934 resultados para SONO
Resumo:
Lo scopo del presente lavoro è delineare un nuovo modello inerente l'organizzazione, i processi e gli strumenti di programmazione e controllo a supporto della governance degli enti locali sulle loro aziende di gestione dei servizi pubblici, con particolare attenzione per la variabile strumentale. E' stata adottata una metodologia mista, deduttivo-induttiva. Nella fase deduttiva è stata analizzata la normativa italiana nonché la dottrina economico aziendale nazionale ed internazionale in tema di gestione dei servizi pubblici locali: in tal modo è stato estrapolato un modello normativo-dottrinale inerente l'organizzazione, i processi e gli strumenti di programmazione e controllo a supporto della governance degli enti locali sulle loro aziende di gestione dei servizi pubblici. Nella fase induttiva è stata realizzata un'indagine empirica che ha coinvolto i comuni capoluogo di Emilia-Romagna e Toscana, in modo tale da testare il livello di utilizzo del modello normativo-dottrinale precedentemente estrapolato Nella fase di feedback sono stati delineati i punti di forza e di debolezza del succitato modello emergenti dalla ricerca. Si è così cercato di proporre un nuovo modello, con particolare attenzione per la variabile strumentale, in grado di porre rimedio ai punti di debolezza e di potenziare i punti di forza del modello normativo-dottrinale.
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Il tema dei servizi pubblici locali è sicuramente centrale nell'attuale contesto socio-economico nazionale ed internazionale, in quanto essi hanno un impatto determinante sulle condizioni di vita dei cittadini e sulla competitività dei sistemi economici. In ragione di ciò, negli ultimi anni in Italia numerose riforme si sono susseguite, con lo scopo di individuare l'assetto più efficace ed efficiente per tale settore. Le suddette riforme hanno così ridisegnato il ruolo degli Enti Locali, che saranno sempre meno gestori diretti e sempre più direttori di una multiforme orchestra composta dalle aziende esterne chiamate a fornire in prima persona le prestazioni agli utenti finali. Il presente lavoro si propone di individuare, anche attraverso una ricerca sui Comuni capoluogo di Emilia-Romagna e Toscana, strumenti di programmazione e controllo in ottica di gruppo che consentano agli Enti Locali di svolgere questo nuovo delicato ruolo. Tali strumenti verranno disegnati sulla base delle necessità informative delle amministrazioni indagate e nel rispetto delle più recenti riforme in tema di programmazione, rilevazione, gestione, controllo, valutazione e comunicazione delle performance pubbliche.
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MOTIVAZIONI DI PARTENZA Gli studi sul processo di aziendalizzazione delle pubbliche amministrazioni (Hood 1991, Mussari 1994, Valotti 2000) hanno evidenziato che esse possono essere considerate aziende per tre ragioni: istituzionale, costitutiva e comportamentale (Deidda Gagliardo 2002). In particolare, gli enti locali che intendano agire come aziende dovrebbero adottare sistemi (Bertini 1990) di programmazione e controllo (D’Alessio 1992, Borgonovi 2005), funzionali ad un miglioramento delle performances economico-sociali (Anselmi 1993, Farneti 2004). Il presente lavoro è incentrato sul sub-sistema di programmazione delle amministrazioni territoriali: si focalizza l’attenzione sugli enti locali emiliano-romagnoli in quanto caratterizzati da un buon livello di aziendalizzazione (Orelli 2005). RISULTATI ATTESI L’analisi verterà sugli strumenti di programmazione utilizzati dagli enti in oggetto e sui rapporti -orizzontali e verticali (Deidda Gagliardo 2007)- intercorrenti tra gli stessi, mirando a verificarne livello e modalità di applicazione. Lo studio partirà dai risultati della ricerca “Il contributo dei sistemi di programmazione e controllo alla governance locale in Emilia-Romagna”, coordinata dal Prof. Deidda Gagliardo e condotta, rispetto all’universo di 350 enti potenziali, sul campione delle 178 amministrazioni che hanno risposto, rappresentativo di tutte le fasce dimensionali e di tutte le zone geografiche della regione. Tale ricerca, chiusa a fine 2007, ha indagato l’arco temporale 1996 - 2006. Dall’analisi dei dati ci si attende che tutti gli enti osservati adottino gli strumenti di programmazione “obbligatori”, e che l’utilizzo di quelli “facoltativi” sia circoscritto a quelli più virtuosi. La metodologia di ricerca è di tipo misto: • fase deduttiva: sono stati studiati i principali contributi teorici; • fase induttiva: è stato somministrato un questionario strutturato a risposte chiuse ai responsabili dei servizi finanziari; • fase di feedback: si procederà all’analisi critica dei risultati al fine di verificare livello e modalità di utilizzo degli strumenti di programmazione.
