1000 resultados para indirizzo :: 846 :: Curriculum: Sistemi elettronici per applicazioni biomediche
Resumo:
Riconoscere un gesto, tracciarlo ed identificarlo è una operazione complessa ed articolata. Negli ultimi anni, con l’avvento massivo di interfacce interattive sempre più sofisticate, si sono ampliati gli approcci nell’interazione tra uomo e macchina. L’obiettivo comune, è quello di avere una comunicazione “trasparente” tra l’utente e il computer, il quale, deve interpretare gesti umani tramite algoritmi matematici. Il riconoscimento di gesti è un modo per iniziare a comprendere il linguaggio del corpo umano da parte della macchina. Questa disciplina, studia nuovi modi di interazione tra questi due elementi e si compone di due macro obiettivi : (a) tracciare i movimenti di un particolare arto; (b) riconoscere tale tracciato come un gesto identificativo. Ognuno di questi due punti, racchiude in sé moltissimi ambiti di ricerca perché moltissimi sono gli approcci proposti negli anni. Non si tratta di semplice cattura dell’immagine, è necessario creare un supporto, a volte molto articolato, nel quale i dati grezzi provenienti dalla fotocamera, necessitano di filtraggi avanzati e trattamenti algoritmici, in modo tale da trasformare informazioni grezze, in dati utilizzabili ed affidabili. La tecnologia riguardo la gesture recognition è rilevante come l’introduzione delle interfacce tattili sui telefoni intelligenti. L’industria oggi ha iniziato a produrre dispositivi in grado di offrire una nuova esperienza, la più naturale possibile, agli utenti. Dal videogioco, all’esperienza televisiva gestita con dei piccoli gesti, all’ambito biomedicale, si sta introducendo una nuova generazione di dispositivi i cui impieghi sono innumerevoli e, per ogni ambito applicativo, è necessario studiare al meglio le peculiarità, in modo tale da produrre un qualcosa di nuovo ed efficace. Questo lavoro di tesi ha l’obiettivo di apportare un contributo a questa disciplina. Ad oggi, moltissime applicazioni e dispositivi associati, si pongono l’obiettivo di catturare movimenti ampi: il gesto viene eseguito con la maggior parte del corpo e occupa una posizione spaziale rilevante. Questa tesi vuole proporre invece un approccio, nel quale i movimenti da seguire e riconoscere sono fatti “nel piccolo”. Si avrà a che fare con gesti classificati fini, dove i movimenti delle mani sono compiuti davanti al corpo, nella zona del torace, ad esempio. Gli ambiti applicativi sono molti, in questo lavoro si è scelto ed adottato l’ambito artigianale.
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Negli ultimi anni si è assistito ad una radicale rivoluzione nell’ambito dei dispositivi di interazione uomo-macchina. Da dispositivi tradizionali come il mouse o la tastiera si è passati allo sviluppo di nuovi sistemi capaci di riconoscere i movimenti compiuti dall’utente (interfacce basate sulla visione o sull’uso di accelerometri) o rilevare il contatto (interfacce di tipo touch). Questi sistemi sono nati con lo scopo di fornire maggiore naturalezza alla comunicazione uomo-macchina. Le nuove interfacce sono molto più espressive di quelle tradizionali poiché sfruttano le capacità di comunicazione naturali degli utenti, su tutte il linguaggio gestuale. Essere in grado di riconoscere gli esseri umani, in termini delle azioni che stanno svolgendo o delle posture che stanno assumendo, apre le porte a una serie vastissima di interessanti applicazioni. Ad oggi sistemi di riconoscimento delle parti del corpo umano e dei gesti sono ampiamente utilizzati in diversi ambiti, come l’interpretazione del linguaggio dei segni, in robotica per l’assistenza sociale, per indica- re direzioni attraverso il puntamento, nel riconoscimento di gesti facciali [1], interfacce naturali per computer (valida alternativa a mouse e tastiera), ampliare e rendere unica l’esperienza dei videogiochi (ad esempio Microsoft 1 Introduzione Kinect© e Nintendo Wii©), nell’affective computing1 . Mostre pubbliche e musei non fanno eccezione, assumendo un ruolo cen- trale nel