di qualità stabiliti dal Reg. CEE n. 2568/91 e successive modifiche: acidità libera, numero di perossidi, estinzioni specifiche nell’ultravioletto, composizione in acidi grassi ed analisi sensoriale secondo il metodo del “Panel test”. Gli oli sono stati anche sottoposti alla caratterizzazione della frazione biofenolica mediante estrazione secondo metodo COI (COI/T.20/Doc. n.29) seguita da separazione cromatografica HPLC ed identificazione guidata sia da rivelatore a fotodiodi (DAD) che da spettrometro di massa (MSD). I dati ottenuti sono stati elaborati con l’ausilio di tecniche di analisi multivariata (PCA) valutando sia le correlazioni esistenti tra le variabili, che la possibilità di discriminare i campioni in gruppi omogenei per caratteristiche chimiche e/o sensoriali. Più specificatamente, si è rivolta l'attenzione alle relazioni esistenti tra la concentrazione in singole molecole a struttura fenolica e l'intensità degli attributi sensoriali positivi, amaro e piccante. In ultima analisi, si è proceduto a determinare il contenuto totale in derivati fenolici dell’idrossitirosolo e tirosolo (semplici e complessi) presenti in 20 g di olio per verificare la conformità al claim salutistico approvato dall'EFSA nel 2011 “i polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo”, che è possibile inserire in etichetta qualora il prodotto soddisfi il limite richiesto dal Reg. UE 432/2012.

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L’osteoartrosi è la malattia delle articolazioni più comune al mondo ed è spesso causa di condizioni fortemente disabilitanti. Date le limitazioni dei trattamenti attualmente proposti per la gestione dei pazienti osteoartrosici è di grande interesse la ricerca di soluzioni alternative. A tal fine Fin-Ceramica S.p.A. desidera progettare un innovativo sostituto osteocondrale in collagene attivato con un’emergente classe di macromolecole polimeriche: i dendrimeri. Questi polimeri offrono un’unica opportunità di mostrare all’interfaccia con il tessuto naturale una pluralità di gruppi funzionali favorendo, con un’adeguata ingegnerizzazione, le interazioni biologiche e sostenendo la vitalità e l’attività cellulare. In questo lavoro di tesi, con in mente una futura convalida di processo necessaria a garantire la sicurezza e l’affidabilità del prodotto, sono stati sviluppati nuovi metodi per verificare ed ottimizzare la reazione di sintesi del dendrimero, per caratterizzare il materiale ottenuto e per creare legami covalenti fra collagene e dendrimero attivando potenzialmente il sostituto osteocondrale. Il primo obiettivo è stato conseguito sfruttando la presenza o l’assenza di gruppi amminici disponibili ai terminali del dendrimero in crescita e la formazione di un prodotto di scarto cromoforo durante la sintesi. In relazione a questi elementi sono stati individuati metodi semplici ed efficaci, quali la spettrofotometria ultravioletta ed i saggi colorimetrici con TNBS e ninidrina, per monitorare ogni step di reazione portandolo a compimento e ricavare i tempi necessari a tale scopo. Il dendrimero ottenuto è stato quindi caratterizzato tramite spettrometria infrarossa in trasformata di Fourier. Nota la composizione teorica della nostra macromolecola quest’analisi ha consentito l’identificazione del materiale prodotto ed ha inoltre permesso di dimostrare la ripetibilità dello specifico processo di sintesi dendrimerica. Infine per individuare una possibile procedura di funzionalizzazione del collagene con il dendrimero sono stati sperimentati due differenti metodi relativi a due diversi agenti crosslinkanti. Per rilevare un’eventuale modifica delle proprietà superficiali dei campioni realizzati, conseguente alla presenza dei dendrimeri, ne è stata valutata la bagnabilità attraverso la misura dell’angolo di contatto. La determinazione per uno dei due metodi di un significativo aumento di idrofilicità rispetto al campione di controllo ha verificato la fattibilità della reazione di funzionalizzazione del collagene con il dendrimero sintetizzato in questa ricerca identificando un possibile reagente ed una relativa procedura. I risultati ottenuti da queste ricerche costituiscono informazioni necessarie all’attività di convalida del processo di sintesi del dendrimero ed alla realizzazione del sostituto osteocondrale attivato progettato da Fin-Ceramica.