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Abstract. The possibility of using pumice aggregates for concrete in structural applications is discussed. In particular, the mix design of lightweight concrete for the manufacturing masonry units having proper strength, is discussed. Moreover, the design of the unit shape according to the technical code requirements and making it possible to arrange reinforcing steel bars is described. Reinforced bearing masonry walls, made with the concrete units in question, were manufactured and tests on the panels and on the designed units were carried out. For comparison, tests on concrete units and structural elements were carried out after the substitution of pumice aggregates with ordinary lightweight aggregates, proving that pumice can be considered an alternative to them. Sommario. L’uso della pomice come inerte per il confezionamento di calcestruzzo è poco diffuso sebbene essa sia stata usata già in antiche costruzioni come il Pantheon in Roma. In questo studio si affronta la possibilità di realizzare blocchi in calcestruzzo alleggerito con granuli di pomice. I blocchi, progettati e realizzati secondo le indicazioni normative correnti, sono stati usati per realizzare pannelli murari armati da sottoporre a carichi ciclici orizzontali. I risultati ottenuti, messi a confronto con quelli di pannelli realizzati con blocchi in cls alleggerito con argilla espansa, hanno mostrato la possibilità di utilizzare la pomice come validissima alternativa all’argilla espansa.
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Abstract. The possibility of using pumice aggregates for concrete in structural applications is discussed. In particular, the mix design of lightweight concrete for the manufacturing masonry units having proper strength, is discussed. Moreover, the design of the unit shape according to the technical code requirements and making it possible to arrange reinforcing steel bars is described. Reinforced bearing masonry walls, made with the concrete units in question, were manufactured and tests on the panels and on the designed units were carried out. For comparison, tests on concrete units and structural elements were carried out after the substitution of pumice aggregates with ordinary lightweight aggregates, proving that pumice can be considered an alternative to them. Sommario. L’uso della pomice come inerte per il confezionamento di calcestruzzo è poco diffuso sebbene essa sia stata usata già in antiche costruzioni come il Pantheon in Roma. In questo studio si affronta la possibilità di realizzare blocchi in calcestruzzo alleggerito con granuli di pomice. I blocchi, progettati e realizzati secondo le indicazioni normative correnti, sono stati usati per realizzare pannelli murari armati da sottoporre a carichi ciclici orizzontali. I risultati ottenuti, messi a confronto con quelli di pannelli realizzati con blocchi in cls alleggerito con argilla espansa, hanno mostrato la possibilità di utilizzare la pomice come validissima alternativa all’argilla espansa.
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A obesidade infantil é um importante problema de saúde pública, não só pelos efeitos adversos durante a infância mas porque tende a persistir na idade adulta, constituindo um factor de risco para diversas doenças crónicas. Os alicerces de uma vida saudável estruturam-se na vida pré-natal e sedimentam-se nos seis primeiros anos de vida, sendo o crescimento da criança fortemente influenciado pelo seu contexto ambiental familiar. Foi neste âmbito que emergiu como objectivo geral deste estudo explorar as relações existentes entre os determinantes infantis (antecedentes obstétricos e peri-natais) e parentais (práticas alimentares, conhecimento dos pais sobre alimentação infantil, percepção parental de competência e percepção do peso da criança) e o desenvolvimento de excesso de peso em crianças pré-escolares. Este estudo, de carácter observacional e transversal, foi realizado com 792 crianças pré-escolares, idade M= 4,39 anos (±0,91Dp) e seus pais, residentes num concelho pertencente às NUTs III Dão-Lafões, sendo efectuada a avaliação antropométrica e classificação nutricional das crianças com base no referencial NCHS (CDC, 2000) e da OMS nos pais. O protocolo de pesquisa incluiu instrumentos de medida que validamos para a população portuguesa e a construção do Questionário de Conhecimentos sobre Alimentação Infantil (QAI) cujas propriedades psicométricas certificam a sua qualidade (Alfa de Cronbach = 0,942; Alfa de Cronbach teste re-teste = 0,977). Nas crianças, 31,3% apresentavam excesso de peso (12,4% obesidade), assim como 41,1% das mães (10,2% obesidade) e 64,4% dos pais (14,8% obesidade), sendo mais evidente nas mães o risco metabólico associado ao Perímetro da Cintura. As mães revelam mais conhecimentos sobre alimentação e sentimentos de eficácia mais elevados com o papel parental, enquanto os pais manifestaram mais sentimentos de motivação e satisfação. Os resultados obtidos corroboram existir efeito significativo dos determinantes infantis e parentais no excesso de peso da criança, designadamente: (i) do peso ao nascer, com impacto dos nascidos grandes; (ii) da higiene do sono especificamente dos que dormem menos de 11horas; (iii) dos que não brincam na rua, (iv) das mães mais jovens, do IMC e risco metabólico dos Pais; (v) da percepção parental da imagem corporal dos filhos, verificando-se que quanto mais elevado o IMC das crianças, mais distorcida é esta percepção dos pais; (vi) das crenças, atitudes e práticas alimentares e que permitem inferir que uma maior preocupação com o peso da criança, maior controlo, restrição e menor pressão para comer se associa a maior excesso de peso. As inferências evidenciam que, na vigilância de saúde periódica se torna imprescindível a valorização dos determinantes de risco biológicos e familiares do excesso de peso infantil, considerando programas de intervenção centrados na família, num processo que encontre sentido a partir daquilo que as famílias experienciam, de forma a ajudá-las a criar recursos fortalecedores de competência para uma parentalidade mais positiva.