coadiuvare una tecnologia prettamente volta all’intrattenimento con la cultura (e l’istruzione). In questo scenario, un sistema HCI deve cercare di coinvolgere un pubblico molto eterogeneo, composto, anche, da chi non ha a che fare ogni giorno con interfacce di questo tipo (o semplicemente con un computer), ma curioso e desideroso di beneficiare del sistema. Inoltre, si deve tenere conto che un ambiente museale presenta dei requisiti e alcune caratteristiche distintive che non possono essere ignorati. La tecnologia immersa in un contesto tale deve rispettare determinati vincoli, come: - non può essere invasiva; - deve essere coinvolgente, senza mettere in secondo piano gli artefatti; - deve essere flessibile; - richiedere il minor uso (o meglio, la totale assenza) di dispositivi hardware. In questa tesi, considerando le premesse sopracitate, si presenta una sistema che può essere utilizzato efficacemente in un contesto museale, o in un ambiente che richieda soluzioni non invasive. Il metodo proposto, utilizzando solo una webcam e nessun altro dispositivo personalizzato o specifico, permette di implementare i servizi di: (a) rilevamento e (b) monitoraggio dei visitatori, (c) riconoscimento delle azioni.
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Il video streaming in peer-to-peer sta diventando sempre più popolare e utiliz- zato. Per tali applicazioni i criteri di misurazione delle performance sono: - startup delay: il tempo che intercorre tra la connessione e l’inizio della ripro- duzione dello stream (chiamato anche switching delay), - playback delay: il tempo che intercorre tra l’invio da parte della sorgente e la riproduzione dello stream da parte di un peer, - time lag: la differenza tra i playback delay di due diversi peer. Tuttavia, al giorno d’oggi i sistemi P2P per il video streaming sono interessati da considerevoli ritardi, sia nella fase di startup che in quella di riproduzione. Un recente studio su un famoso sistema P2P per lo streaming, ha mostrato che solitamente i ritardi variano tra i 10 e i 60 secondi. Gli autori hanno osservato anche che in alcuni casi i ritardi superano i 4 minuti! Si tratta quindi di gravi inconvenienti se si vuole assistere a eventi in diretta o se si vuole fruire di applicazioni interattive. Alcuni studi hanno mostrato che questi ritardi sono la conseguenza della natura non strutturata di molti sistemi P2P. Ogni stream viene suddiviso in blocchi che vengono scambiati tra i peer. A causa della diffusione non strutturata del contenuto, i peer devono continuamente scambiare informazioni con i loro vicini prima di poter inoltrare i blocchi ricevuti. Queste soluzioni sono estremamente re- sistenti ai cambiamenti della rete, ma comportano una perdita notevole in termini di prestazioni, rendendo complicato raggiungere l’obiettivo di un broadcast in realtime. In questo progetto abbiamo lavorato su un sistema P2P strutturato per il video streaming che ha mostrato di poter offrire ottimi risultati con ritardi molto vicini a quelli ottimali. In un sistema P2P strutturato ogni peer conosce esattamente quale blocchi inviare e a quali peer. Siccome il numero di peer che compongono il sistema potrebbe essere elevato, ogni peer dovrebbe operare possedendo solo una conoscenza limitata dello stato del sistema. Inoltre il sistema è in grado di gestire arrivi e partenze, anche raggruppati, richiedendo una riorganizzazione limitata della struttura. Infine, in questo progetto abbiamo progettato e implementato una soluzione personalizzata per rilevare e sostituire i peer non più in grado di cooperare. Anche per questo aspetto, l’obiettivo è stato quello di minimizzare il numero di informazioni scambiate tra peer.
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Il documento fa un introduzione sui sistemi di ticketing e sul sistema di autenticazione SSO, per poi passare a descrivere nel dettaglio il sistema OTRS, la sua installazione, la sua configurazione, la sua customizzazione e l'integrazione di questo con il nuovo sistema di autenticazione di Ateneo (SSO).
