973 resultados para semi-parametri model


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[EN] 3D BEM-FEM coupling model is used to study the dynamic behavior of piled foundations in elastic layered soils in presenceof a rigid bedrock. Piles are modelled by FEM as beams according to the Bernoulli hpothesis, and every layer of the soil is modelled by BEM as a cointinuum, semi-infinite, isotropic, homogeneous, linear, viscoelastic medium.

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[EN] This paper shows a BEM-FEM coupling model for the time harmonic dynamic analysis of piles and pile groups embeddes in an elastic half-space. Piles are modelled using Finite Elements (FEM) as a beam according to the Bernoulli hypothesis, while the soil modelled using  Boundary Elements (BEM) as a continuum, semi-infinite, isotropic, homogeneous or zoned homogeneous, linear, viscoelastic medium.

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Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.

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Questa relazione finale è incentrata sul lavoro sperimentale richiesto dalla collaborazione con l’azienda Natural Salumi ed ha come obiettivo principale quello di verifica dei parametri qualitativi e compositivi di una nuova tipologia di salume in fase di studio. L’azienda ha infatti messo a punto un nuovo “prodotto funzionale” addizionando componenti aventi attività nutraceutica al salame ottenuto da sole parti magre di suino (tipo NaturalFetta) e si propone di arricchire il proprio prodotto con acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 (da olio di semi di lino), noti per gli effetti benefici esercitati sulla salute umana. Sul prodotto di nuova formulazione si effettueranno sia la determinazione della percentuale lipidica mediante metodo ufficiale Soxhlet ed automatizzato Soxtec, al fine di individuare il quantitativo totale della parte grassa, che una caratterizzazione del profilo quali-quantitativo in acidi grassi, fondamentale per verificare la conformità con i requisiti indicati dal Reg. 1924/06 (e successivi come il Reg. UE 432/2012) previsti per le indicazioni da inserire in etichetta (claims) per i prodotti arricchiti con acidi grassi polinsaturi (PUFA). La determinazione del profilo in acidi grassi e, nello specifico, del contenuto in acido -linolenico, sarà realizzata mediante gascromatografia previa estrazione della frazione lipidica dei salumi con metodo di Folch modificato, che prevede un'estrazione solido-liquido. La concentrazione di acido alfa-linolenico sarà inoltre monitorata durante tutto il periodo di shelf-life del prodotto (45 gg) al fine di valutare eventuali variazioni durante la conservazione. Per soddisfare quest’ultima finalità, le analisi saranno eseguite sia all’inizio (T0) che alla fine (T1) della vita commerciale del prodotto. Le stesse analisi verranno inoltre condotte sia sul prodotto a formulazione classica che su un prodotto del tutto simile, commercializzato da un’altra azienda e considerato come leader di mercato. In relazione ad un possibile aumento di ossidabilità della frazione lipidica, sarà realizzato un controllo dei parametri chimici, qualitativi e compositivi, con particolare riferimento ai prodotti di ossidazione del colesterolo (date le loro implicazioni in ambito biomedico). La maggiore presenza in formulazione di acidi grassi polinsaturi potrebbe infatti favorire un incremento dei COPs (Cholesterol Oxidation Products), che saranno separati, identificati e quantificati mediante la procedura SPE/GC-MS (estrazione e purificazione in fase solida accoppiata ad analisi gascromatografica con rivelazione mediante spettrometria di massa).