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O presente estudo ocupa-se de uma problemática em Didática – as relações entre a investigação científica e o desenvolvimento do campo – e assenta no pressuposto de que essas relações se constroem conjugando o pensamento e a atuação de investigadores, académicos, professores, e formadores de professores, numa ação conjunta conduzida com a participação comprometida das suas instituições profissionais e orientada para o desenvolvimento de todos os intervenientes, da sua área de atividade e, assim, do ensino/aprendizagem e dos alunos. Nesse sentido, o estudo foi concebido no intuito de criar condições propícias ao estreitamento das relações em foco, tendo em vista, simultaneamente, o aprofundamento do conhecimento sobre a problemática. Assumiu, pois, uma finalidade de intervenção no terreno e uma finalidade científica de avaliação da experiência proporcionada por essa intervenção, na expectativa do alargamento da compreensão do objeto de estudo. Na confluência dessas finalidades, a investigação desenvolveu-se como um estudo de caso norteado por duas proposições teóricas: - A colaboração entre académicos e professores, no âmbito de projetos de investigação em Didática, e o comprometimento das instituições profissionais de ambos com essas iniciativas colaborativas poderão favorecer o desenvolvimento do campo, dos atores que nele intervêm e das instituições implicadas. - A formação contínua de professores centrada na investigação em Didática poderá constituir espaço privilegiado para o desenvolvimento dessas dinâmicas de colaboração. No alinhamento destas proposições com a finalidade interventiva do estudo, diferentes atores em Didática foram desafiados a envolver-se numa iniciativa de investigação/formação colaborativa e daí resultou o caso analisado nesta investigação, o projeto ICA/DL (Investiga, Colabora e Atua em Didática de Línguas). Tal projeto, realizado no âmbito de uma parceria formalizada num Protocolo de Colaboração, envolveu uma equipa composta por cinco docentes do Departamento de Didática e Tecnologia Educativa (atual Departamento de Educação) da Universidade de Aveiro e por 4 professores da Escola Secundária Dr. João Carlos Celestino Gomes – Ílhavo e implicou ainda, institucionalmente, a universidade, a escola e o Centro de Formação das Escolas do Concelho de Ílhavo (atualmente, Centro de Formação de Associação de Escolas dos Concelhos de Ílhavo, Vagos e Oliveira do Bairro). As atividades do projeto iniciaram-se no final de 2003, com os primeiros encontros de negociação da parceria, e prolongaram-se até meados de 2007, altura em que a equipa reuniu pela última vez. O programa operacional central desenvolveu-se entre janeiro de 2004 e novembro de 2005 e concretizou-se num percurso de investigação e de formação em colaboração entre académicos e professores, concebido e implementado pela equipa e acreditado pelo Conselho Científico-Pedagógico da Formação Contínua. Tal programa centrou-se no estudo de um tópico em Didática de Línguas (a competência de aprendizagem plurilingue), na realização de intervenções de ensino/aprendizagem, no âmbito do mesmo tópico, junto dos alunos na escola e na avaliação da experiência com base em dados empíricos. A investigação que sobre o caso se conduziu, ao orientar-se, na prossecução da segunda finalidade estabelecida, para a compreensão da influência das dinâmicas colaborativas de investigação/formação sobre o desenvolvimento dos intervenientes (equipa, parceiros institucionais e alunos na escola), é também um estudo de impacte. A condução do processo empírico deu prioridade à produção de uma leitura integrada e complexa, capaz de evidenciar os impactes do projeto, interpretando-os com base na análise dos processos que terão condicionado a sua ocorrência. Nessa medida, a metodologia revestiu-se, intencionalmente, de uma natureza eminentemente interpretativa e qualitativa, socorrendo-se da triangulação de fontes, dados e procedimentos de análise. Contudo, o