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"I computer del nuovo millennio saranno sempre più invisibili, o meglio embedded, incorporati agli oggetti, ai mobili, anche al nostro corpo. L'intelligenza elettronica sviluppata su silicio diventerà sempre più diffusa e ubiqua. Sarà come un'orchestra di oggetti interattivi, non invasivi e dalla presenza discreta, ovunque". [Mark Weiser, 1991] La visione dell'ubiquitous computing, prevista da Weiser, è ormai molto vicina alla realtà e anticipa una rivoluzione tecnologica nella quale l'elaborazione di dati ha assunto un ruolo sempre più dominante nella nostra vita quotidiana. La rivoluzione porta non solo a vedere l'elaborazione di dati come un'operazione che si può compiere attraverso un computer desktop, legato quindi ad una postazione fissa, ma soprattutto a considerare l'uso della tecnologia come qualcosa di necessario in ogni occasione, in ogni luogo e la diffusione della miniaturizzazione dei dispositivi elettronici e delle tecnologie di comunicazione wireless ha contribuito notevolmente alla realizzazione di questo scenario. La possibilità di avere a disposizione nei luoghi più impensabili sistemi elettronici di piccole dimensioni e autoalimentati ha contribuito allo sviluppo di nuove applicazioni, tra le quali troviamo le WSN (Wireless Sensor Network), ovvero reti formate da dispositivi in grado di monitorare qualsiasi grandezza naturale misurabile e inviare i dati verso sistemi in grado di elaborare e immagazzinare le informazioni raccolte. La novità introdotta dalle reti WSN è rappresentata dalla possibilità di effettuare monitoraggi con continuità delle più diverse grandezze fisiche, il che ha consentito a questa nuova tecnologia l'accesso ad un mercato che prevede una vastità di scenari indefinita. Osservazioni estese sia nello spazio che nel tempo possono essere inoltre utili per poter ricavare informazioni sull'andamento di fenomeni naturali che, se monitorati saltuariamente, non fornirebbero alcuna informazione interessante. Tra i casi d'interesse più rilevanti si possono evidenziare: - segnalazione di emergenze (terremoti, inondazioni) - monitoraggio di parametri difficilmente accessibili all'uomo (frane, ghiacciai) - smart cities (analisi e controllo di illuminazione pubblica, traffico, inquinamento, contatori gas e luce) - monitoraggio di parametri utili al miglioramento di attività produttive (agricoltura intelligente, monitoraggio consumi) - sorveglianza (controllo accessi ad aree riservate, rilevamento della presenza dell'uomo) Il vantaggio rappresentato da un basso consumo energetico, e di conseguenza un tempo di vita della rete elevato, ha come controparte il non elevato range di copertura wireless, valutato nell'ordine delle decine di metri secondo lo standard IEEE 802.15.4. Il monitoraggio di un'area di grandi dimensioni richiede quindi la disposizione di nodi intermedi aventi le funzioni di un router, il cui compito sarà quello di inoltrare i dati ricevuti verso il coordinatore della rete. Il tempo di vita dei nodi intermedi è di notevole importanza perché, in caso di spegnimento, parte delle informazioni raccolte non raggiungerebbero il coordinatore e quindi non verrebbero immagazzinate e analizzate dall'uomo o dai sistemi di controllo. Lo scopo di questa trattazione è la creazione di un protocollo di comunicazione che preveda meccanismi di routing orientati alla ricerca del massimo tempo di vita della rete. Nel capitolo 1 vengono introdotte le WSN descrivendo caratteristiche generali, applicazioni, struttura della rete e architettura hardware richiesta. Nel capitolo 2 viene illustrato l'ambiente di sviluppo del progetto, analizzando le piattaforme hardware, firmware e software sulle quali ci appoggeremo per realizzare il progetto. Verranno descritti anche alcuni strumenti utili per effettuare la programmazione e il debug della rete. Nel capitolo 3 si descrivono i requisiti di progetto e si realizza una mappatura dell'architettura finale. Nel capitolo 4 si sviluppa il protocollo di routing, analizzando i consumi e motivando le scelte progettuali. Nel capitolo 5 vengono presentate le interfacce grafiche utilizzate utili per l'analisi dei dati. Nel capitolo 6 vengono esposti i risultati sperimentali dell'implementazione fissando come obiettivo il massimo lifetime della rete.