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L’invarianza spaziale dei parametri di un modello afflussi-deflussi può rivelarsi una soluzione pratica e valida nel caso si voglia stimare la disponibilità di risorsa idrica di un’area. La simulazione idrologica è infatti uno strumento molto adottato ma presenta alcune criticità legate soprattutto alla necessità di calibrare i parametri del modello. Se si opta per l’applicazione di modelli spazialmente distribuiti, utili perché in grado di rendere conto della variabilità spaziale dei fenomeni che concorrono alla formazione di deflusso, il problema è solitamente legato all’alto numero di parametri in gioco. Assumendo che alcuni di questi siano omogenei nello spazio, dunque presentino lo stesso valore sui diversi bacini, è possibile ridurre il numero complessivo dei parametri che necessitano della calibrazione. Si verifica su base statistica questa assunzione, ricorrendo alla stima dell’incertezza parametrica valutata per mezzo di un algoritmo MCMC. Si nota che le distribuzioni dei parametri risultano in diversa misura compatibili sui bacini considerati. Quando poi l’obiettivo è la stima della disponibilità di risorsa idrica di bacini non strumentati, l’ipotesi di invarianza dei parametri assume ancora più importanza; solitamente infatti si affronta questo problema ricorrendo a lunghe analisi di regionalizzazione dei parametri. In questa sede invece si propone una procedura di cross-calibrazione che viene realizzata adottando le informazioni provenienti dai bacini strumentati più simili al sito di interesse. Si vuole raggiungere cioè un giusto compromesso tra lo svantaggio derivante dall’assumere i parametri del modello costanti sui bacini strumentati e il beneficio legato all’introduzione, passo dopo passo, di nuove e importanti informazioni derivanti dai bacini strumentati coinvolti nell’analisi. I risultati dimostrano l’utilità della metodologia proposta; si vede infatti che, in fase di validazione sul bacino considerato non strumentato, è possibile raggiungere un buona concordanza tra le serie di portata simulate e osservate.

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The diagnosis, grading and classification of tumours has benefited considerably from the development of DCE-MRI which is now essential to the adequate clinical management of many tumour types due to its capability in detecting active angiogenesis. Several strategies have been proposed for DCE-MRI evaluation. Visual inspection of contrast agent concentration curves vs time is a very simple yet operator dependent procedure, therefore more objective approaches have been developed in order to facilitate comparison between studies. In so called model free approaches, descriptive or heuristic information extracted from time series raw data have been used for tissue classification. The main issue concerning these schemes is that they have not a direct interpretation in terms of physiological properties of the tissues. On the other hand, model based investigations typically involve compartmental tracer kinetic modelling and pixel-by-pixel estimation of kinetic parameters via non-linear regression applied on region of interests opportunely selected by the physician. This approach has the advantage to provide parameters directly related to the pathophysiological properties of the tissue such as vessel permeability, local regional blood flow, extraction fraction, concentration gradient between plasma and extravascular-extracellular space. Anyway, nonlinear modelling is computational demanding and the accuracy of the estimates can be affected by the signal-to-noise ratio and by the initial solutions. The principal aim of this thesis is investigate the use of semi-quantitative and quantitative parameters for segmentation and classification of breast lesion. The objectives can be subdivided as follow: describe the principal techniques to evaluate time intensity curve in DCE-MRI with focus on kinetic model proposed in literature; to evaluate the influence in parametrization choice for a classic bi-compartmental kinetic models; to evaluate the performance of a method for simultaneous tracer kinetic modelling and pixel classification; to evaluate performance of machine learning techniques training for segmentation and classification of breast lesion.