método integrou também procedimentos quantitativos, em particular, um exercício estatístico que, correlacionando totais de evidências verificadas e totais de evidências possíveis, procurou tornar mais precisa a avaliação da dimensão do impacte alcançado pelo projeto. Ensaiou-se, assim, uma abordagem metodológica em estudos de impacte em Educação, que propõe potenciar a compreensão de casos complexos, conjugando interpretação e objetivação/quantificação. A análise desvendou constrangimentos e obstáculos na vivência dos princípios conceptuais fundadores da noção de investigação/formação colaborativa que sustentou as proposições de partida e que fez emergir o ICA/DL. Tais dificuldades limitaram a assunção de responsabilidades partilhadas na condução processual da experiência, condicionaram dinâmicas supervisivas nem sempre colaborativas e facilitadoras e manifestaram-se em atitudes de compromisso por vezes frágil com o projeto. E terão afetado a concretização das expectativas iniciais de desenvolvimento de todos os participantes, determinando impactes de dimensão globalmente algo dececionante, assimetrias substantivas de influência da experiência levada a cabo no desenvolvimento profissional dos elementos da equipa e no desenvolvimento institucional e repercutindo-se em efeitos pouco expressivos no desenvolvimento dos alunos, no que toca a capacidades ativas de comunicação e de aprendizagem, enquadradas pelo tópico didático trabalhado no âmbito do projeto. Mas revelaram-se também sinais claros de que se avançou no sentido da concretização dos pressupostos colaborativos que sustentaram a iniciativa. Foi possível reunir académicos, professores e instituições educativas em torno da ideia de investigação/formação em colaboração e mobilizá-los como parceiros que se comprometeram na construção de um projeto assente nessa ideia. E percebeu-se que, apesar de pouco expressivo, houve impacte, pois há indicadores de que o projeto contribuiu positivamente para o desenvolvimento dos intervenientes. Na equipa, sinalizaram-se efeitos sobretudo nas práticas de ensino/aprendizagem das professoras e, no caso particular de uma delas, que teve uma participação mais envolvida em atividades de investigação, manifestaram-se impactes substancialmente mais notórios do que nos restantes elementos do grupo e que abrangeram diferentes dimensões da profissionalidade. As académicas, embora menos do que as professoras, também evidenciaram desenvolvimento, dominantemente, nos planos da investigação em Didática de Línguas e da formação de professores. E o ICA/DL parece ter proporcionado também impactes positivos junto das instituições implicadas, especialmente junto da universidade, designadamente, no que toca ao aprofundamento do pensamento sobre a problemática que sustentou a experiência e ao desenvolvimento de projetos de investigação. Por seu turno, os alunos, tendo revelado sinais modestos de reforço das suas capacidades de ação como interlocutores em situações de comunicação plurilingue e como aprendentes de línguas, deram mostras claras de terem tomado consciência de atitudes e de recursos que favorecem o desenvolvimento desses dois papéis. Para além disso, os responsáveis pela parceria, apesar dos obstáculos que limitaram o alcance dos seus propósitos, reafirmaram, na conclusão do projeto, a sua confiança nos princípios colaborativos que os uniram, antecipando a continuidade de uma experiência que entenderam como primeiro passo na concretização desses princípios. No balanço das fragilidades vividas e dos ganhos conquistados pelo ICA/DL, o estudo permite renovar a convicção inicial no poder transformador das práticas de investigação/formação colaborativa em Didática, e assim, na emergência de uma comunidade una de professores e de académicos, movida por um projeto comum de desenvolvimento da Educação. Nessa perspetiva, avançam-se sugestões que abrangem a investigação, o processo de ensino/aprendizagem nas escolas, a formação de professores, as políticas em Didática e a Supervisão.