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Numerosi incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni in campo chimico e petrolchimico sono dovuti all’innesco di sostanze infiammabili rilasciate accidentalmente: per questo motivo gli scenari incidentali legati ad incendi esterni rivestono oggigiorno un interesse crescente, in particolar modo nell’industria di processo, in quanto possono essere causa di ingenti danni sia ai lavoratori ed alla popolazione, sia alle strutture. Gli incendi, come mostrato da alcuni studi, sono uno dei più frequenti scenari incidentali nell’industria di processo, secondi solo alla perdita di contenimento di sostanze pericolose. Questi eventi primari possono, a loro volta, determinare eventi secondari, con conseguenze catastrofiche dovute alla propagazione delle fiamme ad apparecchiature e tubazioni non direttamente coinvolte nell’incidente primario; tale fenomeno prende il nome di effetto domino. La necessità di ridurre le probabilità di effetto domino rende la mitigazione delle conseguenze un aspetto fondamentale nella progettazione dell’impianto. A questo scopo si impiegano i materiali per la protezione passiva da fuoco (Passive Fire Protection o PFP); essi sono sistemi isolanti impiegati per proteggere efficacemente apparecchiature e tubazioni industriali da scenari di incendio esterno. L’applicazione dei materiali per PFP limita l’incremento di temperatura degli elementi protetti; questo scopo viene raggiunto tramite l’impiego di differenti tipologie di prodotti e materiali. Tuttavia l’applicazione dei suddetti materiali fireproofing non può prescindere da una caratterizzazione delle proprietà termiche, in particolar modo della conducibilità termica, in condizioni che simulino l’esposizione a fuoco. Nel presente elaborato di tesi si è scelto di analizzare tre materiali coibenti, tutti appartenenti, pur con diversità di composizione e struttura, alla classe dei materiali inorganici fibrosi: Fibercon Silica Needled Blanket 1200, Pyrogel®XT, Rockwool Marine Firebatt 100. I tre materiali sono costituiti da una fase solida inorganica, differente per ciascuno di essi e da una fase gassosa, preponderante come frazione volumetrica. I materiali inorganici fibrosi rivestono una notevole importanza rispetto ad altri materiali fireproofing in quanto possono resistere a temperature estremamente elevate, talvolta superiori a 1000 °C, senza particolari modifiche chimico-fisiche. Questo vantaggio, unito alla versatilità ed alla semplicità di applicazione, li rende leader a livello europeo nei materiali isolanti, con una fetta di mercato pari circa al 60%. Nonostante l’impiego dei suddetti materiali sia ormai una realtà consolidata nell’industria di processo, allo stato attuale sono disponibili pochi studi relativi alle loro proprietà termiche, in particolare in condizioni di fuoco. L’analisi sperimentale svolta ha consentito di identificare e modellare il comportamento termico di tali materiali in caso di esposizione a fuoco, impiegando nei test, a pressione atmosferica, un campo di temperatura compreso tra 20°C e 700°C, di interesse per applicazioni fireproofing. Per lo studio delle caratteristiche e la valutazione delle proprietà termiche dei tre materiali è stata impiegata principalmente la tecnica Transient Plane Source (TPS), che ha consentito la determinazione non solo della conducibilità termica, ma anche della diffusività termica e della capacità termica volumetrica, seppure con un grado di accuratezza inferiore. I test sono stati svolti su scala di laboratorio, creando un set-up sperimentale che integrasse opportunamente lo strumento Hot Disk Thermal Constants Analyzer TPS 1500 con una fornace a camera ed un sistema di acquisizione dati. Sono state realizzate alcune prove preliminari a temperatura ambiente sui tre materiali in esame, per individuare i parametri operativi (dimensione sensori, tempi di acquisizione, etc.) maggiormente idonei alla misura della conducibilità termica. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per lo sviluppo di adeguati protocolli sperimentali e per effettuare prove ad alta temperatura. Ulteriori significative informazioni circa la morfologia, la porosità e la densità dei tre materiali sono state ottenute attraverso stereo-microscopia e picnometria a liquido. La porosità, o grado di vuoto, assume nei tre materiali un ruolo fondamentale, in quanto presenta valori compresi tra 85% e 95%, mentre la frazione solida ne costituisce la restante parte. Inoltre i risultati sperimentali hanno consentito di valutare, con prove a temperatura ambiente, l’isotropia rispetto alla trasmissione del calore per la classe di materiali coibenti analizzati, l’effetto della temperatura e della variazione del grado di vuoto (nel caso di materiali che durante l’applicazione possano essere soggetti a fenomeni di “schiacciamento”, ovvero riduzione del grado di vuoto) sulla conducibilità termica effettiva dei tre materiali analizzati. Analoghi risultati, seppure con grado di accuratezza lievemente inferiore, sono stati ottenuti per la diffusività termica e la capacità termica volumetrica. Poiché è nota la densità apparente di ciascun materiale si è scelto di calcolarne anche il calore specifico in funzione della temperatura, di cui si è proposto una correlazione empirica. I risultati sperimentali, concordi per i tre materiali in esame, hanno mostrato un incremento della conducibilità termica con la temperatura, da valori largamente inferiori a 0,1 W/(m∙K) a temperatura ambiente, fino a 0,3÷0,4 W/(m∙K) a 700°C. La sostanziale similitudine delle proprietà termiche tra i tre materiali, appartenenti alla medesima categoria di materiali isolanti, è stata riscontrata anche per la diffusività termica, la capacità termica volumetrica ed il calore specifico. Queste considerazioni hanno giustificato l’applicazione a tutti i tre materiali in esame dei medesimi modelli per descrivere la conducibilità termica effettiva, ritenuta, tra le proprietà fisiche determinate sperimentalmente, la più significativa nel caso di esposizione a fuoco. Lo sviluppo di un modello per la conducibilità termica effettiva si è reso necessario in quanto i risultati sperimentali ottenuti tramite la tecnica Transient Plane Source non forniscono alcuna informazione sui contributi offerti da ciascun meccanismo di scambio termico al termine complessivo e, pertanto, non consentono una facile generalizzazione della proprietà in funzione delle condizioni di impiego del materiale. La conducibilità termica dei materiali coibenti fibrosi e in generale dei materiali bi-fasici tiene infatti conto in un unico valore di vari contributi dipendenti dai diversi meccanismi di scambio termico presenti: conduzione nella fase gassosa e nel solido, irraggiamento nelle superfici delle cavità del solido e, talvolta, convezione; inoltre essa dipende fortemente dalla temperatura e dalla porosità. Pertanto, a partire dal confronto con i risultati sperimentali, tra cui densità e grado di vuoto, l’obiettivo centrale della seconda fase del progetto è stata la scelta, tra i numerosi modelli a disposizione in letteratura per materiali bi-fasici, di cui si è presentata una rassegna, dei più adatti a descrivere la conducibilità termica effettiva nei materiali in esame e nell’intervallo di temperatura di interesse, fornendo al contempo un significato fisico ai contributi apportati al termine complessivo. Inizialmente la scelta è ricaduta su cinque modelli, chiamati comunemente “modelli strutturali di base” (Serie, Parallelo, Maxwell-Eucken 1, Maxwell-Eucken 2, Effective Medium Theory) [1] per la loro semplicità e versatilità di applicazione. Tali modelli, puramente teorici, hanno mostrato al raffronto con i risultati sperimentali numerosi limiti, in particolar modo nella previsione del termine di irraggiamento, ovvero per temperature superiori a 400°C. Pertanto si è deciso di adottare un approccio semi-empirico: è stato applicato il modello di Krischer [2], ovvero una media pesata su un parametro empirico (f, da determinare) dei modelli Serie e Parallelo, precedentemente applicati. Anch’esso si è rivelato non idoneo alla descrizione dei materiali isolanti fibrosi in esame, per ragioni analoghe. Cercando di impiegare modelli