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The biogenic production of NO in the soil accounts for between 10% and 40% of the global total. A large degree of the uncertainty in the estimation of the biogenic emissions stems from a shortage of measurements in arid regions, which comprise 40% of the earth’s land surface area. This study examined the emission of NO from three ecosystems in southern Africa which cover an aridity gradient from semi-arid savannas in South Africa to the hyper-arid Namib Desert in Namibia. A laboratory method was used to determine the release of NO as a function of the soil moisture and the soil temperature. Various methods were used to up-scale the net potential NO emissions determined in the laboratory to the vegetation patch, landscape or regional level. The importance of landscape, vegetation and climatic characteristics is emphasized. The first study occurred in a semi-arid savanna region in South Africa, where soils were sampled from 4 landscape positions in the Kruger National Park. The maximum NO emission occurred at soil moisture contents of 10%-20% water filled pore space (WFPS). The highest net potential NO emissions came from the low lying landscape positions, which have the largest nitrogen (N) stocks and the largest input of N. Net potential NO fluxes obtained in the laboratory were converted in field fluxes for the period 2003-2005, for the four landscape positions, using soil moisture and temperature data obtained in situ at the Kruger National Park Flux Tower Site. The NO emissions ranged from 1.5-8.5 kg ha-1 a-1. The field fluxes were up-scaled to a regional basis using geographic information system (GIS) based techniques, this indicated that the highest NO emissions occurred from the Midslope positions due to their large geographical extent in the research area. Total emissions ranged from 20x103 kg in 2004 to 34x103 kg in 2003 for the 56000 ha Skukuza land type. The second study occurred in an arid savanna ecosystem in the Kalahari, Botswana. In this study I collected soils from four differing vegetation patch types including: Pan, Annual Grassland, Perennial Grassland and Bush Encroached patches. The maximum net potential NO fluxes ranged from 0.27 ng m-2 s-1 in the Pan patches to 2.95 ng m-2 s-1 in the Perennial Grassland patches. The net potential NO emissions were up-scaled for the year December 2005-November 2006. This was done using 1) the net potential NO emissions determined in the laboratory, 2) the vegetation patch distribution obtained from LANDSAT NDVI measurements 3) estimated soil moisture contents obtained from ENVISAT ASAR measurements and 4) soil surface temperature measurements using MODIS 8 day land surface temperature measurements. This up-scaling procedure gave NO fluxes which ranged from 1.8 g ha-1 month-1 in the winter months (June and July) to 323 g ha-1 month-1 in the summer months (January-March). Differences occurred between the vegetation patches where the highest NO fluxes occurred in the Perennial Grassland patches and the lowest in the Pan patches. Over the course of the year the mean up-scaled NO emission for the studied region was 0.54 kg ha-1 a-1 and accounts for a loss of approximately 7.4% of the estimated N input to the region. The third study occurred in the hyper-arid Namib Desert in Namibia. Soils were sampled from three ecosystems; Dunes, Gravel Plains and the Riparian zone of the Kuiseb River. The net potential NO flux measured in the laboratory was used to estimate the NO flux for the Namib Desert for 2006 using modelled soil moisture and temperature data from the European Centre for Medium Range Weather Forecasts (ECMWF) operational model on a 36km x 35km spatial resolution. The maximum net potential NO production occurred at low soil moisture contents (<10%WFPS) and the optimal temperature was 25°C in the Dune and Riparian ecosystems and 35°C in the Gravel Plain Ecosystems. The maximum net potential NO fluxes ranged from 3.0 ng m-2 s-1 in the Riparian ecosystem to 6.2 ng m-2 s-1 in the Gravel Plains ecosystem. Up-scaling the net potential NO flux gave NO fluxes of up to 0.062 kg ha-1 a-1 in the Dune ecosystem and 0.544 kg h-1 a-1 in the Gravel Plain ecosystem. From these studies it is shown that NO is emitted ubiquitously from terrestrial ecosystems, as such the NO emission potential from deserts and scrublands should be taken into account in the global NO models. The emission of NO is influenced by various factors such as landscape, vegetation and climate. This study looks at the potential emissions from certain arid and semi-arid environments in southern Africa and other parts of the world and discusses some of the important factors controlling the emission of NO from the soil.