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The exponential growth of the world population has led to an increase of settlements often located in areas prone to natural disasters, including earthquakes. Consequently, despite the important advances in the field of natural catastrophes modelling and risk mitigation actions, the overall human losses have continued to increase and unprecedented economic losses have been registered. In the research work presented herein, various areas of earthquake engineering and seismology are thoroughly investigated, and a case study application for mainland Portugal is performed. Seismic risk assessment is a critical link in the reduction of casualties and damages due to earthquakes. Recognition of this relation has led to a rapid rise in demand for accurate, reliable and flexible numerical tools and software. In the present work, an open-source platform for seismic hazard and risk assessment is developed. This software is capable of computing the distribution of losses or damage for an earthquake scenario (deterministic event-based) or earthquake losses due to all the possible seismic events that might occur within a region for a given interval of time (probabilistic event-based). This effort has been developed following an open and transparent philosophy and therefore, it is available to any individual or institution. The estimation of the seismic risk depends mainly on three components: seismic hazard, exposure and vulnerability. The latter component assumes special importance, as by intervening with appropriate retrofitting solutions, it may be possible to decrease directly the seismic risk. The employment of analytical methodologies is fundamental in the assessment of structural vulnerability, particularly in regions where post-earthquake building damage might not be available. Several common methodologies are investigated, and conclusions are yielded regarding the method that can provide an optimal balance between accuracy and computational effort. In addition, a simplified approach based on the displacement-based earthquake loss assessment (DBELA) is proposed, which allows for the rapid estimation of fragility curves, considering a wide spectrum of uncertainties. A novel vulnerability model for the reinforced concrete building stock in Portugal is proposed in this work, using statistical information collected from hundreds of real buildings. An analytical approach based on nonlinear time history analysis is adopted and the impact of a set of key parameters investigated, including the damage state criteria and the chosen intensity measure type. A comprehensive review of previous studies that contributed to the understanding of the seismic hazard and risk for Portugal is presented. An existing seismic source model was employed with recently proposed attenuation models to calculate probabilistic seismic hazard throughout the territory. The latter results are combined with information from the 2011 Building Census and the aforementioned vulnerability model to estimate economic loss maps for a return period of 475 years. These losses are disaggregated across the different building typologies and conclusions are yielded regarding the type of construction more vulnerable to seismic activity.
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A transição demográfica e epidemiológica da população portuguesa tem e terá um enorme impacto na utilização dos recursos de saúde. Atualmente, as pessoas idosas representam um dos grupos etários com taxas de internamento hospitalar mais significativos. Contudo, os dados sobre a hospitalização destas pessoas têm demonstrado resultados de saúde negativos, nomeadamente, o declínio funcional e cognitivo e o risco elevado de eventos adversos. Os/as enfermeiros/as têm um papel crucial na mudança desta realidade. Deste modo, a associação entre o contexto no qual decorre o cuidado de enfermagem geriátrica e os resultados deste cuidado relativos a/os utentes, enfermeiros/as e organizações têm sido proficuamente documentados. Algumas estratégias para promover a qualidade do cuidado geriátrico e a segurança das pessoas idosas hospitalizadas consistem em avaliar e (re)criar o ambiente de trabalho geriátrico dos/as enfermeiros/as (AGTE) e capacitar e treinar estes/as profissionais no cuidado à pessoa idosa. Embora, internacionalmente, os dados demonstrem a associação entre as características de hospitais e/ou enfermeiros/as e o AGTE, não existem estudos em Portugal nesta área, bem como sobre o conhecimento e as atitudes destes profissionais no contexto hospitalar. Por conseguinte, este estudo teve como objetivos: 1) traduzir, adaptar culturalmente e validar as escalas que compõem o questionário Geriatric Institucional Assessment Proflie (GIAP) para a população portuguesa; 2) analisar o AGTE (fatores intrínsecos e extrínsecos) que apoiam ou dificultam a adoção das melhores práticas geriátricas em hospitais portugueses; 3) analisar as atitudes e conhecimento de enfermeiros/as acerca de quatro síndromes geriátricas (úlceras de pressão, distúrbio do sono, contenção física e incontinência), destacando as boas práticas e os problemas encontrados nos hospitais portugueses; 4) analisar a relação entre as variáveis demográficas, profissionais e as características dos hospitais e as escalas que compõem o GIAP – versão portuguesa; 5) conhecer as perceções de enfermeiros/as acerca do cuidado às pessoas idosas hospitalizadas e dos