caratterizzati da forte fondamento fisico e grado di complessità limitato, la scelta è caduta sui due recenti modelli, proposti rispettivamente da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos [3] e Daryabeigi, Cunnington, Knutson [4] [5]. Entrambi presentavano il vantaggio di essere stati utilizzati con successo per materiali isolanti fibrosi. Inizialmente i due modelli sono stati applicati con i valori dei parametri e le correlazioni proposte dagli Autori. Visti gli incoraggianti risultati, a questo primo approccio è seguita l’ottimizzazione dei parametri e l’applicazione di correlazioni maggiormente idonee ai materiali in esame, che ha mostrato l’efficacia dei modelli proposti da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos e Daryabeigi, Cunnington, Knutson per i tre materiali analizzati. Pertanto l’obiettivo finale del lavoro è stato raggiunto con successo in quanto sono stati applicati modelli di conducibilità termica con forte fondamento fisico e grado di complessità limitato che, con buon accordo ai risultati sperimentali ottenuti, consentono di ricavare equazioni predittive per la stima del comportamento, durante l’esposizione a fuoco, dei materiali fireproofing in esame. Bologna, Luglio 2013 Riferimenti bibliografici: [1] Wang J., Carson J.K., North M.F., Cleland D.J., A new approach to modelling the effective thermal conductivity of heterogeneous materials. International Journal of Heat and Mass Transfer 49 (2006) 3075-3083. [2] Krischer O., Die wissenschaftlichen Grundlagen der Trocknungstechnik (The Scientific Fundamentals of Drying Technology), Springer-Verlag, Berlino, 1963. [3] Karamanos A., Papadopoulos A., Anastasellos D., Heat Transfer phenomena in fibrous insulating materials. (2004) Geolan.gr http://www.geolan.gr/sappek/docs/publications/article_6.pdf Ultimo accesso: 1 Luglio 2013. [4] Daryabeigi K., Cunnington G. R., and Knutson J. R., Combined Heat Transfer in High-Porosity High-Temperature Fibrous Insulation: Theory and Experimental Validation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer 25 (2011) 536-546. [5] Daryabeigi K., Cunnington G.R., Knutson J.R., Heat Transfer Modeling for Rigid High-Temperature Fibrous Insulation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer. AIAA Early Edition/1 (2012).
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La tesi è orientata ad elaborare un’introduzione alla geometria algebrica particolarmente rivolta agli strumenti di algebra commutativa, al fine di affrontare i problemi descritti nell'ultimo paragrafo. A partire da testi basilari per l’argomento, come [A, MD] e [Ha], si introdurrà la nozione di spettro di un anello e si andranno a studiare vari casi che costituiscono una buona base per avere un panorama delle possibili strutture che si generano come schemi associati ad un anello e se ne studieranno le proprietà caratteristiche. In particolare, si analizzeranno proprietà di irriducibilità, finitezza e altro, in connessione con quelle degli anelli commutativi. Una particolare attenzione viene poi rivolta agli schemi 0-dimensionali, alle loro diverse immersioni negli spazi proiettivi ed ai problemi aperti ad essi connessi (es. determinazione della funzione di Hilbert). In questo ambito molti problemi aperti rimangono anche per questioni di semplice formulazione (ad esempio sulla dimensione di particolari spazi lineari di curve piane definite dall'imposizione di singolarità lungo schemi 0-dimensionali).
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In questa tesi studiamo il ruolo dei sistemi di radici nella classificazione delle algebre di Lie e delle superalgebre di Lie. L'interesse per le superalgebre di Lie nasce nei primi anni '70 quando una parte dei fisici si convinse che sarebbe stato più utile e molto più chiaro riuscire ad avere uno schema di riferimento unitario in cui non dovesse essere necessario trattare separatamente particelle fisiche come bosoni e fermioni. Una teoria sistematica sulle superalgebre di Lie fu introdotta da V. Kac nel 1977 che diede la classificazione delle superalgebre di Lie semplici su un campo algebricamente chiuso.