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L’obbiettivo del lavoro è la messa a punto di membrane polimeriche nanoporose funzionalizzate con la N-metil-D-glucamina (NMDG), per la rimozione dell’arsenico dalle acque. Al fine di ottenere membrane con proprietà di filtro molecolare selettivo, si è deciso di sfruttare la capacità della NMDG di chelare selettivamente gli ossianioni dell’arsenico. La NMDG è stata funzionalizzata in maniera da ottenere due monomeri: metacrilato della N-metil-D-glucammina e 4-vinilbenzil-N-metil-D-glucammina, sui quali è stata effettuata una sililazione dei gruppi ossidrilici della glucammina in maniera da ottenere composti liquidi e quindi adatti al processo produttivo delle membrane. Con l’obbiettivo di ottenere un elevata area superficiale la morfologia della membrana è stata controllata mediante imprinting di nanoparticelle di silice colloidale. La cattura del arsenico da parte delle membrane polimeriche è stata valutata mediante analisi di assorbimento atomico a seguito dell’attacco acido con HF 5% che rimuove le particelle di silice ed i gruppi protettori.

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Questa tesi ha come obiettivo principale quello di calcolare il gruppo fondamentale di alcuni spazi topologici noti, in particolare alcuni spazi di orbite rispetto ad azioni di gruppi. Il gruppo fondamentale è un gruppo che può essere associato ad ogni spazio topologico X connesso per archi e che per le sue proprietà può fornire informazioni sulla topologia di X; è uno dei primi concetti della topologia algebrica. La nozione di gruppo fondamentale è strettamente legata alla nozione di rivestimento, particolare funzione tale che ogni punto del codominio possiede un intorno aperto la cui retroimmagine è unione disgiunta di aperti del dominio ognuno dei quli omeomorfi all’intorno di partenza. Si prendono poi in considerazione il caso di spazio di orbite, cioè di uno spazio quoziente di uno spazio topologico X rispetto all’azione di un gruppo. Se tale azione è propriamente discontinua allora la proiezione canonica è un rivestimento. In questa tesi utilizzeremo i risultati che legano i gruppi fondamentali di X e X/G per calcolare il gruppo fondamentale di alcuni spazi notevoli, quali la circonferenza, il toro, lo spazio proiettivo e il nastro di Moebius.

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Nella tesi si è studiata una macchina automatica per l'industria farmaceutica: l'Adapta 100, un'opercolatrice (macchina riempi-capsule) prodotta da IMA SpA. Gli scopi della tesi erano chiarire il flusso di potenza dei vari assi e valutare un possibile risparmio energetico. La macchina infatti ha diversi motori: uno, collegato all'asse master, che comanda i gruppi non rimovibili e gli altri che comandano i gruppi di dosaggio. Tali motori in generale, per qualche tratto del ciclo della macchina, potranno lavorare come generatori, anche considerando il solo funzionamento a regime: si avrà cioè, in qualche istante, che le forze esterne tendono ad accelerare il motore, che così assorbe energia meccanica e produce energia elettrica. Attualmente tale energia viene dissipata in apposite resistenze collegate ai motori; ci si è chiesti se non si potesse invece immagazzinare l'energia prodotta, ad esempio per usarla in caso di black-out, per frenare delicatamente la macchina senza che gli assi perdano la fase. Un'alternativa è quella di ridistribuire la potenza generata istante per istante collegando i motori a un comune bus DC. Prima però è necessario conoscere gli andamenti di coppia e velocità di ciascun motore: per questo ci si è ricondotti al modello della macchina a 1 gdl, riducendo tutte le coppie e le inerzie all'asse motore. Si sono studiati i due assi più importanti in termini di coppie e potenze di picco: questi sono l'asse master e l'asse di dosaggio della polvere farmaceutica. Il modello è stato concretamente implementato con degli script MATLAB. Il modello risulta flessibile, per considerare le varie modalità di funzionamento della macchina, e considera i principali termini di coppia, inclusi attriti (inseriti sotto forma di rendimenti) e forze esterne di lavorazione. Tra queste è particolarmente importante la forza di compattazione della polvere, che è stata modellata con la formula di Kawakita, nota dalla letteratura.