obstáculos enfrentados para desenvolver um cuidado de boa qualidade; e 6) analisar a relação entre a perceção de enfermeiros/as sobre o AGTE e o conhecimento e atitudes geriátricas destes profissionais em função da região e unidade de internamento. Este estudo foi desenvolvido com base num método quantitativo do tipo exploratório-descritivo, transversal, prospetivo e correlacional. A amostra foi constituída por 1.068 enfermeiros/as de cinco hospitais da região norte e centro do país. A recolha de dados foi desenvolvida através de autopreenchimento do GIAP – versão portuguesa. De entre os principais resultados destacam-se: 1) a obtenção de um instrumento válido e fiável para avaliar o AGTE e conhecimentos e atitudes geriátricas; 2) a perceção de enfermeiros/as sobre o cuidado às pessoas idosas como sendo predominantemente negativa; 3) a perceção de enfermeiros/as sobre o apoio insuficiente dos líderes hospitalares para promover um AGTE favorável; 4) o cuidado a pessoas idosas com comportamentos inadequados e o uso de recursos geriátricos como os principais fatores que influenciam a eficácia e a qualidade do cuidado geriátrico; 5) a lacuna de conhecimento e atitudes negativas de enfermeiros/as acerca das quatro síndromes geriátricas; 6) a conceptualização de um modelo sobre a associação das características de enfermeiros/as, dos hospitais do estudo e das perceções destes/as profissionais sobre o cuidado geriátrico com o AGTE e o conhecimento e atitudes geriátricos; 7) a falta de apoio familiar, a descontinuidade e a escassez de tempo para o cuidado como principais obstáculos no cuidado à pessoa idosa hospitalizada; e 8) o perfil de cuidado geriátrico nos hospitais da região norte e centro de Portugal como tendencialmente homogéneo. Os resultados deste estudo sustentam a necessidade de um maior investimento dos decisores políticos, administradores hospitalares e docentes de Enfermagem na capacitação dos/as enfermeiros/as para o cuidado geriátrico e na promoção de um AGTE mais favorável. Também oferece recomendações significativas nos domínios da decisão política, da gestão institucional e da prática profissional que devem ser alvo de uma discussão alargada entre os vários agentes com responsabilidade nestes domínios. Espera-se que este estudo possa contribuir para a promoção de um contexto favorável ao desenvolvimento de um cuidado de enfermagem geriátrica de boa qualidade às pessoas hospitalizadas.
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Os primeiros estudos onde se tentava avaliar os melhores horários para se lecionar de forma a se poderem otimizar os horários escolares são já muito antigos. O primeiro a estabelecer uma relação sistemática entre performance cognitiva, Cronobiologia e sono foi Kleitman, evidenciando uma paralelismo entre o ritmo circadiano da temperatura central e a altura do dia em que eram realizadas tarefas simples de repetição. Após este primeiro estudo, muitos outros se seguiram, contudo a maioria apenas encontrou ritmos em protocolos de rotina constante e dessincronização forçada desprovidos de validade ecológica. Acresce ainda o facto de neste tipo de estudos não haver uma manipulação sistemática do efeito do padrão individual de distribuição dos parâmetros circadianos no nictómero, designado na literatura como Cronotipo. Perante isto, o presente estudo pretende avaliar a influência do Cronotipo nos ritmos cognitivos, utilizando um protocolo de rotina normal (Ecológico), onde também se manipula o efeito fim-de-semana. Para testar as premissas supramencionadas, utilizou-se uma amostra de 16 alunos universitários, que numa primeira fase responderam ao questionário de Matutinidade e Vespertinidade de Horne&Östberg, para caracterização do Cronotipo, e posteriormente andaram 15-17 dias consecutivos com tempatilumis (actímetros) para análise de ritmos de temperatura e atividade, com iPads onde realizavam ao longo do dia várias tarefas cognitivas e com o Manual de Registo Diário, onde respondiam ao diário de sono e de atividade. A análise de dados denotou a inexistência de expressão de ritmos na maioria dos parâmetros cognitivos inviabilizando a verificação de diferenças significativas entre indivíduos matutinos e vespertinos nestes parâmetros. Esta ausência de visualização da expressão rítmica pode ser explicada pelo facto de os participantes não terem aderido da forma desejada e exigida, à realização das tarefas cognitivas, ou pelo facto de termos usado um protocolo de rotina normal, em detrimento dos protocolos de rotina constate e dessincronização forçada, não controlando assim algumas variáveis que influenciam o desempenho cognitivo, podendo estas mascarar ou mesmo eliminar o ritmo. Ainda assim e apesar destas contingências observaram-se ritmos circadianos nas variáveis de autoavaliação, mesmo com o paradigma ecológico. Verificou-se ainda um efeito da hora do dia em vários parâmetros de tarefas cognitivas e motoras medidas objetivamente, assim como uma diminuição da performance cognitiva nos vespertinos, comparativamente aos matutinos, na janela temporal das 6h às 12 horas, que coincide com a maior concentração de horas de aulas por dia na Universidade onde o estudo foi realizado. Outros estudos serão necessários para consolidar a influência do Cronotipo nos ritmos cognitivos, utilizando o protocolo de rotina normal para garantir a validade ecológica, salvaguardando uma participação mais ativa na execução das tarefas cognitivas por parte dos sujeitos em estudo.