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Il presente lavoro è stato svolto presso la struttura di Fisica Medica dell'Azienda Ospedaliera IRCCS "Arcispedale S. Maria Nuova" di Reggio Emilia e consiste nello sviluppo di un sistema per l'ottimizzazione della dose in Radioterapia tramite dose-painting basato sui voxel. Il dose painting è una tecnica di pianificazione del trattamento di radioterapia che si basa sull'assegnazione o ridistribuzione della dose secondo le informazioni biologiche e metaboliche che i moderni sistemi di imaging sono in grado di fornire. La realizzazione del modulo di calcolo BioOPT è stata possibile grazie all'utilizzo dei due software open-source Plastimatch e CERR, specifici per l'elaborazione e la registrazione di immagini mediche di diversi tipi e formati e per la gestione, la modifica e il salvataggio di piani di trattamento di radioterapia creati con la maggior parte dei software commerciali ed accademici. Il sistema sviluppato è in grado di registrare le immagini relative ad un paziente, in generale ottenute da diverse tipologie di imaging e acquisite in tempi diversi ed estrarre le informazioni biologiche relative ad una certa struttura. Tali informazioni verranno poi utilizzate per calcolare le distribuzioni di dose "ottimale" che massimizzano il valore delle funzioni radiobiologiche utilizzate per guidare il processo di redistribuzione della dose a livello dei voxel (dose-painting). In questo lavoro il modulo è stato utilizzato principalmente per l'ottimizzazione della dose in pazienti affetti da Glioblastoma, un tumore cerebrale maligno tra i più diffusi e mortali. L'ottimizzatore voxel-based, infatti, è stato sviluppato per essere utilizzabile all'interno di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute per la valutazione di un programma di terapia che include l'uso di un innovativo acceleratore lineare ad alto rateo di dose per la cura di tumori cerebrali in fase avanzata. Al fine di migliorare il trattamento radiante, inoltre, lo studio include la somministrazione della dose tramite dose-painting con lo scopo di verificarne l'efficacia. I risultati ottenuti mostrano che tramite il modulo sviluppato è possibile ottenere distribuzioni di dose eterogenee che tengono conto delle caratteristiche biologiche intratumore stimate a partire dalle immagini multimodali. Inoltre il sistema sviluppato, grazie alla sua natura 'open', è altamente personalizzabile a scopi di ricerca e consente di simulare distribuzioni di dose basate sui voxel e di confrontarle con quelle ottenute con i sistemi commerciali ad uso clinico, che non consentono questo tipo di ottimizzazioni.
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Viene implementato un algoritmo di ritrasmissione dei pacchetti nel protocollo TCP. Lo studio viene fatt utilizzando il simulatore OMNET++ e il framework INET
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Nella presente tesi ci si pone lo scopo di studiare stabilità, ciclabilità e cinetica di campioni composti da magnesio e titanio (Mg-Ti) prodotti con la tecnica della condensazione in gas inerte (IGC) per lo di stoccaggio di idrogeno. Il sistema Mg-Ti sembra essere un buon candidato per poter costruire serbatoi di idrogeno allo stato solido sia per applicazioni fisse che mobili. La ricerca di tecnologie efficaci per immagazzinare idrogeno è fondamentale per poter affermare un ciclo energetico sostenibile, svincolato dai combustibili fossili. Sia il lavoro di crescita dei campioni all'Università di Bologna, sia la caratterizzazione di questi nei laboratori dell' Institut de Chimie et des Materiaux Paris-Est (ICMPE) si collocano all'interno del progetto europeo COST per la ricerca di materiali nanostrutturati destinati ad applicazioni nel campo dello stoccaggio dell'energia in forma di idrogeno allo stato solido.