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Die transmembrane Potenzialdifferenz Δφm ist direkt mit der katalytischen Aktivität der Cytochrom c Oxidase (CcO) verknüpft. Die CcO ist das terminale Enzym (Komplex IV) in der Atmungskette der Mitochondrien. Das Enzym katalysiert die Reduktion von O2 zu 2 H2O. Dabei werden Elektronen vom natürlichen Substrat Cytochrom c zur CcO übertragen. Der Eleltronentransfer innerhalb der CcO ist an die Protonentranslokation über die Membran gekoppelt. Folglich bildet sich über der inneren Membrane der Mitochondrien eine Differenz in der Protonenkonzentration. Zusätzlich wird eine Potenzialdifferenz Δφm generiert.rnrnDas Transmembranpotenzial Δφm kann mit Hilfe der Fluoreszenzspektroskopie unter Einsatz eines potenzialemfindlichen Farbstoffs gemessen werden. Um quantitative Aussagen aus solchen Untersuchungen ableiten zu können, müssen zuvor Kalibrierungsmessungen am Membransystem durchgeführt werden.rnrnIn dieser Arbeit werden Kalibrierungsmessungen von Δφm in einer Modellmembrane mit inkorporiertem CcO vorgestellt. Dazu wurde ein biomimetisches Membransystem, die Proteinverankerte Doppelschicht (protein-tethered Bilayer Lipid Membrane, ptBLM), auf einem transparenten, leitfähigem Substrat (Indiumzinnoxid, ITO) entwickelt. ITO ermöglicht den simultanen Einsatz von elektrochemischen und Fluoreszenz- oder optischen wellenleiterspektroskopischen Methoden. Das Δφm in der ptBLM wurde durch extern angelegte, definierte elektrische Spannungen induziert. rnrnEine dünne Hydrogelschicht wurde als "soft cushion" für die ptBLM auf ITO eingesetzt. Das Polymernetzwerk enthält die NTA Funktionsgruppen zur orientierten Immobilisierung der CcO auf der Oberfläche der Hydrogels mit Hilfe der Ni-NTA Technik. Die ptBLM wurde nach der Immobilisierung der CcO mittels in-situ Dialyse gebildet. Elektrochemische Impedanzmessungen zeigten einen hohen elektrischen Widerstand (≈ 1 MΩ) der ptBLM. Optische Wellenleiterspektren (SPR / OWS) zeigten eine erhöhte Anisotropie des Systems nach der Bildung der Doppellipidschicht. Cyklovoltammetriemessungen von reduziertem Cytochrom c bestätigten die Aktivität der CcO in der Hydrogel-gestützten ptBLM. Das Membranpotenzial in der Hydrogel-gestützten ptBLM, induziert durch definierte elektrische Spannungen, wurde mit Hilfe der ratiometrischen Fluoreszenzspektroskopie gemessen. Referenzmessungen mit einer einfach verankerten Dopplellipidschicht (tBLM) lieferten einen Umrechnungsfaktor zwischen dem ratiometrischen Parameter Rn und dem Membranpotenzial (0,05 / 100 mV). Die Nachweisgrenze für das Membranpotenzial in einer Hydrogel-gestützten ptBLM lag bei ≈ 80 mV. Diese Daten dienen als gute Grundlage für künftige Untersuchungen des selbstgenerierten Δφm der CcO in einer ptBLM.

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Tradizionalmente, l'obiettivo della calibrazione di un modello afflussi-deflussi è sempre stato quello di ottenere un set di parametri (o una distribuzione di probabilità dei parametri) che massimizzasse l'adattamento dei dati simulati alla realtà osservata, trattando parzialmente le finalità applicative del modello. Nel lavoro di tesi viene proposta una metodologia di calibrazione che trae spunto dell'evidenza che non sempre la corrispondenza tra dati osservati e simulati rappresenti il criterio più appropriato per calibrare un modello idrologico. Ai fini applicativi infatti, può risultare maggiormente utile una miglior rappresentazione di un determinato aspetto dell'idrogramma piuttosto che un altro. Il metodo di calibrazione che viene proposto mira a valutare le prestazioni del modello stimandone l'utilità nell'applicazione prevista. Tramite l'utilizzo di opportune funzioni, ad ogni passo temporale viene valutata l'utilità della simulazione ottenuta. La calibrazione viene quindi eseguita attraverso la massimizzazione di una funzione obiettivo costituita dalla somma delle utilità stimate nei singoli passi temporali. Le analisi mostrano come attraverso l'impiego di tali funzioni obiettivo sia possibile migliorare le prestazioni del modello laddove ritenute di maggior interesse per per le finalità applicative previste.