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Tese de dout., Psicologia, Faculdade de Ciências Humanas e Sociais, Univ. do Algarve, 2010
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A presente investigação teve como principais objetivos estudar as representações de vinculação das crianças adotadas e a sua relação com: (1) aspetos individuais da história de institucionalização e de adoção (i.e., idade e duração); (2) aspetos familiares, nomeadamente, a comunicação pais-filhos e o funcionamento familiar; e (3) a adaptação da criança (i.e., problemas de internalização, externalização e sono). Participaram na investigação 30 famílias adotivas da região do Algarve, num total de 89 participantes, entre os quais 30 crianças adotadas, com uma média de idades de 6.9 anos, 30 mães e 29 pais adotivos. Os resultados obtidos sugerem que: (1) as representações de vinculação das crianças adotadas situam-se no limiar entre a insegurança e a segurança; (2) as crianças apresentam representações mais seguras nos temas que evocam a relação de autoridade e o auxílio em situações de medo e dor e representações menos seguras nas histórias que evocam a separação das figuras de vinculação; (3) as crianças tendem a utilizar, simultaneamente, representações parentais positivas e negativas; (4) o tempo de adoção e a comunicação com a mãe são preditores significativos das representações de vinculação, assim, mais tempo com a família adotiva e menor abertura na comunicação pais-filhos associam-se a representações mais seguras; e (5) as representações de vinculação predizem significativamente os problemas de internalização e associam-se com os problemas de sono, de tal forma que crianças mais seguras tendem a ter menos problemas de internalização e de sono. As implicações práticas dos resultados obtidos são discutidas com o objetivo de contribuir para uma maior adaptação das crianças nas famílias adotivas.
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Dissertação de mestrado, Ciências Farmacêuticas, Faculdade de Ciências e Tecnologia, Universidade do Algarve, 2014
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O objetivo deste estudo foi analisar os seguintes tópicos: a possibilidade de interpretação literal do artigo 798 do Código Civil brasileiro, a aplicação das súmulas 61 e 105 do STF, o cabimento de indenização à família do suicida, os entendimentos da neurociência sobre possibilidades que podem interferir na ideação suicida, a visão e, finalmente, posicionamentos do Superior Tribunal de Justiça (STJ) e do Supremo Tribunal Federal do Brasil e quanto ao pagamento da indenização estabelecido no contrato de seguro de vida em caso de suicídio do contratante antes dos dois anos da assinatura do contrato. Buscou-se, também, comparar a doutrina e jurisprudência do Brasil e de Portugal. Na estrutura, iniciou-se por considerações sobre a interpretação jurídica e, em seguida, foram desenvolvidos os capítulos acerca de negócio jurídico, dos contratos, dos contratos de seguro de vida e da boa fé presente e necessária. Como o foco principal eram os contratos de seguro de vida e baseando-se na doutrina e na jurisprudência, de modo geral, mesmo a legislação dos dois países diferindo em pequenos aspectos, concluiu-se que: (1) o seguro é a cobertura de evento futuro e incerto que poderá gerar o dever de indenizar por parte do segurador; (2) a boa-fé - que é presumida - constitui elemento intrínseco do seguro, e é caracterizada pela lealdade nas informações prestadas pelo segurado ao garantidor do risco pactuado; (3) o legislador procurou evitar fraudes contra as seguradoras na hipótese de contratação de seguro de vida por pessoas que já tinham a idéia de suicídio quando firmaram o instrumento contratual; (4) uma coisa é a contratação causada pela premeditação ao suicídio, que pode excluir a indenização. Outra, diferente, é a premeditação para o próprio ato suicida;(5) é possível a interpretação entre os enunciados das Súmulas 105 do STF e 61 da Corte Superior na vigência do Código Civil de 2002; e (6) as regras relativas aos contratos de seguro devem ser interpretadas sempre com base nos princípios da boa fé e da lealdade contratual. Essa premissa é extremamente importante para a hipótese de indenização securitária decorrente de suicídio, pois dela extraise que a presunção de boa fé deverá também prevalecer sobre a exegese literal do art. 798 do Código Civil 2002. O período de 02 anos contido na norma não deve ser examinado isoladamente, mas em conformidade com as demais circunstâncias que envolveram sua elaboração, pois seu objetivo certamente não foi substituir a prova da premeditação do suicídio pelo mero transcurso de um lapso temporal. Há de se distinguir a premeditação que diz respeito ao ato do suicídio daquela que se refere ao ato de contratar o seguro com afinalidade única de favorecer o beneficiário que receberá o capital segurado. Somente a última hipótese permite a exclusão da cobertura contratada, pois configura a má-fé contratual. Em