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Le tecniche di next generation sequencing costituiscono un potente strumento per diverse applicazioni, soprattutto da quando i loro costi sono iniziati a calare e la qualità dei loro dati a migliorare. Una delle applicazioni del sequencing è certamente la metagenomica, ovvero l'analisi di microorganismi entro un dato ambiente, come per esempio quello dell'intestino. In quest'ambito il sequencing ha permesso di campionare specie batteriche a cui non si riusciva ad accedere con le tradizionali tecniche di coltura. Lo studio delle popolazioni batteriche intestinali è molto importante in quanto queste risultano alterate come effetto ma anche causa di numerose malattie, come quelle metaboliche (obesità, diabete di tipo 2, etc.). In questo lavoro siamo partiti da dati di next generation sequencing del microbiota intestinale di 5 animali (16S rRNA sequencing) [Jeraldo et al.]. Abbiamo applicato algoritmi ottimizzati (UCLUST) per clusterizzare le sequenze generate in OTU (Operational Taxonomic Units), che corrispondono a cluster di specie batteriche ad un determinato livello tassonomico. Abbiamo poi applicato la teoria ecologica a master equation sviluppata da [Volkov et al.] per descrivere la distribuzione dell'abbondanza relativa delle specie (RSA) per i nostri campioni. La RSA è uno strumento ormai validato per lo studio della biodiversità dei sistemi ecologici e mostra una transizione da un andamento a logserie ad uno a lognormale passando da piccole comunità locali isolate a più grandi metacomunità costituite da più comunità locali che possono in qualche modo interagire. Abbiamo mostrato come le OTU di popolazioni batteriche intestinali costituiscono un sistema ecologico che segue queste stesse regole se ottenuto usando diverse soglie di similarità nella procedura di clustering. Ci aspettiamo quindi che questo risultato possa essere sfruttato per la comprensione della dinamica delle popolazioni batteriche e quindi di come queste variano in presenza di particolari malattie.
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L'obiettivo del seguente lavoro è determinare attraverso l'uso di procedure statistico-econometriche, in particolare del metodo ECM, le previsioni per i tassi di default nel triennio 2013-2015, partendo dalle serie storiche di questi ultimi e da quelle macroeconomiche.
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Nella tesi viene effettuato un confronto tra diversi strumenti di sviluppo per ontologie, considerando vari criteri e caratteristiche relativi a questi strumenti. Viene inoltre approfondito il contesto in cui operano tali editor, presentando il Web Semantico, e tutte le tecnologie, linguaggi e applicazioni di supporto per lo sviluppo ontologico.
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Il presente lavoro è stato svolto presso la struttura di Radioterapia del Policlinico S. Orsola - Malpighi e consiste nella caratterizzazione di un sistema di acquisizione per immagini portali (EPID) come dosimetro relativo bidimensionale da usare nei controlli di qualità sui LINAC. L’oggetto di studio è il sistema di acquisizione di immagini portali OPTIVUE 1000ST (Siemens), dispositivo flat panel di silicio amorfo (a-Si) assemblato all’acceleratore lineare Siemens Oncor. La risposta dell’EPID è stata analizzata variando i parametri di consegna della dose, mantenendo fissa la distanza fuoco-rivelatore. Le condizioni di stabilità, ottimali per lavorare, si hanno intorno alle 50 U.M. Dalle curve dei livelli di grigio ottenute risulta evidente che in diverse condizioni d’irraggiamento il sistema risponde con curve di Dose-Risposta differenti, pur restando nello stesso range di dose. Lo studio include verifiche sperimentali effettuate con l’OPTIVUE e usate per espletare alcuni controlli di qualità di tipo geometrico come la coincidenza campo luminoso – campo radiante e la verifica del corretto posizionamento delle lamelle del collimatore multilamellare. Le immagini portali acquisite verranno poi confrontate con quelle ottenute irraggiando tradizionalmente una CR (computed radiography), per la coincidenza e una pellicola radiocromica EBT 3, per l’MLC. I risultati ottenuti mostrano che, per il primo controllo, in entrambi i modi, si è avuta corrispondenza tra campo radiante e campo luminoso; il confronto fra le due metodiche di misura risulta consistente entro i valori di deviazioni standard calcolati, l’OPTIVUE può essere utilizzato efficacemente in tale controllo di qualità. Nel secondo controllo abbiamo ottenuto differenze negli errori di posizionamento delle lamelle individuati dai due sistemi di verifica dell’ordine di grandezza dei limiti di risoluzione spaziale. L’OPTIVUE è in grado di riconoscere errori di posizionamento preesistenti con un’incertezza che ha come limite la dimensione del pixel. Il sistema EPID, quindi, è efficace, affidabile, economico e rapido.