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Da poco più di 30 anni la comunità scientifica è a conoscenza dell’occasionale presenza di strutture cicloniche con alcune caratteristiche tropicali sul Mar Mediterraneo, i cosiddetti medicane. A differenza dei cicloni baroclini delle medie latitudini, essi posseggono una spiccata simmetria termica centrale che si estende per gran parte della troposfera, un occhio, talvolta privo di nubi, e una struttura nuvolosa a bande spiraleggianti. Ad oggi non esiste ancora una teoria completa che spieghi la loro formazione ed evoluzione. La trattazione di questa tesi, incentrata sull’analisi dei campi di vorticità potenziale e di umidità relativa, è sviluppata nell’ottica di una miglior comprensione delle dinamiche alla mesoscala più rilevanti per la nascita dei medicane. Lo sviluppo di tecniche avanzate di visualizzazione dei campi generati dal modello WRF, quali l’animazione tridimensionale delle masse d’aria aventi determinate caratteristiche, ha permesso l’individuazione di due zone di forti anomalie di due campi derivati dalla vorticità potenziale in avvicinamento reciproco, intensificazione e mutua interazione nelle ore precedenti la formazione dei medicane. Tramite la prima anomalia che è stata chiamata vorticità potenziale secca (DPV), viene proposta una nuova definizione di tropopausa dinamica, che non presenta i problemi riscontrati nella definizione classica. La seconda anomalia, chiamata vorticità potenziale umida (WPV), individua le aree di forte convezione e permette di avere una visione dinamica dello sviluppo dei medicane alle quote medio-basse. La creazione di pseudo immagini di vapore acqueo tramite la teoria del trasferimento radiativo e la comparazione di queste mappe con quelle effettivamente misurate nei canali nella banda del vapore acqueo dai sensori MVIRI e SEVIRI dei satelliti Meteosat hanno da un lato confermato l’analisi modellistica, dall’altro consentito di stimare gli errori spazio-temporali delle simulazioni. L’utilizzo dei dati di radianza nelle microonde, acquisiti dai sensori AMSU-B e MHS dei satelliti NOAA, ha aggiunto ulteriori informazioni sia sulle intrusioni di vorticità potenziale che sulla struttura degli elementi convettivi presenti sul dominio, in modo particolare sulla presenza di ghiaccio in nube. L’analisi dettagliata di tre casi di medicane avvenuti nel passato sul Mar Mediterraneo ha infine consentito di combinare gli elementi innovativi sviluppati in questo lavoro, apportando nuove basi teoriche e proponendo nuovi metodi di indagine non solo per lo studio di questi fenomeni ma anche per un’accurata ricerca scientifica su ciclogenesi di altro tipo.

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In questa tesi viene presentato un bioreattore in grado di mantenere nel tempo condizioni biologiche tali che consentano di massimizzare i cicli di evoluzione molecolare di vettori di clonazione fagici: litico (T7) o lisogeno (M13). Verranno quindi introdtti concetti legati alla Teoria della Quasispecie e alla relazione tra errori di autoreplicazione e pressioni selettive naturali o artificiali su popolazioni di virus: il modello naturale del sistema evolutivo. Tuttavia, mantenere delle popolazioni di virus significa formire loro un substrato dove replicare. Per fare ciò, altri gruppi di ricerca hanno giá sviluppato complessi e costosi prototipi di macchinari per la crescita continua di popolazioni batteriche: i compartimenti dei sistemi evolutivi. Il bioreattore, oggetto di questo lavoro, fa parte del progetto europeo Evoprog: general purpose programmable machine evolution on a chip (Jaramillo’s Lab, University of Warwick) che, utilizzando tecnologie fagiche e regolazioni sintetiche esistenti, sará in grado di produrre funzionalità biocomputazionali di due ordini di grandezza più veloci rispetto alle tecniche convenzionali, riducendo allo stesso tempo i costi complessivi. Il primo prototipo consiste in uno o piú fermentatori, dove viene fatta crescere la cultura batterica in condizioni ottimizzate di coltivazione continua, e in un cellstat, un volume separato, dove avviene solo la replicazione dei virus. Entrambi i volumi sono di pochi millilitri e appropriatamente interconnessi per consentire una sorta di screening continuo delle biomolecole prodotte all’uscita. Nella parte finale verranno presentati i risultati degli esperimenti preliminari, a dimostrazione dell’affidabilità del prototipo costruito e dei protocolli seguiti per la sterilizzazione e l’assemblaggio del bioreattore. Gli esperimenti effettuati dimostrano il successo di due coltivazioni virali continue e una ricombinazione in vivo di batteriofagi litici o lisogeni ingegnerizzati. La tesi si conclude valutando i futuri sviluppi e i limiti del sistema, tenendo in considerazione, in particolare, alcune applicazioni rivolte agli studi di una terapia batteriofagica.