Portugal, salvo em raras exceções, apenas o critério temporal tem sido considerado. Continuando com o objetivo deste estudo, pretendeu-se refletir sobre as pesquisas neurocientíficas acerca do suicídio e, nelas, constam aspectos efetivamente que merecem ser considerados pela ciência jurídica. Suicídio é tema complexo e digno de reflexões por parte de profissionais de várias áreas de atuação. Suas causas ainda são motivo de curiosidade e de investigação. A idéia de uma associação entre disfunção serotoninérgica e suicídio é antiga e bastante consistente, surgindo ainda nos anos 1970 com as primeiras pesquisas. Defende-se que a boa fé necessária nos contratos de seguro, especialmente nos de seguro de vida, prevalece mesmo nos casos em que o contratante se esquece ou deixa de informar algum detalhe que, mais tarde, possa vir a comprometer o recebimento do prêmio por seus beneficiários. Há fortes evidências de que determinantes neurobiológicos, independentes das doenças psiquiátricas, implicam em comportamento suicida, estudados especialmente nos últimos 20 anos. Assim, noções básicas sobre a neurobiologia do suicídio podem finalmente produzir ferramentas clínicas para tratar comportamento suicida e evitar mortes, além de poder nortear seguradoras na análise de propostas de seguros de vida. Textos legais não têm sido elaborados com fundamento na sedimentação existente nos repositórios da psicopatologia forense, psiquiatria, psicanálise e sociologia sobre o suicídio, disponíveis há décadas e de forma reiteradamente confirmados. Na mesma linha, os textos deixaram de lado incontáveis pesquisas sobre o tema, notadamente a respeito de sua etiologia, causas primárias, efeitos, e correlação com outras ciências, como neurociência, psiquiatria e psicanálise. Não buscaram informações sobre o comportamento singular do suicida, nem reconheceram o estado sui generis de desequilíbrio mental em que o ato final foi praticado. Sabe-se que os transtornos psiquiátricos são fundamentais para o entendimento do comportamento suicida, mas também já está comprovada a realidade de problemas comuns, como distúrbios do sono, e sono insuficiente é um problema da sociedade moderna. Dentre os neurotransmissores, a serotonina é considerada como a maior candidata a um vínculo etiológico entre distúrbios do sono e suicídio, pois suas alterações promovem estados de vigília e de início do sono. Como somente 14% de pessoas que tentaram suicídio tiveram pensamentos suicidaprévios à tentativa de suicídio de forma potencialmente impulsiva ou reativa, a insônia foi o fator importante visualizado antes de tentativas de suicídio graves e letais em relação a planosespecíficos de suicídio. Nas pesquisas neurocientíficas revisadas, constatou-se que: (1) a frequência de pesadelos está diretamente associada a maior risco de suicídios na população em geral; (2) sono de má qualidade está associado a suicídios na maturidade e velhice na população em geral; (3) sono curto (menos de cinco horas) está associado a maiores probabilidades de ideação suicida e tentativa de suicídio; (4) pesadelos frequentes são preditores de tentativas de suicídio; e (5) a presença de qualquer problema de sono está associada com maior risco de suicídio na população em geral. A associação entre redução da resposta de hormônio de crescimento e comportamento suicida nos pacientes com depressão só é encontrada quando há simultaneamente uma alteração serotoninérgica. Geneticamente analisados, determinantes neurobiológicos são independentes de transtorno psiquiátrico com o qual estão associados, pois muitos suicídios ocorrem de maneira inesperada. Além disso, quando se considera a depressão como único fator, percebe-se que muitas pessoas depressivas nunca se tornam suicidas e muitos suicídios são cometidos por pessoas consideradas normais.Quanto à colesterolemia, na maior categoria de concentração de colesterol total no soro, o risco relativo ajustado de suicídio violento é mais do que o dobro em comparação com a categoria mais baixa. Nas avaliações eletroencefalográficas em adolescentes suicidas pode-se dizer existir uma hipótese de ativação reduzida esquerda posterior, que não está relacionada à depressão, mas ao comportamento agressivo ou suicida. Essas abordagens da Neurociência servem, portanto, para indicar que um contratante de seguro de vida, mesmo saudável, pode estar vivenciando problemas da vida contemporânea e, mesmo sem jamais ter tido qualquer pensamento ou ideação suicida, vir a cometer esse ato extremo por alterações independentes de sua vontade. Entende-se que, neste foco, a ciência jurídica deve refletir para fazer inserir de maneira obrigatória nos pré-requisitos da apólice, informações sobre exames molecu-lares e sobre algum eventual distúrbio do sono, já que existem achados evidenciados sobre alguns fenômenos não antes considerados. Como abordado neste estudo, já existe uma seguradora portuguesa que solicitam exames moleculares, mas nenhuma no Brasil. Assim, isto indica já ser um início de mudança.