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The physico-chemical characterization, structure-pharmacokinetic and metabolism studies of new semi synthetic analogues of natural bile acids (BAs) drug candidates have been performed. Recent studies discovered a role of BAs as agonists of FXR and TGR5 receptor, thus opening new therapeutic target for the treatment of liver diseases or metabolic disorders. Up to twenty new semisynthetic analogues have been synthesized and studied in order to find promising novel drugs candidates. In order to define the BAs structure-activity relationship, their main physico-chemical properties (solubility, detergency, lipophilicity and affinity with serum albumin) have been measured with validated analytical methodologies. Their metabolism and biodistribution has been studied in “bile fistula rat”, model where each BA is acutely administered through duodenal and femoral infusion and bile collected at different time interval allowing to define the relationship between structure and intestinal absorption and hepatic uptake ,metabolism and systemic spill-over. One of the studied analogues, 6α-ethyl-3α7α-dihydroxy-5β-cholanic acid, analogue of CDCA (INT 747, Obeticholic Acid (OCA)), recently under approval for the treatment of cholestatic liver diseases, requires additional studies to ensure its safety and lack of toxicity when administered to patients with a strong liver impairment. For this purpose, CCl4 inhalation to rat causing hepatic decompensation (cirrhosis) animal model has been developed and used to define the difference of OCA biodistribution in respect to control animals trying to define whether peripheral tissues might be also exposed as a result of toxic plasma levels of OCA, evaluating also the endogenous BAs biodistribution. An accurate and sensitive HPLC-ES-MS/MS method is developed to identify and quantify all BAs in biological matrices (bile, plasma, urine, liver, kidney, intestinal content and tissue) for which a sample pretreatment have been optimized.

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Il CP-ESFR è un progetto integrato di cooperazione europeo sui reattori a sodio SFR realizzato sotto il programma quadro EURATOM 7, che unisce il contributo di venticinque partner europei. Il CP-ESFR ha l'ambizione di contribuire all'istituzione di una "solida base scientifica e tecnica per il reattore veloce refrigerato a sodio, al fine di accelerare gli sviluppi pratici per la gestione sicura dei rifiuti radioattivi a lunga vita, per migliorare le prestazioni di sicurezza, l'efficienza delle risorse e il costo-efficacia di energia nucleare al fine di garantire un sistema solido e socialmente accettabile di protezione della popolazione e dell'ambiente contro gli effetti delle radiazioni ionizzanti. " La presente tesi di laurea è un contributo allo sviluppo di modelli e metodi, basati sull’uso di codici termo-idraulici di sistema, per l’ analisi di sicurezza di reattori di IV Generazione refrigerati a metallo liquido. L'attività è stata svolta nell'ambito del progetto FP-7 PELGRIMM ed in sinergia con l’Accordo di Programma MSE-ENEA(PAR-2013). Il progetto FP7 PELGRIMM ha come obbiettivo lo sviluppo di combustibili contenenti attinidi minori 1. attraverso lo studio di due diverse forme: pellet (oggetto della presente tesi) e spherepac 2. valutandone l’impatto sul progetto del reattore CP-ESFR. La tesi propone lo sviluppo di un modello termoidraulico di sistema dei circuiti primario e intermedio del reattore con il codice RELAP5-3D© (INL, US). Tale codice, qualificato per il licenziamento dei reattori nucleari ad acqua, è stato utilizzato per valutare come variano i parametri del core del reattore rilevanti per la sicurezza (es. temperatura di camicia e di centro combustibile, temperatura del fluido refrigerante, etc.), quando il combustibile venga impiegato per “bruciare” gli attinidi minori (isotopi radioattivi a lunga vita contenuti nelle scorie nucleari). Questo ha comportato, una fase di training sul codice, sui suoi modelli e sulle sue capacità. Successivamente, lo sviluppo della nodalizzazione dell’impianto CP-ESFR, la sua qualifica, e l’analisi dei risultati ottenuti al variare della configurazione del core, del bruciamento e del tipo di combustibile impiegato (i.e. diverso arricchimento di attinidi minori). Il testo è suddiviso in sei sezioni. La prima fornisce un’introduzione allo sviluppo tecnologico dei reattori veloci, evidenzia l’ambito in cui è stata svolta questa tesi e ne definisce obbiettivi e struttura. Nella seconda sezione, viene descritto l’impianto del CP-ESFR con attenzione alla configurazione del nocciolo e al sistema primario. La terza sezione introduce il codice di sistema termico-idraulico utilizzato per le analisi e il modello sviluppato per riprodurre l’impianto. Nella sezione quattro vengono descritti: i test e le verifiche effettuate per valutare le prestazioni del modello, la qualifica della nodalizzazione, i principali modelli e le correlazioni più rilevanti per la simulazione e le configurazioni del core considerate per l’analisi dei risultati. I risultati ottenuti relativamente ai parametri di sicurezza del nocciolo in condizioni di normale funzionamento e per un transitorio selezionato sono descritti nella quinta sezione. Infine, sono riportate le conclusioni dell’attività.