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Nel 2004 due Fisici dell’Università di Manchester, nel Regno Unito, isolarono per la prima volta un materiale dallo spessore di un singolo atomo: il grafene. Questo materiale, composto da un reticolo di atomi di carbonio disposti a nido d’ape, possiede interessanti proprietà chimiche e fisiche, tra le quali una elevata resistenza chimica e meccanica, un eccellente trasporto termico ed elettrico ed un’ elevata trasparenza. Il crescente fermento attorno al grafene ha suscitato un forte interesse a livello europeo, al punto che la Comunità Europea ha approvato due dei più grandi progetti di ricerca mai finanziati in Europa, tra questi il Graphene Flagship Project (www.graphene-flagship.eu) che coinvolge oltre 120 gruppi di ricerca da 17 Stati Europei e distribuirà nei prossimi anni 1,000 milioni di euro per lo sviluppo di tecnologie e dispositivi a base grafene. Con Flagship Grafene l’Europa punta sul grafene, e lo fa in grande. L’obiettivo è dunque ambizioso. Il suddetto materiale è infatti non solo il più sottile che conosciamo, con uno spessore di un atomo di carbonio, ma è anche 100 volte più resistente dell’acciaio e al tempo stesso flessibile. E’ Inoltre trasparente e conduce l’energia elettrica e termica molto meglio del rame. Ergo, il grafene offre le stesse performance dei materiali usati attualmente nei nostri dispositivi, con l’aggiunta però di ulteriori funzionalità.

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Questa ricerca si concentra sulla gestione dei sintagmi nominali complessi nell’interpretazione simultanea in italiano dei discorsi inglesi del corpus elettronico EPIC (European Parliament Interpreting Corpus). EPIC contiene le trascrizioni di discorsi pronunciati al Parlamento europeo in inglese, italiano e spagnolo e le rispettive interpretazioni nelle altre due lingue. Per quest’analisi sono stati utilizzati due sottocorpora: I discorsi originali inglesi e i rispettivi discorsi interpretati in italiano. L’obiettivo del progetto era estrarre i sintagmi nominali complessi dal sottocorpus dei discorsi inglesi e confrontarli con le rispettive traduzioni in italiano per studiare le strategie adottate dagli interpreti. L’ipotesi iniziale era che i sintagmi nominali complessi sono una sfida traduttiva. I sintagmi analizzati erano stringhe di parole formate da una testa nominale preceduta da due o più modificatori, che potevano essere aggettivi, sostantivi, avverbi, numeri cardinali e genitivi. Nel primo capitolo sono state descritte le caratteristiche dei modificatori sia in inglese che in italiano. Il secondo capitolo espone lo stato dell’arte degli studi di interpretazione basati sui corpora, con una sezione dedicata agli studi svolti su EPIC. Il terzo capitolo si concentra sulla metodologia utilizzata. I dati sono stati estratti automaticamente con tre espressioni di ricerca e poi selezionati manualmente secondo dei criteri di inclusione e di esclusione. I sintagmi nominali scelti sono stati confrontati con le corrispondenti traduzioni in italiano e classificati secondo il modello teorico delle relazioni traduttive di Schjoldager (1995). Il quarto capitolo contiene I dati raccolti, che sono stati analizzati nel quinto capitolo sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. I sintagmi nominali in tutto il sottocorpus sono stati confrontati con i sintagmi nominali di gruppi specifici di testi, suddivisi secondo la velocità di eloquio e la modalità di presentazione. L’ipotesi iniziale è stata in parte confermata e sono state descritte le strategie traduttive adottate dagli interpreti.