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Im Rahmen dieser Arbeit wurde ein neuartiger Experimentaufbau -- das γ3 Experiment -- zur Messung von photoneninduzierten Kern-Dipolanregungen in stabilen Isotopen konzipiert und an der High Intensity γ-Ray Source (HIγS) an der Duke University installiert.rnDie hohe Energieauflösung und die hohe Nachweiseffizienz des Detektoraufbaus, welcher aus einer Kombination von LaBr Szintillatoren und hochreinen Germanium-Detektoren besteht, erlaubt erstmals die effiziente Messung von γ-γ-Koinzidenzen in Verbindung mit der Methode der Kernresonanzfluoreszenz.rnDiese Methode eröffnet den Zugang zum Zerfallsverhalten der angeregten Dipolzustände als zusätzlicher Observablen, die ein detaillierteres Verständnis der zugrunde liegenden Struktur dieser Anregungen ermöglicht.rnDer Detektoraufbau wurde bereits erfolgreich im Rahmen von zwei Experimentkampagnen in 2012 und 2013 für die Untersuchung von 13 verschiedenen Isotopen verwendet. Im Fokus dieser Arbeit stand die Analyse der Pygmy-Dipolresonanz (PDR) im Kern 140Ce im Energiebereich von 5,2 MeV bis 8,3 MeV basierend auf den mit dem γ3 Experimentaufbau gemessenen Daten. Insbesondere das Zerfallsverhalten der Zustände, die an der PDR beteiligt sind, wurde untersucht. Der Experimentaufbau, die Details der Analyse sowie die Resultate werden in der vorliegenden Arbeit präsentiert. Desweiteren erlaubt ein Vergleich der Ergebnisse mit theoretischen Rechnungen im quasi-particle phonon model (QPM) eine Interpretation des beobachteten Zerfallsverhaltens.

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Für das Vermögen der Atmosphäre sich selbst zu reinigen spielen Stickstoffmonoxid (NO) und Stickstoffdioxid (NO2) eine bedeutende Rolle. Diese Spurengase bestimmen die photochemische Produktion von Ozon (O3) und beeinflussen das Vorkommen von Hydroxyl- (OH) und Nitrat-Radikalen (NO3). Wenn tagsüber ausreichend Solarstrahlung und Ozon vorherrschen, stehen NO und NO2 in einem schnellen photochemischen Gleichgewicht, dem „Photostationären Gleichgewichtszustand“ (engl.: photostationary state). Die Summe von NO und NO2 wird deshalb als NOx zusammengefasst. Vorhergehende Studien zum photostationären Gleichgewichtszustand von NOx umfassen Messungen an unterschiedlichsten Orten, angefangen bei Städten (geprägt von starken Luftverschmutzungen), bis hin zu abgeschiedenen Regionen (geprägt von geringeren Luftverschmutzungen). Während der photochemische Kreislauf von NO und NO2 unter Bedingungen erhöhter NOx-Konzentrationen grundlegend verstanden ist, gibt es in ländlicheren und entlegenen Regionen, welche geprägt sind von niedrigeren NOx-Konzetrationen, signifikante Lücken im Verständnis der zugrundeliegenden Zyklierungsprozesse. Diese Lücken könnten durch messtechnische NO2-Interferenzen bedingt sein - insbesondere bei indirekten Nachweismethoden, welche von Artefakten beeinflusst sein können. Bei sehr niedrigen NOx-Konzentrationen und wenn messtechnische NO2-Interferenzen ausgeschlossen werden können, wird häufig geschlussfolgert, dass diese Verständnislücken mit der Existenz eines „unbekannten Oxidationsmittels“ (engl.: unknown oxidant) verknüpft ist. Im Rahmen dieser Arbeit wird der photostationäre Gleichgewichtszustand von NOx analysiert, mit dem Ziel die potenzielle Existenz bislang unbekannter Prozesse zu untersuchen. Ein Gasanalysator für die direkte Messung von atmosphärischem NO¬2 mittels laserinduzierter Fluoreszenzmesstechnik (engl. LIF – laser induced fluorescence), GANDALF, wurde neu entwickelt und während der Messkampagne PARADE 2011 erstmals für Feldmessungen eingesetzt. Die Messungen im Rahmen von PARADE wurden im Sommer 2011 in einem ländlich geprägten Gebiet in Deutschland durchgeführt. Umfangreiche NO2-Messungen unter Verwendung unterschiedlicher Messtechniken (DOAS, CLD und CRD) ermöglichten einen ausführlichen und erfolgreichen Vergleich von GANDALF mit den übrigen NO2-Messtechniken. Weitere relevante Spurengase und meteorologische Parameter wurden gemessen, um den photostationären Zustand von NOx, basierend auf den NO2-Messungen mit GANDALF in dieser Umgebung zu untersuchen. Während PARADE wurden moderate NOx Mischungsverhältnisse an der Messstelle beobachtet (10^2 - 10^4 pptv). Mischungsverhältnisse biogener flüchtige Kohlenwasserstoffverbindungen (BVOC, engl.: biogenic volatile organic compounds) aus dem umgebenden Wald (hauptsächlich Nadelwald) lagen in der Größenordnung 10^2 pptv vor. Die Charakteristiken des photostationären Gleichgewichtszustandes von NOx bei niedrigen NOx-Mischungsverhältnissen (10 - 10^3 pptv) wurde für eine weitere Messstelle in einem borealen Waldgebiet während der Messkampagne HUMPPA-COPEC 2010 untersucht. HUMPPA–COPEC–2010 wurde im Sommer 2010 in der SMEARII-Station in Hyytiälä, Süd-Finnland, durchgeführt. Die charakteristischen Eigenschaften des photostationären Gleichgewichtszustandes von NOx in den beiden Waldgebieten werden in dieser Arbeit verglichen. Des Weiteren ermöglicht der umfangreiche Datensatz - dieser beinhaltet Messungen von relevanten Spurengasen für die Radikalchemie (OH, HO2), sowie der totalen OH-Reaktivität – das aktuelle Verständnis bezüglich der NOx-Photochemie unter Verwendung von einem Boxmodell, in welches die gemessenen Daten als Randbedingungen eingehen, zu überprüfen und zu verbessern. Während NOx-Konzentrationen in HUMPPA-COPEC 2010 niedriger sind, im Vergleich zu PARADE 2011 und BVOC-Konzentrationen höher, sind die Zyklierungsprozesse von NO und NO2 in beiden Fällen grundlegend verstanden. Die Analyse des photostationären Gleichgewichtszustandes von NOx für die beiden stark unterschiedlichen Messstandorte zeigt auf, dass potenziell unbekannte Prozesse in keinem der beiden Fälle vorhanden sind. Die aktuelle Darstellung der NOx-Chemie wurde für HUMPPA-COPEC 2010 unter Verwendung des chemischen Mechanismus MIM3* simuliert. Die Ergebnisse der Simulation sind konsistent mit den Berechnungen basierend auf dem photostationären Gleichgewichtszustand von NOx.

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Gli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia Romagna nel corso del 2012, hanno mostrato come le strutture in muratura qui presenti siano particolarmente sensibili alle azioni di forze dinamiche. Questa vulnerabilità deriva principalmente dal fatto che gran parte del patrimonio edilizio italiano è stato realizzato prima dell’introduzione di apposite normative antisismiche e, in secondo luogo, dalla qualità dei materiali utilizzati e dalle tecniche “artigianali” di realizzazione. La valutazione della vulnerabilità degli edifici è pertanto un punto fondamentale per poterne stimare il livello di sicurezza in caso di terremoto. In particolare, i parametri fondamentali da studiare sono: Resistenza caratteristica a compressione (f_k): parametro importante per la stima della resistenza alla rottura in corrispondenza di variazioni delle forze verticali, per effetto di un’azione sismica; Resistenza a taglio in assenza di sforzo normale (f_vk0): valore che stima la capacità resistente della muratura quando essa è soggetta a sole azioni taglianti. Gli obbiettivi principali di questa tesi sono: Determinare i parametri medi di resistenza sopra descritti per le murature site in Emilia Romagna; Confrontare valori ottenuti mediante prove semi-distruttive e distruttive al fine di verificare la loro affidabilità.

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I bacini idrografici appenninici romagnoli rappresentano una fonte idropotabile di essenziale importanza per la Romagna, grazie alla regolazione stagionale svolta dall’invaso artificiale di Ridracoli. Nel presente elaborato si è implementato un modello per lo studio e la valutazione del regime idrologico dei bacini idrografici allacciati all’invaso, affrontando sia gli aspetti relativi alla miglior spazializzazione dei dati metereologici in ingresso al modello (in particolare in relazione alla stima della temperatura, fondamentale per la rappresentazione dei processi di evapotraspirazione e dei fenomeni di accumulo e scioglimento nevoso), sia gli aspetti di calibrazione dei parametri, confrontando le simulazioni ottenute a partire da diverse configurazioni del modello in termini di rappresentazione spaziale e temporale dei fenomeni. Inoltre si è eseguita una regionalizzazione del modello su due sezioni fluviali che sono al momento oggetto di indagini idrologiche, fornendo supporto alla valutazione della possibilità di realizzazione di una nuova opera di presa. A partire dai dati puntuali dei sensori termometrici disponibili si è ricercata la migliore tecnica di interpolazione della temperatura sull’area di studio, ottenendo una discreta precisione, con un errore in procedura di ricampionamento jack-knife raramente superiore al grado centigrado. La calibrazione del modello TUWien in approccio semi-distribuito, sia quando applicato a scala oraria sia quando applicato a scala giornaliera, ha portato a buoni risultati. La complessità del modello, dovuta in gran parte alla presenza di uno specifico modulo per la gestione di accumulo e scioglimento nivale, è stata ripagata dalle buone prestazioni delle simulazioni ottenute, sia sul periodo di calibrazione sia su quello di validazione. Tuttavia si è osservato che l’approccio semi-distribuito non ha portato benefici sostanziali rispetto a quello concentrato, soprattutto in relazione al forte aumento di costo computazionale.